ANTICIPAZIONE: AVOLEDO RECENSISCE…

…un’attrice. L’idea è di quelli di Giudizio Universale, i quali, per il numero in edicola oggi, hanno chiesto a dieci scrittori di recensire altrettante signore e signorine del grande schermo. Tullio Avoledo ha scelto Charlize Theron, e la vostra eccetera, grazie ai giudicanti medesimi, vi porge qui il risultato.

“Mentre vi parlo, le campane di tutta la città suonano a festa, per la prima volta in sei anni. Suonano e sirene degli allarmi antiaerei, ma questa volta non annunciano micidiali ordigni in arrivo dalla Siberia o dalle profondità dell’oceano. Suonano le sirene delle navi all’ormeggio sul Tamigi. Suonano a festa. La guerra è finita. Le ultime Vergeltungswaffen del Quarto Reich giacciono in fondo all’Artico, o arrugginiscono nella steppa, nere e distorte per la vampa del napalm. Himmler si è ucciso in un bunker

di Vladivostok. Radio Russia Libera ha dato la notizia alle due di ieri notte. La guerra è finita. Ricorderemo a lungo questo giorno di giugno. Londra è un ammasso di rovine, ma fra le macerie spuntano i fiori. E il fiore più bello di questa estate del 1948 è la donna che ci guarda da mille manifesti, la donna il cui sorriso ci ha guidato attraverso i lunghi anni di guerra. E’ a lei che tutti dovremmo dedicare questo giorno, questa vittoria. Ricordo il mio stupore la prima volta che la vidi, in un cinema fumoso di Southwark. Entrai nello stanzone buio, alzai gli occhi allo schermo ed era lì.

Aveva i capelli corti in quel film, Astronaut’s Wife, un taglio avveniristico, strano. Ricordo il silenzio

del cinema. Il modo in cui tutti, uomini e donne, sembravano presi da un incantesimo, mentre la donna bionda sullo schermo li seduceva, e per ognuno di quegli spettatori era al tempo stesso madre, e figlia, e amante. Vedendola mi vennero in mente le pagine dell’Iliade, le dee che sovrastavano gli umani, guidandoli alla vittoria o alla perdizione.

Charlize Theron entrò nelle nostre vite come una dea, e al tempo stesso come il simbolo dell’umana fragilità. L’uomo del futuro (o dovrei dire di un futuro?), lo sconosciuto che ci fece dono di Charlize doveva essere un genio. La cassa che apparve a mezzogiorno esatto del 7 agosto 1942 nel centro di Trafalgar Square proveniva decisamente da un altro tempo: il materiale morbido ma al tempo stesso indistruttibile di cui è fatta rimane tuttora un mistero per i nostri scienziati.

Avrebbe potuto contenere di tutto, quella cassa: un’arma avveniristica, un libro di storia che

avrebbe fatto giustizia di tutte le nostre sofferenze e le nostre paure.

Invece conteneva solo dei film. Venti film e un biglietto. I film erano adatti ai nostri proiettori,

ma la loro qualità era infinitamente superiore a quella delle pellicole dei nostri tempi. Quando vennero

proiettati per la prima volta alla presenza del Primo Ministro Attlee, lo stupore fu enorme. Avevano

titoli strani: Head in The Clouds, Cider House Rules, Curse of Jade Scorpion, Aeon Flux, The Ice at

the Bottom of the World…

Da allora, da quella prima proiezione nei sotterranei del Ministero dell’Informazione, i film sono stati riprodotti in centinaia di copie, visti e amati da milioni di persone. E la donna che li interpretava è diventata un mito. Charlize Theron era l’unico elemento comune a quelle pellicole. Gli esperti di cinema dedussero un mondo intero, da quei venti film.

Ricostruirono anche la probabile carriera dell’attrice, dall’esordio in Two days in the valley a quello

che stando all’anno scritto in numeri romani in fondo alla pellicola era un film del 2008, Until I Find You, una bizzarra storia di amore e tatuaggi tratta dal romanzo di un tale John Irving, un americano

che oggi dovrebbe avere sei anni…

Charlize era di una bellezza ultraterrena, non c’è altro modo di definirla. Entrò nelle nostre vite con la forza d’impatto di un asteroide deviato dalla sua rotta. Cambiò la storia del mondo. O meglio, la cambiò il biglietto contenuto nella Scatola del Tempo. Diceva che Charlize era nata… sarebbe nata… a Benoni, in Sudafrica, il 7 agosto 1975, da genitori di origine tedesca e francese.

1975. Incredibile, a pensarci: in Sudafrica… Nel nostro mondo l’Africa era già allora un continente deserto, devastato dalle epidemie create in laboratorio dai nazisti: Ebola 1 e 2, Marburg, Tannhauser… Il Sudafrica è silenzioso come la luna. Niente Charlize, nel nostro mondo. La magia dei suoi occhi spenta per sempre, prima ancora di nascere, dalla follia razzista del Terzo, e poi del Quarto Reich…

E’ strano, il mondo futuro che conosciamo da quelle venti pellicole.

Non sappiamo neppure fino a che punto le loro immagini rappresentino la realtà, o siano solo fantasia. Ma la bellezza di Charlize attraversa quel mondo, reale o immaginario che sia, e ne nobilita anche le stranezze, le assurdità. Un giorno quel mondo sarà nostro, o perlomeno un mondo che gli assomiglia. Lei non ci sarà, ma rimarrà nei nostri cuori. La sua immagine ha difeso la nostra causa sui manifesti dell’Esercito e della Marina, è stata portata dai nostri ragazzi in ogni angolo del globo. E’ diventata il simbolo di ciò per cui lottiamo. Ricordiamo tutti il giorno in cui un Clement Attlee diverso da quello che conoscevamo pronunciò il suo discorso sul sudore, le lacrime e il sangue che ci sarebbero voluti per vincere la guerra. Fu il giorno dopo il bombardamento nucleare di New York, il giorno dopo la distruzione delle due torri, l’Empire State Building e il Chrysler Building.

E sei giorni dopo l’arrivo della Scatola del Tempo. Mi chiedo se dietro le parole del nostro Primo Ministro, dietro il suo ritrovato coraggio non ci fosse il sorriso solare di Charlize. Oggi le sirene che sentite suonano per lei. Per il nostro futuro senza di lei, ma in cui lei vivrà per sempre.

Aprite le finestre! Sentite le sirene. Sentitele… Qui Eric Blair, BBC Radio News, da Londra, sei giugno 1948, Victory Day”.

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