In uno speciale di Minimum Fax dedicato alle antologie, Christian Raimo fa una riflessione che prende spunto da “La qualità dell’aria” e va oltre. Merita:
“Tra le varie recensioni reazioni piccole discussioni che seguirono l’anno scorso all’uscita della Qualità dell’aria, ce n’è una che superò da sotto tutte le altre. Camillo Langone sul “Foglio” di Ferrara scrisse un pezzo sul libro che si intitolava “Arriva la prima antologia dell’incularella letteraria”. Sosteneva fondamentalmente che gli scrittori raccolti lì dentro se la cantavano e suonavano talmente per conto loro, erano dei ragazzini tanto viziati con la pretesa di indirizzare il dibattito culturale, facevano talmente combriccola che in fondo quell’antologia era una specie di incularella.
Conoscevo Langone, conoscevo il suo stile, i suoi tentativi di essere provocatorio a tutti i costi dai tempi in cui lavoravo a Fazi Editore ed ero contrario alla pubblicazione di un suo libro di satira/invettiva politica: l’avevo trovato insultante senza essere mordace. Così la recensione del Foglio invece di schifarmi, mi fece ridere; al contrario di molti altri dell’antologia, che in alcuni casi l’avrebbero anche pestato. Con gli anni ho un po’ imparato però a prendere come elemento prezioso di più i vaffanculo dettati dall’invidia che le pacate disamine, e gli strali di Langone, pur con tutta la saliva annessa, mi davano da pensare, come se ci fossero delle ragioni spendibili nascoste sotto il livore.
L’idea con cui io e Nicola avevamo pensato di concepire il lavoro per l’antologia aveva una sua chiarezza, ma anche dei presupposti impliciti che sono venuti fuori a libro pubblicato. La nostra sicurezza/presunzione era questa: la carenza – o meglio la latitanza – di figure intellettuali di riferimento in Italia, di gente che ci facesse da padri editoriali come chessò era accaduto a Calvino con De Carlo e Del Giudice, a Moravia con Veronesi e Bellezza, ci aveva spinti ad autogestirci, ad autopromuoverci, a elaborare una sorta di orphan pride, a pensare alla nostra generazione anagrafica di scrittori come un gruppuscolo di fratelli maggiori l’uno dell’altro a seconda del momento. Ecco il primo presupposto sottinteso che per una sorta di pudore avevamo omesso di dichiarare nell’introduzione alla QdA: l’affetto. L’ideale letterario che ci legava agli scrittori nostri coetanei aveva una chiara matrice sentimentale: perché questa è la verità, la scrittura incanala, riassume, incarna le forme del desiderio degli scrittori trentenni/quarantenni – quella congerie di tipi in genere inutilmente sovracculturati, handicappati sociali in varie forme, poveri di quasi ogni tutela (dai soldi all’attenzione critica). Per questo diventava secondo noi essenziale, un valore quasi politico, quello dell’affetto. Quando Langone parlava di incularella letteraria era un buzzurro, mi dicevo, ma – se si fa la tara delle facili battute – non era del tutto insensato.
Accanto al becerume di Langone la QdA ha ricevuto una marea di attenzioni (l’ultima segnalazione me la sono ritrovata ieri nella mail ed è forse una delle recensioni più analitiche: http://www.bombacarta.it/laboratori/2004racconti.pdf) a cui a nostra volta io e Nicola abbiamo prestato la massima attenzione. E se giustamente abbiamo tesaurizzato i commenti positivi, ci è venuto da riflettere su un’altra pulce ricorrente, fatta soprattutto da parte dei critici della generazione precedente a quella antologizzata. Questa: la mancanza di un senso filologico della storia recente accanto alla mancanza di uno sguardo fedele sulla contemporaneità: ad approssimare, un eccesso di arbitrarietà nel dar conto del “nostro tempo”, come recitava il sottotitolo. Arbitrarietà che sconfinava spesso nell’eclettismo, nel sincretismo, nell’essere ludici, nei tic. Anche qui, a libro pubblicato, mi ero reso conto che senza esplicitarlo avevamo voluto portare alla luce uno dei valori letterari più presenti negli scrittori coinvolti: l’essere idiosincratici. Non era una premessa del tutto franca quella che “ogni ombelico di scrittore era stato dimenticato” – come avevamo sempre dichiarato nella prefazione – ma c’era stata una rifunzionalizzazione dell’ombelico, direi. L’ombelico dello scrittore era diventata la lente deformante della prospettiva sul mondo. Se uno è nato tra gli anni ’60 e i ’70 – se fa parte della prima generazione per cui manifestarsi del reale e rappresentazione del reale sono due processi simultanei – costui sa benissimo come la sua idea della storia sia un misto inestricabile di nostalgie coatte di residui di pattume (cartoni animati cripto-shintoisti, nozionismi scolastici depositati come cookies nella cache nel nostro cervello, esperienze personali prive spesso di qualsiasi senso di condivisione) e di come la sua capacità di rielaborazione del mondo abbia assorbito a tal punto questo immaginario che fare un gesto di repulisti sarebbe quella una forma di insincerità: essere fedeli alla storia della nostra formazione vuol dire purtroppo anche questo, documentare quel vuoto degli anni ’80 e il post-vuoto degli anni ’90, e a partire da quelle voragini operare delle forme di coraggiosa, incosciente invenzione – su questo mi sembra ci sia davvero una convergenza di sguardi in quella che è la nuova narrativa italiana, dal lavoro di Pincio a quello di Aldo Nove a quello di Wu Ming a quello di Trevi a quello di Elena Stancanelli. E allora mi verrebbe da chiosare utilizzando non senza ragione il titolo del libro in uscita di Giordano Meacci: non so se è molto, non so va bene, non so se varrà, ma è tutto che quello che possiamo”.
E’ domenica, e la qualità dell’aria è pessima: accendo una sigaretta e basta così.
Buona domenica e state buoni se potete.
Iannox
Cercare dei padri può essere anche un boomerang, però. Come cercare dei guru, o qualcuno che metta in ordine e come dire legittimi quello che facciamo.
Meglio orfani, a volte.
“essere fedeli alla storia della nostra formazione vuol dire purtroppo anche questo, documentare quel vuoto degli anni ’80 e il post-vuoto degli anni ’90, e a partire da quelle voragini operare delle forme di coraggiosa, incosciente invenzione”.
A volte penso che bisognerebbe invece non documentare, e partire dall’incoscienza, dalla libertà, dalla vigliaccheria dell’invenzione pura.
“Ma è tutto quello che possiamo!”.
Il club dell’Incularella s’è montato la testa. La fa tanto lunga Raimo per dire alla fine che di incularella si tratta,disonesta auto-promozione. Ma comunque è un bene che qualcuno all’interno del club cominci a fare autocritica, perchè non se ne puo’ più , è uno schifo l’icularella!MISTER “Ma è tutto quello che possiamo” e i suoi amici blogger osano parlare di DIBATTITO culturale , ma una voce appena contraria viene subito tacciata di becerume, invidia con saliva annessa. Alla faccia del dibattito.
“Il club è aperto a tutti , non è generalmente necessaria tessera di partito, ma se ce l’avete mostratela, ma almeno siate un po’ ditinguished quando venite tra noi , sniff sniff.” Aiuto scapppooooooooooooooooo.
Aspetta, Nicola, non scappare: fammi capire meglio la storia della conventicola blogger, anche se ormai è noiosa, quando non palesemente strumentale.
Christian Raimo ha scritto questo testo per il sito di Minimum Fax. Io l’ho letto questa mattina e l’ho ripostato qui: mi sembrava che contenesse almeno due elementi interessanti, quello relativo alla “mancanza di padri letterari” e quello relativo alla storia. Poi, se tu vuoi leggere soltanto quello che ti interessa, padronissimo. Ma non mi sembra che la segnalazione di questo e altri interventi basti per fare, appunto, conventicola (che poi, trattasi di un diminutivo: se davvero nella suddetta dovessero entrare tutti gli scrittori, editori, giornalisti di cui ventila in giro saremmo le nazioni unite, altroche).
Sono contento anch’io che Raimo cominci a fare dell’onesta autocritica , è sveli che di auto-promozione tra amici si trattò per la QdA , non una scelta in un panorama assai più ampio e vario . D’altronde le capacità redazionali di minimum sono forse appunto minime , meglio darsi da fare prima tra gli amici , poi si vedrà con più tempo e soldi….
Auguri e siate onesti ragazzi!
…ecco perchè secondo me, un’antologia per essere completa dovrebbe contenere – scoperti, coperti, come pubblicità occultà, con l’etichetta Mondadori che pubblica i classici, o la Garzanti o Bur…come vi pare – anche il filo che lega gli scrittori “nuovi” (parola di merda) a quelli “vecchi”
Continuavo a stupirmi di scoprirla così intelligente e acuta finché non mi sono reso conto che l’immagine negativa che avevo di lei era legata a “La notte dei blogger”. Era completamente soddisfatta degli autori selezionati?
Una cosa. Ma i padri (e le madri, scusate, non è una mia paturnia, declinare il femminile. manca un pezzo, se uno non declina il femminile…manca un pezzo importante!) non possono essere fantasmi – letterari e non – o si? Anche perchè io che sono una che fa fatica a non litigare- come faccio, se a babbovivo, litigo? Rompo il legame? Cambio madre? A me va bene l’affettività. Ma voglio che sia coi vivi e coi fantasmi degli scrittori che non ci sono più. Anche perchè fra Calvino e George Eliot, o Stevie Smith, o De Beauvoir scusate, ma preferisco le seconde, ma di molto:-)
sarà “nicola” il vero nome dell’incursore? certo, quell’uso tutto nuovo degli spazi attorno ai segni di punteggiature è sempre lo stesso, nonchè il reiterato girare attorno al complotto dell’ordine sacro dei blogger.
potrebbe, visto l’approccio provocatorio e paranoico, collaborare con longone e col foglio (triplo velo, stampa fiorata ed essenza di camomilla) di ferrara.
il concetto di antologia è di per sé ambiguo, sono tesi esemplari? sono i migliori? i più significativi?
secondo me, è stata una buona idea. male ci rimane chi pensa che il curatore sia un’entità super partes che in base a criteri universali sceglie “il meglio”.
E’ Raimo a parlare di “vaffanculo dettati dall’invidia”e becerume,a chi vuole soltanto suggerire che è poco onesto “programmare” una nuova lettertura italiana, devono scoprirla gli altri non deve essere pubblicizzata da chi la fa. Ma capisco la voglia di imitare Eggers.
E poi dite ciò che volete ma io non mi fido molto di scrittori che parlano quasi quotidianamente del proprio lavoro e di letteratura, la lettertura la fanno i porci, quelli che si sporcano, per fare letteratura ci vogliono le palle non la laurea in filosofia,questi possono solo pensarla e parlarla, iperacculturati che riflettono su categorie critiche,retorica stilistica e metafisica gnostica per descrivere un “bel” tramonto o una leccata di fica.Scrittori che pensano alla letteratura anche mentre la fanno, che si danno temi e simboli a cui adeguano personaggi ed eventi “perchè è di questo che Bisogna parlare oggi”
Facciano critica letteraria, scrivano manifesti, o, anche, se è questa la loro vocazione i Padrini.
A proposito di affetto, di blog e di scrittori. Scusate, sono tre mesi che ci conosciamo. Per come stavano messe le cose non ero neanche sicura che sarebbe uscito. E’ invece è uscito. E’ uscito con Pequod. E io sono contenta perchè non c’è neanche un refuso, anche se Monina mi ha tolto dalle mani le bozze, perchè le avevo corrette tre volte. Allora lui ha detto, “Abbiamo deciso di non fartele più correggere!” Ma…adesso io: se vi dico che è uscito il mio romanzo, mi sento che voglio farmi pubblicità. Se non ve lo dico, mi sento traditrice. Perchè sì, è vero, io sono soprattutto lettrice, ma sono anche “sigh” – o “wow?” – “scrittrice”. Ed è per la scrittura che ho fatto le cose migliori e soprattutto le peggiori della mia vita. Poi ho messo mano a splinder. Ho messo mano male: ho un blog che si chiama DISTURBANDOFAMIGLIEFELIC…senza la “i”, dal titolo del libro. Ma non so tornare indietro per aggiungere la I. Vorrei scrivere un diario su come è andata tutta la faccenda della pubblicazione. Come è andata dall’inizio. Soprattutto mi impressiona – è per questo che voglio scrivere un diario – chi mi dice, “Ah, è un romanzo che si svolge in montagna, e c’è un albergo? Hai preso da Shining, eh?” Vi vorrei comunicare tutto questo. Ma se non passo da lì, come faccio ad arrivare qui?
Be’, Iannox, se ti dovessi dire che le copie autore sono in giro, e io me lo sono comprato alla Feltrnelli, mi crederesti? La posta ci mette un po’ dice. Però il tuo indirizzo lo trovo sul blog? Se te ne do una copia – ammesso che arrivino – non dirlo a nessuno perchè ne ho poche.
Be’, Iannox, se ti dovessi dire che le copie autore sono in giro, e io me lo sono comprato alla Feltrnelli, mi crederesti? La posta ci mette un po’ dice. Però il tuo indirizzo lo trovo sul blog? Se te ne do una copia – ammesso che arrivino – non dirlo a nessuno perchè ne ho poche.
@ IL POSTO DELLA COPIA
Certamente che ti credo, senza il crederei. Recensisco a titolo gratuito, sempre. Alla Feltrinelli m’hanno stralciato la carta per gli sconti, da quando ho smesso d’andarci come una volta.
Terrò la bocca chiusa, ben chiusa: solo il “lalalala…lalalala
la lalalala…lalalala…”. ^___^
Il mio indirizzo è sul blog, sì. Ma per una volta lo metto anche qui: non lo segnalo quasi mai per evitarmi un po’ di spam. Applico filtri su filtri, ma lo spam arriva sempre.
E se le poste faranno il loro dovere… Ah, le poste: per poco mi perdevano un libro importante, perché… Oh, è una lunga lunghissima storia, che non val la pena d’esser qui raccontata.
Baci abbracci et inchini
@ ILPOSTO DELLE CONFESSIONI
Sono un tipo antisociale, non m’importa mai di niente,
non m’importa dei giudizi della gente.
Odio in modo naturale ogni ipocrisia morale,
odio guerre ed armamenti in generale.
Odio il gusto del retorico, il miracolo economico
il valore permanente e duraturo,
radio a premi, caroselli, T.V., cine, radio, rallies,
frigo ed auto non c’è “Ford nel mio futuro”!
[…]
La gente “bene” è la mia vera patria, la gente “bene” è il mio unico Dio,
l’unica cosa che ho sempre sognata, la sola cosa che voglio io…
è solo essere un bene sempre ed ora e tutto il resto vada alla malora la lalalala…lalalala
la lalalala…lalalala…
Non la riporto tutta, “Il Sociale e l’Antisociale” del Guccio, ma che bella che è. Che vera che è.
E’ vero: hai pubblicato un libro, lo vedo sul sito Pequod. Ma solo la copertina e la quarta, perchè in libreria non ci vado quasi più. Sono un tipo antisociale, che ci vuoi fare? ^___^
Però, se mi regalassi una copia promozionale antisociale di questi “otto personaggi costretti da una bufera di neve” potrei pure recensirti. E scusami se sono antisociale, ma sai che la vita è dura, soprattutto per il critico.
Però, in ogni caso, complimenti. Almeno hai pubblicato è sei già meno antisociale rispetto a me.
Baci abbracci et inchini.
Giuseppe
è triste dover constatare che esistono persone che credono ancora che al talento innato, agli scrittori che si ubriacano, vomitano si pisciano addosso e poi buttano giù su un taccuino moleskine il romanzo del secolo. che vedono ancora la conoscenza come un fattore inquinante in un’arte pura che scaturisce dall’estasi sublime.
ma la vogliamo finire, nicola, di prendercela con chi tenta di fare letteratura e ci riesce? con chi sta cercando di scambiare le proprie idee, con chi, con fatica, fa circolare, senza IMPORRE, le proprie idee quelle di altri?
p.s. dopo ogni segno di punteggiatura va lo spazio (tranne che l’apostrofo). provaci, faro la figura del fascista, ma i tuoi post, ai miei occhi, guadagneranno di credibilità. poi potrai cominciare a lavorare un po per ridurre le lagne.
Avoledo è di razza buona.
lusingato di essere una tua triste constatazione ed il tuo attento discepolo di punteggiatura, prometto di ridurre le lagne ed adeguarmi al tuo pensiero, Maestro. perdona ma mi muovevo come un tarlo in una trave, mangiando e cacando mi allontanavo dalla mia stessa merda, e grazie a te ho pestato quella merda: è il primo passo sulla via della saggezza.
Dovevi essere un odioso compagnetto di scuola , non è che sei pure grasso con gli occhiali? Ad uno così gli schiaffeggiavo le chiappe ad ogni ricreazione.
complimenti IlPosto vedrai che i tuoi amici qui ti aiuteranno a vendere qualche copia in più del tuo libro. a che serve postare ogni giorno tra forum e blog se non per farsi un po’ di onesta pubblicità. Poi con quel nick così oviginale tesovo, IlPostoQui IlPostoLa, che bivba.
viva la letteratura per la letteratura, gli scrittori per gli scrittori.
IlPosto , la vanità non quaglia con la scrittura.
sono magro con gli occhiali, e tu provaci a schiaffeggiarmi le chiappe durante la ricreazione…
non c’è bisogno che ti adegui al mio pensiero, srei felice che tu ne sviluppassi uno tutto tuo. ma, ahime, pochi strumenti e molti diktat leggo nei tuoi post.
argomenta per amor di dio, o poeta, ma poeta, non gridare.
ARRRRGGGGH!
Leggo: “Se uno è nato tra gli anni ’60 e i ’70 – se fa parte della prima generazione per cui manifestarsi del reale e rappresentazione del reale sono due processi simultanei – costui sa benissimo come la sua idea della storia sia un misto inestricabile di nostalgie coatte di residui di pattume (cartoni animati cripto-shintoisti, nozionismi scolastici depositati come cookies nella cache nel nostro cervello, esperienze personali prive spesso di qualsiasi senso di condivisione) e di come la sua capacità di rielaborazione del mondo abbia assorbito a tal punto questo immaginario che fare un gesto di repulisti sarebbe quella una forma di insincerità”
Raimo dà per scontato che tutti coloro che sono nati tra il 60 e il 70 abbiano subìto o avuto la stessa lettura o visione della realtà.
E poi fare pulizia al proprio interno non capisco perché dovrebbe essere una forma di insincerità. Inoltre trovo fuori posto proprio questa categoria morale o psicologica.
Ho sempre pensato che la libertà di essere consista principalmente nell’arte di disimparare, nella ricerca che conosce attraverso un’intensificazione che porta a concentrarsi sui fatti fondanti e non sui fatti variamente fondati.
Va bene. A chi dice che ho fatto “outing” per farmi pubblicità, siccome mi va di rispondere: ognuno da giudizi sugli altri a partire da come lui è. Sono 25 anni che scrivo. Non nel senso di sogni nel cassetto 25 anni fa ho pubblicato su Alfabeta con Antonio Porta. So di che parlo se parlo di editoria, e non è arroganza. E’ lunico cosa che so. Se voi avreste fatto così – parlare tre mesi di cose di cui non ti frega un cazzo per aspettare il momento in cui il libro esce – sono cazzi vostri. Io chiacchiero sul blog perchè mi va e perchè mi fa piacere. perchè ci sono intelocutori divertenti, e no. Fra quelli non divertenti ci sono quelli sempre in malafede. va bene. l’ho fatto per ragranellare tre lettori in più. ma che me ne frega che voi pensiate così? E’ la vostra visuale. tenetevela.
Va bene. A chi dice che ho fatto “outing” per farmi pubblicità, siccome mi va di rispondere: ognuno da giudizi sugli altri a partire da come lui è. Sono 25 anni che scrivo. Non nel senso di sogni nel cassetto 25 anni fa ho pubblicato su Alfabeta con Antonio Porta. So di che parlo se parlo di editoria, e non è arroganza. E’ lunico cosa che so. Se voi avreste fatto così – parlare tre mesi di cose di cui non ti frega un cazzo per aspettare il momento in cui il libro esce – sono cazzi vostri. Io chiacchiero sul blog perchè mi va e perchè mi fa piacere. perchè ci sono intelocutori divertenti, e no. Fra quelli non divertenti ci sono quelli sempre in malafede. va bene. l’ho fatto per ragranellare tre lettori in più. ma che me ne frega che voi pensiate così? E’ la vostra visuale. tenetevela.
LUMINAMENTI scrive: “Raimo dà per scontato che tutti coloro che sono nati tra il 60 e il 70 abbiano subìto o avuto la stessa lettura o visione della realtà.”
SOTTOSCRIVO ogni sillaba. Qui si fa “generazionismo”. A me della mia generazione (intesa in questo senso autoindulgente) non me ne frega una cippa.
be’, Franz addirittura le generazioni non esistono…mi pare esagerato. Che ci possa essere, che ci sia una cosiddetta “trasversalità” sono d’accordo. Ma uno nato nel ’60 ha delle coordinate immaginative, ricordi, pensieri, più comuni a uno nato nell’80. Poi certo ci si sceglie. Ed è quello il bello, no?
be’, Franz addirittura le generazioni non esistono…mi pare esagerato. Che ci possa essere, che ci sia una cosiddetta “trasversalità” sono d’accordo. Ma uno nato nel ’60 ha delle coordinate immaginative, ricordi, pensieri, più comuni a uno nato nell’80. Poi certo ci si sceglie. Ed è quello il bello, no?
…delle coordinate immaginative comuni a uno nato in anni vicini a lui, volevo dire. Una volta che non correggo ho sbagliato.
Gesù Cristo, Gianni, sottoscrivo anch’io A LETTERE CUBITALI il post di Luminamenti. La stessa visione? Quale stessa visione? A ciascuno il suo. E le generazioni non esistono.
Se sei malato tu sono malata anche io, perchè capita anche a me:-). ciò non toglie che i miei anni ’80 sono profondamente – troppo – diversi da quelli di uno che negli 80 sia nato. se ne parlo con te, forse ci ritrovo di più qualcosa di me. o no? boh.
Ma si, certo. Resta il fatto che l’età non conta. Io difficilmente vado d’accordo coi miei coetanei. Mi trovo più a mio agio con quelli più giovani o più vecchi. Sarò malato?;-)
Anche questo è vero. Beh, parliamone…;-)
l’ha presa bene la critica
Di tutto ciò condivido arghhhhhhhhh
A dire il vero, una volta letto il libro ho pensato che Langone non aveva poi tutti i torti.