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Ieri sera, su Facebook, ho citato un lungo e importante articolo di Naomi Klein e Astra Taylor per The Guardian sul fascismo della fine dei tempi. Leggetelo. Fra le altre cose, analizza l’ascesa di Trump e Musk e delle destre alla luce di una visione apocalittica e survivalista: in poche parole, il diffondersi fra alcuni personaggi, laici e ricchissimi, di una visione del futuro dove il mondo crolla e pochi eletti sopravvivono e prosperano in arche, bunker e città recintate. L’arca laica di Marte per Elon Musk, per esempio, ma non solo. Scrivono Klein e Taylor che i tecnocrati miliardari si sono arrogati un potere divino: non solo costruiscono le arche ma “fanno del loro meglio per causare il diluvio”. Nel suo podcast, Steve Bannon invita a fare scorta di pasti pronti per sopravvivere nei famigerati bunker da costruire da soli (da Mr. Patriot Supply, uno dei suoi sponsor, specializzato in barrette proteiche, filtri per l’acqua e altre piacevolezze apocalittiche), e, già che ci siamo, a esercitarsi a sparare. Naturalmente fa di più, e costruisce giorno dopo giorno e puntata dopo puntata una visione degli Stati Uniti come Grande Bunker, dove le strade e le università e i luoghi di lavoro e sono pattugliati quotidianamente e dove spariscono i nemici, migranti, e oppositori. Recentemente, il direttore dell’ICE (Immigration and Customs Enforcement), Todd Lyons, ha dichiarato di voler trasformare le espulsioni in attività commerciale: “come Amazon Prime, ma con esseri umani”. 
Giuro che è vero.
Come si combatte tutto questo?. Ovviamente è difficile da dire, e lungo da fare. Mi convince però, intanto, una delle risposte che le autrici danno: “contrapponiamo alle loro narrazioni apocalittiche una storia ben più avvincente su come sopravvivere ai tempi difficili che ci attendono senza lasciare indietro nessuno”. Una storia non di fine dei tempi, ma di tempi migliori; non di separazione e supremazia, ma di interdipendenza e appartenenza. Una storia che ricrei un movimento, “indisciplinato e aperto”.
E’ già successo, può accadere ancora.

Undici anni dopo “No Logo”, Naomi Klein accetta di scrivere un articolo per The Guardian: è il 20 luglio 2011 e molte cose sono cambiate dagli anni della “bibbia del movimento no-global”. Intanto, lo slogan di L’Oreal è passato da “perché io valgo” a “perché voi valete”. In poche parole, non è il più il marchio a cercarti e a convincerti ad entrare nel suo mondo, ma ti chiede, molto democraticamente, di costruirlo.
E’ da stupidi possedere cose, diceva Tom Peters, ma le cose possiedono noi, nel profondo, proprio perchè ci appaiono “immateriali” pur potendo essere toccate e usate. Nei lunghi discorsi di questi giorni sul lavoro culturale, si torna sempre qui: cosa abbiamo capito dell’immateriale, nonostante siano passati lustri?

THE REAL THING

Forse bisogna rileggere attentamente sia No Logo di Naomi Klein sia il lungo articolo che Klein ha scritto per il Guardian in occasione del decennale. Lo trovate su Internazionale. Intanto, ve ne riporto un passaggio: “Ho deciso di scrivere No…

NAOMI KLEIN E ISRAELE

Con attenzione, e cercando di liberare la mente, e di non reagire a caldo, io l’articolo di Naomi Klein sul boicottaggio lo leggerei. Anzi, l’ho letto su Megachip. Anzi, ve lo riporto. È ora. Un momento che giunge dopo tanto…

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