Tag: Franco Fortini

Un tempo esistevano gli Exultet, ovvero codici dove il testo e le immagini erano disposti in modo opposto: il testo doveva essere letto dal diacono mentre le immagini dovevano essere visibili ai fedeli. Il codice veniva srotolato durante la preghiera, in modo che il popolo comprendesse la storia sacra. Un po’ gli antesignani di Mtv, se mi si passa la blasfemia: sicuramente, un modo di utilizzare elementi e contenuti “colti” in una forma accessibile al maggior numero possibile di persone.
Ovviamente, le cose sono molto cambiate, e proprio oggi, a 31 anni dalla morte di Franco Fortini, provo a fare una riflessione sulla diffusione della cultura, muovendomi (lo so bene) su un territorio minato.
Perché Fortini? Perché una decina di anni fa, un po’ per amore, un po’ per gioco, un po’ perché all’epoca le opere di Fortini erano introvabili, ho cominciato a postare una poesia (o parte di una poesia) su Facebook, tutte le sere. Era diventato un appuntamento per parecchi commentatori, quello col “Fortini della sera”: preciso che non aggiungevo commenti, o interpretazioni, o critica. Pubblicavo e basta. Così come era cominciata, finì: finì, anzi, con la ripubblicazione delle poesie, e tanto basti.
Ora, a diversi anni di distanza, alcuni, che sono indubbiamente molto più titolati di me, hanno storto il naso su quell’esperimento, giudicandolo incongruo e soprattutto giudicando inadatta me a parlare di Fortini. E’ verissimo: basti dare un’occhiata ai partecipanti ai convegni che lo celebrano e ai saggi a lui dedicati per capirlo.
Il punto è che io non volevo essere titolata: volevo far arrivare le parole e i versi di Fortini a chi non lo conosceva. Volevo riproporne frammenti di pensiero (non certo interpretarlo) in assonanza con la realtà del momento.
Ovviamente lo rifarei.
Però mi chiedo quanto le cose stiano cambiando, e quanto il rischio, in questo preciso momento, sia di disperdere le parole. Nell’intervista fatta a Claudia Durastanti per Lucy sulla cultura mi ponevo, con lei, esattamente questo interrogativo: cosa succede quando coloro che difendono la pop culture oppure inseriscono elementi colti in quel rotolo che viene svolto dal pulpito, si imbattono in un meccanismo, come quello attuale, dove predomina una assimilazione che non è neanche più cannibalismo e sicuramente non è quello che chiamavo nomadismo dei saperi?

Seguo anche io la vicenda, non la prima e non l’ ultima, dei saluti fascisti al raduno per Acca Larentia. E mi è tornato in mente un bellissimo articolo del mai abbastanza rimpianto Alessandro Leogrande. Lo scrisse per Il corriere del mezzogiorno, lo riportò Minima&Moralia. Era il 2012. Non molto tempo prima un altro, uh, “folle”, di CasaPound, aveva assassinato due migranti a Firenze. Ve ne riporto uno stralcio.

IL BALZO DELLA TIGRE

Questo è un 25 aprile più importante del solito, anche se tutti i 25 aprile lo sono. Questo è un giorno in cui tenere bene a mente quello che diceva Franco Fortini nel 1974 a Enzo Golino:

“Dipendiamo dall’avvenire in quanto siamo riusciti a recuperare dal passato, con il balzo della tigre di cui parla Walter Benjamin, qualcosa che dovrà essere divorato nel futuro”.

E’ un giorno in cui il passato deve consentire il balzo, soprattutto per le giovani persone, visto che la mia generazione (sempre quella che ha perso, diceva Gaber) non è riuscita a trasmettere quel che desiderava. E visto che molti miei colleghi, in questi ultimi tempi, hanno scelto – anche legittimamente, ognuno è padrone della propria vita – di non esporsi, di non parlare di argomenti “politici”, vedi mai.

Nessuna definizione calza meglio dello slogan che Fortini diede di se stesso nel 1973: «Letterato per i politici, ideologo per i letterati»”. Dieci anni fa, se ricordate, iniziai a postare su Facebook e Twitter, tutte le sante sere, una poesia di Fortini. Per tornare a farle circolare, e far conoscere uno dei maggiori poeti italiani a chi ne ignorava il nome.
Tra gli altri scritti, ho già pubblicato quello che ho più caro, non poetico, ma implacabile e vero, così vero oggi.
La sua ultima lettera. E’ il suo testamento politico e di intellettuale, e credo sia giusto leggerla ancora. Eccola.
“Sono vecchio abbastanza per ricordare come tanti padri scendevano a patti, allora, in attesa che fossero tutti i padri a ingannare tutti i figli. Cerchiamo almeno di diminuire la quota degli ingannati. Ripuliamo la sintassi e le meningi. Non scriviamo un articolo al giorno ma impariamo a ripeterci, contro la audience e i contratti pubblicitari. Diamo esempi di “cattiveria” anche a quei lavoratori che dai loro capi vengono illusi di battersi attraverso le strade con antichi striscioni”

Torna in alto