BOCCAPORTI

 Così comincia la relazione di Daniela Carboni, direttrice dell’ufficio campagne e ricerca di Amnesty International:

Il 31 ottobre scorso una donna è stata aggredita e uccisa a Roma. Dell’accaduto è stato accusato un cittadino rumeno. Probabilmente, per tutti voi come per noi è più facile ricordare i dettagli della vita e della personalità della persona accusata dell’omicidio, piuttosto che della vittima.

Non è un caso né una vostra personale disattenzione, ma semplicemente il risultato prevedibile del modo in cui le istituzioni hanno affrontato la vicenda e quindi il modo in cui la società italiana l’ha vissuta: un drammatico fatto di cronaca – finito nel modo peggiore – non viene visto per quello che è, cioè l’ennesima violenza contro una donna, ma come il sintomo inequivocabile di una tendenza alla violenza e all’illegalità di gruppi di persone e minoranze, in base alla nazionalità, all’appartenenza etnica, al luogo in cui dimorano.

In quell’occasione, in pochi istanti e in maniera assolutamente irresponsabile, rappresentanti istituzionali e politici di diverso orientamento hanno invocato il pugno di ferro su migliaia di persone che non avevano niente a che fare con la vittima, con l’abuso e l’omicidio, con il responsabile di questi atti.

Tanto che, il 6 novembre 2007, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha espresso preoccupazione per il clima di intolleranza manifestatosi in quei giorni e per lo “stato di tensione nei confronti degli stranieri alimentato negli anni anche da risposte demagogiche alle tematiche dell’immigrazione messe in atto dalla politica”. Il giorno seguente il Presidente dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa ha messo in guardia l’Italia circa il rischio di una “caccia alle streghe” contro i cittadini rumeni e in particolare contro i rom.

La violenza su una donna è diventata infatti la “testa d’ariete” per sfondare la parete del pudore, dell’equilibrio istituzionale, del rispetto dei diritti umani e aprire la strada alla discriminazione e all’erosione dei diritti, attraverso fiumi di parole e specifici atti normativi che rischiano di trasformare l’Italia in un paese “pericoloso”, in questo momento particolarmente per rom e rumeni, potenzialmente per chiunque. Per chiunque di noi. L’erosione dei diritti ci mette potenzialmente a rischio nelle più diverse situazioni della nostra vita quotidiana, come le mura domestiche, il luogo di lavoro, le manifestazioni di piazza. Riteniamo che sia questa la vera emergenza in Italia.

Amnesty Internationa è un’organizzazione indipendente, anche e soprattutto rispetto alle parti politiche e ai partiti. I politici italiani – lo diciamo con amarezza – non ci hanno creato problemi in questo senso: sono stati estremamente bipartisan, incredibilmente compatti nel coro di esternazioni violente e discriminatorie.

Dopo quel episodio, l’allora sindaco di Roma, Walter Veltroni, ha dichiarato che “non si possono aprire i boccaporti” e che “prima dell’ingresso della Romania nell’Unione Europea, Roma era la metropoli più sicura del mondo”, sottolineando quindi la necessità di provvedimenti d’urgenza. In un’intervista rilasciata il 4 novembre successivo Gianfranco Fini, allora presidente di Alleanza Nazionale, ha dichiarato: “c’è chi non accetta di integrarsi, perché non accetta i valori e i principi della società in cui risiede” e, riferendosi in particolare ai rom ha affermato “mi chiedo come sia possibile integrare chi considera pressoché lecito e non immorale il furto, il non lavorare perché devono essere le donne a farlo magari prostituendosi, e non si fa scrupolo di rapire bambini o di generare figli per destinarli all’accattonaggio. Parlare di integrazione per chi ha una ‘cultura’ di questo tipo non ha senso”.

(Qui l’integrale in Pdf) 

6 pensieri su “BOCCAPORTI

  1. Be’, a dirla tutta qualcosa di vero nella diceria che gli zingari rubino e spingano i propri figli all’accattomaggio c’è (me lo conferma un’amica che si batte per la loro integrazione). Ma il problema grosso è quello della giustizia: dovrebbe servire a circoscrivere chi delinque, ma in realtà non circoscrive quasi nessuno. Ho appena visto in tivù una povera donna che vive nel terrore perché perseguitata da un ex marito violentissimo e intenzionato a ucciderla. Malgrado le ripetute denunce di molestie e aggressioni, l’uomo circola impunemente e prima o poi l’accopperà. Insomma, in un mondo in cui la situazione della giustizia è al collasso, l’esasperazione della gente produce ogni sorta di generalizzazione. Quanto ai predicatori, compresi quelli della rete, il più delle volte predicano bene ma razzolano malissimo… ahimè che tempi, e che more!!!

  2. Glassnost non esite un solo caso accertato dalle forze dell’ordine di bambini rapiti da zingari. A meno che tu non creda anche che gli ebrei bevessero il sangue dei neonati cristiani e cose così.
    (comunque il luogo comune è reciproco. I rom sono CONVINTI che i gagi, cioè io e te, siano tutti pedofili).

  3. ehm … calma. glassnost dice “qualcosa di vero nella diceria che gli zingari rubino e spingano i figli accattonaggio c’è” non dice che rapiscono i bambini. Quindi che c’ entra la replica di biondillo?
    Potrebbe essere interessante, anzichè far scattare riflessi condizionati sulle dicerie fondate o meno (oltre all’ amica di glassnost che si batte x la loro integrazione, i dati del ministero della giustizia che dicono?) ragionare su quel concetto di integrazione. Ho in mente un punto: molte culture che vorremmo integrare (non so quella rom) o con cui vorremmo convivere non riconoscono pari dignità a uomo e donna, nè nei principi nè nei fatti (la nostra almeno sui principi mi sembra avere le idee chiare, sui fatti ….). però non sottovaluterei il dato formale della parità tra uomo e donna. Come si declinano integrazione e tolleranza su questo piano? lo stesso sui diritti dei minori. Anche qui …

  4. Una donna viene stuprata e poi uccisa. il colpevole è un uomo. Ha importanza che sia un uomo di nazionalità rumena?
    Una vecchietta, ma succede anche alle giovani donne palestrate, viene scippata e il giornalista precisa la nazionalità dell’assalitore.
    Ho appena finito di leggere “Hitler “di Genna, rinverdendo e completando le mie informazioni su Goebbels, lo scrittore fallito, il genio della propaganda nazista…
    Le persone sono imputabili di reato, non di appartenenza ad una razza, etnia, religione o sesso.
    Chi uccide, massacra di botte o violenta una donna, non lo fa perchè è un uomo; lo fa perchè è violento o sadico ed è per questo che deve essere incriminato e condannato. Gli immigrati rubano. Tutti?
    Un’equazione semplice come: reato=pena non deve trasformarsi in persona =reato.
    Le generalizzazioni rassicurano, ma non pagano.
    Che la violenza maschile e le sue motivazioni debbano diventare oggetto di riflessione e studio è tutt’altro discorso. Sarà compito del magistrato comminare la pena ( e dell’ordinamento giudiziario farla scontare), del sociologo indagare suelle cause dell’esplosione della violenza sulle donne, del politico proporre leggi a tutela della sicurezza del cittadino.
    Se uno stato funziona, non ha bisogno di ronde organizzate da privati.
    Ci mancano sole le ronde, i pestaggi e il clima da Far West. Abbiamo regole e leggi democratiche: sarebbe sufficiente applicarle o a qualcuno andrebbe bene cambiarle? Falilulela

  5. Glassnost, perdonami, ma la mente umana è strana assai. Ho letto quello che diceva Fini (“e non si fa scrupolo di rapire bambini”) e per replicare a lui ho “creduto di leggere” quello che non hai detto. Scusami.

  6. Il commento di Michele mi sembra interessante, perché tocca il punto focale. Io ho sempre pensato che il modello migliore sia quello francese, ma è pur vero che nell’applicazione pratica il successo è stato relativo: gli immigrati di seconda e terza generazione che per il diritto sono francesi a tutti gli effetti, di fatto sono esclusi da molte opportunità proprio a causa del loro essere d’origine straniera. Da qui le violenze delle banlieues, che però sono proprio un tentativo disperato – perciò violento – di rimarcare il proprio desiderio di voler essere francesi a tutti gli effetti e trattati come tali. E’ possibile riprendere il modello francese e cercare di applicarlo evitando gli errori fatti in Francia? Teoricamente sì, ma in Italia mi sembra quasi impossibile, e non certo perché c’è un governo di destra.
    Il modello francese garantisce agli immigrati la cittadinanza e un trattamento uguale a quello dei cittadini “purosangue”, purché essi usino la lingua e accettino norme legali e valoriali del paese ospitante. Le proprie particolarità culturali non sono certo represse, ma limitate alla sfera del privato. Detto questo, che successo può avere un modello simile in un paese come l’Italia dove sono per primi gli italiani ad avere scarso rispetto per le leggi e dove la sfiducia nella collettività e il ripiegamento sul privato sono la tendenza dominante?

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