ANCORA UNA VOLTA, UN DUBBIO

Si chiama: avere dei dubbi.
Dubbio del mattino, nello stesso giorno in cui si legge delle conigliette di Playboy a Sanremo e contemporaneamente della consueta, abile, messa in accusa dello “straniero” invece di un’intera cultura che allo stupro occhieggia. La nostra cultura, grazie.
Dubbio fortissimo, dicevo, sollecitato da una donna in gamba via mail.
Notizia: graphic novel sul massacro del Circeo. Editore Beccogiallo. Qui notizia e tavole.
Commento. Non posso giudicare un libro da una copertina. Ma la medesima, perdonate, mi ripugna. Eccola.

111 pensieri su “ANCORA UNA VOLTA, UN DUBBIO

  1. La copertina ripugna, credo, perché ci vuole rappresentare il punto di vista dei tre, cioè come loro si vedono e come vedono le vittime. Ma il giudizio esterno su quello che stanno facendo c’è, è espresso dal colore: bianco rosso e nero, che simboleggiano l’arbitrio e la crudeltà delle dittature.

  2. Ho sempre questo problema con le rappresentazioni del male, che non si accollano la responsabilità di poter essere lette in maniera univoca. Sono grata ad Andrea Barbieri per la delucidazione, pure non mi sento protetta dalla sicurezza – di un giudizio univoco da parte di chi ha fatto la copertina in questione c’è qualcosa che non mi convince – le ragazzine carine, i gli omini mah.
    O forse senza figure era meglio. O sei ambiguo o cadi nella semplificazione manichea.
    A volte penso alla struttura di certi film dove la morale finale è solo un pretesto ipocrita per sdoganare il suo contrario. fanno vedere con immensa gioia una che le prende da uno, poi alla fine lei si riscatta ah che bello! Ma la parte figa per auotre e presumibilmente spettatore è evidentissimamente quando lei le prende.
    In ogni caso, prima di slanciarmi ulteriormente dovrei vedere il testo in questione.

  3. Il giudizio esterno è solo una scusa, secondo me – è, appunto, qualcosa di assolutamente estrinseco. Rappresentare un fatto del genere sotto forma di manga, erotizzare le vittime, dare a quei tre figuri l’aspetto dei demoni – mentre il loro aspetto, l’abbiamo ben presente, era bruttissimo, ottuso, demenziale – è fare di fatto l’apologia del massacro. C’è tanto di quel maschilismo, e in questa copertina e nel materiale visibile sul sito della casa editrice, che basterebbe a se stesso anche se non si trattasse di un fatto realmente accaduto. L’idea poi che ci siano persone vere dietro quelle figurine sopraffatte e sensualissime è allucinante.
    Viviamo in una società incapace di difendere (penso alla seconda trance degli omicidi di Izzo, tanto per restare su questo argomento) e a questo punto persino di rispettare le vittime.
    Ultima (?) osservazione. Da quel poco che so, Izzo e compari non mi sembra abbiano mai mostrato non dico vergogna, ma neanche imbarazzo. Hanno invece portato avanti con fierezza la loro idea di sopraffazione, nelle parole e negli atteggiamenti.
    Bene, adesso che sono anche diventati di personaggi di un fumetto possono proprio dirsi soddisfatti.

  4. “erotizzare le vittime”: concordo con Donata. Le 2 figure femminili rappresentate in modo sensuale sono, a parer mio, il dettaglio davvero sgradevole e fastidioso. Non c’è traccia di empatia.

  5. Mah, Zauberei, secondo me il male va riconosciuto attraverso un percorso, più che identificato con delle precise coordinate… i nostri dubbi sulla copertina (dove c’è un sacco di verde, non è la locandina in fondo al post) sono dovuti a questa difficoltà, in un’immagine sola non si può vedere un percorso. Anche le copertine di Dylan Dog non rendono giustizia alla complessità delle storie… ma temo sia normale.
    Quanto alle tavole dell’interno, non mi sembra di vedere pin up e diavolacci, nelle tre sul sito di Beccogiallo. Darò un’occhiata in libreria.

  6. Mi chiedo se l’editore e gli autori abbiano consultato i familiari delle vittime prima di procedere alla pubblicazione. So che per le fiction televisive e cinematografiche la produzione sottopone l’opera alla visione della famiglia dei soggetti chiamati in causa. Ora non vorrei che sia la distribuzione mediatica a suggerire un’azione che dovrebbe essere invece solamente morale e professionale. Ovvero siccome una fiction verrà proiettata in televisione e verrà vista da milioni di persone non possiamo permetterci di non avvisare i parenti. Mentre se sono un editore con una visibilità mediopiccola, posso pubblicare quel che mi va senza problemi. Lo sceneggiatore ha lavorato a produzioni televisive come Romanzo Criminale quindi certi meccanismi dovrebbe conoscerli e spero che abbia agito di conseguenza.
    Concordo con la signora Lipperini sulla copertina.

  7. Non leggerei un fumetto sulla vicenda di Cogne o sul dramma di Donatella Colasanti o sul delitto di Perugia nemmeno se mi pagassero a peso d’oro (= l’equivalente del mio peso – 90 kg – in oro). Le due derelitte nude in copertina fanno effettivamente incazzare, checché ci ricami sopra Andrew Barbers.

  8. Il disegno della locandina è anche quello della copertina, cambia solo il colore di fondo che nel libro è verde per attirare l’occhio in libreria, e direi fa spiccare ancora meglio i colori della bandiera nazista che sono ‘vestiti’ dai tre assassini.
    Questa combinazione di colori è stata usata anche da Giacomo Nanni per il libro ‘Storia di uno che andò in cerca della paura’.
    Vi copio il commento che un autore di fumetto molto bravo, Ausonia, lasciò proprio parlando di quei colori:
    “in occidente:
    il bianco è il colore della purezza.
    il rosso è il colore della passione.
    il nero è il colore della morte.
    non è un caso che i dittatori abbiano sempre usato questi tre colori nella rappresentazione grafico-simbolica dei loro regimi.
    si pensi ai manifesti propagandistici dell’unione sovietica, alla bandiera nazista, ecc…
    i crociati erano vestiti di bianco con croci rosse e cotta di maglia e elmi bruniti.
    hitler usava questi tre colori per veicolare il seguente messaggio: i tedeschi sono disposti a MORIRE pur di difendere la PUREZZA della loro PASSIONE (intesa come passione politica verso gli ideali del nazional socialismo).
    la pubblicità ha sempre usato questa combinazione cromatica proprio perché è la combinazione cromatica del potere autoritario. E quindi colori che attirano l’attenzione delle persone più di altri.”
    Ora, penso che la reazione di ripugnanza verso la copertina sia una buona cosa, nel senso che il disegno è andato a toccare qualcosa, e questo mostra, in generale, la vitalità del medium disegno in questo momento.

  9. @ Lumpen lo storpianomi.
    E’ un bene se ti fa incazzare, se n’è vista anche troppa in questi tempi di arte che non dà fastidio a nessuno.

  10. e.c. “che sono ‘vestiti’ dai tre assassini.” = di cui sono vestiti i tre assassini

  11. FM, quello che vedi è uno dei linguaggi più potenti che abbiamo oggi a disposizione. E’ sicuramente arte.
    Puoi considerarlo l’altra faccia del cinema di animazione.

  12. Sono d’accordo sul fatto che il fumetto sia arte, però sono anche stufa di vedere sempre più spesso un linguaggio visivo così potente che non lascia molto spazio alla differenza e cade in categorie stereotipate, vedi le vittime ovviamente nude della tavola in questione, sembrano quasi messe lì ad aspettare la loro sorte secondo un gioco erotico perverso. Che palle! Il fumetto può fare molto di più.

  13. Non so che dire di questo …fumetto. Ho dato un’occhiata alle tre tavole, anche se la sola vista della copertina, come a Loredana, mi ripugna.
    Purezza e passione c’entrano ben poco con uno stupro. Ci entra la morte anche se una vittima di stupro non sempre muore fisicamente.
    Posso dirlo per aver subito uno stupro orale qualche anno fa. Il fatto che io non sia stata penetrata dal mio “carneficie” non mi mette sullo stesso piano di quelle povere ragazze, ma è un fatto che in qualsiasi modo un uomo usi il suo corpo per togliere la libertà a qualcun altro di dire no, è criminale.
    È arte questa?
    Non credo proprio.
    Viviamo in “un’intera cultura che allo stupro occhieggia.” per citare dal post, in cui gli stupratori vengono assolti e il presidente si permette di fare battutine su uno stupro. E in cui ci sono imbecilli a cui piace emulare ciò che vedono in giro, tv, fumetti o cronaca che sia.

  14. Ho scritto a beccogiallo in modo che magari sia il disegnatore Ambu a spiegare la sua scelta espressiva.
    Volevo solo aggiungere che ‘purezza’ ‘passione’ e ‘morte’ sono la spiegazione data da Ausonia alla simbologia dei colori nazisti, non sono una simbologia dello stupro. A me pare quasi che si voglia equivocare a tutti i costi.
    I tre assassini erano neofasciti, la simbologia appartiene al loro mondo politico. Essendo un richiamo alla dittatura, quindi a una cultura di prevaricazione e arbitrio, riferiti allo stupro indicano terreni su cui nascono certi comportamenti disumani.

  15. non ci siamo capiti. anzi io interpretato male. non avevo inteso “arte” nel suo significato macro. Cioè il fumetto è un’arte, come lo è il cinema e la letteratura. Cosa vera. Ma nel senso micro, ovvero che il fumetto in questione sia arte che dà fastidio a qualcuno.

  16. Conosco personalmente lo sceneggiatore, ci ho anche lavorato: è un bravo sceneggiatore, e un bravo ragazzo. Che di certo, sentendo le critiche qui sopra, impallidirebbe.
    Forse è solo che non tutte le ciambelle riescono col buco.
    Anche il fumetto, devo dire, non pare all’altezza della sua produzione.
    Tuttavia devo anche dire che le premesse stesse della collana in cui è inserito questo libro mi paiono discutibili. Tutti quelli che ho letto cadono in un finale afasico, non lasciano niente all’immaginazione, non hanno forza e capacità visionaria. Sono delle illustrazioni, insomma. Artigianato, non certo arte.

  17. Da noi lo sutpro non è considerato tale se a perpetrarlo è “un bravo ragazzo”. Il bravo ragazzo (drogato e bevuto) non stupra: cede agli allettamenti femminili, sa cosa meritano le donne (e le veline nude su Mediaset contribuiscono ad instillare nei maschietti italici l’idea che le donne siano tutte putt….) e poverino è stato vittima di un suo “naturale” istinto.
    E poi, c’è il “perdono”. I genitori che urlano in tv. E tutto il resto. Lo stupro è reato contro la persona (anche se il presidente del MPV Casini si oppose… come mai?) ma la gente non lo percepisce così. Lo vede come “furto” di proprietà. Come risposta a presunti allettamenti. Ci sono politici che sembrano voler trasformare lo stupro in complimento alle “belle ragazze” e moralisti che rimpiangono Maria Goretti….

  18. dal canto mio non intendevo dire che questo fumetto è arte (dalla copertina non mi sembra), spero si sia capito…quanto allo stupro, come già sottolinea Loredana, è una delle questioni culturali irrisolte del notro paese, è forse la peggiore o comunque una delle peggiori forme di violenza subite dalle donne ogni giorno, ce ne sono tantissime, continue, radicate nella lingua, nelle battute, negli sguardi (ancora pochi giorni fa una mia amica si lamentava dei colloqui di lavoro che ha fatto, “lei è fidanzata?”, “è sposata? ha intenzione di avere figli?”, che bella professionalità), finchè non si proverà a smuovere la montagna dalle fondamenta (lo so mettendo mano alla scuola per esempio, ai libri di testo, a certa televisione, lo so, per ora non se ne parla) la situazione non camiberà molto.

  19. avevo scritto un commento sul NIE ma non so che fine ha fatto… Cmq provavo a chiedere se questo fumetto rientra nei canoni del NEW ITALIAN EPIC

  20. fantastico vedere disquisire di arte gente che probabilmente di fumetti ne ha letti un paio….Fortunatamente il fumetto non ha bisogno di voi per esser legittimato come mezzo di espressione.
    MA almeno la storia in questione l’avete letta?

  21. La storia in questione non l’ho letta, e mi pare di averlo detto. Quanto alla mia competenza sui fumetti, non rivendico che quella di lettrice accanita dei medesimi. Se poi l’autore del commento è coinvolto nella realizzazione del fumetto in questione, a qualsiasi titolo, sarebbe interessante un suo intervento che vada nel merito, più che l’uscita estemporanea.

  22. Mah… resto basito dai commenti più che dal parere della Lipperini sulla locandina/copertina. Il mio parere è che il 90% della pubblicità, dei talk show, dei reality, delle trasmissioni commerciali sia ripugnante ed erotizzi, mercifichi, denigri il corpo femminile. Non questa copertina. Tuttavia concordo con Andrea Barbieri: il fatto che appaia ripugnante significa che la copertina funziona e trasmette i sentimenti di rabbia e indignazione che nascono dalla lettura di questo fumetto. Alla fine però a ripugnare sono quei “bravi ragazzi” dei Parioli che sotto le maschere celano tutto tranne il reale volto dell’abominio perpetrato. Non c’è niente di “figo” in quei volti. E non c’è niente di “erotizzante” in quelle donne: sfogliate anche solo qualche pagina e vedrete che lo sforzo del disegnatore è stato quello di togliere qualsiasi connotazione erotica alla rappresentazione della vicenda. Anche le scene più crude vengono suggerite prima che mostrate.
    Io l’ho trovato un lavoro importante, soprattutto in un periodo come questo, in cui nell’immaginario collettivo tutti i rumeni sono stupratori e gli italiani brava gente. E un lavoro che denuncia e ricorda come ancora non sia stata fatta luce sulla vicenda e sulla fine di uno dei carnefici.

  23. @Rico
    Se il fumetto riesce a parlare a un pubblico vasto (così vorrebbe, no? Oppure non ho capito nulla ed è necessaria una laurea in semiotica?) è perché lo si può “sentire” anche senza una grossa cultura in materia, credo (anche se immagino che una grossa cultura in materia ne amplifichi l’impatto, come avviene con quasi tutto).
    Forse non lo si potrà “capire” all’interno del suo contesto, ma qui non è in ballo quel tipo di comprensione. Io non sto dicendo: “Questo fumetto è idiota e manca di originalità! Questo fumetto è noioso! Questo fumetto non ha senso!”. Se lo facessi, allora tu potresti in effetti rispondere: “Ma tu non capisci! Tu non sai! Tu non cogli! Tu neanche l’hai letto!”.
    Io dico: “Questa copertina, le tavole disponibili sul sito dell’editore, nonché il progetto in generale mi disgustano, per motivi legati non al medium specifico, ma agli stereotipi sessisti utilizzati, al compiacimento nella dinamica vittima/carnefice, all’esaltazione implicita nella rappresentazione in quanto tale (come notava Zauberei) e soprattutto alla leggerezza (neanche il cinismo, proprio la leggerezza) con cui un’esperienza reale e terribile è stata trasformata in un oggetto di consumo.”

  24. Sinceramente, bisogna essere malati dentro per vedere in quell’immagine una qualunque forma di maschilismo e/o una qualunque forma di erotizzazione della figura femminile. Ci sono tre pezzi di merda (connotati come tali oltre che dal disegno, anche dalle scelte cromatiche) che si rivelano come tali, davanti a due silhouette femminili che si abbracciano e che rappresentano le vittime del massacro del circeo.
    Non mi pare che ci sia nessun motivo per gridare allo scandalo.
    A meno che non si debba per forza cercarlo per avere qualcosa da dire sull’argomento che riempie le pagine di cronaca nera in questi giorni. 🙂
    In secundis, se il fumetto è arte, allora anche questo fumetto lo è. Magari è un brutto fumetto (come esistono brutti quadri), ma è comunque un fumetto che essendo arte come medium, lo è in ogni sua rappresentazione.
    Sulla questione se QUESTO preciso fumetto sia una bella opera, penso sinceramente che, senza averlo letto e avendo come unico riferimento alcune immagini e non l’intera opera, nessuno possa pronunciarsi cum grano salis.

  25. Ciao, mi chiamo claudio e premetto che non sono coinvolto nella realizzazione di questo libro.
    Premetto in egual modo che per BeccoGiallo ho fatto due libri a fumetti e che conosco sia personalmente che per la qualità del suo lavoro lo sceneggiatore del fumetto in questione. Ecco, colgo l’invito ad argomentare, perchè a differenza di alcuni fan di fumetti che hanno commentato prima o altrove nella fitta rete di blog “fumettari”, io ritengo che questo post, che ritengo davvero spropositato, possa essere uno spunto per un confronto che a me sembra necessario. Anzi, la stessa esistenza di un post come questo in un blog come questo ne aumenta l’urgenza.
    Un confronto tra chi “fa i fumetti” e chi “fa i libri”. Nel senso che, nel mio lavoro “vero”, che è fare siti internet, sono tra gli altri il webmaster di Absolute Poetry, sito che Lei conoscerà senz’altro, per cui un post come questo mette insieme quelle che sono due mie passioni… in una collisione frontale che mi sembra gratuita. Ecco, questo lungo preambolo per dire che invece, a differenza di altri, secondo me è importante che ci sia un confronto su questa cosa, che potrebbe servire a sfatare o quantomeno promuovere pensiero su alcuni luoghi comuni che il fumetto si porta appresso, purtroppo anche tra persone, appartenenti in senso lato al “mondo della scrittura”, che pensavo potessero avere pensieri più ragionati sul linguaggio fumetto.
    Dice di leggere fumetti, vorrei se vogliamo continuare questa discussione che non c’è mica obbligo, quali, se posso.
    Perchè da questo post si intuisce solo che il fumetto, a differenza della letteratura, non dovrebbe parlare di realtà come e quanto fanno i libri, questo è purtroppo il messaggio che traspare, soprattutto che potrebbe trasparire all’ipotetica “comunità dei fumetti”.
    Come se qualcuno potesse accusare Gianfranco Bettin di avere lucrato sulle vicende di Pietro Maso o Erika e Omar in Eredi. Ma quello è un libro e allora nessuna indignazione (libro che a me è piaciuto e piace, tra l’altro). Non è forse un “oggetto di consumo” pure quello?
    Invece due autori di fumetti e una casa editrice che si sognano di fare un libro sul Massacro del Circeo sono automaticamente etichettati come persone di cattivo gusto, per essere teneri rispetto a quello che vedo scritto qui.
    Uno: le assicuro che per fare un fumetto, soprattutto realizzato da due autori, ci vuole molto tempo, ergo il fatto che il libro esca adesso non è assolutamente, e non sarebbe potuto esserlo, correlato ai tristi fatti di cronaca di questi giorni.
    Due: neanche io lo ho letto, e questa cosa che chiunque ne parli qui non lo abbia fatto è già un pessimo indizio di cosa deve fare ancora il fumetto per fare cambiare certi pregiudizi nella mente dei lettori (solo alcuni, spero).
    Però appunto, conosco l’autore dei testi, Leonardo Valenti, che oltre che scrittore di fumetti (il suo libro precedente, per la stessa collana, è “La banda della magliana”) è uno sceneggiatore televisivo di indubbia qualità, che è stato tra quelli che ci hanno regalato quel gioiello di produzione che è Romanzo Criminale, la serie in onda su Sky fino ad un paio di settimane fa. Ecco, pur non avendo letto il libro, mi sento di dire che pensare automaticamente che questo fumetto possa essere un ipotetico altare rispetto agli esecutori dei delitti di cui tratta… è sbagliato, ingiusto, e fa trasparire, magari (spero) per sbaglio un’idea di fumetto deteriore.
    Come La Banda della Magliana racconta la storia di qui pazzi che si son sognati di conquistare Roma venendone invece conquistati e fatti a pezzi, sono sicuro che anche Il Massacro del Circeo sarà tutt’altro che incensorio dei tre soggetti in questione e che chi leggerà tutto proverà tranne che morbosa soddisfazione nel leggere il resoconto dei fatti.
    Ecco, mi chiedo. E’ un pregiudizio nel confronto del fumetto? Oppure, qual’è la ragione di questo accanimento alla cieca nei confronti di un libro (l’oggetto, merceologicamente, si chiama così) che non si è letto? Davvero è giusto giudicare i libri dalla copertina?
    I miei due cents alla discussione,
    saluti,
    c.

  26. Come già detto, avendolo letto: non mi pare arte.
    E non sono affatto convinto che “se il fumetto è arte, allora anche questo fumetto lo è”.
    A meno che non sia arte anche “Natale a Rio”, per dire.

  27. @Donata:
    “Se il fumetto riesce a parlare a un pubblico vasto (così vorrebbe, no? Oppure non ho capito nulla ed è necessaria una laurea in semiotica?) è perché lo si può “sentire” anche senza una grossa cultura in materia, credo (anche se immagino che una grossa cultura in materia ne amplifichi l’impatto, come avviene con quasi tutto).”
    Sì e no.
    Nel senso che dipende che fumetto stai leggendo e di quale autore stiamo parlando.
    Trovo comunque paradossale che tu parli di “stereotipi sessisti utilizzati, al compiacimento nella dinamica vittima/carnefice, all’esaltazione implicita nella rappresentazione in quanto tale (come notava Zauberei) e soprattutto alla leggerezza (neanche il cinismo, proprio la leggerezza) con cui un’esperienza reale e terribile è stata trasformata in un oggetto di consumo”, avendo solo guardato la preview di 2-3 tavole di un volume ben piu’ corposo.
    Esprimi quindi un pregiudizio e condanni un lavoro sulla base di esso.
    Sarebbe invece opportuno leggere prima l’opera, e poi stroncarla, se e’ il caso.
    Altrimenti qui si ragiona senza cognizione di causa.

  28. Salve a tutti, ciao Loredana,
    partecipo anche io alla interessante discussione. Sono un osservatore imparziale ma coinvolto: mi occupo di fumetti e però non ho nulla a che fare con Beccogiallo (anzi ne sarei «concorrente», visto che lavoro con l’editore Tunué, che pure fumetti fra le altre cose pubblica).
    Ci sono fumetti (e, beninteso, romanzi, film, videogiochi) che trattano il tema della pedofilia, quello dell’eros puberale, quello dell’eros intergenerazionale, quello dello stupro e della violenza fisica e/o psicologica dei maschi sulle femmine (siano esse bambine, ragazze o donne).
    In tal senso, ci sono fumetti (1) che raccontano queste storie con ottima grafica e contenuti narrativi/tematici di livello inferiore o moralmente opinabile; ci sono fumetti che al contrario (2) tratteggiano storie di grande vigore tematico, con messaggi per lo più condivisibili dai lettori, ma con soluzioni grafiche in vario modo opinabili; e ci sono (3) fumetti superlativi per grafica e soluzioni narratologiche, siano esse provocatorie o meno.
    Alla prima famiglia – adduco qui una manciata di esempi fra i mille possibili – appartengono alcuni racconti della produzione italiana pubblicati su riviste di fumetto erotico e porno d’autore, come ad esempio «Selen» (che ha terminato la sua parabola editoriale anni fa), le quali mettevano in scena a volte storie o illustrazioni scabrose su temi invero «borderline», per esempio i primi pruriti di una bambina a un passo dalla pubertà, oppure le classiche storie brevi di Magnus ambientate nei collegi femminili, con il docente depravato che addormenta delle adolescenti col sonnifero e poi ne abusa.
    Alla seconda famiglia appartiene ad esempio «Il massacro del Circeo», un’opera che cerca di mediare tra racconto e documentario; può piacere o non piacere – il livello dei disegni e dello story-telling non è eccelso ma i suoi autori hanno lavorato con onestà – e tuttavia bisogna constatare che l’opera si inscrive in una mission editoriale, quella di Beccogiallo, votata da anni alla divulgazione di episodi di cronaca e storia recente importanti per l’Italia e alla sensibilizzazione su certi temi.
    Alla terza famiglia appartengono per esempio opere di straordinario spessore letterario e illustrativo come «Lost Girls» di Alan Moore e Melinda Gebbie, in cui il grande autore inglese folleggia, coadiuvato da una bravissima illustratrice, raccontando le immaginarie avventure erotiche di tre eroine bambine della letteratura inglese classica moderna (Alice, Dorothy e Wendy), in sostanza professionalizzando e rendendo pienamente artistico quello che è da decenni un sottogenere del fanfiction internazionale, l’eroticizzazione di personaggi letterari «ufficiali» in storie parallele e apocrife.
    Tutto ciò – e badate, sono stato sintetico, vi faccio la grazia! – per dire che la disquisizione sul fumetto come arte o sul caso di «Il massacro del Circeo» come fumetto di livello artistico o meno non penso possa essere condotta in modo proficuo, dato che ciascuno dei partecipanti a una discussione del genere ha l’idea di arte che più gli conviene; inoltre non c’è bisogno che «Il massacro del Circeo» sia ritenuto un fumetto fantastico per riconoscerne l’utilità comunicativa (per chi abbia la volontà di leggerne il contenuto).
    Quanto alla copertina, sono d’accordo con Loredana che ci sia un qualche elemento perturbante o disturbante e che a un primo sguardo l’operazione in sé possa dare l’impressione di speculare su un fatto tragico. Tuttavia, se di ripugnanza si può parlare, io la intendo nel senso più autentico del compito sociale dell’arte (arte alta, arte popolare, artigianato, come volete voi) quale fattore di provocazione delle coscienze. «Il massacro del Circeo» mette in scena una pagina mortificante della giustizia e della società italiane e rema in favore delle donne e della certezza della pena.
    Il fatto che le due silhouette acerbe in copertina/locandina risultino offensive a qualcheduno, è fisiologico e non ho né l’intenzione né il diritto di provare a far loro cambiare idea. Io stesso le giudico ambigue e poco azzeccate, se il mio parere interessa a qualcuno. Però non vi trovo nulla di morboso, visto che si tratta chiaramente di vittime di criminali.
    Cari saluti a tutti
    Marco Pellitteri

  29. Dico una cosa breve per chiarire.
    Loredana Lipperini non ha giudicato il libro dalla copertina. Ha soltanto scritto oggettivamente quella che è stata la sua reazione nel vedere la copertina: “mi ripugna”.
    A dire la verità quello che ha scritto non è nemmeno un giudizio di valore sulla copertina.
    Ora a me pare che la copertina effettivamente sia molto dura. E trovo – questo è un giudizio di valore – che questa durezza sia una buona cosa, sia un buon pensiero su quello che è accaduto.

  30. Vorrei rispondere a Claudio, perchè in effetti affronta una tematica importante (a parte la frase infelice “Dice di leggere fumetti”: se avesse dato un’occhiatina agli archivi del blog, magari saprebbe che il medesimo viene semmai accusato spesso di occuparsi troppo di altre forme di narrazione rispetto alla letteratura. Ma pazienza).
    La risposta, ahimè sintetica, non può essere che “dipende”. Dipende come si racconta il fatto di cronaca e come si racconta la storia. Darò un giudizio sul fumetto quando l’avrò letto. In questo caso, non posso che giudicare la copertina. E onestamente la definizione che ha dato Marco delle figure femminili (ambigue e poco azzeccate) è generosa. Gusti, d’accordo. Ma mi sembra che le donne che hanno commentato qui, e anche alcuni uomini, abbiano avuto la stessa sensazione.

  31. Mah…
    Io trovo molto più ripugnante la copertina di ANCORA DALLA PARTE DELLE BAMBINE.

  32. Libero di farlo, di dirlo, di scriverlo. Anche quando lasciare un commento di questo genere denota astio personale e non giudizio obiettivo. Hasta luego.

  33. Lipperini, ma due basi due di percezione visiva?
    Per essere un’accanita lettrice del mezzo, mostra notevoli carenze nella simbologia.
    E’ evidente come nella cover i tre assassini, fatti di sangue dalla cintola in giù, torreggino sopra le due ragazze, nude per sottointendere il crimine sessuale e il loro essere indifese.
    Le facce degli assassini sono ritratte con un espressione da “bravi” ragazzi”, mentre stringono in mano maschere ambigue e vuote. Queste simboleggiano il vuoto della loro coscienza, mentre i loro visi sono le vere maschere.
    Inquietante, sottile e ben progettata.
    Continui pure a guardare il dito, Lipperini. Non si accorge che le sta indicando, nel cielo, una grande e luminosa palla bianca che si chiama Luna…
    Fab

  34. Vorrei ricordare a tutti gli indignati del post che i fumetti non sono affatto roba da bambini e che solitamente raccontano fatti drammatici e disumani(un esempio su tutti, Maus, sull’olocausto). Forse se magari si tentasse di non considerare il fumetto come roba per bambini, non ci sarebbe nulla per cui indignarsi o rabbrividire. Poi sinceramente ci sarebbe da rabbrividire perchè ciò che è raccontato in quelle pagine(le tavole non mi hanno poi fatto così rabbrividire, del resto non mi aspettavo Fratel Coniglietto che saltella allegro e ridente per il bosco) è successo davvero. Questo moralismo mi ricorda tanto l’indignazione di questi giorni dei nostri politici per i gruppi pro-stupro su facebook, mentre il problema vero è quello della violenza reale sulle donne e le categorie più deboli.

  35. non sono coinvolto nella realizzazione del fumetto. MA sono un lettore accanito di fumetti, di libri, di articoli scientifici, di istruzioni di medicine eccecc. E mi piaceva dare i miei due cent da appassionato che spesso sente descrivere i fumetti in modo piuttosto aberrante, da gente che magari perche’ ha letto un GN di MAnara o Pratt (non mi riferisco a messaggi particolari di questo thread) ritiene di sapere come funziona il medium, e cosa puo’ raccontare , cosa no e soprattutto COME lo puo’ raccontare.
    Leggendo alcuni commenti mi pare quasi di percepire quel certo non so che di snob nei confronti del fumetto :il fumetto è tale (arte) se si eleva rispetto alle pochezze, se è pedagogicamente importante,se se è “engagè”, se è politicamente corretto eccecc….
    Magari mi sbaglio.
    Comunque è vero, il fumetto puo’ essere queste cose, esattamente come OGNI medium : dal libro al videogioco al film…. MA soprattuto è un mezzo per raccontare storie legittimato da se stesso (e non dalla parentela con altri medium: “bello sto fumetto, sembra un libro” “bello sto fumetto, è cosi’ dinamico che sembra un film ecc”) e dalla sua capacità di operare sintesi tra immagini e parole.
    Qua si è partiti dall’analisi di un (fortunatamente) disturbante poster (si parla del massacro del Circeo, non di una favola disney) per arrivare all’idea che tale immagine “occhieggi” allo stupro, quando una analisi un po’ piu’ attenta della illustrazione avrebbe rivelato tutt’altro (come ben argomentato da Andrea Barbieri): quelle donne non sono nude perche’ il nudo attira, sono nude perche’ sono VITTIME e atrocemente alla loro merce’ (almeno questa è la mia lettura). MA davvero i tre gronndanti sangue sono percepiti come eroi? Allora anche Hannibal lecter (tanto per saltare a un altro medium) è un eroe?
    Parlare in questo modo di una illustrazione del genere è un po’ come guardare la punta del dito, perdendo di vista il bersaglio grosso, come detto anche da Fabrizio. Si puo’ fare, ma si perde parecchio. Invito alla lettura del volume e vi do la buonanotte

  36. Togliendo le due ragazze abbracciate, si ottiene una copertina della Madonna.
    Le due ragazze sembrano uscite da un fumetto di Manara.

  37. Sentite una cosa. Se mi state dicendo che questo fumetto può essere paragonato a Spiegelman, Alan Moore, Joe Sacco, Satrapi ecc. ecc. (per non parlare di moltissimi mangaka da cui i nostri eroi avrebbero due o tre cosette da imparare), non sono io che indico il dito.
    Non facciamo finta di non capirci. Non rendiamo torbide le acque facendo i difensori di un mezzo che qui si è sempre difeso. E non sto parlando di Pratt e dei fumetti considerati colti. Sto parlando di Moore (Alan, ma anche Terry di Strangers in Paradise). Sto parlando, per restare in Italia, di Giuseppe Camuncoli e Michele Petrucci che hanno disegnato Il vangelo del Coyote di Gianluca Morozzi.
    Per essere più chiari.
    Non sto parlando del fumetto in generale come state cercando di dire voi. Sto parlando di QUESTO fumetto. Di questa copertina, anzi.
    Il vostro discorso, amici becchigialli dell’ultima ora, non sta in piedi: seguendolo, non si potrebbe più recensire negativamente un brutto libro perchè in questo modo si offende la letteratura tutta.
    Sia consentito alla vostra eccetera, infine, un cordialissimo vaffanculo al caro Albo. Che viene a parlare de “il fumetto non è roba da bambini” in un blog che si è battuto per questo almeno da quattro anni. E sentenzia sullo stupro senza aver letto mezza riga di quanto, su queste pagine, si discute da anni. Se il vostro pensiero è stato “andiamo sul blog della giornalista con la puzza sotto al naso a dimostrare quanto siamo vivi, vitali, nuovi noi del fumetto”, non avete capito niente.
    Qui si parla di una copertina che a me, e a non pochi altri, disgusta. Come mi avrebbe disgustato una pagina di romanzo dove lo stesso argomento viene trattato in modo, sì, come dice Pellitteri, ambiguo.
    Tra l’altro, Se non ricordo male Donatella Colasanti, una delle due vittime, prima di morire (qualche anno fa) aveva dichiarato di non voler più essere citata e ricordata in relazione a quella vicenda. Tanto per.

  38. Premetto che non ho letto il fumetto e anch’io giudico dalla copertina.
    Probabilmente l’intenzione del disegnatore era trasmettere l’idea di due ragazze prostrate e totalmente in pugno ai tre. Nude perché non hanno più nulla che le protegga dalla violenza. Abbracciate per farsi coraggio.
    Nel disegno diventano un po’ troppo sexy.
    Forse sarebbe meglio parlare di disegno che non riesce a trasmettere in pieno le intenzioni dell’autore.
    Guardando le cose da questo punto di vista certi commenti cadono.

  39. L’arroganza di arrivare a giudicare due autori da una copertina è inarrivabile.
    Seguendo il discorso fatto da quelli che vengono definiti “amici becchigialli” non si potrebbe più arrivare a recensire un libro che non si è ancora letto.
    Qui si parla di una copertina? Benissimo. In merito, ribadisco quanto affermato da altri circa la simbologia e le scelte cromatiche. L’ambiguità mi pare essere frutto di una vostra interpretazione arbitraria.

  40. seguo questo blog da un po’ di tempo, senza partecipare alle discussioni.
    Non sono legato a Beccogiallo in alcun modo.
    Anzitutto la critica mia era solo a un certo tipo di intendere il fumetto scaturito dalla discussione: non al post originale. Fatto sta che siamo passati dall’analisi dell poster ,a affermazioni tipo “il fumetto puo’ far meglio” oppure “ora saran contenti i tre, che son pure protagonisti di un fumetto” (come se il fumetto sia portatore sempre di istanze positive, e che i protagoonisti siano sempre eroi).
    Capisco il disturbo: m i pare che la tavola abbia fatto egregiamente il suo lavoro. Troppe sovrastrutture e troppa analisi? Chiudo qua e saluto tutti, ringraziando la titolare della possibilita’ di discussione
    A presto

  41. Salve, ciao ancora Loredana,
    vorrei aggiungere qualche elemento alla discussione. Ci sarebbero molti cerchi da chiudere, per esempio il discorso sull’arte e sull’artisticità del fumetto in generale e dei fumetti particolari. Il fumetto in generale è una forma d’arte; il problema in questa affermazione sta nel fatto che l’estensione semantica del termine arte varia molto fra le persone; l’arte non ha una definizione univoca e si presenta come un concetto-termine anche più problematico del termine cultura. Di qui le molte sfumature e distinzioni – anche marcate – tra arte alta e popolare, tra arte e artigianato, tra atto artistico dell’autore e prodotto in serie per il mercato ecc. Quindi mi permetto di dare forfait su questo tema e lasciare a Loredana il compito, se lo vorrà, di consigliare qualche lettura sulla teoria dell’arte – quantomeno nel postmoderno, che è quel che ci interessa.
    L’elemento che vorrei concretamente aggiungere sul discorso specifico della copertina di cui in oggetto è tecnico-comunicativo e riguarda gli errori oggettivi commessi da chi ha progettato e disegnato la copertina. Innanzitutto segnalo che l’elemento perturbante delle due ragazze nude, sorta di fatine prive di volto e identità, non sta a mio avviso tanto nel fatto che siano nude o che siano abbracciate ma che siano prive di volto, di connotati personali riconoscibili (sono anonime) e che siano abbracciate in una composizione che, volente o nolente, ricorda a un lettore anche non particolarmente malizioso lo sfruttamento merceologico del nudo femminile nei calendari che presentano due figure di starlette appaiate (due veline, due letterine ecc.) in atteggiamenti saffici soft.
    Inutile dire che non era questo l’intento voluto dagli autori: io ci credo, sono convinto oltre ogni ragionevole dubbio della buona fede degli autori; e sono fermamente convinto che anche Loredana e la maggior parte dei frequentatori di questo blog lo siano. Il punto non è nella buona fede, però, ma nella competenza e consapevolezza comunicativa degli autori (e dell’editore) nel gestire le valenze simboliche dei contenuti di una immagine.
    L’altro elemento sbagliato dal punto di vista comunicativo-simbolico è nel mancato contrasto tra i volti dei carnefici e le loro maschere. A maschere sorridenti avrebbero dovuto contrapporsi volti seri, non visi altrettanto sorridenti, benché con un’espressione sordida. Nella comunicazione grafica (nella comunicazione pubblicitaria, in quella propagandistica, e anche nella comunicazione sociale tout court) si procede per contrasti netti per far passare un messaggio chiaro e privo di ambiguità. In questo caso, che l’ambiguità della composizione generale sia desiderata o involontaria, l’errore rimane, vista la delicatezza della vicenda che ipso facto non ammette posizioni di mezzo ma, per questioni ovvie di morale e di giustizia, la totale condanna del gesto dei mostri. Se quella dell’immagine è una ambiguità involontaria, denuncia nella specifica occasione una scarsa riflessività ed esperienza editoriale e comunicativa; se è desiderata, svela malizia e cattivo gusto, come minimo.
    Poiché è praticamente certo in questo caso che si tratti di maldestrezza involontaria da parte degli autori della copertina – anche perché è chiaro a tutti che la mission editoriale e culturale di Beccogiallo e dei suoi autori è da anni quella della divulgazione a fini civili e sociali di fatti cruciali della storia italiana recente, al fine di scuotere le coscienze e informare chi si è dimenticato o non è mai venuto a conoscenza di certi fatti – ne risulta che il discorso più produttivo da fare è nei confronti della direzione editoriale di Beccogiallo. Cioè un fumetto documentaristico di questo tipo, volto a riportare dei fatti realmente accaduti in una forma «alternativa» e facilmente approcciabile da vari tipi di pubblico (ovviamente non da tutti), deve comunicare sé stesso sulla base di un calcolo comunicativo che non sia affidato solo a un disegnatore di fumetti ma anche a un esperto di comunicazione, in grado di valutare le componenti simboliche in gioco e di adottare criteri quali il rispetto per le vittime e la distanza dai carnefici, una scelta cromatica priva di ambiguità simboliche, una gerarchia fra gli elementi visuali in grado di suggerire senza dubbi nell’osservatore la posizione implicita dell’editore e degli autori rispetto alla vicenda.
    Non tutti fra questi elementi sono stati rispettati nella composizione grafica della copertina ed è da qui che ritengo sia nato il problema.
    Non ne farei però un dramma, dal momento che, partendo ancora dall’assunto della buona fede di autori ed editore, si può solo suggerire amichevolmente di fare più attenzione la prossima volta, dato che personalmente vorrei che pubblicazioni del genere fossero più numerose e avessero tanto successo fra i non lettori abituali di fumetti.
    Marco Pellitteri

  42. Scusa, ma se Loredana avesse giudicato i due autori dalla copertina come dici, perché avrebbe segnalato il libro?
    Se lo ha fatto vorrà dire che ritiene che sia un libro importante, nonostante abbia quel groppo nel guardare la copertina.
    Ora il groppo secondo me non viene a qualcuno, o a molti, viene proprio a tutti. Il disegno per come è, disturba. E qui ritorno al mio primo messaggio: disturba perché si vedono le cose dal punto di vista degli assassini. I corpi delle vittime disegnati in quel modo sono evidentemente i corpi percepiti dai carnefici. Noi ci aspetteremmo il punto di vista opposto: una simbologia che restituisca dignità alle vittime. Invece qui, fin dal primo impatto, è come se si togliesse definitivamente la speranza di quella dignità.
    Questo secondo me dice la copertina, che i carnefici erano forti, fortissimi.
    Ed è vero, le vicende processuali lo hanno dimostrato.

  43. “Premetto che non ho letto il fumetto e anch’io giudico dalla copertina.
    Probabilmente l’intenzione del disegnatore era trasmettere l’idea di due ragazze prostrate e totalmente in pugno ai tre. Nude perché non hanno più nulla che le protegga dalla violenza. Abbracciate per farsi coraggio.
    Nel disegno diventano un po’ troppo sexy.
    Forse sarebbe meglio parlare di disegno che non riesce a trasmettere in pieno le intenzioni dell’autore.
    Guardando le cose da questo punto di vista certi commenti cadono.”
    Ci aggiungo un bel grosso FORSE a “nel disegno diventano un po’ troppo sexy”.
    E aggiungo anche che prima di sparare colpi di bazooka sarebbe meglio fermarsi due secondi a ragionare delle cose di cui si parla.

  44. Rimango sempre stupefatto di come non si voglia giudicare dalla copertina ma che tuttavia lo si faccia comunque.
    In ogni caso, avere le proprie opinioni è segno di una sana attivita cerebrale, verificarle e argomentarle prima di criticare dimostra intelligenza e perizia. Qui credo di trovare solo la sana attività cerebrale.
    Restando sulla copertina le impressioni sono di natura soggettive mentre le critiche dovrebbero essere sempre oggettive.
    Permane comunque il dispiacere per chi non riesce a costruire un’analisi oggettiva partendo da uno stimolo soggettivo.
    Porgo in ogni modo i miei migliori saluti.

  45. Mi spiace, ma nemmeno io sono d’accordo col giudizio della Lipperini. Attaccandomi all’interpretazione di Fabrizio, mi sembra che il senso di questo disegno sia tutt’altro, rispetto alla lettura negativa che ne è stata fatta.
    Le due figure femminili sono piccole, bianco-candido, palesemente indifese. Dov’è il maschilismo, in questo? nell’averle rappresentate nude e con dei corpi gradevoli? Sinceramente mi sembra poco. Non mi sembra un’immagine offensiva, non mi sembra ammiccante. Credo che il contesto sia molto chiaro. Dov’è il non rispetto delle vittime? Nell’aver cavato fuori una storia da tutto questo? Scusatemi, è probabilmente una questione di sensibilità personale, ma io non capisco. E non voglio trinciare giudizi in naticipo, perchè ho una certa fiducia nell’intelligenza delle persone coinvolte in questa discussione. Voglio davvero, solo, capire. Io in questa copertina leggo sinceramente una precisa presa di posizione sulle vicende raccontate: completamente negativa e di condanna ai tre “bravi ragazzi” dietro le maschere. Certo, presa di posizione ben poco ambigua, molto netta. Ma non mi sembra un male, in questo caso.

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