X POST

Nei commenti, due post fa, Wu Ming 1 apre la
discussione su una questione complessa: e dal momento che le prese di posizione
sulla pornografia hanno quasi sempre avuto come oggetto i contenuti
della medesima, e che su questi si è ingaggiata la battaglia ideologica,
ripubblico qui il suo intervento, che va, come vedrete, in altra direzione.

A proposito di pornografia, probabilmente la verità sta
nel mezzo: non hanno ragione le fissate puritane come Andrea Dworkin, che
vedono nel porno sempre e soltanto la schiavitù femminile, e non hanno ragione
le raunchiste, che vedono nel porno la via maestra della liberazione
(probabilmente si sono sopravvalutate le sparate libertarieggianti di
pornoartiste come Annie Sprinkle).

A rigore, il porno è semplicemente un genere della cultura
popular, ma è indiscutibile che si tratti di un genere molto… sui generis.
Quel che è interessante analizzare deriva proprio dalla sua peculiarità:

1) il porno ha un’incredibile capacità di prefigurare
linguaggi che poi verranno utilizzati nel cinema "rispettabile"
(l’ideologia di Dogma 95 deve tutto, ma proprio tutto, al porno fai-da-te e
specialmente al sottogenere "gonzo", cosa che i cinéphiles non hanno
capito ma che Lars Von Trier ha ammesso nelle parole e pure nei fatti,
mettendosi a produrre anche pellicole porno)

2) Soprattutto, il porno ha una lunghissima "coda
lunga", molto più lunga di quanto si verifichi altrove. Più di qualunque
altro genere, il porno è diviso in un numero incredibile di sotto-generi e
sotto-nicchie, che ormai con la rete sono sfuggiti a ogni possibilità di
catalogazione. Siamo praticamente alla personalizzazione, alla produzione on
demand, ai generi creati su misura per piccolissime comunità di gente che si
arrapa soltanto vedendo la tal scena etc.
A questo proposito, Nadine
Strossen
, nella sua difesa della pornografia, magari si sbilancia in alcune
affermazioni avventate, ma almeno una cosa la azzecca in pieno: nel porno si
realizza "l’infinitezza del desiderio", che è un modo un po’ lezioso
di chiamare la "coda lunga" dei consumi.
Ecco, la cosa davvero interessante del porno è che questa cosa è iniziata
moooolto prima che in ogni altro settore della produzione culturale.

3) In realtà, *tutte* le metamorfosi produttive ed
espressive del cinema degli ultimi trent’anni sono avvenute prima nel porno: il
passaggio dalla pellicola al nastro magnetico, con conseguente passaggio dalla
sala all’home video; il passaggio dall’edicola alla rete; la messa in commercio
di cd-rom prima e dvd poi; l’e-business…

Studiando le trasformazioni in corso nella pornografia (e
non è indispensabile sorbirsi i film, per farlo: quel che è eccitante per Tizio
risulta *nauseabondo* a Caio, io se vedo qualcuno eiaculare su un paio di
occhiali non solo non mi eccito, ma mi deprimo fortemente, per cui mi astengo,
però leggo di quel che accade), si possono comprendere meglio le trasformazioni
in corso nell’industria culturale tutta.

137 pensieri su “X POST

  1. Da ragionare, in effetti. E’ la tesi “Babilonia” che alita dietro la manifestazione pornografica, che non fu soltanto industriale (si pensi a Weimer, all’impressione di Berlino, templare rispetto agli spettacoli pornografici, rispetto alla “pulizia morale” di Monaco di Baviera. Il preindustriale che prefigura esattamente l’industriale e il post-industriale è una peculiarità del genere porno, che non ha pari nel passaggio artigianato-industria-postindustria. Sull’infinitezza del desiderio, Roberto, sei troppo clemente: quella della Strossen è una tesi lacaniana trapassata, come tipico di certa corrente genderista, nell’analisi sociale in epoca spettacolare – a mio parere, si tratta di un classico esempio in cui la teorizzazione non è legittimata di fronte alla realtà, il che è un vizio molto moderno, post-moderno e contemporaneo.
    🙂 giu

  2. Giu, a me sembra che la Strossen parlasse proprio di produzione e consumo. *Infinita* capacità da parte del porno di soddisfare ogni tipo di desiderio = infinita capacità di far coincidere l’offerta con la domanda, producendo – letteralmente – immagini per tutte le preferenze: gay, lesbo, S/M, anale, doppia penetrazione, bukkake, gang bang, interrazziale…

  3. ma il porno mica è solamente consumismo, suvvia!
    io ne fruisco a palate generose (negli ultimi anni sempre meno per mancanza di tempo) e morissi in questo istante se ho mai pagato un centesimo in più del collegamento ADSL.
    un piccolo esempio di questo periodo: esiste una varietà impressionante di porno da telefonino che gira gratuitamente, fatto da sconosciut* esibizionist* che non credo proprio intendano fidelizzare l’utenza per poi caricare l’asso di danari. ritengo sia un puro modo d’eccitazione.

  4. Resta il mistero del perché piaccia tanto infilare un pezzetto del proprio corpo nel corpo di un altro (o farsi infilare un pezzetto del corpo di un altro nel proprio, o, peggio ancora, semplicemente vedere altri intenti a simili pratiche di “let it in/let it out”):-/

  5. W1, l’infinitezza dei consumi non è esattamente quello spettro dell’infinitezza del desiderio con cui, da Althusser in poi, certa critica (prima francese, poi direttamente post-strutturalista) impedisce “astrattamente” l’effettivo fluire e disfarsi delle concrezioni dell’immaginario? Cioè: non è il paravento teorico della legittimazione della realtà monologa e omologata a fronte di qualunque cambio impazzito per variabile di immaginario? E’ una domanda non retorica: non ne conosco la risposta. Ci ragiono e ti chiedo…

  6. J.G. Ballard nel meraviglioso(non si accettano discussioni su questo punto)”la mostra delle atrocità” oltre a prevedere con lungimiranza medianica l’elezione di Reegan scrisse di proprio pugno che desiderava più porno e più violenza sui media perchè a suo parere la prima avrebbe esorcizzato quella reale e il secondo avrebbe schiuso nuove porte cerebrali.Difficile andargli contro(coi radicali non si scherza)

  7. Ricordo che quando andai a trovare la Grossen nel suo studio presso la New York Law School, dove insegna diritto ostituzionale, notai una scritta incorniciata sulla parete di sinistra: “Oscenità è tutto ciò che dà a un giudice un’erezione”…
    (Che bello starsene qui tra un Wu Ming1 e un Giuseppe Genna, stretti come solo d’autunno sugli alberi le foglie, mentre loro discettano d’infinito)

  8. Allora, diciamo che il porno è prima di tutto una delle più fiorenti industrie dell’intrattenimento, e quello italiano in continua crescita (venti case di produzione, un milione e mezzo di euro di fatturato, etc.). Come in ogni industria, esistono quelli che ci guadagnano e quelli che, molto più prosaicamente, sopravvivono (ma soprattutto esistono gli “sfruttati”, ovvero un esercito di anonimi che si vendono per potersi pagare gli studi o per arrotondare la misera paga di precario in altri lavori). Certo, il porno, essendo parte dell’industria del divertimento, veicola anche “messaggi” e “forme” … Il disprezzo della donna, ad esempio, il culto del pene (meglio se “grosso”), il virilismo, la non profondità dei rapporti, il vojuerismo … E in particolare veicola una idea dei rapporti umani deprecabile. Questo è ciò che passa il convento, pur nelle diverse sue declinazioni (“Gay, lesbo, S/M, etc…”). Quello di cui mi piacerebbe si parlasse in una discussione aperta sull’argomento è: quanto contribuisce l’industria del porno a fare l’italiano quello che è? E dico l’italiano sessista, razzista, celodurista, tutto letto&chiesa? Il caso del porno “amatoriale” solo apparentemente si distacca dai cliché di quello professionale. Anche se alla sua base ci può essere un naturale impulso all’esibizione e all’eccitazione, alla fine, nel momento in cui è inserito nel circuito (DVD, web, telefonino … sono solo dei media), contribuisce a rafforzare un humus culturale “di destra” … Questa è la realtà, piaccia o non piaccia. Che poi ci possa essere un tipo di prodotto pornografico capace di veicolare altri “valori”, bene, benissimo. Ma anche la democrazia potrebbe potenzialmente essere partecipazione e pari opportunità per tutti, al di là del censo e della posizione occupata nel sistema produttivo-riproduttivo. Solo che oggi non è così. Ecco, diciamo che la mia è una curiosità sociologica, anche se davvero mi premerebbe capire in che modo il porno addormenta le coscienze (i sensi e il corpo li risveglia solo per un attimo, sino all’eiaculazione – il 94% dell’utenza del porno è di sesso maschile – altro dato su cui meditare).
    Giulia

  9. Quella della Strossen a mio parere è un’alternativa all’omologazione dei consumi, degli stili di vita su scala mondiale, dove si nota come l’illusione rappresenti il tipico momento del superamento. Se volessimo tentare – tenetevi sodi – l’altra alternativa è la guerra (cioè il semplice *desiderio* di superamento del Sé). A questo proposito vorrei citare Ahumada quando afferma (1989) che la coscienza della finitudine dell’analisi presuppone una tolleranza dell’infinitezza del bisogno del Sé.
    La visione di Althusser invece costituisce il lato opposto della questione molto criticata dai marxisti “ortodossi”, e non solo da quelli: qui del resto l’accusa di deformazione del pensiero di Marx è sempre incombente!
    Ma ripeto, ritengo l’unica interpretazione possibile, operativamente possibile, quella della non violenza ( ma non certo J. Butler). Quanto all’atmosfera di generale perplessità in riferimento al problema sollevato, che permea la critica poststrutturalista, soprattutto in ambito americano, direi che occorre avviare una verifica di tutte quelle concrezioni del potere in strutture di amministrazione galleggianti nella scena materiale della pornographia. Verifica attuabile soltanto attraverso l’allestimento di una vera e propria Fabbrica dell’Immaginario, perché prima di tutto le concrezioni del potere sono concrezioni retoriche.
    Dovrei aprire un discorso a parte sulla presenza dell’immaginario animalesco (animal imagery), che ora non intendo sviluppare… sebbene proprio questo carbonizzerebbe la comunicazione monologa avviando il rapporto dialogicamente sereno con la realtà.
    Detto questo vorrei sapere che ne pensate di una disposizione Mathematica dell’idiomitologia erotica (cioè pensata come una galleria di funzioni dove l’immaginario forma gli assi di riferimento in costante cammino verso l’infinito (BoxRatios)?

  10. Titonco, leggo su Wikipedia: “Il Bukkake [parolaccia insegnatami da WuMing1, n.d.r.] (dal giapponese ぶっかけ bukkakeru: “bagnare, colare”) è una pratica di sesso di gruppo in cui una serie di uomini eiaculano a turno su una donna o un uomo in ginocchio. Molti vedono in questa pratica anche forti componenti di *umiliazione erotica*. Quando il termine bukkake viene usato in Giappone, di solito ci si riferisce ad un modo di consumare le tagliatelle (soba, ramen o udon) e non alla pratica sessuale.”
    Clicco su *umiliazione erotica* e leggo: “Wikipedia non ha ancora una voce con questo nome”. Ti va di colmare la lacuna?
    P.S. Il mio invito non è il solito paravento teorico della legittimazione della realtà monologa e omologata a fronte di qualunque cambio impazzito per variabile di immaginario, credi.

  11. Giulia, date per assunte molte delle cose che dici, io però nel mio commento al post di due giorni fa parlavo di un’altra cosa: del fatto che i cambiamenti produttivi e le trasformazioni linguistico-formali che avvengono nel porno di solito prefigurano quelle che avverranno nel resto dell’industria culturale. Tenendo d’occhio quel che accade nel porno (cosa che di per sé non implica l’apprezzamento di quel che si produce né tantomeno lo sposalizio di alcuna “causa”), ci si può fare un’idea delle tendenze prossime venture.
    Ad esempio, il vecchio “autoscatto” – oggi evolutosi in una cultura DIY molto più sofisticata e tecnologicamente avanzata -prefigurava l’attuale passaggio da una produzione/diffusione della cultura verticale (top-down) a una orizzontale e peer-to-peer (autoproduzione diffusa, reti sociali, web 2.0 e compagnia bella). E’ un dato di fatto che nel porno l’autoproduzione si sia imposta come fenomeno di massa molto prima che altrove.
    Questa è una caratteristica del porno che quasi nessuno nota né tantomeno esamina. Invece, del fatto che il porno veicoli un immaginario fallocratico e tutto il resto, se ne è discusso e se ne discute ad nauseam. Insomma, voglio dire: possiamo esaminare un linguaggio, un fenomeno, una tendenza, una strategia, senza dover esprimere e ribadire in ogni momento giudizi di valore su chi la porta avanti? Possiamo dare alcune cose per implicite? Posso parlare dell’arte della guerra Sun Tsu senza dover specificare che sono antimilitarista? Perché altrimenti non si riesce più a discutere di nulla oltre i partiti presi.

  12. Mi scrivono in privato e mi chiedono di tradurre in parole povere i commenti di Giuseppe e di Barbieri, ma è roba che va ben oltre le mie possibilità. Per me la Strossen, parlando di “infinitezza del desiderio” (non so se nell’edizione italiana l’hanno tradotto così) intendeva una cosa semplicissima e terra-terra: che nel porno, per ogni tipo di desiderio, nasce un nuovo sottogenere. Almeno io l’ho capita così. Se poi quell’espressione era una citazione di qualcos’altro, a me è sfuggita.

  13. la medusa che tengo nel barattolo della cucina riuscirebbe a essere più esplicita.Io,con Dino Campana,”preferisco il rumore del mare”(non neccessariamente alla pornografia.A qualsiasi cosa sia incomprensibile e poco remunerativa sul piano delle emozioni semmai.Come certi discorsi cifrati da commedianti)

  14. oddio, sono d’accordo con wm1! 🙂
    a giulia, di cui invidio le certezze, vorrei far dire che più che “è il porno che fa l’italiano” (cito dal tuo commento: “quanto contribuisce l’industria del porno a fare l’italiano quello che è?”) è, imho, l’italiano che fa il porno (nel senso che certe visioni, ossessioni, ideologie si trasmettono dal corpo sociale al corpo pornografico: corpo mediale, noto per inciso, più di altri sensibile e “preveggente”).
    Altrimenti si rischia di scambiare l’effetto con la causa.
    D’altronde fanno e consumano porno ovunque -con tutte le differenze e similitudini del caso: non è forse questa la sede per un’analisi comparata del porno giapponse, statunitense, italiano -e il consumo del porno è tra quelli in cui c’è maggiore “traduzione” (nel senso che un consumatore italiano “legge” tanto porno italiano quanto ‘mericano, quanto europeo -ted, fra, scand, slav -quanto, se appassionato, giappu) per cui: se il porno fa l’italiano, ed è lo stesso porno dell’americano, allora l’americano è uguale all’italiano. conclusione bizzarra.

  15. WuMing1, la circolazione di testi non dico scritti a mano o dattiloscritti, ma semplicemente passati di bocca in bocca (tradizione orale) ha preceduto di un bel pezzo “il vecchio autoscatto”. Altro che “idiomitologie”! Suvvia, state ‘bboni, tu e Genna, se no intimidite e fate scappare a gambe levate i poveri lettori della Lipperini…

  16. Ma io intendevo proprio dire che discutere del porno come “linguaggio” mi pare pericoloso, oltre che una perdita di tempo. Non potevo scrivere che stavate dicendo cavolate, allora l’ho presa larga. E dico tutto ciò perché conscia del fatto che nel porno, esattamente come in ogni altra costruzione mediatica, il medium è il messaggio, ovvero: il linguaggio che usa il porno, il modo di impostare la sua struttura visiva, il tipo di riprese, il montaggio, la recitazione degli “attori”, etc., sono funzionali a far passare quell’humus di cui dicevo in precedenza. Come puoi parlare del suo linguaggio se ometti quello che è il suo senso reale? Che poi, come dici, il porno anticipi cose che avverranno nel resto dell’industria culturale, francamente, visto lo stato di quel tipo di industria (sempre più votata al doppio affare profitto&istupidimento), da una parte non mi importa, dall’altra mi pare banale, e proprio perché il porno è capace di evidenziare, estremizzandoli, i bisogni che ne reggono il successo, in particolare i cosiddetti bisogni dell’immaginario e del perverso. Uso il termine “banale” non per sminuire la cosa, ma per fare notare come questo sia un fenomeno ben visibile a chiunque lo voglia vedere (su ciò ha scritto cose egregie Zizek , Cfr. L’epidemia dell’immaginario et ultra). Ora, “tenere d’occhio quello che accade nel porno” ai fini di studiare ciò che accadrà domani, quando quello stesso domani è ben visibile anche solo, ad esempio, studiando la struttura delle fiction televisive, a me pare una attenzione morbosa, che toglie braccia all’agricoltura … Il godimento gode di sé, direbbe Nancy. La pornografia oltraggia il godimento nel momento in cui lo rende visibile e finto; il “linguaggio” che usa è corollario di questo suo fine annichilente. A me, che forse sento di più la cosa “in quanto donna”, sottolinearne la portata anticipatrice, quand’anche anticipatrice in negativo, mi pare un po’ legittimarlo … So bene che questa è una mia esagerazione; ma voglio dirlo lo stesso per evitare che domani, magari come successo con emerite cazzate alla “Ecceziunale veramente”, si possa anche solo impostare una sua riabilitazione … Da sinistra mi aspetto sempre di più …
    Giulia

  17. Lucio, a me lo vieni a dire? E prima ancora c’erano i grugniti.
    Però io mi riferivo a reti basate sulla produzione, lo scambio orizzontale e – occasionalmente – la pubblicazione d’immagini di atti sessuali eseguiti da non-professionisti.
    Trent’anni fa avveniva tutto nell’ombra, sotto il livello stesso dell’underground, in sezioni apposite di riviste illegali, pagine di autoscatti con le “pecette” sugli occhi.
    Oggi, in rete, il porno amatoriale è una tendenza di massa e avanzata, e secondo alcuni sta erodendo i profitti del porno commerciale…
    …ma più in generale, al di là del porno, l’autoproduzione è la cifra di gran parte della cultura odierna, da “Cazzeggi letterari” alla fan fiction, dai milioni di video fai-da-te caricati su YouTube ai milioni di fotografi non professionisti che usano Flickr e mettono in condivisione immagini a volte sorprendentemente belle etc.
    Insomma, negli anni Ottanta a farsi gli autoscatti e spedirli alle riviste erano al massimo poche centinaia di coppie in tutta Italia. Oggi privés, scambismo e video amatoriali su Internet sono una realtà massiva.
    Più in generale, quand’ero ragazzo io il numero di fanzines in tutta Italia era forse poco superiore al centinaio, oggi si dice che esistano un milione di blog. Il numero dei ragazzi che scrivono è aumentato, poi, per carità, scriveranno cazzate, ma hanno un rapporto con la scrittura che ai miei tempi non era altrettanto diffuso. Al mio liceo, qualche decina di studenti aveva “amici di matita”, qualcuno faceva scritte sui muri dei cessi, e morta lì.
    E’ abbastanza evidente il fatto che una tendenza un tempo subordinata (il fai-da-te) sia diventata egemone.
    Ebbene, nel porno questa emersione dall’underground è avvenuta prima e in modo più rapido. Il porno si era già installato in rete cazzi, autoscatti e bagagli quando ancora il resto dell’industria culturale a malapena sapeva cosa fosse Internet.

  18. Giulia, mi sa che proprio non riusciamo a capirci. Io sarò vetero, ma continuo a ritenere doveroso studiare il capitalismo e, se possibile, giocare in anticipo – e non in ritardo, come i rivalutatori trashologi che giustamente stigmatizzi – con le “eccedenze” o gli “scarti” che produce nel suo sviluppo.
    In parole povere: mi sembra importante e per nulla banale capire per tempo che una tecnologia pensata per altri scopi sta per essere piegata a un utilizzo fai-da-te che mette in crisi i rapporti di produzione e proprietà all’interno dell’industria culturale, come è successo con il videotape, la fotocopiatrice, le reti telematiche, il cd…
    Negli anni Ottanta, semplicemente guardando alla messa in commercio di fotocopiatrici più economiche e user-friendly, molti di noi già parlavano di imminente crisi del copyright, e ci scambiavano per marziani.
    Quando l’industria discografica passò dall’analogico al digitale, non poteva sospettare che qualcuno avrebbe inventato il software per “rippare” i cd, eppure non era una previsione difficile, per chi seguiva fenomeni come hackeraggio, phone phreaking etc.
    Oggi tutti parlano di una nuova fioritura del cinema e del video indipendente e a basso costo, grazie al digitale. Fior di analisi, tutti a bocca aperta, la “long tail” della produzione d’immagini che coglie alla sprovvista gli studios e la tv.
    Bene, nel porno questa cosa è successa svariati anni fa. Sarebbe bastato prestarvi attenzione.
    Io non ritengo tempo sprecato seguire queste tendenze, l’ho sempre fatto, e con me i miei sodali, e forse proprio grazie a questa curiosità siamo riusciti ad avviare, radicare e portare avanti progetti culturali duraturi e che hanno coinvolto tante persone.

  19. Mia madre diceva sempre:”guarda a ciò che il prete fà, non quel che dice”. Però mi dispiace un po’ quest’idea di occuparsi di cosa si dice intorno la pornografia rinunciando all’ autoerotismo; il difficile è la scelta noo? Comunque definire l’argomento poco interessante è pleonastico.

  20. Oddio, va bene, non ci capiamo … Però forse provare a farlo è già un buon segno. In ogni caso, tanto per restare sull’argomento, guarda caro Wu Ming 1 che quando Marx studiò il capitalismo partì dal suo senso evidente e allo stesso tempo segreto: la merce. E la trattava, insieme, come mezzo e come messaggio. Il suo fine era evidenziare lo sfruttamento che in essa si celava. Mi ripeto: come puoi separare, anche solo a fini di analisi, la “concezione della donna” che il fluire veloce delle immagini porno fa passare come senso subliminale? La mia è una domanda anche ermeneutica. Sono cresciuta studiando gli strutturalisti, che riducevano tutto a segno. Ho poi imparato che un segno, senza il suo contesto di riferimento, semplicemente non esiste. Per il porno la stessa cosa. E io voglio soltanto dire questo: che mi sembra erroneo (teoricamente e praticamente) studiarne il linguaggio separatamente dalle sue ricadute mentali. Posto che, se veramente si vuole capire il capitalismo, ha più senso studiare, ad esempio, le implicazioni dell’organizzazione del comparto no profit in termini di condivisione del processo produttivo, o le concentrazioni che stanno avvenendo nell’industria culturale, oltre che le sempre maggiori compenetrazioni della finanza nella produzione di mostre, di spettacoli, etc… Certo, ognun si sceglie il punto da cui partire, anche il porno. A me pare morboso. E pare anche poco fruttuoso per l’obiettivo. Se voglio studiare il capitalismo odierno mi chiedo: dove si esprime con più efficacia? Nell’intreccio tra finanza e industria, mi dico, e nelle ricadute in termini di organizzazione della forza-lavoro e del mercato … E nella sua ineliminabile “tendenza alla guerra” … Ma, davvero, non voglio persuadere nessuno e ognuno si faccia le sue priorità. Se dalla tua analisi del porno ne scaturirà un quadro esauriente dei meccanismi, anche mentali, che conservano questo ordine sociale, bene, io ne sarò contenta. Ho dei dubbi in proposito, ma va bene lo stesso. L’industria del porno, per quanto mi riguarda, capitalizza al meglio le innovazioni tecnologiche, ma non le inventa. Che tipo di invenzione linguistica ha fatto? A me pare proprio nessuna. Se poi tu ritieni che abbia aperto le porte all’autoproduzione, mi dispiace, ma sono convinta che non sia così. L’autoproduzione, se vuoi, è stata inventata dai primi ribelli all’autorità, i quali hanno sempre prodotto in proprio la loro comunicazione “altra”. Anche Karl Kraus si autoproduceva rivista e libri, ben prima dell’affermazione del porno; così Majakovskij e mille altri … Esaltare le virtù del porno anche in questo senso mi rende sospetta. Scusami la franchezza …
    Giulia

  21. WuMing1: > “L’autoproduzione è la cifra di gran parte della cultura odierna, da “Cazzeggi letterari” alla fan fiction, dai milioni di video fai-da-te caricati su YouTube ai milioni di fotografi non professionisti che usano Flickr e mettono in condivisione immagini a volte sorprendentemente belle etc.”

    Ti faccio solo notare che, se non mi venisse offerta la piattaforma Splinder già bell’e pronta(= al modico costo di circa 4 euro al mese, che moltiplicati per il numero degli splinderisti eccetera)”Cazzeggi letterari” non esisterebbe e forse il mondo sarebbe tale e quale… anzi no, chi fa soldi con la moda dei blog dovrebbe farli in qualche altro modo… magari sfruttando la sempiterna voglia di pornografia (culi, fiche e tette nudi e crudi) & mestieri più vecchi del mondo:- )

  22. Giulia, mi sembra un’impresa improba. Non stiamo parlando della stessa cosa, non c’è nessuna intersezione tra quel che dico io e quel che dici tu. Non so nemmeno da dove ricominciare, perché quasi ogni frase di questo tuo ultimo commento mi sembra un esercizio ( inconsapevole, proprio perché non riusciamo a comunicare) di “benaltrismo” rispetto a quel che ho scritto io. Anche il significato che diamo ai termini usati è diverso (es. “linguaggio”).
    Io non ho affatto detto che “il porno ha inventato l’autoproduzione”. Ho spiegato, con esempi, che molti passaggi da un paradigma produttivo all’altro si sono verificati nel porno prima che altrove. E’ un dato di fatto, quindi propongo una tattica: tenere d’occhio quel che accade in quei contesti. Mica è obbligatorio, è solo un consiglio.
    Sull’autoproduzione: quel che un tempo era nicchia, underground o avanguardia oggi, grazie a una democratizzazione dell’accesso a determinate tecnologie, è patrimonio di una vasta moltitudine, che si dedica a produrre fan fiction, mash-up, machinima, insomma autoproduce e condivide allegramente. Milioni e milioni di persone sono in grado di manipolare e miscelare video, musica, parola scritta, e condividere all’istante il risultato con persone di tutto il mondo. Non è mai stato così, prima. Questa è la caratteristica più evidente della cultura popular di oggi, la trovi in ogni ambito, in ogni zona della rete. Rispondermi che c’erano già Kraus e Majakovsky ad autoprodursi i giornali è come dire che il suffragio universale non è stato un’innovazione importante perché di gente che votava ce n’era già anche prima (i cardinali ai conclavi, ad esempio)…
    Se una pratica che prima era esclusiva di un’élite diventa una pratica diffusa, quella pratica diventa un’altra cosa.
    Vedi, io non sto facendo “teoria”, non propongo griglie di concetti, non faccio dispute terminologiche: sto procedendo – come sempre faccio – per citazioni di esempi concreti, uno dopo l’altro. Cose che sono accadute, verificabili. Se queste cose non stimolano l’interesse dell’interlocutore, non so cosa farci, fatto sta che sono accadute lo stesso, e rimangono verificabili. Che senso ha rispondermi che sarebbe meglio parlare d’altro, per giunta senza dirmi nulla di specifico sugli esempi che ho fatto?
    Ultima cosa: “ognun si sceglie il punto da cui partire, anche il porno”.
    Onestamente, mi avevi mai sentito parlare di porno, prima di oggi? E prestare un minimo di attenzione a quel che succede *anche* nel porno impedisce forse di occuparsi di tantissime altre cose? Di “tendenza alla guerra” non ne ho mai parlato, forse?

  23. Francamente: nemmeno la mia è più la stessa da quando passo tutte ‘ste ore al pc… più sedentario e isolato di un tempo, probabilmente, dietro l’apparenza di una vasta rete di relazioni telematiche… poi, per un qualsiasi guasto tecnico salta il collegamento e un intero mondo di contatti e di fantasmi svanisce. Prova a pensare anche agli aspetti negativi della faccenda, Roberto: magari a qualcuno può far comodo tenere inchiodata al computer la mejo gioventù con lo specchietto di uno spazio smisuratamente dilatato.
    Vabbè, non voglio fare il catastrofico. Come in ogni cosa, anche in questa “produzione orizzontale” c’è del buono e del cattivo:-/

  24. quando mettete in scena certi dialoghi da teatro dell’assurdo,e spero per il vostro futuro di intellettuali che solo di questo si tratti,siete davvero fantastici(è come assistere a una lezione fuori sincrono del Consorzio Nettuno della Corea del nord da una macchina del tempo manomessa,sorseggiando nel frattempo un thè con la controfigura di Ho-chi-min che ti parla di play station).Solo che ora devo andare a vedere “Anno zero” per alleggerirmi un po,che è tutto dire

  25. Lucio da quando ti conosco anche la mia vita non è più la stessa. E dovresti vedere i fianchi!
    Giulia la sensazione che ho io è che il tuo insieme comprenda il sottoinsieme di WM1 ma non viceversa, ed è per questo che non lo intendi perché non c’è biunivocità.
    Il discorso di WM1 è una glaciale osservazione dei fatti, completamente esente da implicazioni morali (attenzione alle parole: “morali”, non “moralistiche”, perché io non ti do della moralista e nemmeno lui, in fondo).
    Poi uno può ammazzarsi di pippe guardando su uno schermo femmine in ginocchio che si fanno centrare da schizzi di sperma, ma la cosa, in sé non interessa al ragionamento di WM1 (ed interessa invece a te. Ed interesserebbe pure a me, ma questa è un’altra storia e se si parla di questo si apre un altro capitolo della discussione, tutto qui).

  26. Siccome non ho pretese normative, e davvero non voglio convincere nessuno, mi ritiro dalla discussione. L’incomprensione, caro WM, è comunque sempre reciproca. Io volevo semplicemente dire, in forma indiretta e con eleganza, che l’argomento postato mi sembra una classica “pippa da intellettuale”, incapace di cogliere il senso delle cose. Punto. E lo ripeto: cercare di estrapolare la “capacità di prefigurazione” del porno dai meccanismi mentali che attiva mi sembra una grande cretinata, oltre che un atteggiamento pericoloso. Se posso, ad esempio, nella lettura di una poesia di Pound, separare gli aspetti ritmico-intonativi dall’ideologia filo-nazista dell’autore (e posso farlo perché la costruzione versale è “straniata”), non posso farlo nel porno, dove il messaggio coincide con il modo di trasmetterlo. Punto doppio. D’altra parte trovo sbagliato anche il principio del tuo ragionamento, ossia il fatto che “i cambiamenti produttivi e le trasformazioni linguistico-formali che avvengono nel porno di solito prefigurano quelle che avverranno nel resto dell’industria culturale”. Mi pare una affermazione troppo assolutista; anzi, credo che sia proprio non veritiera, anche se mi rendo conto che per capirci dovrebbe prima di tutto essere precisato il senso che diamo alle parole. Un solo esempio, poi taccio. L’introduzione del vhs prima e del dvd poi è una di quelle che tu chiami “trasformazione produttiva”. Ebbene, il porno l’ha utilizzata, non l’ha prodotta; e prima del porno, a livello di massa queste trasformazioni sono state usate dall’horror e dai cartoni animati. Siccome, oltre che il fondo diciamo così ermeneutico, non condivido neppure le premesse su cui si poggia il tuo discorso, è ovvio che la comunicazione, più che aprirsi, si chiude in una ridda di travisamenti e interpretazioni non pertinenti (reciproche, sempre).
    Good night by Giulia

  27. Lucio,
    nella discussione quello più equilibrato sei tu e forse anche quello che pone le domande migliori.
    Se non fosse che parlare di ‘orizzontalità’ in un post sul porno è leggermente ambiguo 🙂
    Per non parlare poi della perla del Genna che al Barbieri sottolinea: le tue competenze sono divaricanti. Gulp
    Scusate, cazzeggio e…. non letterariamente.
    Lucio, non andare giù proprio ora, le tue sono capacità letterarie uniche e irripetibili (lasciamo perdere l’argomento del post, please) e se sei riuscito a cambiare la vita di wm1 (non so come e visto l’ambito non voglio indagare) riuscirai a fare anche i miracoli. Non scherzo: grazie di esistere e di materializzarti tra i blog.
    Seriamente: condivido le ultime osservazioni del Biondillo. I due discorsi non si escludono, colgono aspetti diversi. Capisco benissimo il fastidio di Giulia rispetto a una possibile ‘santificazione’ del porno, lo condivido e capisco anche che questo la renda sospettosa verso l’analisi ‘glaciale’ di wm1.
    In quanto a quello che afferma wm1 sul porno, che per primo utilizza certi linguaggi (sfrutta certe possibilità, ecc..) non saprei che dire, al massimo posso informarmi.
    Una cosa che vorrei sapere visto che qualcuno di voi il genere lo osserva da vicino: esiste un porno ‘comico’? non barate, probabilmente il genere ha una involontaria comicità a prescindere, ma non mi riferisco a quella.
    besos

  28. Caro Gianni, hai ragione sui sottoinsiemi. A me interessano, più che presunte innovazioni linguistiche, che io non reputo tali, le ricadute nella psiche (e di riflesso nei comportamenti) del fruitore di porno. Il problema delle “forme” lo vedo di secondaria importanza, e per di più impossibile ad essere trattato separatamente dai “contenuti”. Se il modo in cui è costruita l’immagine porno è funzionale a quel “ammazzarsi di pippe” di cui parli (e quindi anche al fatto che il cliente ritorni ad acquistare il prodotto), che senso ha separare l’analisi dei due momenti? Un’opera, quella che sia, anche la più deprecabile, è sempre una dialettica serrata tra una “consistenza linguistica” e un “contesto-mondo”. Se prendo l’opera, quella porno compresa, come evento radicato nella storia, che senso ha saltare l’analisi delle sue ricadute percettive? Sì, Gianni, sono dell’idea che l’insieme-porno, proprio per le sue peculiarità, non possa essere affrontato separando dal tutto i sotto-insiemi. Mi rendo conto che la direzione tentata da WM è un’altra; ma io volevo solo esprimere la mia contrarietà a questa direzione.
    Ancora buona notte by Giulia

  29. Ultimo e poi stop.
    Io davvero non capisco perché non si debbano analizzare i meccanismi di un settore dell’industria culturale che, tra l’altro, è quello che da più di dieci anni traina la rete ed è senza dubbio quello dove l’innovazione tecnologica viene adottata prima che altrove, dal credito elettronico al download a pagamento di film molti anni prima che l’idea venisse a Steve Jobs, allo sharing di foto anni prima di Flickr etc. Ancor più importante, è un settore dove si formano e si trasformano di continuo comunità che impongono pratiche, abitudini, percezioni e costringono l’offerta (la produzione di immagini) a rinnovarsi sempre più spesso per incontrare la domanda (cioè i desideri).
    [Vorrei che fosse chiaro: il porno si rinnova spesso perché cambiano le preferenze e i gusti sessuali di chi intende consumarlo. Non c’è nulla di più soggetto al cambiamento del desiderio sessuale. Un piccolo, banalissimo esempio: negli anni Settanta ogni fellatio veniva eseguita a occhi chiusi, lo schermo era la quarta parete, lo spettatore era escluso dalla scena. Oggi sarebbe inconcepibile, perché lo spettatore vuole essere coinvolto, guardato negli occhi, sfidato a guardare. Vuole lo sguardo nell’obiettivo.]
    Non capisco perché queste cose non si debbano dire. Analizziamo ogni altro settore del capitalismo, e questo no? Posso ritenere insensato che vengano spese tante energie per cercare di inibire una riflessione? Sulla base di cosa, poi? Sul fatto che nella pornografia il corpo e il desiderio sono merce? In base a un criterio del genere, non dovremmo più parlare di capitalismo, tout court. Non potremmo analizzare nessun altro settore della produzione. Non esisterebbero né la critica dell’economia politica né la critica-e-stop.
    Non vedo poi cosa ci sia di “pippa da intellettuale” in quello che ho scritto. Non ho citato nomi altisonanti di filosofoni o semiologi, non sono io ad aver tirato in ballo Zizek, Nancy, gli strutturalisti etc., non ho fatto “teoria” (non la faccio mai); ho esposto una sequela di fatti e dati concreti che reputo significativi, in modo molto terra-terra. Si parlava di pornografia, e ho detto cosa ne penso.
    Una cosa che non sopporto è quando mi si fanno dire a forza cose che non ho sostenuto. L’ultima della serie: io avrei detto che il porno ha “prodotto” il vhs e il dvd. Ovviamente io non ho mai affermato niente del genere, in nessun mio commento, però farmelo affermare fa comodo per poter ribattere: no, il porno ha “utilizzato” il vhs e il dvd. Ma va?? Grazie dell’informazione.
    Però è importante capire *quando* e *come* un supporto e una tecnologia vengono adottati. L’innovazione non è di chi la pensa ma di chi la mette in pratica al meglio.
    All’apice della produzione e diffusione del vhs come supporto, più dell’80% del mercato home video mondiale (noleggio e vendita) era tenuto in piedi dalla pornografia, perché era partita prima. E’ stato il primo genere ad abbandonare quasi del tutto le sale (in quanto ambienti sordidi e con poca privacy) e a investire *tutto* sul consumo domestico, e non come ripiego (in inglese “straight-to-video” ha una connotazione di sfiga, significa che un film non ha trovato distribuzione nelle sale), ma come obiettivo primario di una strategia di distribuzione.
    Questa cosa si può dire o si deve far finta che non è così? Di chi si ha paura, del Moige? Si crede forse che parlando d’altro questa realtà cesserà di esistere e innovare?

  30. @ Gianni, Spettatrice e tutti gli altri.
    Il libro di Nadine Strossen si intitola “Difesa della pornografia. Le nuove tesi radicali del femminismo americano”. Ripeto: senza farne l’apologia, anzi, ne consiglio comunque la lettura, perché è un punto di vista utile (lo pubblica Castelvecchi, ma pazienza). Nadine Strossen è presidentessa dell’American Civil Liberties Union.
    Il libro si trova qui.

  31. @Wu Ming
    L’industria del porno ha anticipato l’utilizzo di massa del p2p: secondo te quali future tendenze sta anticipando oggi?
    P.S. Trovo logico che il porno le trovi per primo, visto che parte dalla risposta ad un impulso primario.

  32. a WM1, se avrò tempo lo leggerò, ma se la tesi è questa (qualsiasi sia poi il modo di articolarla):
    l’autrice di questo libro, femminista militante lei stessa e autorevole studiosa dei problemi legati alla libertà di opinione e di parola, sostiene che la censura – qualunque sia l’oggetto cui viene applicata – è stata (e continua ad essere) il primo strumento di repressione antifemminile.
    poteva benissimo sostenere la liceità del porno (di adulti per adulti, questa l’unica cosa su cui non transigerei) pur non dovendo sposare la tesi che sia anche qualcosa di positivo (perchè sia il primo strumento di repressione femminile la censura e non il Potere in tutte le sue forme o altro è l’unica cosa che del libro mi incuriosisce).
    Aldilà delle tue considerazioni che Biondillo definisce ‘glaciali’ e di uno studio asettico del fenomeno sono propensa all’ipotesi Giulia sia per quanto riguarda l’industria (o anche il privato) che lo produce che i modelli che veicola.
    Non avete risposto alla domanda: esiste un porno ‘comico’ al di fuori della comicità involontaria del genere?
    E’ infatti mia presunzione credere che non possa esistere. Non con la medesima funzione di un porno tradizionale perlomeno 🙂
    Besos

  33. Se per leggere una “difesa della pornografia” al femminile devo acquistare un libro Castelvecchi, sia. Grazie Giulia, grazie WM.

  34. è un peccato che gli interventi di giulia abbiano regolarmente spostato i termini di una discussione che era cominciata in modo molto interessante.
    vorrei chiedere a ming di approfondire la sua analisi. se è vero, e io sono d’accordo, che la pornografia è sempre riuscita ad anticipare passaggi legati alla produzione ed alla fruzione della cultura, lo sbarco sui cellulari che cosa può significare? quale passaggio anticipa?
    e poi, ancora, perchè al porno riescono queste anticipazioni?

  35. @Preoccupato
    Mi pare ti associ alla mia richiesta a Wu Ming 1 di tornare a parlare delle possibili tendenze future nel campo della comunicazione. E’ scontato che il porno non sia “politically correct”, non c’è bisogno di ribadirlo. Quello che ci interessa è la sua capacità di sfruttare subito le nuove strade, e quindi cosa può dirci del futuro. Ti chiedi perché al porno riescano certe anticipazioni: come dicevo prima, io trovo logico che ci riesca per primo, visto che concerne un impulso primario.

  36. Spettatrice. Grazie per i complimenti, ma c’è un equivoco: quando Wu Ming dice che gli ho cambiato la vita (Biondillo aggiunge i fianchi), celia e in realtà mi prende per i fondelli. Accanto al libro della Strossen, va forse tenuto presente anche il vecchio Gattopardo: cambiare tutto perché non cambi nulla…
    E comunque gli unici cambiamenti che a me interessino veramente non sono quelli tecnologici, ma quelli che avvengono nella testa della gente: che io sia tenuto “tranquillo al mio posto” con un DVD o la vecchia promessa della caramellona nell’aldilà cambia poco…

  37. Forse io e Wu Ming non diciamo cose tanto diverse. Cambiano le priorità, ma l’urgenza mi pare la stessa. È anche vero che alcune frasi di Wu Ming si prestano ad ambiguità. Non avrà scritto che il porno ha “prodotto” … Però ha scritto frasi del tipo: “tutte le metamorfosi produttive ed espressive del cinema degli ultimi trent’anni sono avvenute prima nel porno”, oppure “i cambiamenti produttivi e le trasformazioni linguistico-formali che avvengono nel porno di solito prefigurano quelle che avverranno nel resto dell’industria culturale”, o anche: “molti passaggi da un paradigma produttivo all’altro si sono verificati nel porno prima che altrove”. Insomma, è ben diverso scrivere “sono avvenute prima” o “prefigurano” o “si sono verificati prima” che non UTILIZZANO. Non siamo al “producono”, ma poco ci manca. Con i miei interventi ho spostato i termini della discussione? Ma è quello che volevo, trovandone il punto di partenza sbagliato, profondamente sbagliato e pericoloso. Ho cercato di spiegarmi, a questo punto mi dico senza riuscirci. Ho posto un problema “teorico” (ma perché tutta questa paura della teoria?) sulla inscindibilità, nel porno, dei suoi momenti tecnologico-linguistici dai suoi fini. Non ho trovato risposta. E, a onor del vero, non ho neanche capito (difetto mio o dell’interlocutore?) quali siano, dal punto di vista linguistico, queste anticipazioni. Sono stati citati l’autoproduzione e il p2p … Posso tenermi le mie perplessità? E sono stati citati (da WM) “il passaggio dalla pellicola al nastro magnetico, con conseguente passaggio dalla sala all’home video etc.”. A me risulta che parte predominante dell’affermazione del vhs sia dovuta ai cartoni animati, dopo il fallimento della famosa causa della Disney contro la commercializzazione dei primi registratori; ma anche se fosse vera la primogenitura del porno, cosa cambia? Si è trattato di un processo nient’affatto lineare dove i diversi “attori” facevano la loro parte … È stato anche detto che il porno modifica, sempre anticipandone le tendenze, il modo di “fruizione della cultura”. Ma se leggo, ad esempio (scusatemi per le citazioni teoriche), lo scritto di Adorno sulla “musica di consumo”, ci trovo già tutto o quasi. In cosa sarebbe diverso il porno, nei meccanismo percettivi attivati e nell’utilizzo delle tecnologie più avanzate, dalla musica di consumo? Per un diverso “uso” del desiderio? Ma è banale, visto che il consumo si basa sui desideri e i desideri cambiano a seconda di quello che è l’oggetto. L’industria culturale, a livello di massa, è più cambiata con l’inserimento di format tipo “il grande fratello” o le varie fiction televisive, che non con il porno. Io credo che questo sia un dato verificabilissimo da chiunque. Non foss’altro perché, a differenza del porno, che presuppone un interesse limitato nel tempo (il tempo dell’eiaculazione, di solito), questi altri prodotti sono durevoli, anno dopo anno si ripetono cambiandosi quel poco che serve per renderli ancora attraenti. E per di più, cosa che a me sembra evidente (ma posso esagerare alcuni dati e sottovalutarne altri, certo), sia come fatturato che come “ascolti” sono di gran lunga più seguiti (dunque “di massa”). Ora, se fosse vero il ragionamento proposto da WM, io dovrei trovare alcune caratteristiche del prodotto-porno nel prodotto-TV … Faccio fatica a trovarle, davvero. È anche stato citato l’espandersi, a livello di massa, di alcune modalità di registrazione digitale; mi chiedo: non è che è il mezzo in sé (la telecamera digitale) a produrre un certo uso? Non è che ci sono milioni di videomakers che, pur non avendo mai “studiato” o solo fruito con continuità il porno, sono stati portati a usare in certo modo la tecnologia dalle caratteristiche della stessa? Stesso ragionamento per il p2p … E’ il software che ti permette di fare diventare di massa una cosa prima di pochi. Se poi il porno è arrivato per primo a capire la convenienza (ho comunque delle riserve, forse il mercato musicale è stato quello trainante e ben più del porno), mi cambia la vita? Ma non era proprio, una delle caratteristiche del capitalismo, quella di adeguarsi con velocità ai mutamenti? Dov’è la novità? Scusate, mi sto facendo prendere la mano. Tutto questo per dire che la visione proposta dal post iniziale non la condivido. Se sono andata oltre, o se sono andata OT, perdonatemi.
    Giulia

  38. Velocemente, perché sta per iniziare la riunione del collettivo, cerco di rispondere a tutti:
    1) Caratteristiche del prodotto-porno nel prodotto-tv di oggi. Per dirne una, l’egemonia del reality show, appunto. Che a me non piace, sia chiaro, ma mettere insieme squadre di estranei (o di “vip”, o di “vip” ed estranei) e farli interagire in condizioni estreme o bizzarre o comunque particolari, con telecamere che riprendono tutto quanto e non fanno distinzione tra show e dietro-le-quinte, facendo anche superare delle prove più o meno finte o più o meno vere, è una cosa che nel porno si è affermata tanto, tanto tempo fa. Non mi sembra un caso se i reality vengono accusati di essere “pornografici”: è da là che vengono, anche se nessun produttore lo ammetterà mai.
    2) L’approdo sui cellulari, il P2P: non sono un esperto, non sono in grado di rispondere a queste domande, io invito semplicemente a non precludersi quel campo di indagine.
    3) Il “riassuntino” del libro della Strossen su libreriauniversitaria non rende minimamente l’idea di cosa c’è dentro. Se ci fosse solo quello, non l’avrei consigliato. C’è anche un’analisi della cinematografia porno da un punto di vista femminista, che in molti punti mi lascia scettico però è di grande interesse (per dire, questo è uno dei libri che ha ispirato le mie amiche e compagne del Sexy Shock di Bologna). In queste cose c’è sempre un rischio, quello del sillogismo: “Io sono libertario; mi piace il porno; il porno è libertario”. E’ un atteggiamento che ho criticato proprio all’inizio della lunga intervista su Cary Grant inclusa nel libro “Cary Grant. L’attore, il mito” (non è ancora on line, la metteremo presto). Io non nego mica che nel porno ci siano contenuti reazionari (Siffredi è un fascista fatto e finito, da ogni punto di vista, e nei suoi film c’è un disprezzo per la donna che fa vomitare).
    4) Spettatrice, la tua domanda sul “comico” presuppone che il porno in qualche modo sia “fiction”, che i film siano narrativi, ma quel genere di pornografia è oggi fortemente minoritario e residuale, il porno è quasi tutto non-fiction, reality show, performance art, “documentario” etc. Però commedie porno ce ne sono state. Lo stesso “Gola profonda” era una commedia, con dialoghi buffi e tutto.
    Anche Ed Wood girò diverse commedie porno, quando ancora il genere era illegale. E parodie porno di film mainstream se ne sono sempre fatte (“Sperminator”, “Mamma ho perso l’uccello” etc.)
    5) Giulia, non c’è niente di male nella teoria, solo che non si può partire dalla teoria, prima vengono le pratiche, e dalla riflessione sulle pratiche e le esperienze concrete nasce la teoria.
    6) Un equivoco di fondo: che la pornografia sia vista prevalentemente da uomini. Guardate che è un vecchio cliché, di amiche che guardano film porno io ne ho svariate. E diverse ricerche rivelano che i porno vengono guardati molto da *coppie* (lui-lei, lui-lui, lei-lei, whatever), e vengono guardati *per*, non *invece di*. Insomma, non prendiamo gli sterotipi per realtà.
    Tutto qui. Ciao.

  39. Non ho preclusioni “morali” nei riguardi del porno (ne ho visto svariato e continuo a vederne). Però si corre il rischio di sopravvalutarne il valore espressivo rispetto a tutto il resto: il porno è soltanto junk food per il desiderio, anche se personalizzato. E non si vive di solo junk food.
    Inoltre, in quanto junk product ha una “sopravvivenza” scarsina: tre visioni, una lettura e il pensiero più benevolo resta: “bene, bravi yum, ma che due maroni!”

  40. Girovagando nella rete l’utilizzo prevalente maschile del porno è confermato da diversi esperti del settore. Infatti si trovano frasi del genere:
    “Il consumatore di materiale pornografico è perlopiù un maschio”
    “8 utenti di siti porno su 10 sono maschi”
    “Se negli adolescenti (dati dell’osservatorio dei diritti dei minori) il 35% di donne ha guardato almeno una volta immagini porno, negli adulti la percentuale cala sensibilmente e si attesta su un 15-18%”
    “Ai gruppi di autoaiuto sulla pornodipendenza si rivolgono al 95% maschi”.
    Sarà pure un cliché, ma negare che il porno sia in prevalenza un affare dei maschi mi pare esagerato.

  41. Pausa riunione.
    Guarda che questi dati sono significativi per il motivo opposto a quello che te li ha fatti citare. Intanto andrebbero citati all’inverso: mentre tra le donne adulte “solo” il 18-20% vede o ha visto film porno (ma è una percentuale ENORME, ed è una novità degli ultimi quindici-vent’anni), tra le donne più giovani sale addirittura al 35%. Quindi la tendenza è a crescere, non a calare.
    Ben il 20% di utenti di siti porno è donna e secondo te questo non è un dato significativo? Lo sapevi, forse, prima che io ti mettessi la pulce nell’orecchio? Sai quanti sono al mondo gli utenti di siti porno? Se la cifra è reale, stiamo parlando del 20% di una massa sterminata.
    Lascia perdere i gruppi di autoaiuto, a quelli si rivolgono i pornodipendenti, non i consumatori normali, e non fatico a credere che i pornodipendenti siano tutti maschi. Ma negare che esistano consumatrici è assurdo, anche perché – come detto sopra – sono in aumento.

  42. e no, caro WM, adesso sei tu che travisi. tu hai scritto che trattasi di “equivoco” e di un “vecchio cliché” il fatto che la pornografia sia vista “prevelentemente da uomini”. anche se i dati indicano un aumento della presenza femminile, dicono anche che gli utenti sono in PREVALENZA uomini. dunque negato quanto da te scritto (mentre non negano certo che le donne partecipino a questo mercato). sei tu che hai negato la “prevalenza” del maschio, cosa che i dati smentiscono.

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