UNA MAIL DA STOCCOLMA

Sì, è molto complicato ricominciare i discorsi sui femminismi e la violenza e i femminicidi. Moltissimo, anzi, perché quegli stessi discorsi sono stati inquinati da un lato dalla semplificazione e dall’appropriazione e insomma dalla “normalizzazione” di discorsi e rivendicazioni che venivano considerati “funzionanti” (si pensi alla celebre frase pre-elettorale di Michele Emiliano sulle donne che in questo momento “bucano”, ovvero sono mediaticamente e politicamente utili). E dall’altro dal rigurgito anti-femminismi (tutti, indistintamente) dipinti (tutti, indistintamente) come moralistibigotticastrantifanaticidelirantiossessiviviolenti e insomma si curassero queste babbione vecchie e tristi e invidiose.
E’ difficile, difficilissimo.
Così, lascio la parola a un vecchio amico più volte citato: è Stefano Dell’Orto, che vive in Svezia e di come si vive in Svezia e in Italia ha spesso parlato. Ieri mi ha inviato una mail e mi ha autorizzato a pubblicarla. La trovate qui sotto.  L’auspicio è che Stefano non venga accusato di voler mettere i mutandoni alle statue, o di invidia per l’altrui giovinezza: dal momento che si tratta di un giovane uomo sereno che vive serenamente con la sua compagna e le sue bambine. Almeno, tirate un bel respiro e, al di là di quanto possa essere personalmente allettante e conveniente dichiararvi contro lemoralistebigotteinvidioseeccetera, provateci.

“Il femminicidio di Motta Visconti (compresi i figli!), quello di Pietra Ligure, la cattura del presunto assassino di Yara… Loredana, ma qui siamo una società intera che deve andare in analisi.
Io voglio credere che la maggior parte di noi uomini sia diversa, ma qui dobbiamo porci delle domande serie.
Qui parliamo di padri di famiglia senza apparenti problemi.
Che sia il costante e continuo bombardamento di messaggi a sfondo soft-sessuale uno degli elementi che crea una frustrazione incontrollabile?
Io certi siti (corriere.it, repubblica.it, non parliamo di gazzetta.it) oramai al lavoro non li guardo più per timore che i colleghi (che non capiscono il testo) guardando le immagini pensino che sia su siti porno-soft: gallerie fotografiche intere sulle mogli dei giocatori e su donne varie con scelta dell’immagine più conturbante. E poi veline, balletti ammiccanti, pubblicità con la donna sexy per venderti cose tipo la cera per l’automobile o il computer. Modelle stile Lolita.
La logica vorrebbe dire che non può bastare a spiegare come si arrivi a tutta questa follia… però, però… qualcosa bisogna fare.
Ti prego, lancia parallelamente alla campagna e alla lotta che fai da anni una proposta provocazione: una settimana, dico una, di comunicazione alternativa.
– Niente foto sexy, ammiccanti, eccetera. Chi sceglie la foto per l’articolo che parla della Minetti ne scelga una “normale” e non una che ne esalta il seno. Che le foto su come ha giocato Balotelli facciano vedere lui sul campo, e non la sua fidanzata sugli spalti. Pirlo ha lasciato la moglie e Buffon pure e la notizia fa vendere? Bene,  ma evitiamo le gallerie fotografiche su nuove ed ex. Ben vengano le pubblicità, che sono necessarie per la sopravvivenza dei quotidiani… ma premiamo la pubblicità creativa.
Non voglio fare il bacchettone, quello che vuole mettere il niqab a tutte “perché l’uomo non si sa controllare”. Voglio solo creare una riflessione seria. Io voglio una società nella quale le mie figlie possano vestirsi come preferiscono e possano prendere i mezzi pubblici a qualsiasi ora e camminare sino a casa senza timori. Voglio una società nella quale tutte le donne (e anche gli uomini) possano farlo. E voglio una società nella quale ogni uomo si prende le proprie responsabilità.
Chi dice che va bene così o non capisce o peggio è in malafede. Bisogna fare qualcosa.
Non “se non ora”, ma “ORA!”. Punto”.

10 pensieri su “UNA MAIL DA STOCCOLMA

  1. Ciao, condivido il punto di partenza di questa prospettiva per come l’ho letto: per meri scopi economici (click) e per la banale piattezza dei fornitori di contenuti, buona parte dei grossi siti spingono sull’ammiccante in maniera costante e, spesso, senza “contesto” che regga (vi ricordate lo spot del silicone?). Ciò non crea mostri ma probabilmente alimenta in ognuno di noi un sotterraneo, e costante, boh, pensiero porno?
    Comunque vorrei condividere una cosa recente: in occasione dei mondiali, mi sono trovato a trollare, sì trollare, su alcuni siti americani, con la classica partenza “you don’t care about real football because you suck at it” sperando di pungerli sul “real football/soccer”. invece dopo una serie di scambi mi sono reso conto qual è il motivo profondo di questo disinteresse: il calcio è visto come uno sport “da donne”, anzi laddove giocato da uomini, sport “da gay” per cui tutti i commenti alle mie provocazioni erano sul tipo omofobo. Ripensando a qualunque film americano passi, mi sembra di poter dire che molte scene che coinvolgano sport tipo a scuola sullo sfondo, ci sono le ragazze adolescenti che giocano a calcio, o i bimbetti maschi ma delle elementari a farlo, mai ragazzi o uomini. nasce prima l’uomo o la gallina? cioè l’idea di fondo o la pubblicistica sul frame calcio=gay (come poi fosse una cosa importante). Scusate la lunghezza

  2. mah, proprio ieri discussione su gruppo fb sui legging delle bambine di 6 anni che fanno vedere la patata perché troppo stretti e non indossati con magliette lunghe. Che se donne e madri guardando una bambina di sei anni quella vedono e ne fanno materia di confutazione facebookkistica, pure io invocherei più analisi per tutt*. la mutande alla statua forse invece non l’ avremmo neanche notata, perché ormai siamo costretti a mettercela in testa, per le ottime osservazioni riportate in questo post.
    Il che mi capita a fagiolo dopo una mattinata recente passata a leggermi articoli random qui: http://www.rookiemag.com/2011/09/male-gaze/

  3. Quanto sono d’accordo con Stefano Dell’Orto! Mi sembra, quasi, di averla scritta io la sua e.mail. Grazie Loredana Lipperini, condivido volentieri.

  4. Il prossimo 14 luglio mi trasferisco a vivere a Stoccolma con mio marito, mia figlia e mio figlio.
    Credo che basti per sintetizzare come la penso.

  5. Buongiorno. Sono quasi babbione e padre di adolescente femmina. Sapevo di essere confuso ma vedo che non sono l’unico. 🙂 Discorso difficile questo dei limiti alle rappresentazioni, ai messaggi… ognuno di noi ha i suoi paletti personali, non so se ci sia un minimo comune. Ad esempio per me i leggings-patata stanno nella stessa categoria (NO) dei bikini infantili con le coppe imbottite; e se dobbiamo togliere la foto florida della minetti mi pare che dobbiamo anche dire “no, non ti puoi vestire proprio del tutto come ti pare”. Però se devo fare terapia in pubblico a me da giovane (fine ’70-’80) non hanno complicato la vita le pubblicità o le vallette tv, quanto una certa pressione sociale verso il sesso spensierato-intercambiabile-obbligatorio. Quando ho visto che come diceva Troisi “la rivoluzione sessuale al paese mio non è arrivata” un po’ di gastrite mi è venuta. Da lì a mettersi a menare, però…
    Adesso come padre più che le foto dei sederi mi preoccupa il fatto che la generazione di mia figlia sta crescendo con la pornografia “tosta” a portata di clic e senza filtri, e non mi pare (sbaglio?) che se ne parli molto in giro. Buona giornata.

  6. Dice bene, questa società deve andare in analisi. E non solo per l’attenzione morbosa verso il corpo femminile, non solo perché ormai le strategie di controllo da parte maschile sono talmente smascherate che pare impossibile ci siano ancora donne inconsapevoli di essere controllate (in qualsiasi modo), non solo perché il filosofo di riferimento è il pessimo Recalcati e nessuno, eccetto qualche specialista, pare accorgersi della deriva autoritaria che sta prendendo la questione del padre evaporato. Soprattutto deve andare in analisi per imparare cosa significa la parola responsabilità, quali sono le conseguenze dei gesti, ogni gesto, anche minimo che ha ripercussioni di lunga durata specie in ambito educativo, per riconoscere una volta per tutte che le parole istinto e passione non significano nulla in una società governata dalla facoltà di decidere per sé come è di fatto – cioè giuridicamente – questa nostra.

  7. Chiaramente i tasselli sono infiniti: è evidente, per chi abbia voglia di ragionare e non di twittare le proprie quotidiane e presunte spiritosaggini, come avviene anche in queste ore, che non è reperibile una sola causa. Quella di Stefano è la testimonianza di una persona che vive in un altro paese e che racconta come quella che per noi è normalità altrove viene vista in tutt’altro modo. Detto questo, la questione sta, soprattutto, nel modo in cui si commercializza e dunque si usa qualunque emozione e qualunque rappresentazione: dai corpi (femminili e maschili) alla rabbia da social. Semplicemente rendendoci immobili. Semplicemente rendendoci patologicamente autocentrati. Semplicemente illudendoci di star facendo esattamente quel che desideravamo, inclusi i tweet idioti. Senza, in realtà, fare nulla.

  8. In realtà la critica al dilagare di una immagine stereotipata di donne (ma anche di uomini) è da tempo oggetto di analisi e di indicazioni su come contrastarla anche in Italia.(penso al lavoro di Lorella Zanardo con Il corpo delle donne).
    Il problema è che al di là degli spottoni elettorali in questo paese la classe politica non vuole affrontare seriamente il problema se pensiamo, ad esempio, che il piano nazionale antiviolenza è ancora al palo. Renzi, che ha la delega alle PO, ha altro a cui pensare, of course. Penso che anche nell’area delle associazioni di donne che da anni si battono su questi temi ci sia il rischio di accettare, come nel caso della legge antiviolenza, il meno peggio non riuscendo ad ottenere ciò che serve realmente. Ma non sarà mettendosi i guanti di velluto che donne e uomini riusciranno a cambiare questa società.

  9. Ho avuto una conversazione col mio ragazzo giusto ieri sul bombardamento di un tipo di immagini femminili nei media… Lui pensa che la rappresentazione delle donne in ruoli di servizio (domestico o sessuale), a volte svilente, non possa avere un effetto serio sugli spettatori perché tanto nessuno presta fede alla pubblicità.
    Io non sono così sicura, penso che un’influenza ci sia, anche se essa si insinua nella mente di uomini e donne in maniera più subdola e sotterranea di quella causa > effetto immediato da lui descritta.
    Sapere che non solo pubblicità ma articoli di giornale presentano una immagine sessualizzata delle donne e insistono sul loro aspetto,anche se sono politiche e non aspiranti miss Italia, è molto triste e offensivo, perché i media ignorano o trattano in continuazione metà della popolazione (quella più scolarizzata peraltro) come persone di serie b.
    È possibile che la violenza e l’egoismo di chi compie certi delitti sia alimentata da un contesto che è focalizzato solo sui suoi appetiti sessuali, sulle sue presunte esigenze, che ha lui come interlocutore privilegiato e che ignora o rappresenta in maniera subordinata e compiacente gli interlocutori dell’altro sesso?
    Forse è più facile collegare queste scelte dei media a episodi di meschino, ordinario sessismo piuttosto che a grandi delitti.
    Non so quanto vedere la rappresentazione femminile (e quindi, indirettamente, la rappresentazione degli interessi e dei comportamenti per eccellenza maschili) possa innescare direttamente comportamenti ai livelli di certe violenze, anche ai danni di bambini, però certamente esse sono una forma di potenziamento dell’ego maschile, che viene “educato” a tenere in considerazione prima di tutto le sue ragioni ed esigenze, a creare una gerarchia dove esse contano di più di quelle delle altre (donne e in questo caso bambini).
    La mancanza di una pluralità di modelli, la chiusura degli spazi che dovrebbero rispecchiare gli interessi e i gusti femminili (banali e ordinarie, ma anche impegnate, come la riflessione seria su temi quali la violenza di genere) in ghetti rosa invisibili agli altri, l’impossibilità di confronto creata da un modello unico: queste cose si riflettono penalizzando e chiudendo gli orizzonti e la considerazione e il rispetto che uomini e donne hanno gli uni degli altri.

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