Alla fine di questa settimana, bisognerà mettere in fila gli infiniti post, commenti, riflessioni sul lavoro culturale. Sono stati tantissimi, ognuno ha un tassello da aggiungere, nessuno (per forza di cose) ha la soluzione in tasca.
Quattro punti, per ora, da discutere insieme.
Uno. Perché le riviste culturali online pagano meglio dei giornali? Si dirà, perché hanno gli abbonati. Giusto. Ma stiamo parlando di circa il doppio del compenso per un articolo. Non tutte, ovvio. Alcune fra le più importanti sì, però. Qui bisognerebbe aprire, allora, non una riflessione ma un’azione che riguarda le collaborazioni con i quotidiani.
Due: non partecipare più gratuitamente almeno ai grandi festival (sui piccoli c’è un altro discorso da fare).
Tre. Perché non si riesce a unirsi? Questa è la domanda che è venuta fuori più volte: quando parlo di unirsi, intendo non solo confrontarsi con tutte le parti della cosiddetta filiera, ma con tutti i lavoratori e le lavoratrici non del mondo culturale che in questo preciso momento affrontano la stessa crisi.
Quattro. Il lavoro culturale ha una componente di quella che viene chiamata Fomo, Fear of missing out, ovvero il timore di perdere visibilità. E’ inutile negarla, c’è, viene ritenuta parte indispensabile del lavoro culturale e in parte lo è. Però bisogna ragionarci sopra. Leggendo, come giustamente consiglia Raimo su substack, due fra i molti libri segnalati, il già citato “La conquista dell’infelicità” di Raffaele Alberto Ventura e “Le grandi dimissioni” di Francesca Coin, che contengono analisi e spunti di reazione e anzi di ribellione e anzi di una possibile rivoluzione.
Che non è un pranzo di gala, non è una festa letteraria, non è un disegno o un ricamo, non si può fare con tanta delicatezza.
Tag: Christian Raimo
Se qualcuno avesse nutrito dubbi su cosa sia X di Elon Musk, posso garantire che ho passato parte del pomeriggio e della serata di ieri a bloccare fascisti. Per meglio dire: account in gran parte finti con nomi improbabili.
Non scrivo niente di nuovo, ovviamente. Né sto dicendo di lasciare X: sono stata sempre convinta che i territori, sia pur virtuali, vadano presidiati. Anche se costano la piccola fatica di premere il pulsante “blocco”: ovviamente, non si discute con i Bot.
Ah, cosa avevo scritto per far infuriare questi signori e signore? Avevo postato la vignetta di Gianluca Costantini su Christian Raimo, che come forse è noto ha ricevuto tre mesi di sospensione dall’insegnamento per aver paragonato la politica scolastica del ministro dell’Istruzione Valditara alla Morte Nera di Star Wars. Su cui ci sarebbero parecchi ripassi da fare, e parecchia memoria da rievocare, perché, se ricordate, quell’arma di distruzione che era la Stazione Orbitale da Battaglia DS-1, detta in originale Death Star, è simile a una luna oscura ma ha un cannone laser così potente da poter distruggere un pianeta in pochi secondi. Basta vedersela orbitare sopra la testa per essere terrorizzati.
Star Wars a parte, ci sono parecchie cose su cui riflettere in questa vicenda.
“Proprio non ti capisco, eppure sei un professore!”. Così si sente apostrofare Immanuel Raat, detto Unrat (ovvero Spazzatura), ne L’angelo azzurro, che Josef von Sternberg trasse nel 1930 dal romanzo di Heinrich Mann. La storia è quella di un insegnante tirannico che cade vittima della malia amorosa per una ballerina, smarrendo senno e lavoro per aver agito contro il decoro, pur avendolo considerato indispensabile durante il suo insegnamento: perché ogni risata o distrazione era per lui “una ribellione al potere pubblico”.
La frase “eppure sei un professore” probabilmente non ci sarà nell’istruttoria interna che riguarda Christian Raimo, insegnante e scrittore. Ma, ci scommettiamo, il decoro sì. L’indagine disciplinare è stata annunciata all’inizio di aprile dopo la sua partecipazione alla trasmissione L’aria che tira, quando aveva affermato: “Che cosa bisogna fare con i neonazisti? Per me bisogna picchiarli”. Non è malizioso pensare, però, che probabilmente l’approfondimento disciplinare riguarderà soprattutto i numerosi articoli e post su Facebook dove Raimo prende le distanze dall’orizzonte pedagogico di Valditara: in questo modo potrebbe essergli contestato un danno d’immagine al ministero. Perché, e questo è il bello, esistono articoli del codice etico che impongono di astenersi su giornali e social “da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all’immagine dell’amministrazione di appartenenza”.
C’è un lunghissimo articolo di Christian Raimo sul Tascabile che si presta a diverse considerazioni: anche perché affronta nei fatti tutto l’affrontabile in ambito letterario, editoriale, critico. Forse, se posso, fin troppi temi per un articolo solo. Ma ci sono…
Queste sono due storie, diverse fra loro: eppure consentono una piccola riflessione. Prima storia, da Amandola. Alice Corradini, che già nel febbraio 2017 aveva scritto una lettera lucida e durissima alla Regione Marche, ne scrive una seconda: “Sono da pochissimi…
Francesca Fornario è una giornalista e un’autrice satirica e fa molte belle cose. Su Facebook, poche ore fa, ha postato questo status: “Avevo promesso un aggiornamento sulla vicenda di Pubblico, il giornale diretto da Luca Telese , chiuso senza mai…
Parlare del caso ISBN, per quanto mi riguarda, non vuole essere il contributo alla polemica della settimana: polemica, preciso subito, sacrosanta. La storia è semplicissima quanto ben nota negli ambienti degli addetti ai lavori: una casa editrice medio piccola, che…
Sabato è uscito su Repubblica questo articolo di Christian Raimo. Pone un problema non da poco, dunque lo ripropongo qui. Con la consapevolezza che in un paese dove persino libri che affrontano i fondamentali dell’appartenenza di genere vengono contestati come…
Sì, no, distinguo. Quanto meno quel che è avvenuto nei giorni scorsi sul “caso” Erri De Luca ha riaperto uno spiraglio nella discussione. Sulle reazioni seguite alla pubblicazione di Nemico Pubblico, che si apre con la prefazione di De Luca,…
Ben ritrovate e ritrovati. Bisognerebbe dunque parlare di come il “pacchetto sicurezza” abbia ridato fiato a chi cavilla sul femminicidio, cominciando dal termine (che è diventato rapidamente neologismo inventato dai giornalisti) per finire a “le femministe vogliono leggi repressive“. Ma…