STILOS: GUIDO CONTI SU TONDELLI

Beh, visto che il maquillage di Kwblog procederà a scaglioni, approfitto per un’anticipazione. Dal nuovo numero di Stilos, nel caso, che sarà in edicola il 19 luglio con uno speciale su Piervittorio Tondelli nel cinquantenario della nascita (scritti di Giuseppe Bonura, Guido Conti, Fulvio Panzeri, Antonio Spadaro).  Ecco un estratto, dall’articolo di Conti.

Non conoscevo Tondelli nemmeno come scrittore. Comprai Altri libertini e quella scrittura mi affascinò perché raccontava della mia giovinezza che stavo vivendo, proprio in luoghi che io stesso frequentavo, come la discoteca del Marabù, la stazione di Reggio e Bologna, l’andare lungo la via Emilia. Ma già capivo che io scrivevo ben altro, che avevo altro da raccontare che urgeva in me. Lo chiamai su invito di Fabrizio Frasnedi che già dal 1986 teneva seminari di scrittura creativa all’Università di Bologna dove frequentavo i corsi di letteratura moderna. Fu lui che m’invitò ad andare da PierVittorio. Lo andai a trovare a Milano, in via delle Abbadesse, una mattina di settembre o di giugno, non ricordo bene. Portavo con me La ballata del vecchio marinaio di Coleridge. Gli avevo spedito il dattiloscritto de I cieli di vetro.
 La casa era appartata, fuori dal centro nevrotico di Milano. Era un angolo di silenzio, tranquillo. Suonai in via delle Abbadesse ma non rispondeva nessuno. Suonai ancora. Pensavo già di aver sbagliato ora e giorno dell’appuntamento quando all’improvviso comparve sul marciapiede uno spilungone alto con gli occhiali e in mano le sigarette. “Sei Guido Conti?”, mi disse. Non avevo mai visto Pier Vittorio Tondelli. Era così alto e sembrava tutto meno che uno scrittore. “Scusami ma sono andato a prendere le sigarette”, mi disse. Ricordo che era una giornata di sole e non faceva freddo.
“Mi ha parlato di te Fabrizio”, mi disse. Mi chiese se mi stavo laureando e su cosa, e gli dissi che stavo facendo la tesi di stilistica con Guido Guglielmi su Camillo Sbarbaro, sui suoi Trucioli, nel passaggio da Pianissimo ai primi frammenti lirici. Pier Vittorio salendo le scale mi citò a memoria i primi tre versi della poesia sul padre.
Padre, se anche tu non

D([“mb”,”fossi il mio padre,/ se anche fossi a me un estraneo,/ per te stessougualmente t’amerei". E poi ancora qualche spezzettone di "Taci, animastanca di godere e di soffrire". Poi sorrise perché non ricordava più.L’appartamento era pieno di riviste, tra cui ricordo pile di "Rockstar" suun tavolo e poi libri su libri e le prime videocassette. C’erano giornali ela confusione di una casa vissuta. In realtà quell’appartamento aveva ilcalore di una tana dove potersi rifugiare. Era il 1988.Aveva ricevuto il dattiloscritto di Cieli di vetro. L’aveva letto conattenzione, sottolineandolo con la matita. Posseggo ancora queldattiloscritto con le sue annotazioni. In un’ora, tanto durò il nostroincontro, credo di aver ricevuto un’altra delle più importanti lezioni sullascrittura che mi hanno segnato per sempre. Lo affascinava non tanto lascrittura ancora grezza, piena di errori grammaticali e di endecasillabi, dirottami di memoria più o meno scolastica, come lui mi aveva fatto notare, macapiva che stavo cercando quel ritmo che fa la scrittura, quella forzadeterminante per far muovere una storia, che la fa vivere al di là di quelloche si racconta. Io lo chiamo "il nervo" della scrittura, la tensionenarrativa che attraversa le parole. Questo lo colpì, e lo colpì anche ilfatto che raccontavo storie di contadini, di uomini della sua terra, dellasua pianura. Lui stava cercando quello che io scrivevo, ma lo cercava peraltre strade. Pier Vittorio stava tornando a casa, verso le sue radici. Ioquelle radici le avevo già dentro. Lui raccontava la vita che io facevo eche narrativamente non mi urgeva di raccontare, e io gli narravo le sueradici, la sua terra, l’odore delle stalle che ancora oggi si può sentirelungo la via Emilia.”,0]
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fossi il mio padre,/ se anche fossi a me un estraneo,/ per te stesso ugualmente t’amerei”. E poi ancora qualche spezzettone di “Taci, anima stanca di godere e di soffrire”. Poi sorrise perché non ricordava più.
L’appartamento era pieno di riviste, tra cui ricordo pile
di “Rockstar” su un tavolo e poi libri su libri e le prime videocassette. C’erano giornali e la confusione di una casa vissuta. In realtà  quell’appartamento aveva il calore di una tana dove potersi rifugiare. Era il 1988.
Aveva ricevuto il dattiloscritto di Cieli di vetro. L’aveva letto con attenzione, sottolineandolo con la matita. Posseggo ancora quel dattiloscritto con le sue annotazioni. In un’ora, tanto durò il nostro
incontro, credo di aver ricevuto un’altra delle più importanti lezioni sulla scrittura che mi hanno segnato per sempre. Lo affascinava non tanto la scrittura ancora grezza, piena di errori grammaticali e di endecasillabi, di rottami di memoria più o meno scolastica, come lui mi aveva fatto notare,
ma capiva che stavo cercando quel ritmo che fa la scrittura, quella forza determinante per far muovere una storia, che la fa vivere al di là di quello che si racconta. Io lo chiamo “il nervo” della scrittura, la tensione narrativa che attraversa le parole. Questo lo colpì, e lo colpì anche il fatto che raccontavo storie di contadini, di uomini della sua terra, della sua pianura. Lui stava cercando quello che io scrivevo, ma lo cercava per altre strade. Pier Vittorio stava tornando a casa, verso le sue radici. Io
quelle radici le avevo già dentro. Lui raccontava la vita che io facevo e che narrativamente non mi urgeva di raccontare, e io gli narravo le sue radici, la sua terra, l’odore delle stalle che ancora oggi si può sentire lungo la via Emilia.

Su Stilos numero tre, anche:
Interviste con
Elisa Biagini, Angelo Cannavacciuolo, Luca Di Fulvio, Marcello Flores, Marco Lodoli, Elisabetta Rasy, Emanuele Severino, Gian Antonio Stella, Guillermo Arriaga, Renate Dorrestein, Damon Galgut, Amitav Ghosh, David Israel, Rosa Montero, Matthew Sharpe, Javier Sierra
Articoli di Giuseppe Caliceti, Giancarlo De Cataldo, Alba Donati, Filippo La Porta, Renato Minore
Rubriche di Andrea Carraro, Benedetta Centovalli, Arnaldo Colasanti, Sossio Giametta, Aurelio Grimaldi, Idolina Landolfi, Giulio Mozzi, Walter Pedullà, Vanni Ronsisvalle

 


 

11 pensieri su “STILOS: GUIDO CONTI SU TONDELLI

  1. “Altri libertini”, un libro che è una bibbia, che tutti dovrebbero leggere non una ma cento volte almeno. Così per ogni singola riga di Pier Vittorio Tondelli.
    Iannox

  2. Se c’è qualcuno di Firenze che è riuscito a trovare Stilos prego di fare sapere in quale edicola.
    grazie

  3. Cara Loredana, io ti sono grato per aver nominato quel “grande minore” del ‘900 che è Camillo Sbarbaro, amante dei licheni – i vegetali più negletti in natura -, delle prostitute e del vivere schivo. Come dice il sottotitolo della bella biografia di Gina Lagorio, il suo fu “un modo spoglio di esistere”. E se potessi consigliare uno dei suoi libri, mi verrebbe da dire proprio quello che lui amava meno, e cioè “Scampoli” (credo del ’60), in cui vagheggia il più bel suicidio che si possa immaginare. Peccato che in questo paese si debba aspettare un anniversario per poterne parlare.

  4. I cieli di vetro di Guido Conti è un gran bel romanzo, che consiglio di leggere.
    Ne scrissi qui:
    http://space.tin.it/clubnet/badimona/Conti.htm
    ora raccolto in “Quaranta letture” – Percorsi critici nella letteratura italiana contemporanea”. Marco Valerio Editore, 2004.
    Scampoli di Camillo Sbarbaro uscì nel 1960 per Vallecchi in una edizioncina dalla copertina gialla con il titolo scritto in rosso.
    Lo scampolo 25 ha questo incipit molto bello che confessa la personalità dell’autore:
    “Come per via, nella vita rasento i muri.”
    Bart

  5. Per tutti coloro che cercano Stilos, dalla redazione medesima arriva il consiglio di prenotare una copia del giornale presso un edicolante di fiducia:, per avere la certezza di non perdere mai nessun numero della rivista.
    Intanto, giro a Piero Sorrentino le segnalazioni…

  6. … e io raccolgo la segnalazione e rilancio confermando: stilos si trova nelle edicole del centro di capoluoghi regionali e provinciali – dal quel punto di vista lì bisogna solo convincere gli edicolanti che non è il caso di fare i timidoni e ordinare una, due copie per numero – ; per il resto invece si può appunto procedere come suggeriva Loredana: andare dall’edicolante di fiducia (il mio si chiama Gennaro :-)) e INTIMARGLI di prendervi e mettervi da parte una copia di stilos!
    ciao!

  7. per l’uscuta del primo Stilos avevo setacciato, inutilmente, metà delle edicole centralissime di Torino.
    Lo cercavo per poterne parlare male, si capisce.
    Scherzavo.
    Per quanto.

  8. E’ per me un vero piacere osservare discuisizioni più o meno valide sul mondo della letteratura. Il blog è un mezzo per fare letteratura senza sentirsi dire: no, questo libro non venderebbe ed esser costretti ad autofinanziarsi.
    Ogni nuova impresa costa sacrifici, di idee, nel mondo dei blog, ne ho lette a bizzeffe. Anzi, quasi quasi me ne viene una…..

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