VA BENE, COMINCIAMO

Ve ne sarete accorti, credo. Da qualche tempo gli scrittori (no, non i "giovaniscrittori": parliamo di persone che scrivono e pubblicano già da diverso tempo e che non sono più quelli della "nuova ondata", visto che hanno ampiamente raggiunto la riva e i lettori) pubblicano romanzi storici. Romanzi, meglio,  in grado di raccontare il tempo passato e quello che stiamo attraversando, con la forza del narratore e la precisione dello storico. Penso, per esempio, a due libri magnifici usciti da poche settimane: New Thing di Wu Ming 1 e Noi saremo tutto  di Valerio Evangelisti. Intanto guardatevi le bibliografie: ne riparliamo.
Ora. Si continua a sostenere, inesorabilmente e accanitamente, che la letteratura italiana contemporanea non è animata dall’ossessione storica di Ellroy. E che dunque non è in grado di raccontare il reale. Compito che, semmai, spetta al giornalismo.
Non è così, e c’è almeno un terzo esempio da fare, quello di Carlo Lucarelli, che da diverso tempo si dedica proprio a questo, sia nei suoi libri, sia portando il suo modo di raccontare in televisione. Quando, mesi fa, uscì "Nuovi misteri d’Italia", Carlo confessava il senso di impotenza che prova lo scrittore quando si trasforma in storico: "quel che stai narrando è accaduto veramente, come potrebbe essere peggio di così? Però, d’altra parte, hai il contatto con le persone, ragazzi giovani che ti scrivono per chiederti come possono approfondire l’argomento, e quali altri libri possono leggere. Uno di questi, magari, un giorno scoprirà la verità".
Bene, è uscito il nuovo libro di Lucarelli, "La mattanza": racconta la storia di Cosa Nostra, e racconta molto del nostro paese.
Domani, a partire dalle 13, Carlo sarà qui nel condominio, in videochat con gli studenti di due licei (a Palermo e a Torino) e in chat con chiunque passi da queste parti. Io gli terrò compagnia: se avete domande da fargli, vi si aspetta.
Intanto, però, vi regalo una storia che lui ha raccontato a me, e che appartiene in realtà a Giorgio Scerbanenco. Questa: "Nella sua rubrica di posta per un settimanale femminile, Scerbanenco riceve un giorno la lettera di una donna che vuole suicidarsi. Lui le scrive di non farlo, e in quella risposta mette tutta l’anima dello scrittore. Il giorno dopo legge in cronaca che la signora ha cercato di suicidarsi lo stesso. Tradimento, si dice Scerbanenco: scrivere, allora, è come mettere la mano davanti alla locomotiva. Non serve a niente. Ma non è finita. Un’altra signora, tempo dopo, gli scrive: vuole suicidarsi. Lui risponde, stavolta meno accorato: signora, non lo faccia. Lei riscrive: io lo faccio lo stesso. Lui insiste: non lo faccia. Insomma, dice infine Scerbanenco, sono tre anni che ci scriviamo, e ovviamente la signora è viva. Allora, la mano davanti alla locomotiva serve a farla almeno rallentare. Il senso della scrittura è quello, credo".
Anch’io.

44 pensieri su “VA BENE, COMINCIAMO

  1. Al contrario. O il “senso della scrittura” serve a guardarla in faccia quella locomotiva, ferma o in movimento che sia; oppure è sbagliato tenti di rallentarla, od addirittura fermarla. In quest’ultimo caso, infatti, si tratterebbe solo di un inutile ed indebito accanimento terapeutico. Mentre io, non so se si è capito, sono decisamente dalla parte della Vita. E del suo vero volto.

  2. Loredana, si può imparare, guardando in faccia la locomotiva così come realmente è, ad uscire in tempo fuori dai binari, piuttosto che fermarla o farsi travolgere. 😉 Fuori di metafora, sì, sono d’accordo: non solo i due punti di vista non si escludono, ma sono complementari, direi.

  3. Massimo, se guardi in faccia una locomotiva, non puoi che tentare di fermarla o farti travolgere. Fuor di metafora, credo che essere a favore di una letteratura che racconti la vita reale ed essere a favore della vita non siano due punti di vista che si escludono, no?

  4. beh, la mano davanti alla locomotiva non l’ho mai messa… ma conosco una locomotiva “lanciata a bomba contro l’ingiustizia…”
    E conosco anche un notevole numero di storie che, se raccontate come fa Lucarelli attraverso il “montaggio delle modalità di divulgazione della Storia”, potrebbero porre delle notevoli pregiudiziali sul corso della Storia stessa.

  5. non tutti gli scrittori “realisti”, d’altra parte, devono necessariamente fronteggiare locomotive per essere considerati abbastanza “realisti”… credo che, sempre restando a scerbanenco e le ferrovie, si dovrebbe tenere conto anche di un ulteriore punto di vista. meno contundente ma altrettanto nobile. quello del viaggiatore…

  6. C’è sempre l’eccezione alla regola. Sicuramente il dibattito sul Romanzo è un qualcosa che non troverà mai tregua e passerà per tutte le sue fasi e quando sembrerà oramai triturato in tutte le salse, troverà il modo di essere argomento di discussione, confronto e dibattito…Lucarelli unisce ‘l’utile al dilettevole” poi ogni scrittore ha la sua voce che è legata a forma mentis e formazione personale, a sua volta influenzata dal background di studi e letture effettuate…
    Fondamentalmente ce n’è per tutti…i gusti.

  7. per me sulla questione realtà/non realtà… e tutto quello che è nato da covacich in poi… David Foster Wallace ha tagliato la testa al toro con queste parole ” Il progetto che vale la pena di portare avanti è invece quello di scrivere qualcosa che abbia in parte la ricchezza, la complessità, la difficoltà emotiva e intellettuale dell’avanguardia, qualcosa che spinga il lettore ad affrontare la realtà invece che a ignorarla, ma che nel fare questo provochi anche piacere nella lettura. Il lettore deve sentire che qualcuno sta parlando con lui, non assumendo una serie di pose”…. l’intervista è tutta interessante… la trovate sul sito della minimumfax… ad ogni modo benvenuta nel mondo blog da protagonista a loredana!

  8. La differenza fra storico e scrittore, quella fra storia e finzione, troppo grande per essere affrontata dalla finta letteratura di oggi. Puo’ permettersi Umberto Eco d’essere romanziere e storico allo stesso tempo, oggi: per tutti gli altri s’è disegnato e consumato inesorabile fallimento che è già storia che nessuno mai ricorderà.
    Saludos.
    Iannox

  9. La cosa che personalmente mi colpisce, in Lucarelli, è la capacità di raccontare in un altro modo storie che conoscevamo dalla cronaca. Per esempio, proprio in “La Mattanza”, la morte di Falcone e Borsellino.
    Qui siamo quasi pronti, se volete il canale è aperto e potete entrare in chat passando dalla home di Kw.
    A dopo!

  10. Iannox, avendo citato io Guccini mi sento di lasciare una traccia.
    La Storia e la Cronaca sono comunque raccontati da qualcuno.
    Omero o un giornalista di Repubblica (con i dovuti inchini e rispetti per le fasi linguistiche e letterarie che il tempo ci impone) sono la stessa cosa ai fini di chi deve comprendere quello che è accaduto.
    All’inizio era il Bardo o il cantastorie. Giornalisti d’altre epoche, scrittori atipici e poco accademici.
    La letteratura non solo può fermare la locomotiva, ma ne può diventare il macchinista (già, proprio quello che per mano ignota potrebbe essere “deviato lungo una linea morta”) e soprattutto può provocare affezione nei confronti di eventi che quotidianamente s’ingurgitano come il panino di “2001 Odissea nello spazio” (Buono, sa di pollo!).
    Ed infine sono d’accordo con la Lippendale (!) che fondamentale è “la capacità di raccontare in un altro modo storie che conoscevamo dalla cronaca”.
    Passo in chat, forse ci saranno novità.

  11. La Storia cerca rigore. Non le si addice la finzione commista alla realtà che é stata. Sappiamo “I novantatré” di Hugo: si dovrebbe raccontare la verità e non “il modo diverso”, perché quest’ultimo appartiene alla finzione e trova ragione d’essere se inteso come tale e non come Storia, realtà passata. Finzione e Realtà, due rivoluzioni diverse che non si sposano, anche se poi c’è chi tenta almeno un amore per procura. Una cosa è la finzione, un’altra il rigore che è la Storia. Uno zibaldone di finzione e storia non fa – e non farà – la letteratura di oggi, di domani. E la Locomotiva del Guccio meglio è, a mio avviso, non scomodarla: e come disse il Guccio, nove minuti di canzone ma venti per scriverla. Guccini sa: la sua poesia è “omerica”, questo il motivo precipuo per cui domani sarà ancora nella Storia senza avanzare l’assurda pretesa di essere in essa né in modo esplicito né implicito.
    Saludos.
    Iannox

  12. La Storia è “narrazione sistematica, studio e interpretazione critica delle vicende dei popoli e delle nazioni”; la Cronaca è “una forma di narrazione storica consistente in una registrazione dei fatti nella quale ci si attiene a un criterio rigidamente cronologico senza interpretare gli avvenimenti o individuarne le cause.” La differenza è grande fra Storia e Cronaca, anche se entrambe abbisognano di qualcuno che le scriva. Problema è che c’è confusione generalizzata e spesse volte si confonde la Storia con la Cronaca e viceversa; e più spesso ancora si fa di entrambe una sola forma espressiva generando il Caos. La Letteratura dovrebbe “proporre dei fini estetici che abbiano comunque, in ragione della loro concezione e del loro stile, un valore nella storia intellettuale.” Oggi si tende ad amalgamare tutto, Storia, Letteratura e Cronaca: il risultato, nella maggior parte dei casi, è deludente e privo di significato intellettuale, ma non per questo privo di un altro valore, quello dell’intrattenimento. Se la Letteratura vuol essere intrattenimento e solo questo, allora diventa Finzione (Finzione che oggi accoglie sf, horror, storia, cronaca, thriller, ecc. ecc.) La Locomotiva è “poesia omerica” e confonderla o mischiarla con gli spazi di un’Odissea à la Clarke, scusate, ma a me fa venire la pelle d’oca producendo pure forti conati di rigetto. Se voglio scrivere per intrattenere il pubblico con della Finzione faccio “intrattenimento”, ma non la Storia né la Letteratura. La commistione di generi ha fallito nel momento in cui si è detta “Letteratura”. Avesse almeno taciuto, forse sarebbe stato diversamente. E’ nato questo “altro modo di dire storie” sì, ma ad eterna morte.
    Saludos.
    Iannox

  13. E che dire di “Romanzo criminale” di De Cataldo.
    Una certa storia d’Italia, non solo può essere raccontata dalla letteratura, ma deve essere raccontata.

  14. La confusione, di certo oggi di gran moda, tra “cronaca” e “Storia” è un delitto sul qual occorrerebbe davvero indagare. Se non il movente, la causa però a me pare chiara: è quel “delirio del linguaggio” che impedisce un essenziale accordo comune sul significato delle diverse parole. Ed è così che tutto può essere confuso con tutto. Cronaca e Storia compresa. Che indaghi il Lucarelli, quindi nel merito di questo orrendo delitto.

  15. chissà cosa ne avrebbe scritto Durkheim nel suo libro sul suicidio….e queste locomotive, sempre troppo lente per poter uccidere chicchessia, magari la penna con un soffio per dar loro un po’ di velocità, come all’eterna diatriba realtà-finzione

  16. Per ora al volo, ma prometto di tornarci più tardi. Il contrasto storia vs letteratura torna ormai, ciclicamente, da almeno cinque anni (e mi limito a rifermi alla discussione sugli scrittori contemporanei) Secondo me vale quel che ha detto oggi Lucarelli: raccontare l’oggi è un’esigenza imprescindibile per la maggior parte degli scrittori. Alcuni scelgono di farlo attraverso il genere, giallo o noir che sia, altri utilizzano la storia per trovare la distanza necessaria a raccontare il presente. Esempio non lucarelliano ma già citato nel post: Valerio Evangelisti, in Noi saremo tutto, racconta l’America del Novecento, ma racconta anche quel che sta accadendo, da noi, adesso.

  17. Si può raccontare anche stando seduti al bar o dietro al suo bancone: ma raccontare tanto per raccontare non fa di me né uno scrittore né un romanziere. Forse solo un chiacchierone un po’ avvinazzato. E qui sto dicendo in generale.
    In quanto a “Romanzo Criminale” di De Cataldo, sostanzialmente un buon intrattenimento.
    Non rinnego l’utilizzo d’una grammatica nuova e la possibilità di dare significati “nuovi” alle parole per inventare costrutti narrativi diversi ed originali. Ma un minestrone che è solo il risultato di un dado Liebig o Star non vale né la pentola che lo cuoce né il piatto dove verrà accolto dopo previa cottura. Un minestrone è Arte, e la sua essenza è negli Ingredienti mescolati con sopraffina Arte: i sapori devono essere ben distinguibili al palato, tutti i sapori, nessuno escluso. Un minestrone che è solo sapore di dado o di confusione è essenzialmente sbobba.
    Di scrittori che valgono e che meritano la “S” maiuscola, pochi in Italia, e neanche si contano sulle punta delle dita d’una sola mano: Umberto Eco, Aldo Busi, Sebastiano Vassalli, e forse altri due o tre nomi.
    Saludos.
    Iannox

  18. Tre gli ho già citati nel precedente commento. Altri due o tre nomi, senza citarli, e lasciandoli in “forse”. Mi riferisco al panorama letterario italiano contemporaneo.
    Saludos.
    Iannox

  19. Mi verrebbe da domandarmi quante sono le persone che meritano di poter dire chi e quanti siano gli “scrittori che valgono e che meritano la “S” maiuscola”, in Italia o altrove. E’ però ovvio che questo mio proposito contenga in sé, forse, l’unica ragionevole risposta.

  20. Sono venuto a trovarti perché avevo voglia di dirTi Grazie per la bella antologia dedicata alla Notte dei Blogger. Ti prego, anche se so che sarà noioso, di continuare e fare “Il sesso dei Blogger”, “L’Amore dei Blogger”, “I Blogger che si Bloggano”, etc. Tanto all’Einaudi ci sono già abituati a queste cose con Guido Davico Bonino e Tu sei più carina.
    A presto.

  21. Tanto perché si cita Lucarelli, “L’Isola dell’Angelo Caduto” è un inquietante ritratto, più che dell’Italia del fascismo, dell’Italia di oggi. E non è Storia, è una storia con la Storia dentro.
    Jeannette Winterson diceva una cosa bellissima sulla differenza fra History e Storytelling, che dovrò scavare fuori perché rientrava nella mia tesi di laurea, ma ovviamente col cacchio che mi ricordo la citazione, adesso :#)

  22. Solo per dire (un po’ deluso nel doverlo chiarire, in realtà) che l’unica ragionevole risposta contenuta il quel mio proposito, non si traduceva certo in una lista di… “meritevoli a giudicare chi merita”. Anzi. E non me ne voglia per questo Iannox. 😉

  23. Iannox, io non me la sento affatto di definire sbobba Carlo Lucarelli, De Cataldo, Wu Ming, Genna ed Evangelisti, tanto per fare solo pochi nomi. Non mi sembra che contengano glutammato di sodio: ovvero, non mi sembra nè che la loro scrittura sia volta semplicemente alla sperimentazione fine a se stessa nè, tanto meno, che intenda soltanto intrattenere il lettore. New Thing, per dire, è tutt’altro che un romanzo di intrattenimento: è un romanzo che richiede ai suoi lettori impegno, e che restituisce in cambio piacere. Poi, anche sul discorso dell’intrattenimento, avrei parecchie cose da dire: per adesso mi limito a chiedere perchè mai l’intrattenimento escluda automaticamente il sigillo della Letteratura con maiuscola.
    Speraben: la storia in Lagioia c’è, ma in un altro modo. Più tardi inserisco quella recensione in un post, magari ne discutiamo.
    Pierluigi, sbagli: secondo me all’Einaudi pensano di affidare la prossima blogantologia proprio a Davico Bonino. Che è molto più sexy della sottoscritta. 🙂

  24. Ma dopo due giorni di blog, puoi già fare un bilancio dell’esperienza?
    Non ricordo chi ieri scriveva “ma lo sanno al giornale che non lavorerai più?”. Con questa mole di commenti (ed è notevole anche il contenuto, oggi), sarai già esausta!

  25. La letteratura ‘realista’ è quella che ti fa capire da che parte arriva, la locomotiva. Storia e/o letteratura. Son più di cinque anni, anzi: un po’ più di duemila (Aristotele, Poetica)

  26. @ LA LIPPERINI: Io non ho definito niente. I nomi che Lei mi metterebbe in bocca, li ha fatti Lei. Per favore, legga come e cosa ho scritto, ovvero: “Non rinnego l’utilizzo d’una grammatica nuova…”, concludendo con “Un minestrone che è solo sapore di dado o di confusione è essenzialmente sbobba.” Ho lasciato una “interlinea vuota” e ho aggiunto quelli che sono per me gli scrittori che valgono.
    Lei hai scritto: “Iannox, io non me la sento affatto di definire sbobba Carlo Lucarelli, De Cataldo, Wu Ming, Genna ed Evangelisti, tanto per fare solo pochi nomi…” Io non ho citato nessuno di questi nomi nei miei interventi. Ne consegue che la deduzione è SUA e non MIA.
    Spero d’esser stato chiaro e preciso. Io non ho “definito sbobba” nessuno degli autori da Lei citati.
    @ MassimoSdC: Tutto a posto per quanto mi riguarda. Diciamo che ho preferito precisare con tre nomi onde evitare confusioni.
    Saludos.
    Iannox

  27. Ma che blog è questo?
    Tutti ne parlano, tutti si
    passano la dritta e ancora io
    non ho capito chi è questa
    Lipperini, questo sembra il
    posto giusto per chiederlo…

  28. @ LA LIPPERINI: Pareva che io avessi definito “sbobba” qualcuno citando autori che invece non ho citato. Comunque adesso è chiaro.
    La mia posizione è che pochi nomi entrano a pieno diritto nella Letteratura: ho fatto tre nomi, e quei tre nomi, per me, sono già nella Letteratura. Posizione condivisibile e criticabile quanto si vuole la mia.
    Posso dire in merito al collettivo Wu Ming: ottimi anche nei loro lavori “solisti”. Il loro rigore stilistico e di contenuti è grande.
    Non posso dire in merito ad Evangelisti, non pienamente, in quanto non ho letto ancora il suo ultimo lavoro: ma posso dire che preferivo i primi lavori di Valerio. “Antracite” mi ha convinto e non mi ha convinto: troppe commistioni e intersecazioni e parallelismi storici e di finzione. “Antracite” mi pare un lavoro obnubilato. Non ravviso invece obnubilazione alcuna nei lavori del collettivo Wu Ming.
    Preferisco l’Ars Poetica di Orazio alla posizione aristotelica. Come Bertrand Russell, credo che Aristotele abbia arrecato molti danni al pensiero moderno nel corso dei secoli.
    La soluzione – se di soluzione è giusto parlare – al rapporto fra letteratura e realtà non la troveremo di certo oggi: ma il tempo saprà dire.
    La letteratura di genere è morta, o quasi: ma non è un mistero per nessuno. Stiamo ad aspettare se accadrà un miracolo in positivo o in negativo. In fondo, già Lovecraft, quasi cent’anni fa, avvisava gli scrittori che la fantascienza è un territorio ostile e delicato (si veda H.P. Lovecraft, Teoria dell’Orrore. Tutti gli scritti critici, a cura di G. de Turris, Castelvecchi editore, per l’edizione italiana).
    Tengo a precisare: queste sono semplici considerazioni personali al limite della stringatezza e non giudizi critici esaustivi sui lavori in questa sede da me citati.
    Saludos.
    Iannox

  29. Iannox, ma nessuno ti aveva attribuito quei nomi, capiamoci. Io li ho citati rispondendoti semplicemente perchè mi par di capire (ma se non capisco rispiegamelo) che, a tuo parere, ben pochi scrittori italiani contemporanei potessero entrare di diritto nella Letteratura. Secondo me, invece, i nomi che ho citato ci entrano, eccome.
    Anche perchè, e qui cito uno dei primi commenti, quello di Salvatore, fanno anche esattamente quello che dice Foster Wallace: provocano piacere nella lettura.
    Mi pare che tu, a tua volta, abbia risposto che quella di oggi è “finta letteratura”. Ribadisco che, a mio parere, non è così, non per tutti. E che, per esempio, ritirando in ballo per l’ennesima volta Evangelisti e Wu Ming, il loro rigore storico e insieme letterario non abbia assolutamente nulla da invidiare a quello di Umberto Eco.
    Mi unisco a Massimo SdC nel chiederti di non volermene: nulla di male ad avere posizioni diverse. Del resto, sul rapporto fra letteratura e realtà si sta discutendo da qualche centinaio d’anni a questa parte, come rilevava Azioneparallela (si, lo so, è che negli ultimi cinque non si parla d’altro: dopo la morte del romanzo mi sembra l’argomento più gettonato attualmente): mica vorremo trovare la soluzione proprio adesso, no?
    Sceicco bianco: ah bè, mica vorrai che te lo spieghi io, eh? 😉

  30. Su Aristotele siamo molto d’accordo.
    Sulla fantascienza, sono un po’ più ottimista: soprattutto per quello che riguarda gli “sconfinatori” che assaggiano anche il fantasy come China Miéville: Fanucci ha pubblicato “Perdido Street Station” che, secondo me, vale assai.
    E se la citazione non m’inganna, Iannox, scopro che condividiamo la passione per Lovecraft. O no?

  31. Su Aristotele vedo che condividiamo la stessa linea di pensiero: non ci piace Aristotele.
    Sulla fantascienza è ancora da decidere, a mio giudizio, anche se non sono molto ottimista: un ottimo scrittore, a mio avviso, pubblicato da Fanucci, è Serge Lehman. Peccato che l’editore italiano (Fanucci) non abbia investito maggiormente su questo autore: si è fermato alla pubblicazione di FAUST 2.
    Per il fantasy e le sue contaminazioni trovo eccezionali Jonathan Carroll e il più metafisico Michel Rio. Sono questi due autori che, a mio avviso, hanno dato nuovo smalto al fantasy in una chiave realmente innovativa, esponendo un grande equilibrio stilistico, di idee e contenuti. Anche China Miéville non è male: trovo sia superiore a William Gibson e Bruce Sterling. Deludente e molto invece, Andreas Eschbach: “Lo specchio di Dio” è quanto di più brutto abbia avuto modo di leggere in questi anni, nient’altro che un lunghissimo e noioso X-Files. Tiene ancora bene Ursula K. LeGuin, che sta vivendo un momento di riscoperta anche da parte dell’editoria italiana.
    Su “Il Genio di Providence” sì, credo che condividiamo la stessa passione: è stato geniale non solo nelle sue Opere narrative, ma anche nella critica esponendo osservazioni più che mai attuali.
    Cari saluti.
    Iannox

  32. Ah saperli! I danni al pensiero moderno nel corso dei secoli (dei secoli), intendo. (E’ una frase apocalittica, questo è certo) 😉

  33. Guido Davico Bonino era un bellissimo docente 28 anni fa (argh…attacco di vecchiaia acuta, mia) ed è fascinosissimo tutt’ora, ecco ;-)*

  34. Guido Davico Bonino era un bellissimo docente 28 anni fa (argh…attacco di vecchiaia acuta, mia) ed è fascinosissimo tutt’ora, ecco ;-)*

  35. Capisco che Lagioia, Wu Ming, Evangelisti possano accendere un’ammirazione. Sono scrittori capaci di organizzare imponenti macchine narrative, di tenere nel pugno mille fili, situazioni lontanissime, però spero che non passi sotto silenzio un altro tipo di romanzo, più povero e sincero, scritto guardando con attenzione e affetto la vita che sta davanti agli occhi. Penso, per capirci, a I cani del nulla o Senza verso di Emanuele trevi, a mio avviso due libri bellissimi.

  36. Un benvenuto a Marco Lodoli, intanto!
    E poi, assolutamente sì, credo di averlo ribadito anche nel post sopra: le strade (o le rotaie, per rimanere in metafora) sono diverse, guai a legittimarne una e a chiudere fuori le altre. Emanuele Trevi è un narratore (e un critico) fra i più preziosi,e mi associo alla segnalazione dei due titoli.
    Torna a trovarci.

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