THE HORROR…THE HORROR…

Mi pongo una domanda: se, in Italia, qualcuno scrivesse un
libro che si chiama Da Barbie a Mortal Kombat, dove si analizzano le
differenze di genere nei giochi per computer, probabilmente verrebbe accusato
di perdere il proprio tempo con minutaglie e sciocchezzuole. Se, poi, la stessa
persona trascorresse molte ore del proprio tempo a leggere fan fiction,
appassionandosi alle medesime, sarebbe quasi certamente assimilato a coloro
che occupano le ore lavorative ipnotizzati dal solitario del computer (fenomeno
tutt’altro che sciocco e secondario, peraltro: anni fa, la vostra eccetera e questo
signore
avevano in mente di scrivere un saggio a quattro mani sulla vicenda
e di chiamarlo Panic Button).

La faccio corta, e riformulo il quesito: perché la Popular
Culture continua ad essere considerata, in Italia, una faccenda da barbari, su
cui eventualmente riferire tra un conato di vomito e un sommesso pensiero a
Pasolini? Perché, altrove, ci sono studiosi serissimi che dedicano la propria
vita a cercare di capire, per esempio, come la rivoluzione tecnologica (chiamiamola così) passi molto più
attraverso questo tipo di contenuti che attraverso sofisticate discussioni
digitali?

Per farla ancora più corta: ho scoperto, grazie ad un
amico carissimo, un personaggio che entra da questo momento nelle mie
frequentazioni quotidiane: si chiama Henry Jenkins e questo è il
suo blog.

(se poi volete sapere cosa sono esattamente le fan fiction,
converrebbe passare  alla lettura delle medesime: in inglese
o in italiano. Su questi due siti la vostra eccetera passa non poco
tempo, invece di rileggersi – la scellerata – Progresso e feticismo).

37 pensieri su “THE HORROR…THE HORROR…

  1. Non capisco proprio questa indignazione o questo fastidio che qui si palesa, ogni volta, verso chi attacca i generi, verso chi non ama la sotto-cultura ecc… In Italia non si ama la cultura, punto e basta. la letteratura, alta o bassa che sia, vive di conclavi chiuse e di circoli viziosi. Il rispetto andrebbe tributato a prescindere, come diceva Lui.
    In una società letteraria aperta e più vitale avrebbero senso epigoni di Hem e studi sui mondi paralleli di quake 3

  2. La cultura “bassa” è non è assolutamente costituita da conclavi chiuse: anzi. Basterebbe porcarsi le manine e cercare di capirla: il che farebbe un gran bene anche alla società letteraria di cui sopra, peraltro.

  3. Perché il Pop viene considerato da noi di serie B? Immagino sia ancora a causa di Gentile e del suo modello scellerato in cui solo il pensiero classico ha dignità di cultura. Io in quarta ginnasio (molti, molti anni fa) dissi che leggevo fantascienza, e fui per questo sbertucciato pubblicamente dalla professoressa. Col senno di poi, avevo ragione io. Ma all’epoca quasi nessuno conosceva Philip Dick, e Blade Runner doveva ancora essere girato.

  4. cara Loredana, è una battaglia persa. E visto che tifo Genoa (per di più per scelta), non posso che combatterla. Al tuo fianco, e al fianco di tutti quelli che sono curiosi di sapere. In generale. Ma non startela a prendere se vieni considerata una sciocchina perché ti occupi di basso o di pop, c’est la vie, come cantava negli anni 80 Robbie Neville…
    saluti e baci, Michele

  5. Che bellino il sito fanfic in italiano.
    181 storie su Evangelion e 200 su Dragon Ball… 2 sole su Mononoke e strano non ce ne siano su Nausicaa di Miyasan. Ma probabilmente il suo pubblico ha un’età anagrafica diversa; davvero incredibile cosa nasconde il web!
    E scusate l’abbassamento del tono generale causato dal mio commento.
    Yours
    MAURO

  6. “Convergence Culture” di Jenkins è uno dei saggi sulla cultura, la comunicazione e il formarsi di comunità più importanti degli ultimi trent’anni. Una lettura necessaria per chiunque voglia capire cosa diamine sia la cultura popolare (e che valore abbia) nell’epoca della rete.

  7. Serie A o B o fuori classifica… In fondo l’alzata di spalla sdegnosa, il dire distrattamente “non seguo i programmi TV” oppure “leggo solo filosofia o letteratura VERA” fa chic… Ore e giorni pieni di questo, accettando il sorrisino benevolo di chi vuole sottolineare che con la mia curiosità non ho ancora imparato niente.
    Accettiamo che la realtà è complessa come la cultura, conoscerla significa vederla tutta. Per quel che si può. Amo conoscere tutto ciò che riesco, sperando che questo mi aiuti a essere migliore.
    Non mi vergogno di essere curiosa.

  8. A proposito di convergenze (popular culture, fan fiction, nostalgie)qualche anno fa è uscito un libro interessante e che ha avuto un discreto successo, “Mazinga Nostalgia.Storia, valori e linguaggi della Goldrake-generation”, di Marco Pellitteri, Castelvecchi. Ma probabilmente è stato apprezzato solo dalla nostra generazione, per la quale le lotte continue erano solo quelle tra robot giganti…

  9. Flash! ho avuto un colpo di fulmine per il tuo post, è una vita che mi logoro contro gli integralisti culturali, purtroppo non tutti sono in grado di percorrere un cerchio a 360°, la maggior parte si ferma a 45°. chi fa questi discorsi non arriva da nessuna parte, o meglio arriva fino allo stop poi torna indietro, ti faccio alcuni esempi condivisibili o meno, suono in tre gruppi: il primo fa genere Rock, il secondo Elettronic Ambient, il terzo funky-jazz e ogni volta mi sento dire dai vari componenti “come fai a fare anche quella robaccia li…” anche se mi conoscono alla perfezione devono far vedere che loro appartengono solo a “quelli che…”, penso anche ai benpensanti della mia associazione culturale che hanno i para-orecchie solo su De andrè, De Gregori, Guccini, Fossati, Gaber e Vinicio (pensano sia nato in puglia), che non riescono a capire come faccio a lavorare nel mondo della formazione e poi la notte nei locali fashion a fare il Dj, penso anche a tutte le volte che il comune ci ha bocciato molte proposte su alcune feste estive come “Miss maglietta dorata” o “Motoraduni” perchè considerati di basso profilo culturale, gli stessi signori che poi ti coinvolgono in un gemellaggio con le bahamas.
    Sappiamo bene che chi predica questa categorizzazione culturale non ci crede nemmeno lui, ma per manifesto deve far emergere un IO alterato per condividere l’appartenenza ad una determinatà comunità. Ora penso che mi ascolterò i Bee Hive.
    Grazie

  10. perchè la Popular Culture così ignorata?
    perchè se la cultura non serve a creare delle differenze immediatamente visibili tra chi Si e chi invece No, allora c’è la credenza che non serva a nulla.
    In altra parole: se sta cosa della cultura non mi da una parvnza di elitario, allora vado a comprarmi un titolo nobiliare.
    Ecco cosa.

  11. accademici muffosi, feticisti del tocco e della toga dottorale, ecco chi (snobba la cultura pop).
    M’è venuta in mente l’ultima puntata di “La fattoria”, il vip reality. Un escluso del grande fratello, il neo-vip Rosario, siciliano, viene fiondato nella “Fattoria” a sostituire un ritirato: deve vedersela con i blasonati vip-concorrenti.
    Risultato:
    Rosario VINCE.
    I vip sono sdegnati dalla vittoria di questo “signor nessuno”. Lo accusano di essere stato disonesto e antisportivo pur di vincere.
    Loro nobili, onesti, sportivi.
    Lui un nessuno, spregevole, disonesto.
    In più, uno sfottente sorriso gli increspa le labbra.
    Vi viene in mente nulla? A me sì, la storia del campiere Calogero Sedara, un furbone che, pian pianino, sfila tutte le proprietà al suo aristocratico padrone (Il Gattopardo).
    Insomma, gli autori de “La fattoria”, al pasticcio fatto di gossip, risse, vippini, modelle, celebrità e cantanti liriche di chiara fama, sono riusciti a giustapporre nientemeno che un topos letterario dei più diffusi.
    E’ che se guardi il mondo con occhi schifiltosi ti perdi tutto il bello.

  12. Mi chiedevo se il caso di Umberto Eco che “riscrive” la Divina Commedia sia di mia competenza (delirio senile) oppure rientri nella psichiatria generale. L’operazione comunque come si potrebbe definire secondo voi: di cultura alta o bassa?

  13. Geriatra-orco-bue eccetera. Per la serie “commentatore avvisato etc etc”, ho appena bloccato il tuo Ip. Pronta a darti accesso se smetterai di seminare veleno a pera, senza uno straccio di ragionamento.
    Accetto insulti privati nella mia casella di posta pubblica:
    loredana.lipperini@gmail.com

  14. Credo che in Italia non si usi spiegar bene la differenza tra forma e contenuti. O che deliberatamente le si confonda per mantenere l’immagine della cultura fotografata in posa ai tempi del dagherrotipo.
    Quindi: fai fumetti, anche di peso, con contenuti importnti ecc ecc: ti guardano dall’alto in basso.
    Quindi piuttosto: fai porcate, ma mimi le p(r)ose manzoniane senza dir nulla di nuovo – e vedi come stai bene nella foto!
    Operazione inversa: fai I promessi sposi in fumetto, e quasi ti soffocano con le turibolate d’incenso che ti arrivano.
    Operazione complementare: sei un editore, hai per le maini una roba che ti sembra davvero rivoluzionaria: la pubblichi osannandola con un linguaggio critico che ne annulla le specifiche novità.
    Si può continuare con le variazioni sul tema, ma secondo me rimane vero che, inconsciamente, noi italiani siamo ancora convinti che la cultura sia affare di una casta sacerdotale necessariamente conservatrice. Se non ne facciamo parte, non sappiamo perché. Salvo mirabili eccezioni, se ne facciamo parte, crediamo di saperlo.
    Esagero?

  15. Mi chiedo: è un problema se una ristretta (per definizione) “casta sacerdotale necessariamente conservatrice” coltivi un’idea di cultura elitaria e circoscritta?
    Forse no. Oggi ho molti modi di accedere ad “oggetti culturali” aggirando i vecchi canali. Scarico romanzi di sconosciuti da internet, informazioni da wikipedia, musica dalle reti p2p.
    E per sapere qualcosa di un “oggetto culturale”, per avere una preview, non ho ha disposizione soltanto il giudizio di un critico ma anche i commenti degli utenti.
    Insomma, chissenefrega se “Loro” incensano o spernacchiano usando parametri ereditati dall’800?

  16. Secondo me il problema è che “loro” custodiscono qualcosa che non sanno più cos’è.
    Custodiscono semi di cui ignorano i frutti, per capirsi.
    Ancora: non sanno perché custodiscono i semi di cui ignorano i frutti, ma qualcuno gli ha detto che “dulce et decorum est”, et ita faciunt. Niente contro i conservatori: quelli del WWF o di Greenpeace li adoro! Ma loro sanno per cosa si battono…
    Sartre, nel 1947 si chiese – e ne scrisse su una rivista di filosofia che aveva il nome di un film di Charlie Chaplin! – “Che cos’è la letteratura”. Ora, quando leggiamo il pezzo possiamo sorridere, analizzare, disapprovare. Ma io sono quasi sicuro che all’epoca, in Italia, abbia subito critiche feroci, per le posizioni radicali che esprimva. Oggi all’università “loro” te lo propongono professori che sono dei “loro”, ripetendo senza forza quelle parole rivoluzionarie. E dimenticando di chiedersi a loro volta oggi “Che cos’è la letteratura”, mentre noi andiamo a cercare la risposta, per dire, sul blog di Niel Gaiman.
    Quando e come dialogheremo?

  17. Ah, Henry Jenkins! Io ho da poco ordinato “Convergence Culture”, ma c’era anche questo tomo che mi sembrava interessante, che lo stesso H.J. ha curato assieme ad altri. Si intitola, programmaticamente, “Hop on Pop – The Politics and Pleasures of Popular Culture “. Ora, qualcuno sa dirmi quanto come perché e soprattutto SE vale? Il libro dovrebbe essere di un paio di anni fa…

  18. E’ a cura di Jenkins, ma è un’antologia, raccoglie brevi saggi di un fottìo di gente, alcuni molto buoni, altri un po’ esoterici per chi non vive negli USA. Meno compatto dei libri di Jenkins, e più prescindibile. Secondo me è una lettura un po’ da die-hard fans, da prendere in considerazione, nel caso, come complemento a CC e altri libri, come “The Wisdom of Crowds” di Surowiecky, “Smart Mobs” di Rheingold, “The Long Tail” di Anderson o “Everything Bad is Good for you” di Steven Johnson (che è quello che sto leggendo adesso e che la Lippa mi dice essere uscito anche in Italia ma non so con quale titolo).

  19. Il titolo è “Tutto quello che fa male ti fa bene”, ed è uscito per Mondadori Strade blu qualche mese fa. Da leggere assolutamente!

  20. Ma queste polemiche ricorrenti tra “loro” e “noi” o “loro e “loro” non sono altrettanto oziose delle contrapposizioni tra alto e basso di cui si parla qui – meno diffuse poi nella realtà di quanto sembri –?
    Io parlo con coscienza immacolata, perchè ho sempre mischiato tutto.
    Ma ho appena letto Afterword, la postfazione di Stephen King a Different Seasons. E trovo curioso che uno come lui se la prenda un po’ piccato con i suoi detrattori accademici, o polemizzi con scrittori oscuri che mangiano cibi nacrobiotici, come li deffinisce con un certo sarcasmo.
    Dall’alto dei suoi più di quaranta milioni di soddisfatti lettori non potrebbe godersela e basta, lasciando che chi non lo vuol leggere NON lo legga e basta?
    Perché, mi chiedo, se sono così irrilevanti, vuole anche il loro plauso?
    Scrivessi libri da 40 milioni di copie me la godrei senza andare a frugare in altri ripostigli per vedere se è rimasto un manipolo di esseri umani a cui non piaccio.
    E viceversa, naturalmente:–)

  21. Io non confonderei i due discorsi, alto/basso e noi/loro. Nel senso: alto/basso è il discorso del produttore che si rivolge a un pubblico – diciamo più o meno largo. Noi/loro (ma secondo me c’è un “loro” anche in “noi”) è un discorso di ricezione, ovvero di metro di giudizio di quanto prodotto.
    “Loro” si sentono preposti a giudicare tutto quanto proposto, ma non hanno un buon metro proprio per ciò che gli autori fanno “basso”, cioè per un pubblico ampio e che riconosce criteri diversi dai “loro”.
    Ci torno su stanotte, spero.

  22. Rheingold l’ho letto, Johnson no; in ogni caso, a Jenkins ci sono arrivato via Manuel Castells, e a questo punto direi che per comprendere l’era della Rete nel suo complesso – anche nei suoi aspetti popular – la sua trilogia resta fondamentale. Quello che mi chiedo, piuttosto, è quanti all’interno della Repubblica delle Lettere (italiana) conoscano i nomi qui citati, e quanto siano interessati ad approfondire certe tematiche. Credo che se si partisse da alcune semplici constatazioni sui TEMPI che stiamo vivendo, stupidaggini tipo la presunta discrasia tra pop e non-pop cadrebbero. Curiosità personale. Mah.

  23. Marcello, ti rispondo senza nemmeno pensarci: i Letterati italiani non hanno la più pallida idea di cosa stiamo parlando, e la loro curiosità per quel che sta avvenendo è pari a zero. Cosa legittima e da non stigmatizzare, a patto che poi non si sparino cazzate a raffica intasando la discussione pubblica, ripetendo in modo ossessivo e supponente che “non c’è niente”, “la cultura è finita”, “le masse sono passivamente in balìa del consumo” etc. Non interessarsi alla cultura che ci circonda è legittimo, negarne l’esistenza con lo scopo di annichilire quel che non si capisce è invece un atto di aggressione.

  24. WMI, io ho fatto un’esperienza quasi peggiore: ho subito un docente universitario che con delle metodologie critiche da sociologo – in più vecchie di 30 anni – che pretendeva di analizzare indifferentemente un libro di Guccini o le memorie di Casanova.
    Chessò, se volevi fare un dottorato, potevi leggere tutte le memorie di Casanova (o i libri di Guccini) e cercare tutte le occorrenze della cioccolata per poi parlare del ruolo sociale e dell’economia del cacao…
    E pensava pure di essere all’avanguardia!

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