OGNI PROMESSA, ECCETERA

Infatti, avevo fatto una promessa e vado a mantenerla: rispondere alla domanda di speraben in un commento al post precedente. C’è o no la "storia" nel libro di Nicola Lagioia? Rispondo subito che sì, c’è, ma in un modo diverso rispetto a come viene utilizzata, per dire, da Carlo Lucarelli.
Questa mattina sul quotidiano è uscita la recensione della sottoscritta a "Occidente per principianti" (se volete, la trovate qui). Ribadisco: il romanzo di Lagioia è assolutamente da leggere, soprattutto perchè è una festa linguistica. Non so se riesca a far deragliare le locomotive: sicuramente ne imprime diverse nella mente di chi legge. Ovvero. Non "racconta" la storia degli anni Novanta:  la riversa addosso a chi l’ha vissuta, si tratti di chi muoveva i primi passi nel precariato intellettuale o di chi si limitava a leggere i libri dell’editore trash-filosofico (l’avete riconosciuto, a proposito?).
Questo per dire una cosa che fa da postilla al post precedente (mi vergogno da morire per la cacofonia, ma la giornata è stata dura): ci sono molti modi per rallentare la famosa locomotiva. C’è chi sceglie la strada della storia, sia pure filtrata (e in molti casi arricchita, dalla finzione: nel caso di Lucarelli e de "La Mattanza", il modo in cui viene narrativamente preparato il racconto della strage di Capaci è, secondo me, esemplare) e chi sceglie la strada del divertimento linguistico.
Sono entrambe evidentemente legittime: da quel momento in poi, diventa una questione di gusto personale del lettore, direi.

22 pensieri su “OGNI PROMESSA, ECCETERA

  1. Lippers!!! Da quando sei qui, ovvero un giorno compiuto oggi mi stai costringendo ad interessarmi (e appassionarmi) alla letteratura contemporanea.
    Proprio me, che dagli anni 90 in poi mi ero rifugiata nelle letterature asiatico-mediterranee per trovar riparo dagli splattismi e, perchè no, anche dalle cruditées occidentali.
    Ed invece è arrivato il momento di sostituire il pinzimonio al masala…
    E brava la Lippa!!!!
    :-))

  2. Qual è l’editore trash-filosofico? Non ho letto il libro, si può sapere ugualmente? (anche perché possono cambiare i dosaggi dell’uno e dell’altro, ma spesso trash e filosofico finiscono con il comporre un endiadi)

  3. Quindi se capisco bene, un libro come “Canti del caos” che non racconta nessuna storia, che è scritto scientemente in modo da non raccontare nessuna storia, che lo leggi e continuamente ti chiedi dove Moresco vada a parare, è un lavoro su una strada completamente sbagliata?
    Un libro come “I demoni e la pasta sfoglia” che raccoglie racconti di letteratura fantastica (io la vedo così) oppure “Tu, sanguinosa infanzia”, fesserie? “Pancetta” che racconta la storia della Russia… vabe’ Pancetta non racconta una mazza è roba inventata pure quella e anche demenziale, quindi inutile? Uhm. Questa storia del bisogno della storia per uno scrittore in modo che la sua forza di narratore abbia dei buoni mattoni che poi si devono continuare a vedere una volta completata l’opera mi pare come quando senti dire che l’arte è bella solo quando è figurativa e possibilmente realistica. E ‘sta festa della lingua poi non è roba vecchia che non se ne può più, che ormai va bene solo per Pedullà quando la festa non te la fa in tribunale?
    Ecco, in questo momento deo mi ha fatto venire sonno, vado a nanna,
    ‘notte.

  4. Andrea, che deo mi assista, ma io non mi sogno nemmeno di sentenziare cosa è letteratura e cosa no, e nemmeno di indicare la strada giusta. Son mica Aristotele, appunto.
    Io mi sono limitata a segnalare due fenomeni diversi nella scrittura italiana recente: uno, molto forte, che si avvale della storia e che su quella costruisce (scusa il gioco di parole) storie. E uno che cerca, attraverso il linguaggio, di restituire il senso di un’epoca. Ovviamente esistono infinite altre strade, tutte legittime: e quando parlavo di gusto personale intendevo che possono piacere o meno.
    Per rifarmi agli esempi che hai citato tu: trovo l’opera di Moresco preziosa proprio perchè è difficile e relativamente solitaria. Come lo è stata, per fare un paragone forse eretico, l’opera di parte del Gruppo 63 ai tempi.
    Ma va da sè che accanto ai Moresco ci vogliono anche i famosi story teller: che, se posso dire, in Italia non sono mai stati particolarmente amati dalla critica, almeno fino ad anni molto recenti.
    E poi, certo che è “vecchio” parlare di letteratura e realtà e di festa linguistica: le discussioni sullo scrivere sono più che vecchie, sono antiche. Ma è bene che si riprendano e si rilancino fra lettori nuovi, no?
    Azione Parallela: l’editore trash-filosofico è Alberto Castelvecchi, che, in effetti, rappresenta in moltissima parte l’editoria degli anni Novanta. Ed ha anche scovato non pochi autori: Aldo Nove, Tommaso Labranca, Isabella Santacroce, lo stesso Luther Blissett, eccetera eccetera. Gli si vuol bene, comunque.

  5. ciao loredana, non si può non intervenire nel tuo blog. ieri sera ho presentato l’ultimo libro di michele trecca, l’albergo delle storie, che raccoglie 200 recensioni da lui pubblicate sulla gazzetta del mezzogiorno sulla narrativa contemporanea dal 1995 al 2003 (al di là delle lacune, non si ha nessuna traccia di Q o 54) quello che mi ha lasciato di sasso è che lui continua a parlare di crisi della critica, quando è in rete che nascono le migliori riflessioni e dibattiti (nazione indiana, carmilla, i miserabili e ora lipperatura). cose che trecca ignora. alla prossima.

  6. L’editore trash-filosofico sta diventando un vero e proprio feticcio della letteratura italiana degli ultimi anni: oltre a Lagioia, vedi alcuni racconti dei Wu Ming, l’ultimo libro di Emanuele Trevi… 🙂

  7. sono davvero felice che il mio intervento abbia dato origine addirittura a un post della pdrona di casa (arrossisco). mi piace anche molto il suo punto di vista -molto aperto- sulle lettereature possibili. laddove invece oggi in italia io scorgo solo una insensata lotta tra Storia contro storie che mi sembra ottenga l’unico risultato di alimentare faide e scoraggiare lettori. e detto questo, mi credete se dico che l’editore l’avevo riconosciuto? troppo facile.

  8. Eh già, era facile: ed è curioso che Castelvecchi stia diventando un feticcio nel momento in cui in parecchi si sono dimenticati di lui, a livello di critica.
    A proposito di critica! Cade molto, ma molto a proposito il commento di Rossano (ciao, ben ritrovato!). Non mi stupisce che Michele Trecca parli, come molti, di crisi della critica: perchè è vero che la critica “su carta” deve misurarsi con la rete, ora, e nella maggior parte dei casi rifiuta di farlo. Ci sto pensando su, uno di questi giorni dedico all’argomento un post.
    Speraben, non arrossire! Anche perchè hai ragione quando dici che la faide scoraggiano i lettori. E, rifacendomi a quanto scrive Dario, ci sono viceversa lettori appassionati che non trovano riscontro nelle discussioni “impegnate”.
    La dico tutta? Sul mio comodino c’è sempre un libro di Stephen King.

  9. nel mio comodino non manca mai un buon vecchio urania, accanto ai mostri sacri. stanno benissimo insieme, a esempio, Profilo di Clio di Brodskij e Occhi verdi di Lucius Shepard. quando li vedo sul comodino mano nella mano io, che sono un sempliciotto, un po’ mi commuovo.

  10. Piero, in parte hai ragione. Ma c’è qualcos’altro che mi sfugge: ti faccio un esempio recente, quello di “Labirinti, da Cnosso ai videogames” di Marco Maria Sambo. Libro squisitamente “castelvecchiano” che qualche anno fa sarebbe stato plurirecensito. Oggi, a parte la segnalazione di Stefano Bartezzaghi sull’ultimo Venerdì, non mi pare di averne visto traccia (ma forse mi sbaglio io, se e così ditemelo). Forse Castelvecchi ha rappresentato davvero lo spirito di un decennio, e adesso tutti si passa ad altro. Mi piacerebbe pensare che non è così. Quanto al romanzo, io ne sento parlare da quasi quattro anni, ma non ne so più di te.
    Speraben, sul comodino è appena approdato Richard Yates, “Disturbo della quiete pubblica”. Ancora non aperto, però. E’ lì accanto a “Christine la macchina infernale” che era l’unico di SK ancora non letto dalla sottoscritta.

  11. Loredana.Ritorniamo a Lagioia. nn sono completamente d’accordo su quanto hai scritto. Trovo che Occidente per principianti sia tra le cose più belle uscite ultimamente. Lagioia non si erge a censore dei costumi ma è imbrigliato, compromesso dalla Società dello spettacolo. e questa è una cosa che mancava da tempo nel romanzo italiano (a parte il romanzo di genere). Il tutto poi condito da uno stile e un uso della lingua italiana veramente mozzafiato. La trama a questo punto scende in secondo piano anche se è funzionale a tutto ciò

  12. Loredana, al di là di una dovuta, diciamo così, storicizzazione del lavoro editoriale di Castelvecchi(che forse ci sarà, forse no)…di cosa dovrebbero occuparsi, OGGI, i critici, a proposito di A.C.? A parte l’ultimo Labranca – già fuori catalogo! – cosa ha pubblicato di rilevante negli ultimi anni? che ruolo ha, oggi? Pare stia scrivendo (da non so più quanto) un libro per Stile libero: ma poi?

  13. Egregia, signora mia Lipperini,
    vengo con questa mia allocuzione onde partecipare con contributi vuoi verbali sia immaginifici onde manifestare il mio consenso e dissenso sul fatto La GIOIA:
    La Gioia dicasi scrittore di momento attuale o editor o correttore a cui ebbi l’onore di stringere la mano or sono più mesi e ne cavai un parere suo negativo ma cortesissimo su di un mio malloppo, piuttosto tracimante a dir il vero.
    Il suo giudizio mi gettò in ambasce, ma non gli serbai rancore veruno o verdue o tre o quattro.
    Fu ed è il detto La Gioia, io credo, persona gentile per cui preso da necessità e curiosità acquistai il suo ultimo romanzo, che romanzo non è, e lo sfiorai e lo tengo sul tavolino onde compulsarlo quando la necessità sia divenuta impellente: ma, e c’è sempre un ma.
    Che io avevo iniziato nelle mie notti travagliate o travalicate, che dir si voglia, una lettura divorante, (che non era infatti lettura ma qualcosa di assatanante) di tutti i racconti di Bernard Malamud in cui fui preso in totale dedizione.
    Cioè, poi, quasi ignorando il La Gioia, mi arrabattai non poco su varie raffattaglie per arrivare poi finalmente a leggere ed a inabissarmi nelle miserie di Puch sull’ottimo testo epistolare nonché filosofante “Le cose come stanno” dell’amico Franz Krauspenhaar.
    Quindi cavai dal buco “L’amico del pazzo” del caro Marco Drago che mi cacciò in discreti dolori fin dal primo racconto: ma gli son fedele e lo stimo assai.
    Per cui La Gioia negletto sta lì, sul tavolinetto, orfano di lettura per quanto già avessi iniziato ma non ne fui invogliato:
    lasciamo tempo al tempo, fatti non parole, dateci burro non cannoni.

  14. il libro sui labirinti della new-castelvecchi è stato anche recensito su Musica, se non erro, qualche tempo fa. comunque sempre roba in famiglia è.
    di altre recensioni in effetti non mi pare ce ne siano tracce.
    saluti a tutti e buon fine settimana.

  15. Me lo chiedi all’inizio ed io ti rispondo alla fine… (è la terza volta che comincio questo post, visto che la gatta continua a sdraiarsi sulla tastiera ed a cancellarmi tutto…).
    Letterature indiane.
    Per intenderci, non quelle delle saghe familiari e delle vecchie zie che profumano di chutney e zenzero che stanno infestando tutti gli scaffali….
    Il primo rimane Amitav Ghosh (forse un po’ ancient, ormai) con “Cromosoma Calcutta”;
    poi la forte ed arrabbiata
    Mahasweta Devi: “Racconti di collera dall’India tribale” ed infine Radhika Jha che cede un po’ al chutney ed al masala ma che si fa perdonare perchè ha vissuto a Parigi ed ha assunto quell’aria un po’ annoiata delle signorine che vedevamo a Rue Clair quando andavamo a mangiare la Tarte Tatin da Tartanous…
    Per Radhika Jha mi attesto più su “L’odore del mondo” che non sull’ultimo “L’elefante e la Maruti”.
    Una piccola segnalazione di romanzo che ha a che vedere con la storia.
    Restiamo in India.
    Ahmed Ali: “Crepuscolo a Delhi”

  16. Burro e non cannoni, come scrive Anodino: e sia! Vediamo se riesco a mettere in pratica la cosa:
    @cataldo. In effetti sì, siamo in accordo e in disaccordo. E’ verissimo quel che tu scrivi, e cioè che Lagioia è imbrigliato nella società dello spettacolo, e dunque ne scrive in qualche modo da dentro. Vero anche che “Occidente” è un gran bel romanzo. Ma resto del parere che, soprattutto nella seconda parte si avverta una mancanza. Non è tanto questione di trama, secondo me, quanto di fine. Ma, comunque, avercene.
    @Anodino: beh, mi pare che ad ogni modo tu sia in piacevolissima compagnia letteraria: e descrivi una cosa molto vera. Ci sono libri che spesso restano sul tavolino, e aspettano. E’ giusto così, il momento opportuno arriva quasi sempre.
    @Un saluto a Kiara e a Torino, nonchè a speraben e un grazie a Isabella per i suoi consigli d’Oriente.
    @blogdiscount: parliamoci quando volete. A chi scrivo? A tutti e tre in copia? O forse non è più semplice che voi scriviate a me, visto che il mio indirizzo è qui? Se volete parlarmi a voce, mandatemi una mail e vi fornisco il telefono.

  17. lipperini, la tua disponibilità ci mette in imbarazzo (non è vero, mette in imbarazzo solo me). grazie della mail, ci accontentiamo di questo: scriveremo al più presto. spada

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