Due giorni fa, all’Internet Festival di Pisa, in un intervento che non riguardava solo i migranti né solo le donne né solo la rete (e di che hai parlato?, direte: qualcosa qui), mi tornavano in mente le parole scritte per Ventotene da Annie Ernaux. Ricordate?
“Qual è il legame tra quanto di peggio possa capitare a una donna – questa espressione estrema di un’egemonia maschile manifesta e condivisa – e i naufragi di migranti nel Mediterraneo? Cercando di vederci più chiaro su quanto mi è venuto da collegare intuitivamente, direi che in gioco c’è il posto delle donne all’interno di un’Europa che si sta via via trasformando in una fortezza. A nessuno sfugge il ripiegamento dei paesi europei sulle proprie identità nazionali, né il fatto che i migranti vengano percepiti nel migliore dei casi come un “problema”, nel peggiore come un “pericolo”. Ora, nella Storia il nazionalismo è sempre stato accompagnato da valori virili, in primo luogo quello dell’autorità. Il richiamarsi a un ordine “naturale” e il ritorno alla tradizione, qualunque essa sia, sono sempre andati a svantaggio delle donne, in un modo o nell’altro. Alcune conquiste sono fragili: lo è il diritto alla contraccezione, lo è il diritto all’aborto. E aggiungerei anche il matrimonio omosessuale, a sua volta accusato da chi gli si oppone di essere contro-natura.”
Pensando e ripensando, mi è tornato in mente un libro, che otto anni fa ho anche recensito su Repubblica. Era The Terror Dream di Susan Faludi. Forse vale la pena di postarlo.
E’ la mattina dell’ 11 settembre: un reporter telefona a Susan Faludi, scrittrice e femminista americana, premio Pulitzer 1991, autrice del best-seller Contrattacco. Ufficialmente, desidera una dichiarazione sulla catastrofe appena avvenuta. Con ogni probabilità, intende soprattutto farle conoscere il proprio pensiero: «di certo, questo cancellerà il femminismo dalla faccia della terra». Non è andata proprio così: ma da quel momento l’ immaginario americano si è rivolto con forza, e forse con sollievo, agli antichi miti della virilità spietata e della femminilità sottomessa. Il racconto di questo stupefacente tuffo nel passato è nell’ accuratissimo saggio di Faludi, The Terror Dream, appena uscito in italiano con il titolo de Il sesso del terrore (Isbn Edizioni, pagg. 407, euro 23, traduzione di Elisabetta Nifosi). Simbolo dell’ accoglienza in patria, la doppia recensione sul New York Times: nella prima, Faludi viene accusata di arroganza; nella seconda, si loda la sua «splendida provocazione». L’ indagine è, più che provocatoria, amara. Faludi non si limita a prendere in esame centinaia di articoli, libri, programmi televisivi, film, ma inquadra la «ridefinizione dei generi» nell’antica fantasia americana dell’ invincibilità, nata negli anni della frontiera e prosperata fino al momento in cui quattro aerei l’ hanno mandata in frantumi. Da quel momento, la vulnerabilità dell’ America è stata letta «come un problema tra i sessi, in cui l’ uomo americano e il vigore della nazione erano indeboliti dall’influenza femminile». Questione antica, peraltro: da secoli si sostiene che quando la donna si afferma, la civiltà decade, in quanto, per eccesso di femminilizzazione, decade il maschile. A pochi giorni dall’attentato, i media decidono dunque di cambiare registro. «Risorgono le virtù maschili», scrive il Wall Street Journal, mentre le televisioni mandano in replica i film di John Wayne e Mezzogiorno di fuoco. Qualcuno arriva a sostenere (sul Washington Post) che negli occhi di George W. Bush brilla lo stesso riflesso delle pupille di Gary Cooper. I vigili del fuoco sono trasformati in cow boy ed eletti a sogno proibito delle vere donne («Firefighters are Hot, Hot, Hot!»). Nel film La guerra dei mondi, Tom Cruise ritrova la virilità sbeffeggiata dall’ ex moglie impugnando un’ ascia per difendere sua figlia. Perché le donne vengono immediatamente catapultate nel ruolo di vittime da proteggere. Non importa, scrive Faludi, che la maggior parte delle vittime dell’ 11 settembre fossero maschi adulti (il rapporto è di tre a uno): nelle fotografie sono ritratte quasi esclusivamente donne in lacrime. Siano esse le sopravvissute o le «perfette vergini del dolore», le vedove. A tutte le altre, i media rivolgono un solo invito: abbandonate le ambizioni, sposatevi, fate figli. Nei serial televisivi più amati si celebrano nozze. Su quotidiani e riviste, intanto, le firme femminili si riducono drasticamente. Eppure, il saggio di Faludi non innesca alcuna guerra di genere. Semmai, invita saggiamente ad uscire da una tragica fantasia adolescenziale: «quando basiamo la nostra sicurezza su una mitica forza maschile che può solo misurarsi con una mitica debolezza femminile, dovremmo sapere che stiamo mostrando i sintomi di una sofferenza culturale letale».
Quale effetto potrebbe avere per tutto questo l’elezione di Hillary Rodham, che però usa sempre ed esclusivamente il nome del marito, quale Presidente degli stati Uniti e Comandante in Capo del più forte esercito del mondo?
La saluto caramente. Andrea
Fino a trenta, trentacinque anni fa, fermo restando il segreto dell`urna, le mogli solitamente si adagiavano alls pseudocompetenza politica del marito votando in conformita`. Ora che i mariti fortunatamente possono pure essere rispediti al punto di partenza non sarebbe male se le donne imparassero a far sentire la propria voce in ogni occasione in cui e` in gioco qualcosa di piu` importante di una manovra corettiva. Tutto questo prolegomena giusto per sapere se da qui al 4 dicembre si parlera` pure di referendum costituzionale