BARICCHEIDE RELOADED

Ci sono ancora due interventi da segnalare in coda
alla Bariccheide (tre, veramente: ieri Al top libri ha dedicato una
puntata al caso. La sottoscritta è stata interpellata –telefonicamente, causa
impresentabilità del braccio destro- ma non ho mai saputo cosa ha risposto
Gabriele Pedullà alle mie considerazioni sulla critica perché è caduta la
linea). Su Il primo amore c’è un’analisi durissima di Tiziano Scarpa che
da Baricco arriva a Pierangelo Buttafuoco. Su Repubblica c’è una riflessione di
Antonio Moresco. Eccola:

Non capita tutti i giorni che uno scrittore di largo
successo scriva un articolo come quello di Baricco. Non era tenuto a farlo, se
ne poteva stare blindato dentro le sue certezze commerciali e le sue
soddisfazioni economiche e tirare diritto. Chi se ne frega di non essere amati
da quattro letterati quando lo sei da milioni di lettori in tutto il mondo! Invece
è uscito allo scoperto, ha messo a nudo la sua fragilità, si è preso dei
rischi. Quando succede questo, quando neppure uno scrittore come Baricco riesce
più a stare a un simile gioco, vuol dire che la crepa si sta allargando.
Baricco e io abbiamo storie personali ed editoriali completamente diverse. Lui
è l´emblema dello scrittore baciato dal successo, io di quello che ha avuto la
vita dura. Lui guadagna un sacco di quattrini con i suoi libri, io quasi nulla.
Lui è lo scrittore facile, io quello «difficile», ecc. Proprio per questo,
proprio perché siamo scrittori tanto diversi e addirittura agli antipodi, mi
sento libero di comprendere e di rispettare anche le sue ragioni.
E´ successo che il bersaglio non è rimasto fermo, si è mosso. Non ci sta più a
essere liquidato con quattro battute. Anche se scrive: «Per quello che ne
capisco, i miei libri saranno presto dimenticati, e andrà già bene se rimarrà
qualche memoria di loro per i film che ci avranno girato su. Così va il mondo.
E comunque, lo so, i grandi scrittori, oggi, sono altri». Parole scritte dallo
scrittore che passa per il più narcisistico e supponente che ci sia in
circolazione. Quanti altri scrittori, anche di minore successo commerciale di
lui, avrebbero il coraggio di scrivere una cosa simile?
La storia di Baricco è singolare. Esaltato in un primo momento da influenti
critici e operatori culturali, vincitore di premi prestigiosi come il
Viareggio, era l´enfant prodige delle nostre lettere. Poi, a poco a poco, è
diventato l´esempio negativo. Alcuni dei padrini di un tempo gli hanno voltato
le spalle. Il successo di pubblico continua e Baricco può addirittura lasciare
le major e mettersi editorialmente in proprio (che sia una delle ragioni di
questo ostracismo ormai incontrollato?). Ma negli ambienti colti o presunti
tali è diventato ormai lo scrittore impresentabile, la puttana che tutti
possono permettersi di sbeffeggiare ricavandone status a poco prezzo. Che cosa
è successo? I suoi primi libri erano tanto meravigliosi e i suoi ultimi fanno
tanto schifo?
A me invece interessano proprio gli ultimi. Non che non ne veda bene anche la
ruffianeria, la paccottiglia, il virtuosismo, i personaggi che si scambiano
battute come in uno spot pubblicitario ecc. Però mi arrivano evidentemente
anche altre cose che mi interessano e a volte addirittura mi commuovono. Ma è
il trionfo del kitsch – sento ripetere da tutte le parti – il mid-cult,
scrittura pubblicitaria, di secondo grado! E a dirlo sono, in molti casi, gli
stessi che per anni hanno teorizzato la letteratura «di secondo grado» come
unico orizzonte possibile in questa epoca. Che vanno in estasi per questo tipo
di scrittori, siano essi di «genere» o di «genere letteratura», basta che siano
controllati, disincantati, smaliziati, autoironici. Ma allora perché non
sopportano Baricco?
Perché, a mio parere, assieme al debordante aspetto «pubblicitario», in Baricco
c´è anche un debordante aspetto «infantile». In lui c´è sì molto calcolo, molta
furbizia ecc. ma c´è anche un abnorme abbandono infantile, che mi sembra
crescere sempre più col tempo. E´ questa sproporzione infantile, che per altri
è solo narcisismo e patologia, la cosa che mi arriva e mi tocca. Perché lo so
bene che pubblicità e dimensione infantile operano dentro la stessa fascia
d´ozono, ma è anche vero che al suo interno si possono comunque giocare molte
cose e che una sproporzione tra i due aspetti può aprire e scombinare persino
quello che sembrerebbe un gioco prevedibile e chiuso.
Baricco è lo scrittore di un paese dove nessuno sa niente. Quelli che storcono
la bocca perché credono invece di far parte di un paese dove si sa tutto, a
forza di sapere tutto o di credere di sapere tutto sono diventati anche loro
parte del paese dove nessuno sa niente, sono arrivati per un´altra via allo
stesso punto. Baricco porta alla luce questa dimensione, di cui è parte. Crede
che una «bella storia» possa riscattare la vita e sia il fine ultimo della
letteratura. I suoi personaggi si incontrano in certi snodi, come nei romanzi
di una volta nelle locande o al cambio dei cavalli, e lì si scambiano storie e
proiezioni di vita. C´è in lui un sentimento perenne di meraviglia, come di uno
capitato in un paese dove nessuno sa niente e che, in questa tabula rasa, deve
fare partecipi gli altri delle storie che sa. In questo coglie un aspetto reale
della situazione presente, di un paese e di un mondo dominato dalla dimensione
pubblicitaria e televisiva azzerante. Certo, anche la meraviglia può fare
tutt´uno con questa dimensione, ma ci si possono liberare dentro anche altre possibilità
e altre forze. Scrive Kierkegaard nei suoi diari: «E´ un punto di partenza
positivo per la filosofia, quando Aristotele dice che la filosofia comincia con
la meraviglia, e non come ai nostri tempi con il dubbio». Lo so bene, non c´è
solo questo modo di stare dentro al presente, alle sue rappresentazioni e alle
sue macchine di addomesticamento. C´è anche quello di mettersi di traverso, di
aprirlo, di sfondarlo, di fargli venire fuori le viscere, l´anima, di liberare
al suo interno forze e disperazioni e prefigurazioni che non sapevano nemmeno
di esistere fino a un secondo prima. Baricco invece vi aderisce in modo
diretto, ed è per questo che appare così credibile ai suoi lettori, così vicino
alla loro dimensione e alla loro vita. Per questo Baricco ha trovato tanti
lettori, è proprio questo che è stato colto a livello emozionale dai tanti. E´
su questa fragilità infantile e su questo sogno «pubblicitario» della vita e
anche della letteratura che si è creata identificazione. Perché anche i suoi
libri sono fatti della stessa labile e ingannevole sostanza del mito diventato
pubblicità.
Ma c´è un´altra cosa da dire. In Baricco, e in particolare nei suoi ultimi
libri, è sempre più incombente la morte. I suoi personaggi cercano di
oltrepassarla inscrivendola in un gesto che li renda mitici e unici. Una
dimensione sentimentale, ultraromantica e pop, che è l´altra faccia di quella
pubblicitaria di questa epoca. E´ proprio per questo, è perché ormai questa
crepa è talmente visibile da apparire quasi indecente, che (con l´eccezione di
Novecento) sono riuscito a leggere i suoi ultimi libri e non i primi, che non
nascondo di averli letti con più partecipazione e interesse di tanti altri
libri che invece ricevono il tiepido plauso della critica «seria». Qui, in questa
megalomania infantile, sono trasportato nell´indistinzione tra dimensione
pubblicitaria e mitizzazione, qui c´è qualcosa che mi avvicina di più a quanto
sta succedendo realmente nell´immaginario di questi anni. Questa vita è sempre
più al cospetto della morte. Ma non è questa la dimensione in cui vivono le
maggioranze degli uomini e delle donne in questa epoca?
Il bambino fortunato ha visto che dietro la maschera pubblicitaria della
fortuna c´è la morte e ne è rimasto turbato e sconvolto. Quella che incombe su
tutti e quella che incombe anche su di lui come uomo e come scrittore. Ma è
esattamente quello che c´è dietro la maschera della nostra epoca e del nostro
mondo. Cerca di esorcizzarla e di sublimarla mediante il suo sogno
pubblicitario e infantile.
Come il protagonista del suo ultimo libro che si costruisce una pista che
faccia un tutt´uno con la sua vita, su cui lei possa, alla fine, ormai vecchia,
correre regalandogli qualche istante di immortalità.
E´ questo sgomento dell´uomo-bambino che vede la morte dietro la maschera della
pubblicità della vita e della fortuna che – al di là del buonismo, degli
insopportabili vezzi stilistici e grafici, degli ammiccamenti, delle bellurie –
arriva anche a me.
Non è scontato – come pensa Baricco stesso – che nel tempo che ci aspetta i
suoi libri (ben più dei film che ne sono stati tratti) siano destinati a essere
dimenticati.

65 pensieri su “BARICCHEIDE RELOADED

  1. Moresco nell’articolo dà a Baricco delle bordate pazzesche fingendo di parlarne benino. Ma la cosa davvero interessante è il fatto che Repubblica abbia ospitato Moresco nelle sue pagine culturali. Non so se sia già successo in passato, non credo. Ma il fatto mi pare di assoluta importanza.

  2. Secondo me siamo arrivati al (f)rigor mortis.
    Quali sarebbero le bordate?
    Io non ne ho viste: forse che “Baricco è un bambino”?

  3. l’articolo è pieno di bordate. Ma consideriamo soltanto le ultime righe, dove in un inciso piuttosto eloquente, Moresco scrive: “al di là del buonismo, degli insopportabili vezzi stilistici e grafici, degli ammiccamenti, delle bellurie…” E queste non sarebbero bordate? Intanto Repubblica continua a pompare il caso Baricco…

  4. Io preferisco il Moresco scrittore al Moresco “opinionista” su Baricco (trovo molto debole, in tutta sincerità, la linea critica del suo pezzo). E, non senza un pizzico di malizia, confessa, mi chiedo se per qualche lettore di blog come Nazione Indiana la presenza di Antonio Moresco su Repubblica, invece che su altre testate giornalistiche “de sinistra” verrà interpretata come un “tradimento”… Visti i recenti e i passati numerosi processi alle intenzioni…

  5. qualche tempo fa ho acquistato l’edizione completa del Mein Kampf a cura di Gelli per i tipi di Kaos, consapevole che mai avrei acquistato quel libro se tradotto da Evola e pubblicato da Freda.
    probabilmente in rete il testo è disponibile, ma ho dovuto aspettare che i canali mi fossero propizi, per poter esaudire quel mio desiderio.
    il fascismo non ha smesso di produrre cultura l’otto settembre o il venticinque aprile, altrimenti la nostra storia non avrebbe senso. ma è quando sono intervenuti i canali propizi con gli strumenti d’indagine adatti, che la meraviglia ha fatto posto al dubbio.

  6. La meraviglia bambina negli occhi che senza comando corre alla mano e alle dita sulla tastiera.
    Chi non ce l’ha più (e solo perché non la ricorda) non la vedrà mai negli altri.
    Moresco non finge. E questa cosa qui è bellissima.

  7. A me invece il pezzo di Moresco è piaciuto molto. Ha detto di Baricco tutto quello che si poteva dire, anche quel poco che si può salvare (probabilmente per far accettare il pezzo a repubblica). E poi sono molto contento di aver visto la sua scomoda firma sul giornale più lottizzato d’Italia. Bye

  8. La filosofia che comincia dalla meraviglia finisce, come in Aristotele, con l’accettazione dello staot di cose esistente e con la giustificazione razionale del presente. La filosofia che comincia col dubbio, come in Platone, finisce col chiedersi come potrebbe esistere un mondo diverso da quello presente e come si potrebbe realizzarlo. La meraviglia comporta un’idea di Natura come portatrice di Valori normativi, il dubbio (il negativo) un’idea di natura come costrutto, come seconda natura che ci è stata gabellata come “naturale”, e il rifiuto dei cosiddetti valori naturali come bene in sé.
    Santa Pazienza, possibile che nel XXI secolo si debba ancora ricominciare da qui? Scrive su “Il primo amore” (=Leopardi), Moresco, o su “E’ del poeta il fin la meraviglia”?

  9. Caro il mio Orco, detto senza perifrasi: se con il tuo intervento dai della lottizzata anche alla sottoscritta, pecchi di ignoranza. Nel senso letterale: fuor di polemica, cosa sai tu di me per poter fare un’affermazione del genere?

  10. Beh, Moresco conferma che la più attenta analisi degli scrittori viene dagli scrittori, con buona pace della cricca – ops – della critica.
    Oltretutto, ci fornisce un’ottima riflessione sui motivi per cui il buon Baricco scrive i romanzi come li scrive, quando volendo può scrivere altrimenti (era suo o sbaglio il pezzo clamoroso e acuto sul restauro del teatro la Fenice “Com’era dov’era”?).
    A questo punto, leggerò Questa storia!

  11. Ma scherzi, cara Lippa? Se ti ritenessi lottizzata non scriverei sul tuo blog. Tranquilla, tu non ricopri posizioni di potere in quel giornale, almeno credo. Ora scusami, vado a divorare un paio di capponi, naturalmente vivi.

  12. Su ilprimoamore.com c’è l’intervento integrale di Moresco, dove sviluppa altre considerazioni che mancano in quello di Repubblica e quindi anche in questo postato qui.Per esempio sulla Tamaro… Bye

  13. @ Girolamo: “La meraviglia comporta un’idea di Natura come portatrice di Valori normativi”; infatti, siamo in presenza si una forma speciale di fallacia naturalistica che confonde “il bene” con se stessi, (e ovviamente non lo dichiara), come direbbe Moore se fosse vivo e incazzato
    Ma prostrarsi pubblicamente vale più di ogni dichiarazione.
    A dopo

  14. A me pare che Moresco riesca, complice una forte volontà, a dare significati (la morte dietro lo spot come uno dei tanti modi di sfuggirla? e questo Baricco lo sa? informatelo di quanto scrive!!) dove invece non ce ne sono, non quelli che vede Moresco almeno. E tutta l’analisi psicologica del Baricco a cosa è dovuta? (a parte che il narcisismo E’ un lato infantile, mica ci si contrappone) Un esempio perfetto di critica letteraria! oppure non ho capito nulla, il chè è ampiamente nella categoria del possibile.

  15. D’accordo con Susanna: al di là dei pigolii dei fan, sia l’articolo di Moresco sia quello della Benedetti sono l’esempio di come non si fa critica letteraria: cioè, sovrapporre il proprio ego alla materia di cui si tratta.

  16. non sono affatto un fan di Moresco. Anzi. Tuttavia, stavolta ha fatto centro. Certo quando scrive:
    “Lo so bene, non c´è solo questo modo di stare dentro al presente, alle sue rappresentazioni e alle sue macchine di addomesticamento. C´è anche quello di mettersi di traverso, di aprirlo, di sfondarlo, di fargli venire fuori le viscere, l´anima, di liberare al suo interno forze e disperazioni e prefigurazioni che non sapevano nemmeno di esistere fino a un secondo prima”
    parla presuntuosamente di se stesso. Ma al contrario di altre volte (per esempio il pezzo sulla Restaurazione)non perde di vista l’oggetto e dice molte cose per nulla ovvie sul successo di Baricco.

  17. Hmmm… non sono del tutto d’accordo con Susanna e Mariano. Se la speculazione di Moresco indica una direzione di lettura (ovvero, ci dice cosa FA il testo di Baricco, non com’è), ritengo valga la pena di fare una verifica.
    E bisognerebbe anche chiedersi se e perché e come questo messaggio arriva o meno al lettore.
    E’ un virus tipo Trojan nascosto nelle pieghe del testo di AB o è l’ego o la sensibilità o la paranoia di Moresco che vede quel che non c’è?
    C’è qualche lettore di Questa storia che sconfessa o cambia il tiro alle argomentazioni di AM?

  18. Vorrei dire alla signora Gaetani che scrivere su Repubblica è una cosa, scrivere su Il Giornale accanto a fascisti, neonazisti, antisemiti e negazionisti è tutt’altra faccenda.

  19. Va detto al precisatore (alias Moresco) che il più delle volte scrivi dove ti permettono di scrivere. Si pensi al caso clamoroso di Berardinelli che certo non è fascista e scrive in modo esclusivo su Il foglio. La Gaetanio, credo, se potesse, scriverebbe anche lei su Repubblica.

  20. Vorrei precisare a precisatore che di questa polemica su chi scrive dove si è abbondantemente parlato altrove e che qui non si sente la necessità di ritornarci.

  21. Mi scuso due volte, per primo per l’OT che sto facendo e in second’ordine perché vi chiedo di andare a leggere una cosa su NI (cosa che non faccio mai). Ma ho ancora lo stomaco ribaltato e ho bisogno di condividere l’orrore con qualcuno. Parlo della sentitissima traduzione di A. Raos intitolata “Bambini”. qui:
    http://www.nazioneindiana.com/2006/
    03/08/bambini/

  22. Vorrei dire alla Lipperini di rileggere, cortesemente il colonnino dei commenti: la polemica l’ha rilanciata la signora Gaetani, approfittando della discussione per prendersi una vendettucola privata contro Nazione Indiana, e – come suo solito – per cercare di dire che tutto si equivale, e che Repubblica è come il Giornale. In realtà non è così e la Lipperini lo sa meglio di chiunque altro. Seguendo la logica della Gaetani, si potrebbe tranquillamente scrivere sui giornali del Veneto Fronte Skinheads, a condizione che non taglino niente… 🙁

  23. la puttana che tutti possono permettersi di sbeffeggiare? esempio antico, visto che da quel dì, esistono anche i puttani. motivo piccolo ma sufficiente (per quanto mi riguarda) per cui non mi convice moresco. non è politically correct, è possesso del linguaggio che si usa, capacità di osservare i cambiamenti sociali, che sono alla base dei cambiamenti linguistici. se no, di che si occupa uno scrittore? poi magari è bravissimo. solo che non lo fa vedere quanto è bravo. e questo è proprio un gran peccato.

  24. Ho come l’impressione di essere l’unica lettrice in queto blog. Lettrice nel senso che di mestiere faccio altro, che nulla ha a che fare con editori, critici, scrittori, giornalisti. Forse per questo a volte (spesso) ho l’impressione che gli addetti ai lavori si parlino addosso? Se trovo interessante il domandarsi la funzione/ruolo (meglio esplicitare anche il contesto però: ruolo per la società? funzione per i lettori? utilità per..?) dei citati giornalisti scrittori editori, trovo un po’ noiose le diatribe sul “vendersi”..
    A l’orco bianco: trovi davvero che Moresco dica cose non ovvie? io le ho trovate non congrue col AB, o che si possano riferire a qualunque essere umano. Non è forse vero che tutti cerchiamo di sfuggire la morte? Magari invito Moresco a fare la stessa analisi sulla sottoscritta, risulterebbe altrettanto vera.. Magari uso un blog come ho usato da sempre i libri per avere anche un’altra realtà..
    A Paolo S: la critica di Moresco ti convince a leggere “Questa storia”, quindi mi cito: un esempio perfetto di critica letteraria! (su questo blog commentando AB si era parlato di mercato, e dell’uso pubblicitario delle recensioni). E credo che parlare qui di un unico romanzo sia OT 🙂
    A Gianni Biondillo OT: è sbagliata la data, più che un omaggio all’8 marzo lo vedrei come un omaggio al 27 gennaio (e comunque ho letto cose più emozionanti sui campi).
    Infine a me: forse non hai capito proprio nulla.

  25. “Non che non ne veda bene anche la ruffianeria, la paccottiglia, il virtuosismo, i personaggi che si scambiano battute come in uno spot pubblicitario ecc… degli insopportabili vezzi stilistici e grafici, degli ammiccamenti, delle bellurie..”
    Ecco l’utilità dei critici: questo Moresco ha trovato in un amen quelle parole che IO m’arrabattavo inutilmente a cercare per descrivere il mio naturale rigetto per l’opera baricchiana e che non sarei stato capace di scovare in mille anni. Grazie, grazie, sto meglio.
    Dove son meno d’accordo è qui:
    “Non è scontato.. che nel tempo che ci aspetta i suoi libri.. siano destinati a essere dimenticati.”
    “Non è scontato” è già locuzione prudentissima, però io opterei per: “E’ quasi scontato”.
    E me spiego.
    Mi sembra ovvio che il grande successo di Baricco sia dipeso da 3 o 4 fattori:
    1) Il precedente (e meritato) successo in TV che l’ha reso noto e gradito al grande pubblico. 2) I film dai suoi libri 3) Il dibattito culturale che si è sviluppato intorno alla sua opera.
    Fra cinquant’anni tutto ciò non ci sarà più, e allora, a chi mai potrà interessare un Castelli di rabbia ?

  26. L’intervento di Moresco a me è piaciuto molto. Se non altro fa una cosa che noialtri non abbiamo MAI fatto da quando è esplosa la polemica: prova a dire la propria idea su Baricco, spiegando anche il PERCHE’, delle sue dissertazioni. Non si limita ad innesti polemici, tanto per (tipo, è un pessimo scrittore). E fa anche un’altra cosa importante: lascia intuire di aver letto i libri di Baricco, a differenza della stragrande maggioranza di chi lo critica (Baricco mi piace, ma non stravedo per lui. Se il mio scrittore italiano preferito è Aldo Busi e quello straniero e Raymond Carver, potete da soli capire quanto il mio gusto sia lontano da Baricco).
    Infine dice una verità inconfutabile: il bersaglio ha provato a muoversi. Ed è vero. Io porto sempre massimo rispetto per chi “prova” a dissentire. Indipendentemente – e questo è il punto importante- dalla ragione o dal torto.
    [Ste]

  27. @ Susanna – io con Baricco avevo chiuso 10 anni fa, ma Moresco mi convince a fare un altro tentativo.
    Lo leggo in biblioteca, così non lo faccio vendere più copie, OK?
    Anzi, rileggo anche le cose vecchie, e cerco il bambino&la morte anche nei saggi musicali, poi smentisco Moresco dati alla mano, ma giuro che mi resta antipatico. Ma ne riparliamo fra un paio di mesi 🙂

  28. Noantri, dovresti rileggerti i post della “Bariccheide”, prima di dire che nessuno ha spiegato il come e il perchè dei suoi giudizi su baricco finché non è arrivato Moresco. Forse TU non lo hai fatto, altri si, ma a te dev’essere sfuggito.

  29. Proprio oggi è uscito la nuova ristampa Einaudi di Alessandro Baricco…”Un genio in fuga”. Toccata?

  30. la minestra maritata è un piatto della antica tradizione gastronomica napoletana …ci si può mettere di tutto: ogni tipo di verdura e di carne …
    Sul tema Baricco il livello discussione ha oltrepassato la minestra maritata…
    al punto che ora non so se mi infastidisca di più Baricco, i suoi sicofanti o i suoi detrattori.
    Quando si ingugita molta minestra maritata neanche una overdose di bicarbonato ti fa digerire … Davvero ora è la stessa sensazione

  31. Certo, Lippa mia, che qui si discute spesso – lo faccio io nelle mie sedi – della mancanza di un codice della discussione nei frequentatori di blog e di cose internet.
    Ma un pezzo cosi’ pieno di livore, volgarità e violenza sul giornale mi fa impressione.
    Manca nella persona il registro della discussione, anche conflittuale. E senza il registro, il conflitto regredisce al lancio della clava. Si spoglia di quel po’ di cultura in senso atrnopologico che ci siamo messi addosso negli ultimi zilioni di anni.

  32. il dibattito langue. Escono fuori i soliti gementi e garruli lamentatori della volgarità della rete ecc.
    Insisto: il pezzo di Moresco è molto buono, e soprattutto onesto. Non è una piaggeria, anzi è una bella stoccata al Baricco nazionale, scritta con classe, sul suo (di Baricco) giornale! Bravo Moresco! Non sarebbe male cominciare a vedere la sua firma in quelle pagine così noiose e prevedibili (a parte eccezioni). buona serata a tutti, anche ai piagnoni.

  33. La stoccata la vedi tu: io ci vedo un’asse di equilibrio per non parlare troppo male di Baricco (vedi mai lo facessero scrivere ancora sulle pagine noiose) parlando di se stesso e di quanto è bistrattato. Ma dove sta il Moresco bistrattato? Ma se i giornali non parlano d’altro e ha pubblicato presso i maggiori editori? Panzane pubblicitarie, queste sì. Occupiamoci piuttosto degli scrittori che non hanno la visibilità patinata di Baricco e quella astutamente piagnona di Moresco.

  34. L’intervento di Moresco mi sembra te-l’avevo-detto-io e, a parte gli appunti rivolti a Baricco (che da non lettrice delle sue opere mi astengo dal valutare), molto rivolto a dimostrare che la macchina critico editoriale ha colpito ancora e proprio uno degli scrittori più funzionali e integrati (nella medesima macchina). Non nego che l’editoria e i suoi dintorni siano imprese e come tali, in questo mondo di solo mercato, tese al fatturato con molte storture e strutture di marketing attente solo ai numeri, ma a parte le geremiadi che continuiamo ad ascoltare dalla Benedetti e dal suo gruppo (dittatura dei best sellers, scadenza della qualità delle scritture collettive funzionali alla macchina editoriale, dittatura dei critici asserviti, messa ai margini di autentici Talenti ecc…) non mi è chiaro dove si vuole andare a parare e cosa si vorrebbe fare. Sentite e soppesate le lacrime di questa teoria che viene ripetuta come un mantra mi sembra che se la macchina editoriale accettasse di stampare gli autentici Talenti messi ai margini i giudizi potrebbero anche stemperarsi. Mi sembra insomma, ma potrei sbagliare, che non sia oggetto di critica la struttura del meccanismo editoriale e distributivo (e sociale), ma il destino di Talenti rifiutati perchè indigesti a questo sistema che best sellerizza, appiattisce, umilia etc.. Bene non sarò certo io a difendere editori, distributori o critici e potrei anche essere in vena di smentire quello che ho appena detto e prendere per buono Moresco, Benedetti e altri, solo che ho un dubbio da risolvere e lo metto in forma di domanda: qualora la macchina editoriale in un impeto di saggezza decidesse di pubblicare, propagandare, diffondere i Talenti sconosciuti e, dandosi (neanche tanto) la zappa sui piedi (visto che alcune case editrici lo fanno già e sopravvivono) autori critici verso il sistema e testi rivoluzionari in letteratura e critica, voi, che tuonate sui soli meccanismi editoriali, siete convinti che in massa la gente leggerebbe, commenterebbe, comprerebbe quei testi lì? siete davvero convinti che al lettore medio di Dan Marrone e di Liala basti un cambiamento della macchina editoriale per cambiare (e diventare chissà quale modello umano che voi avete in mente)?
    Vedete voi in giro della gente che legge? vedete in prospettiva della gente che leggerà (fosse pure un romanzetto d’appendice)?
    alcune cose mi fanno pensare che al cambiare della macchina editorialcritica possa non corrispondere la realtà che qualcuno si immagina:
    – in primo luogo ci sono dei dati terrificanti in merito alla semplice capacità di lettura e comprensione dei testi
    – l’analfabetismo di ritorno in Italia ha sviluppi e livelli paurosi.
    – la realtà sociale è completamente (o quasi, alcune eccezioni ci sono) staccata dall’empireo in cui stanno gli scrittori e, visto che manca spesso un’interazione stretta e diretta questi ultimi, sono percepiti solo come star, personaggi vincenti in termini di prestigio o soldi. Nella maggior parte dei casi potrebbero benissimo appartenere a un’altra galassia in quanto a concordanza di ‘poetiche’ di ‘linguaggio’ e di contenuti.
    Nella concezione di un cambiamento della macchina per un cambiamento del sistema non si tiene minimamente conto dell’utenza (è termine orrendo, perdonatemi l’uso) e sembra quasi che fatto il primo il secondo seguirà. Non so se tutti apprezzeranno la democraticità della cosa. Per mia natura non sono convinta che si debba prendere/cambiare un potere e imporre una dittatura. Se volessi indurre un cambiamento culturale condiviso e partecipato nelle strutture partirei dal basso, dai cosiddetti utenti. Cambiare loro (con loro), la loro consapevolezza e i loro bisogni oltre che praticare qualche via alternativa ai soliti bagarini editoriali potrebbe essere una strada per uscire dall’asfissiante monologo macchinico. Non credo però che chi ha una concezione così forte dell’Autore (minchia, quasi di uomo forte si parla) e una altrettanto forte volontà di svilire il ‘collettivo’ possa ambire a un percorso dal basso.
    La vedo così, vi chiedo di valutare la mia capacità visiva e di consigliarmi eventuali lenti correttive. Salvo diverse indicazioni non appena leggerò un altro intervento con dentro il baubau della macchina critico editoriale (a piena pagina o tra le righe) mi metterò a ridere di gusto. Anche quella di avere delle capacità comiche, seppur involontarie, è una dote che deve essere apprezzata.
    besos

  35. Per quanto riguarda la polemica Baricca verso i Critici e viceversa credo che alcune parole condivisibili (almeno da me) le abbia scritte Stefano Catucci sul Manifesto:
    si chiama narcisismo la vittima delle frecciate
    .(.)…………nella querelle suscitata dal suo intervento sulla Repubblica mi ha colpito un particolare finora non rilevato. Vorrei evidenziarlo, tanto più che mi sembra non un dettaglio qualsiasi ma un segno dei tempi. Le malevole frecciate di cui Baricco si è lamentato, rivendicando il diritto a una onesta stroncatura, comparivano, per sua stessa ammissione, in articoli che si occupavano non dei suoi libri, ma di tutt’altro. Viene da chiedersi allora cosa ci facessero, cosa giustificasse nell’economia del testo l’ospitalità data a una frase contro di lui, come potesse presentarsi senza che al lettore apparisse immediatamente fuori luogo. Che frasi del genere possiedano una loro, velenosa efficacia, non c’è dubbio. Lo conferma proprio Baricco con un esempio brillante, quando dice che meglio avrebbe fatto a rimandare la resa dei conti a un ipotetico reportage dal Kansas, riservandosi di definire le sue strade «lunghe e pallose come un articolo di Citati». Si legge, si ride. Addirittura si concorda. Ma questo avviene perché si tratta, in fondo, di una specie di satira, o per meglio dire di un classico argomento retorico che contiene l’ironia, la forma del motto di spirito, come suo ingrediente principale. Le proposizioni incidentali alle quali si affidano simili frecciate funzionano, infatti, tramite accostamenti incongrui, mettendo l’una accanto all’altra cose che non hanno niente a che vedere fra loro, almeno secondo l’ordine di un discorso logico. E’ una strategia che può essere usata in modo «alto», metafisico, come faceva per esempio Borges: chi non ha riso di fronte a quella Enciclopedia Cinese che classificava gli animali con le categorie più strampalate? O che può avere un carattere puramente ludico, come nella filastrocca My favourite things (Raindrops on roses and whiskers on kittens/ Bright copper kettles and warm woolen mittens/ Brown paper packages tied up with strings/ These are a few of my favourite things). Perché una battuta funzioni c’è bisogno che incontri lettori in sintonia: che la capiscano, cioè, non che concordino necessariamente con il contenuto. Anche chi ama Baricco può cogliere quel che di fondato c’è nel motto che lo dileggia, così come anche chi ama gli articoli di Citati riconoscerà che il paragone con le strade del Kansas coglie nel segno. Un margine di fondatezza, anche tendenziosa, è necessario, perché è su questo terreno che si devono poggiano i piedi per vedere le cose improvvisamente da un altro lato. Il particolare a cui mi riferivo è l’allergia alla satira e alla battuta che sembra avere ormai contagiato tutti, dal politico al guitto, dallo scrittore allo sportivo. Un’allergia che ben rappresenta il segno di un’epoca nella quale la ferita più sofferta è quella portata al proprio narcisismo. Possibile che quelle frecciate debbano essere prese come affermazioni serie? Recensioni a tradimento, esami critici in miniatura? Sostituti o maschere di opinioni che non si ha l’onestà di argomentare, potendo fidarsi dell’ ammiccamento complice di una parte dei lettori? Certo la satira non fa piacere a chi la subisce. Ma ogni personaggio pubblico vi è esposto in misura direttamente proporzionale alla sua notorietà e al suo successo. Bisognerebbe, come si dice a Roma, limitarsi ad abbozzare. Cioè prendere e portare a casa. Che uno scrittore pretenda piuttosto la stroncatura è l’equivalente simbolico del politico che pretende la censura per il comico di turno. Baricco, che fece una tesi di laurea su Adorno, ricorderà che Adorno definì la volgarità come un essere «dalla parte della propria degradazione». Quando ci si prende troppo sul serio si cede inevitabilmente ai propri tratti più regressivi, si rischia la volgarità. Non ce n’è bisogno, così come non c’è bisogno che nel montare del «caso letterario» si perda di vista il fatto che si tratta, in ultima analisi di battute. Baricco non si preoccupi: nessuno dei suoi lettori affezionati si lascerà mai influenzare da un motto di spirito, così come per nessun amante di Citati una strada del Kansas sarà mai abbastanza lunga e pallosa.
    Il manifesto, 5 marzo 2006
    se non è più disponibile sul sito del Manifesto lo
    trovate (insieme ad altri di stesso argomento e dello stesso giornale)nel blog di georgia
    http://georgiamada.
    splinder.com
    /post/7378436#comment

  36. Chiedo subito scusa a Loredana Lipperini per l’OT (anche se sono certo che capirà), e mi rivolgo a Susanna.
    Rispondendo a Gianni Biondillo che segnalava una mia traduzione apparsa su NI, tu dici questo:
    “A Gianni Biondillo OT: è sbagliata la data, più che un omaggio all’8 marzo lo vedrei come un omaggio al 27 gennaio (e comunque ho letto cose più emozionanti sui campi).”
    Poco più sopra avevi affermato di non essere un’addetta ai lavori della letteratura. Questa, in sé, è senza dubbio una cosa buona. Ma se mi permetti, vorrei dirti un paio di cose che gli addetti ai lavori sanno (o almeno dovrebbero, perché in realtà non è sempre vero), e che secondo me sono utili anche per il cosiddetto “lettore comune”.
    1. La letteratura non è un omaggio a questa o quella data, un fiore da appendere sulla porta in determinate (da chi?) occasioni. Questo lo si pensa spesso, in particolare, della poesia (ma non solo). È falso.
    2. Fine della letteratura non è sempre e comunque “emozionare” il lettore. C’è qualcosa di profondamente sbagliato nel cercare l’emozione nel testo che ho tradotto (è sbagliato che io ne abbia provata traducendolo, e ho sbagliato a parlarne). La letteratura porta altrove, e smonta tutte le emozioni semplici (la morte non è un’emozione semplice).
    Stranamente, mi sembra di essere ora meno OT di quanto credevo all’inizio. Mi sembra che Moresco e – in modo più inatteso – Baricco abbiano voluto dire più o meno questo. E non solo loro, certo – lo preciso da me, prima che salti su qualche garrulo contabile dell’ovvio a ricordarci che la letteratura non è iniziata ieri mattina.
    E se volevano dire questo, secondo me hanno fatto bene.
    Scusandomi ancora per l’intrusione,

  37. Macchè scuse: grazie di cuore, invece, ad Andrea per l’intervento (e, ancora, per il post su Nazione Indiana).

  38. A. Raos,
    non ho letto il racconto, ma trovo le tue parole un pò perentorie, mi sembra quasi che tu voglia stabilire o ristabilire i limiti entro cui qualcosa va letto. Non discuto sul fatto che tu abbia idea di quale sia la lettura per te migliore (susanna, io e chiunque altro ha un sua’via’ alla letteratura), ma il modo un pò irruento in cui le ‘ricordi’ che la lettura non deve emozionare ecc… lasciami dire è un tantinello coercitivo. Se uno di suo è emotivo e legge per ‘emozionarsi’ che male c’è? prima ho esagerato parlando di coercizione, mi chiedo adesso se non potevi raggiungere un ragionevole chiarimento chiedendo a susanna perchè aveva collegato la ‘letteratura’ (o semplicemente uno scritto) a delle date e se pensava fosse cosa fattibile o giusta o con un senso. Non so, a volte basta replicare anche alle peggiori illazioni con un pò di ironia o con qualche interrogativo per sviluppare un minimo di dialogo. Se stai pensando di prendermi a male parole sappi che Angelini un dì mi diede della Fallaci e …siamo diventati buoni amici 🙂
    besos

  39. Una domanda alla Lipperini !
    Lei che segue più di me e meglio di me i ” media ” le chiedo… ma è la prima volta che Antonio Moresco viene ospitato dai fogli de La Repubblica ? Mi aiuti ! Io non so.
    Se è la prima volta, posso chiederle: perche’ adesso !? E perchè tanto spazio a uno scrittore che ha venduto sì e no una carriola di libri !?
    ( E’ una mia opinione ) Moresco ha tutta l’aria di un gregario dimesso e arruginito e la sua scrittura in affanno dimostra il suo valore.
    Le sue parole non sono acqua della sua borraccia, è stato tirato dalla giacca dal Baricco per alimentare la polemica.
    Gli ha pubblicato un libro ” Lo sbreco ” grazie alla Scuola Holden.
    Qui trovate un giudizio di un lettore ” Aureliano Di Francia (11-06-2005) E’ già scontato il prezzo del volume. Dovrebbero pagare chi lo compra. Noioso, pesante, pedante. Inutile. Non se ne sentiva il bisogno “.
    Una cosa però l’ha compresa e la sposata … Baricco più che uno scrittore è un pubbliciario nascoto dietro alla macchina da presa. Bravo ! E lui fa il ragazzo che tira il riso alla sposa.
    Analisi della suo articolo:
    a) ci può spigare a quale crepa si riferisce ?
    b) di quale bersagli parla ?
    c) quando tenta si elevare la scrittura e indica una certa
    ” fascia d’ozono ” … parola vuota, moderna che non significa nulla … e poi le chiedo Lipparini… l’ozono fa bene o male ?
    d) Moresco dimostra il suo vero valore quanto tenta il colpo di colore e dice che le “crepe” sono ” indecenti “.
    Un aggettivo che non lega. Le pare Lipparini ! Le che a quanto vedo è una cultrice del bello !
    Grazie a tutti dell’attenzione.
    vincenzo naclerio
    ( non mi piace lanciare sassi
    dal cavalcavia ) sono qui

  40. Non ho mai amato Baricco e tanto meno il più recente.
    E’ una questione di pelle, che cosa ci posso fare.
    Il commento su di lui mi sembra personale e un po’ delirante a fini oscuri. Non sono un difensore di Baricco, ma gran parte della critica è davvero spesso noiosa, purtroppo.
    Siamo in un’epoca difficile e decadente, a quando la nuova luce e la nuova letteratura?
    Morgan

  41. Spettatrice. Un giorno ti diedi della Fallaci? Non ne ho il più pallido ricordo. Giurerei che ti sbagli, ma tutto può essere. Che cosa avevi detto di tanto visceral-uterino?:- )
    P.S. Hai letto il mio “Aspettando l’8 marzo” (del giorno 5)? Un abbraccione.

  42. Interessante il punto di vista della spettatrice. Ma nessuno ha colto la mia provocazione sulle pagine di Repubblica… Vorrei sapere dalla Lippa se questo pezzo di Moresco è un fatto episodico o prelude a una collaborazione continuativa.

  43. Lucio,
    non ricordo il dì, ma è stato grosso modo a novembre dello scorso anno in occasione delle discussioni sui casini nelle periferie parigine.
    don’t worry, queste cose me le lego al dito e a distanza di anni mi vendico 🙂
    besos

  44. Orco, tanta insistenza va premiata: ma non sono io quella che ha la risposta. Scrivi direttamente a Moresco, no?
    Ugualmente, per Vincenzo: non so illuminarti, posso solo dire che sul caso Baricco sono state ospitate diverse opinioni, da Carlo Lucarelli a Giulio Ferroni, Antonio Scurati e, in replica,Pierangelo Buttafuoco.

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