VESPE

Mariano Sabatini mi invia la sua intervista, pubblicata su punto.com, a Riccardo Chiaberge, curatore del Domenicale del Sole 24 ore. Eccola qui.

Mentre
si affievolisce la Bariccheide che ha avuto il merito di ravvivare un minimo la
scena culturale italiana, anche per affinità elettiva con gli insetti dotati di
pungiglione, mi viene voglia di fare due chiacchiere col prode “allevatore”
delle celeberrimi Vespe del Domenicale – inserto di arte, letture e culture del
Sole 24 Ore – Riccardo Chiaberge. Ogni settimana, il giornalista e scrittore
punzecchia registi e sociologi col vizio della grafomania, intellettuali
dall’ego espanso. I suoi corsivetti ironici sono racchiusi in un volume, Il
libro delle Vespe
(Baldini Castoldi Dalai, 223 pp., 12 euro), compendio di
verità scritte senza riguardi per le opportunità, ritratto per fortuna
impietoso di chi fa cultura in Italia.

Nella sua premessa il filosofo Umberto Galimberti
scrive che la verità non è mai nell’elogio e tanto meno nel panegirico.

Molto bello. Chissà però se la maggior parte di noi, non parliamo di quelli che
fanno la politica, lo spettacolo o lo sport, la pensa davvero così ed è pronto
ad accettare stroncature.

E se ci piace qualcosa, e lo scriviamo, rischiamo di venire tacciati di
falsificatori…

Questo mi pare un rischio che non corriamo. Ormai la macchina promozionale ha
un tale apparato che anche se parli male di un libro è come se ne parlassi
bene. Tutto questo gioco di rimandi o tormentoni intorno a un romanzo, per cui
uno lo stronca e un altro lo elogia, innesca un processo che fa vendere più
copie.

Questo
dovrebbe dare ai giornalisti culturali un senso di inutilità, dovrebbero
sentirsi strumentalizzati dall’industria.

C’è un senso di frustrazione.
Però, credo, se tieni alta la bandiera della qualità te ne devi anche fregare
di questi giochi.

Le Vespe hanno per l’appunto l’intento di combattere questi
giochi?

Ma no, sono un gioco anch’esse. La Vespa raramente si occupa del prodotto, per lo più
tratta il personaggio. Non è una recensione, neanche in forma scherzosa o
satirica, tanto è vero che a volte dopo la Vespa, a distanza di qualche
settimana esce una recensione encomiastica di quel libro o quello spettacolo
che giudichiamo bello. Però se l’autore si è esposto al ridicolo
per affermazioni o atti di vanità contrari al galateo,lo si fa rilevare. 

Dei personaggi del passato chi sarebbe una vittima delle Vespe?
Certamente D’Annunzio, Marinetti, che poi
magari ti rifaceva il verso, forse De Chirico.

Perché racchiudere le Vespe in un libro?

Lette isolatamente sono una puntura, una di seguito
all’altra sono come una valanga e l’ilarità cresce. Soprattutto poi dà la sensazione, che può
sfuggire a un lettore distratto, che pungono a
destra e a manca, senza troppi riguardi. Tranne che per i collaboratori del
Domenicale, immunizzati da sempre.

Più che
immunizzati resi immuni da lei. Questo le potrebbe attirare qualche critica?

E sì, ma
come si fa? Nessuno lo farebbe. Non è che la Repubblica potrebbe parlare male
di Baricco.

Ahi, Baricco e la Bariccheide!!! L’autore di Seta e Novecento
ha però attaccato su quel giornale Citati e Ferroni.

Un caso inaudito, effettivamente. Da un lato
democratico, dall’altro del tutto contrario al galateo, perché se siamo una
squadra dobbiamo cercare di fare goal assieme, non possiamo farci lo
sgambetto. Noi abbiamo sempre recensito Baricco, anche se il nostro
Pacchiano non è mai stato molto tenero coi suoi romanzi.

Ha
trovato di cattivo gusto il suo intervento, in cui sbandierava lettori ed
estratto conto?

Abbastanza,
sì. I critici hanno pure il diritto di dire la loro, a dispetto del mercato. Lo
dice uno che lavora per il giornale del mercato per eccellenza.

Le
vostre regole per le recensioni ai libri dei collaboratori?

Come fanno gli anglosassoni dichiariamo per l’appunto che sono nostri collaboratori. Così il gioco è
scoperto. Evitiamo toni esageratamente encomiastici e se capita che uno faccia
un libro non all’altezza allora magari preferiamo tacere.

Scrive
nel post scriptum del libro che gli intellettuali hanno un’influenza
spropositata al loro potere effettivo.

Gli
intellettuali non spostano voti, eppure ricevono inviti per andare ovunque,
dichiarano su tutto.

E
perdono di autorevolezza.

Sì e
inoltre non s’accorgono
che il mondo è cambiato. Oggi intellettuale è anche un economista, l’autore di un blog. Le Vespe in
questo senso fanno vedere che il re è nudo.

Come si esce da quello che definisce giornalismo cabaret?
Purtroppo è una delle conseguenze del declino della
carta stampata contro la tv e i blog, nuova galassia di media più veloci,
attraenti, colorati, rumorosi. Per cui si fanno giornale più leggeri, frivoli,
scelta in parte suicida. Mentre il successo del Domenicale del Sole,
spesso considerato difficile, dimostra che se il pubblico si affeziona, i
lettori li trovi. 

A
proposito di giornalisti-cabarettisti Mughini sul Magazine del Corsera
rivendicava il suo diritto di andare in tv, alla faccia di chi lo invidia.

Lui,
figuriamoci, è un intellettuale, con interessi da bibliofilo, una penna
raffinata. E certo c’è una
dose d’invidia
per chi frequenta la tv. Rimane il fatto che lui si butta un po’ via, ma non posso dargli
consigli. Il rischio è l’eccessiva
contaminazione. Perché in un giornale così serio, persino un po’ paludato, come il Domenicale
abbiamo inserito Le Vespe? E’ la
misura giusta, una sorta di sonetto, come uno di quelli scherzi a molla che
emerge dalla pagina.

Il mandante delle Vespe è lei?
Io sono quello che le autorizza a volare, in
redazione si parla, si decide chi pungere.. poi qualcuno scrive.

Ecco, chi scrive? E’ una penna collettiva o è lei che tira le
file?

Ebbé, lasciamo il mistero. E’ un corsivo redazionale ed essendo io il responsabile delle
pagine… qualche volta procuro anche qualche dispiacere al
nostro direttore.

Querele?
 

No,
querele mai. Qualche telefonata inviperita.

I più spiritosi sono stati Eco e lo stesso Galimberti. Chi
invece si è risentito?

A Sgarbi abbiamo pubblicato una rettifica, come se
si potesse rettificare l’ironia. Stefano Zecchi, il mio vecchio
collaboratore al Corriere Alberto Bevilacqua, che spesso si adombra… altri si tengono il magone come Pietro Citati.

O come
Baricco che si sentono in diritto di rivendicare attenzioni e di dettare le
regole per le recensioni ai propri libri. Per fortuna ci avevano già pensato le
Vespe ad infilzarlo, per la sua Iliade: <<Gran traditor dei traduttor
d’Omero>>.

5 pensieri su “VESPE

  1. A proposito di stroncature vi segnalo “botte agli amici”, un libro dello scrittore Andrea Carraro di cui non ricordo l’editore recensito su stilos che contiene succose stroncature: Baricco Benni, Mazzucco e altri. Mi pare un buon segno che si ricominci a stroncare un po’ visto che sui giornali non si contano gli allisciamenti le vere e poprie “marchette” .

  2. Col suo tipico tempismo da holiday season l’Alighieri arriva in librerie e centri commerciali con cataste di copie di una Commedia della quale si sa tutto praticamente da anni, grazie al sapiente lavoro di promozione dei suoi sodali e del suo indefesso sponsor letterario, quel Boccaccio Giovanni che con divertente ma oramai risaputa enfasi ha cercato di rimarcare le qualità, tutte ancora da verificare, del possente librone col roboante appellativo di Divina.
    Circola peraltro tra gli insiders più avveduti e curiosoni la voce, abbastanza insistente, di un ulteriore programmato prelievo dalla tasche dei lettori più gonzi, con la futura uscita di una nuova edizione illustrata tra qualche tempo. Il modello è chiaramente quello dei pomposi libroni fantastorici di Daniele Bruno, l’artista collaboratore il talentuoso ma pure lui enfatico e stucchevole Gustavo Dorè.

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