UNA COSA POSSO ANCORA FARLA

E’ andata così. Rimuginavo su queste quattro parole, io non ho paura, che in varie lingue rimbalzano da articoli e siti negli ultimi cinque giorni. Poi mi è venuto in mente quel racconto di Borges, L’episodio del nemico, quello con un finale famosissimo ( ‘I suoi argomenti, caro Borges,sono semplici stratagemmi della paura, perchè io non la uccida. Ma ormai non può farci più niente.’  Eccetera) . Infine, mi imbatto in una vecchia intervista fatta a Borges dallo scrittore spagnolo Ramón Chao, nel 1978, e pubblicata nel settembre 2001 da Le Monde Diplomatique.  E mi è venuta voglia di riportarne qui almeno qualche brano (ha a che vedere con la paura? No, o sì, ma solo alla fine).     

Di suo padre lei mi ha già parlato. E sua madre?
Era inglese. E con lei parlavo in inglese. Giovanissimo, mi portarono in Svizzera, dove parlavo francese con la maestra, e imparavo il latino da un professore. Con mio padre parlavo e scrivevo in spagnolo.Perciò, per qualche tempo ho creduto che ogni persona avesse una sua lingua. Curioso: centinaia di milioni di lingue. Ma forse è vero; ed è per questo che non ci si comprende.
Lei scriveva come suo padre, o era suo padre a scrivere come lei?
Il mio stile era molto barocco, come il suo. Quando si incomincia a scrivere si imitano i propri maestri, per modestia o per ambizione. Credo che uno scrittore trovi il proprio stile solo dopo anni. Da giovane copiavo mio padre, cercavo parole arcaiche, insolite. Adesso evito le metafore, le espressioni rare, tutto ciò che potrebbe indurre a consultare un dizionario. Cerco di raggiungere il fondo comune della lingua, al di là delle limitazioni temporali o geografiche.
Pensa di essere arrivato a essere Borges, ora che ha la sua «opera»?
Sta dicendo una cosa molto emozionante, ma per favore, metta «opera» tra virgolette. Io non ho scritto un’«opera»; solo frammenti. Non capisco perché sono celebre. All’inizio pensavo che non avrei mai pubblicato nulla; poi mi è sembrato di essere una superstizione argentina, e ora mi devo rassegnare a pensare di non essere un impostore: ho ricevuto la Legion d’honneur in Francia e la laurea honoris causa da varie università … Ma preferirei essere lodato più per le cose non scritte che per quelle scritte. O, in altri termini, per ciò che ho cancellato, anche se si ritrova ugualmente tra le righe. Questo è possibile grazie a Cervantes, alla letteratura francese e a quella inglese, perché lo spagnolo tende in generale a essere magniloquente. Ho sempre in mente la frase di Boileau: «Ho insegnato a Molière l’arte di comporre faticosamente versi semplici». Secondo me, pochi scrittori hanno raggiunto la perfezione – tranne forse Kipling, nei suoi racconti, in cui non c’è una sola parola di troppo. Io cerco, in tutta modestia, di imparare da lui. Ad essere al tempo stesso semplice e complesso. Certo, alcuni temi – come l’invasione della Russia da parte di Napoleone – esigono il romanzo. Ma io non penso di scrivere romanzi.

 ….ciò che temo non è la morte, è la decrepitezza. Con me scompare un lignaggio, e questo è molto doloroso per quel patito della genealogia che mi trovo ad essere.
Non se ne preoccupi troppo. Lei non lascia epigoni.
Mi ha tranquillizzato. Posso dunque aspettare tranquillamente la morte?
Questo resta da vedere. Lei ha scritto – o detto: «L’eternità incombe su di me».
L’immortalità personale è incredibile – come del resto la morte personale.
Io penso di aver parafrasato il verso di Verlaine, «Et tout le reste n’est que littérature» (e tutto il resto non è che letteratura).
Attenzione, non sono responsabile né di quanto mi è capitato di dire, né di ciò che dico in questo momento. Le cose cambiano in continuazione, e noi pure. Non le citerò la celebre frase di Eraclito sul mutare del fiume, ma ricordo un verso di Boileau: «Il momento in cui ti parlo è già lontano da me».
Tuttavia le capita di ironizzare sulla morte. O sulla longevità, «una cattiva abitudine difficile da estirpare».

Non sono io a dirlo, è la vox populi. «Nulla meglio della morte/fa migliori le persone./ Morire è un’abitudine/che ci accomuna tutti».
Sembra Borges! E questo Borges avrebbe paura della morte?
No. Come mio padre, ho buone speranze di morire completamente, anima e corpo. Conosco molti credenti che sono atterriti. Alcuni sperano di andare in paradiso, altri temono l’inferno. Mentre un agnostico come me, che non crede a tutte queste storie, non si ritiene degno né di ricompensa né di castigo. Non mi rimane altro che aspettare.    

27 pensieri su “UNA COSA POSSO ANCORA FARLA

  1. Quasi OT. Riotta ed Eco sul Corriere definiscono internet ingorgo mediatico:
    “Come nascono le favole dei complotti? Come si propaga una storia come quella di Giuliani regista della strage, degli ebrei evacuati l’11 settembre? Eco usa il «teorema dell’ingorgo» per chiarire la genesi di tante falsità: «Sei chiuso in un ingorgo sull’autostrada, una macchina dietro l’altra, non ci si muove. Gli automobilisti cominciano a imprecare, colpa del ministro, colpa delle riparazioni non fatte, colpa dei Tir, colpa a tutti pur di non ammettere la verità, la “colpa” non è di nessuno, ci sono migliaia di auto in coda. Se gli automobilisti fossero rimasti in casa, niente ingorgo».
    «L’ingorgo mediatico», sfruttato dal terrorismo, colpisce dunque una debolezza tipica del nostro modo di reagire: «In Scozia era riunito il G-8. Doveva discutere di Africa, di aiuti ai Paesi poveri, i leader, per una volta, si davano da fare contro la miseria. Tutto cancellato dalle coscienze e dalle prime pagine: la strage domina. Non dovrebbe essere difficile analizzare che dunque ai terroristi dell’Africa non importa proprio nulla. Eppure non leggerai nessuna interpretazione in questo senso nei siti dei complotti, si va sempre in cerca del capro espiatorio».
    «Il primo libro sulle trame è l’Iliade. Anziché spiegare la guerra tra Achei e Troiani con storiche ragioni, la rimanda alla rissa degli dei, colpa loro! Poi la colpa è stata dei cristiani che bruciano Roma, dei cavalieri Templari, i gesuiti attribuiscono la Rivoluzione francese a una manovra segreta dei massoni. Ricordiamoci del terrorismo italiano. Nacque la figura del Grande Vecchio perché, così si diceva, un pugno di trentenni inesperti non potevano certo progettare il rapimento e la morte di Aldo Moro. Bene, quando li hanno presi ci siamo accorti che erano proprio trentenni, il Piccolo Giovane aveva messo in crisi la Repubblica. Perché la teoria del complotto nasconde la realtà che pretende di illuminare. Se a 30 anni si può governare o dirigere un’azienda, perché non si dovrebbero poter condurre azioni clandestine?».
    Blair ha provato a mettere i suoi connazionali al riparo dall’infinito stillicidio di rivelazioni e smentite, denunce e ritrattazioni, gole profonde e verità superficiali, che si trasformano presto in paludi: ma la passione per le teorie della cospirazione non è solo italiana: «Ho presentato il romanzo a Dallas e mi hanno portato a vedere il museo, allestito nel vecchio magazzino dei libri dove Oswald si appostò per colpire il presidente Kennedy. Ma c’è anche un altro museo, il Museo della cospirazione, che raccoglie tutti i reperti delle varie, macchinose teorie per spiegare la morte di John Kennedy».
    «Scrivendo “il Pendolo” ho usato la letteratura complottistica, fino alla peggiore spazzatura, per esorcizzarla. E invece è arrivato Dan Brown, con il “Codice da Vinci”, ha preso alla lettera quei libelli e tantissimi lettori, in America, mi chiedono se davvero l’intero corpus di opere e dottrine della Chiesa cattolica è una trama»: Eco ha sperato di tosare i complotti con il rasoio di Ockam della ragione e quelli sono rispuntati insolenti, onnipresenti. «Feuerbach, e gliene lascio l’intera responsabilità, attribuisce perfino la religione a un complotto, non sappiamo spiegarci la natura, la vita e la morte e ci creiamo gli dei. Quindi se devo giudicare quel che sento sulla posizione di Tony Blair mi viene da dire che ha ragione a ritornare al G-8, che faticava su soluzioni concrete ai problemi del nostro mondo. Così se ne esce, quella è la strada giusta. Altrimenti ci capiterà di non inseguire più Osama Bin Laden, troppo facile: un giorno leggeremo di un Grande Vecchio dietro Osama, il vero responsabile degli attentati di Al Qaeda, e lo braccheremo invano e così via all’infinito. Lo studioso Norman Cohn nel suo saggio “Licenza di genocidio” traccia la tragica parabola dai Protocolli dei Savi di Sion all’Olocausto. I finti complotti spesso ispirano verissime carneficine».
    Gli analisti politici diranno se la scelta di Tony Blair, niente caccia alle streghe, ma concentrarsi sulla lotta al terrorismo e alle cause del terrorismo, è stata opportuna. Mentre Eco torna alla sua stazione termale, la riflessione è quella, amara, già seguita all’11 settembre 2001. L’erbaccia dei falsi complotti è tenace, come la gramigna: denunciata in questo articolo la fola di Netanyahu e Giuliani rimbalzerà su mille siti corroborata malgrado tutto, «L’ha scritto il Corriere !», «Eco non lo ha smentito!», «Il gruppo di studio Bildeberg guida il mondo!», «Riotta è stato a Bildeberg!», «Eco è appena tornato dall’America!», «Riotta ha intervistato Giuliani e Netanyahu in America!» e il gioco, perverso, è fatto. «Gli uomini» dice il Vangelo di Giovanni «preferirono le tenebre alla luce».

  2. la “non-azione” di ispirazione zen potrebbe essere la giusta soluzione.
    se non ci fosse la politica, ovvero “questa” politica…..

  3. “Mentre un agnostico come me, che non crede a tutte queste storie, non si ritiene degno né di ricompensa né di castigo. Non mi rimane altro che aspettare.”
    Splendida condizione comune…

  4. Vediamo se riesco a capire perché Severus non è OT. Se invece della metafora dell’ingorgo (ottima descrizione ma debole illuminazione) utilizziamo la teoria della falsificazione “per gradi successivi” (non mi sto riferendo a nulla di noto, sia chiaro); se osserviamo (e non c’è dubbio) che le più grottesche falsificazioni di uno stato di cose avvengono con la complicità più della paura che della ragione; se ammettiamo (e non vi è dubbio, mi pare) che la paura sia una costante esistenziale: il complottismo deriva dalle premesse quasi come da una semplice equazione. O la somma delle parti o un’equazione più complessa, naturalmente, che preveda descrizioni ed ingorghi come quelli a cui accenna Eco.
    Di Eco: è vero, il Pendolo di Foucalt ha utilizzato un complottismo da spazzatura, sacchi pieni di immondizia, eresie secolarizzate: se aveva un intenzione “politica”, il risultato è stato un mezzo fallimento.

  5. Perdonate la pignoleria, ma la madre di Borges (Eleonor Acevedo) era argentina. Era la nonna paterna di Borges (Fanny Haslam), ad essere inglese.

  6. La storia del caudillo è divertente, in effetti, molto borgesiana. Una sorta di apocrifo involontario. In pratica Giuseppe Bellini, docente ordinario alla Statale di Milano di letteratura ispanoamericana e presidente della sezione umanistica del C.N.R., compilando il monumentale volume sulla Storia della letteratura ispanoamericana attribuì a Borges un libro scritto e mai pubblicato dal padre, l’avvocato Guillermo, dal titolo appunto “El Caudillo”.
    Di più, ne fece una sorta di breve recensione, dando quindi l’idea di averlo letto. Quando, prima ancora di diventare suo allievo (frequentavo il liceo), gli mandai una lettera in cui rimarcavo l’errore, lui mi rispose scusandosi e sostenendo che Borges gliene aveva parlato come se fosse suo; e che in ogni caso, nell’edizione italiana del testo, avrebbe corretto lo svarione. Debbo dire, a suo onore, che quando m’iscrissi al suo corso di laurea non mi
    penalizzò per questo; anzi mi fece pubblicare (un saggio su Borges!) su una rivista accademica
    da lui diretta prima ancora di aver sostenuto un esame. E questo fu il suo secondo, ben più grave errore 🙂

  7. Grazie, Sergio, per la corrige: curiosamente, però, Borges non corregge l’intervistatore…
    E di qui, interrogativi liberi.

  8. signora, non vorrei deludere l’appassionata di misteri superflui che è in lei ma nell’intervista borges prende “sua madre” per “la madre di suo padre” (un attimo prima nominava il padre), e l’intervistatore non insiste perchè a) è sgarbato insistere coi vecchi e b)chi se ne frega? la mamma o la nonna, sempre autobiografia è. e per mister garuffi: anch’io ho scritto un saggiop su borges ma nessuno me lo pubblica. come cazzo devo fare? devo aspettare che qualche barone scriva una scemenza per correggerlo?

  9. Chiunque digiti ‘Iooooo e Borges’ su Google/Groups può fare scoperte sorprendenti.
    P.S. Loredana, hai già letto ‘Gli editori visti da vicino’ nel mio blog?

  10. Lippi, ciao, ho pensato che forse sei angosciata perchè tu nella tua “vita vera” prendi sempre la metropolitana. Ma, mi chiedo, i morti per lavoro, e l’Italia almeno in questa fa strada, non sono molti di più di quelli – per cui ci dispiace e ci angosciamo certo – della metro di Londra? Voglio dire non è meglio cominciare la giornata – o finirla – pensando a “L’asso nella manica” invece che a “Germania anno 0”? così astigmatica come al solito.

  11. Nota tecnica: KW sta facendo un poco di maquillage ai blog. Sono in stop per ventiquattro ore, i commenti però restano aperti.
    A dopo.

  12. Borges con le relazioni di famiglia non aveva molta fami”g”liarità. Ha preferito il nulla della morte a un’altra cena in famiglia. 😉
    Iannox

  13. Molto off topic, ma sgradevole: ho commentato spesso qui da te, Loredana, inserendo la mia email ed oggi ricevo un bel messaggio “spampromozionale” da Kataweb Direct che mi invita a cercare lavoro. Come spiegare che il lavoro a noi alti letterati non interessa e lo spam nemmeno?

  14. Sifossi, mi dispiace. Onestamente, non ho so se ci sia un collegamento fra il commentare qui e ricevere pubblicità: comunque, mi informo subito.

  15. Allora, per Sifossifoco: mi sono informata e posso dirti che nel modo più certo e assoluto la mail che hai ricevuto non ha nulla a che vedere con la frequentazione di questo o altri blog di Kataweb. Il database dei commenti non è assolutamente collegato a quello dei registrati che ricevono
    newsletter. E la ricevono SOLO quelli che hanno dato il proprio assenso.
    Su questo a Kw sono stati categorici, ricordandoti che, per evitare di essere nuovamente seccato, basta utilizzare l’unsubscribe.
    A disposizione 🙂

  16. Cara Loredana, ti ringrazio per la prontezza… non sono affatto disturbato (figurati mi arrivano centinaia di spam ogni giorno), ma ti assicuro che non ho mai dato il consenso a ricevere email da kataweb e l’unica relazione possibile è quella con il tuo blog. Non ho motivo né di non crederti, né di non credermi.

  17. Per Sifossifoco: Hai già avuto quello del Jack Rabbit Vibrator? Ecco le caratteristiche principali:
    The Jack Rabbit Vibrator is a dual control multi-speed vibrating and rotating 7 1/2″ x 1 1/2″ Vibrator. Made of a bright pink, pliant jelly, the tip is realistically sculpted. The rotating pearls in the center of the shaft provide both internal and external stimulation to all her sensitive spots While the pearled shaft rotates and vibrates, massaging her inside, the Jack Rabbit’s ears are busy tickling her clitoris outside. The shaft and stimulator are controlled separately, so she can customize her experience every time.
    Jack Rabbit Vibrator Features:
    Dual Control Multi-Speed Vibrator
    Rotating Pearls
    Rabbit Ears for External Clitoral Stimulation
    The Jack Rabbit is 7 1/2 inches long x 1 1/2 inches in diameter.

  18. Ormai l’argomento è diventato altro e forse sono OT.
    L’intervista mi ha fatto tornare in mente alcuni nonni e i loro corredi funerari: preparati anni prima, curati e esposti all’aria con scadenza annuale. Quelli che sono morti vecchissimi hanno fatto in tempo a consumare qualche tenuta funebre da vivi. Tutti loro si preparavano all’evento con dignità, senza particolari isterismi.
    Il presente mi sembra un tantino diverso, specializzato in rimozioni, isterismi e morti efficienti e industriali.
    A partire dalle corsie di ospedale per arrivare alle bombe in strada.
    E’ vero, negli ospedali si va per guarire, ma sempre piu’spesso per gestire vita e morte con freddezza medica, burocratica, al neon.
    Nelle strade invece siamo birilli di politiche e strategie che ci esplono per poter meglio gestire la paura di quelli che restano.
    Un ottimo esempio oltre la recente Londra è la Napoli descritta da R. Saviano nell’articolo pubblicato su I Miserabili
    http://www.miserabili.com/archives/2005/07/saviano_scampia.html#021791
    Alla fin fine a camorre e mafie manca solo la legalità, l’essere ufficializzate da leggi e statuti. Non è che si differenziano poco da governi e gruppi di potere, palesi o occulti, che condividono con loro molto di più di quello che ammettono.
    ‘notte

  19. E’ possibile parlare del libro come veicolo di cultura o come merce, ma dalla parte del lettore? Facciamo finta per un attimo che non esista tutto ciò che viene prima del libro e pensiamo al lettore e parliamo da lettori.
    In Italia secondo me stiamo davvero bene rispetto agli altri paesi, proprio per quanto riguarda le edizioni dei libri, è possibile trovare diversi cataloghi di edizioni economiche che magari si incrociano per titoli addirittura con la possibilità di selezionare il traduttore o l’autore della prefazione o un’edizione commentata piuttosto che una non commentata, cosa rara in altri paesi.
    Con il Corriere danno solo la Maraini? Va bene, allora nella stessa edicola compra “Morte a credito” di Celine nella traduzione di Giorgio Caproni…, oppure Urania, o Chatwin, non mi va di fare spot subliminali anche perchè chi legge solitamente legge di tutto, la mia inesperienza nel campo però mi impone di approfittare di questo spazio per fare una domanda, esistono spazi (convegni, fiere, simposi) di un certo rilievo organizzativo affidati ai lettori e non agli editori? Semplice curiosità.

  20. (non) lancio una proposta, si può discutere di libri nel bene e nel male, di editoria, di vendita in calo o in crescita dalla parte del lettore? E’ possibile parlare del libro come oggetto di cultura, come oggetto acquistato, come merce, ma dalla parte del lettore? Facciamo finta per un attimo che non esista tutto ciò che viene prima del libro e pensiamo al lettore e parliamo da lettori.
    In Italia secondo me stiamo davvero bene rispetto agli altri paesi, proprio per quanto riguarda le edizioni dei libri, è possibile trovare diversi cataloghi di edizioni economiche che magari si incrociano per titoli addirittura con la possibilità di selezionare il traduttore o l’autore della prefazione o un’edizione commentata piuttosto che una non commentata, cosa rara in altri paesi.
    Con il Corriere danno solo la Maraini? Va bene, allora nella stessa edicola compra “Morte a credito” di Celine nella traduzione di Giorgio Caproni…, oppure Urania, o Chatwin, non mi va di fare spot subliminali anche perchè chi legge solitamente legge di tutto, la mia inesperienza nel campo però mi impone di approfittare di questo spazio per fare una domanda, esistono spazi (convegni, fiere, simposi) di un certo rilievo organizzativo affidati ai lettori e non agli editori? Semplice curiosità.

  21. (non) lancio una proposta, si può discutere di libri nel bene e nel male, di editoria, di vendita in calo o in crescita dalla parte del lettore? E’ possibile parlare del libro come oggetto di cultura, come oggetto acquistato, come merce, ma dalla parte del lettore? Facciamo finta per un attimo che non esista tutto ciò che viene prima del libro e pensiamo al lettore e parliamo da lettori.
    In Italia secondo me stiamo davvero bene rispetto agli altri paesi, proprio per quanto riguarda le edizioni dei libri, è possibile trovare diversi cataloghi di edizioni economiche che magari si incrociano per titoli addirittura con la possibilità di selezionare il traduttore o l’autore della prefazione o un’edizione commentata piuttosto che una non commentata, cosa rara in altri paesi.
    Con il Corriere danno solo la Maraini? Va bene, allora nella stessa edicola compra “Morte a credito” di Celine nella traduzione di Giorgio Caproni…, oppure Urania, o Chatwin, non mi va di fare spot subliminali anche perchè chi legge solitamente legge di tutto, la mia inesperienza nel campo però mi impone di approfittare di questo spazio per fare una domanda, esistono spazi (convegni, fiere, simposi) di un certo rilievo organizzativo affidati ai lettori e non agli editori? Semplice curiosità.

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