CINQUE MILIONI, DICASI CINQUE

Ieri sera, invece, mi sono occupata di Mister Brown. Dan Brown. Questo il pezzullo uscito oggi sul quotidiano.

Sei anni dopo, e dopo aver venduto la strabiliante cifra di ottantun milioni di copie in tutto il mondo, arriva il seguito de Il codice da Vinci. Non si chiamerà, come dalle prime indiscrezioni, La chiave di Salomone, bensì  Il simbolo perduto, uscirà il 15 settembre in America e Inghilterra e la prima tiratura sarà di cinque milioni di copie. La più alta nella storia della Random House. “Un gran giorno per i lettori e gli editori”, alza i calici  Sonny Mehta della Knopf Doubleday. Che, dal sito ufficiale di Dan Brown, rassicura i fan: sì, ci sarà Robert Langdon, l’iconologo, e l’azione si concentrerà in dodici ore. “Sfida stimolante”, commenta Brown, che sottolinea i cinque anni di ricerche che hanno portato al nuovo libro, definito laconicamente  “un viaggio strano e meraviglioso”. Il Guardian riferisce che l’azione potrebbe essere ambientata a Washington e che questa volta ad occupare il ruolo centrale potrebbe essere la Massoneria.
Se fosse vero, occorrerà attendere le reazioni. Come si ricorderà, l’Opus Dei, protagonista de Il Codice Da Vinci, non la prese benissimo. In un comunicato ufficiale della Prelatura, nel 2003, si stigmatizzava il romanzo in questo modo: “descrive membri dell’Opus Dei che praticano macabre mortificazioni corporali, che uccidono persone. Tutte queste affermazioni sono assurde e senza fondamento”.

Non fu l’unica tempesta in cui incappò il romanzo: Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln, autori del saggio Il Santo Graal, portarono Brown in tribunale per plagio. L’Alta Corte di Giustizia di Londra lo assolse: il giudice, anzi, si prese la briga di nascondere nella sentenza un codice cifrato, tanto per gradire.

Poi ci fu l’anatema, vero, dell’Arcivescovo di Genova Tarcisio Bertone, che invitò a non comprare e non leggere Il codice da Vinci. Le vendite schizzarono in alto.  Inoltre, schiere di lettori (tra cui alcuni decisamente illustri, come Franco Cardini, Philippe Daverio e Massimo Introvigne) e navigatori hanno fatto le pulci al libro per sottolinearne gli errori: un’intera voce di Wikipedia è dedicata ai medesimi. Per giustificare l’anomalia di chi cerca inesattezze in un’opera di fiction, occorre ricordare che fu lo stesso Brown, in un’intervista alla CNN, a ribadire che tutto quanto contenuto nel libro era “al 99% vero”.

Naturalmente ci furono anche gli anatemi critici: che elevarono il romanzo a simbolo della decadenza e caduta della letteratura. Senza considerare che probabilmente Il Codice da Vinci andava studiato più dal punto di vista sociologico che culturale. E senza considerare un dato, fornito da Gianarturo Ferrari nel 2005, durante un’edizione dei Presidi del Libro a Bari: “il segmento più forte dei 3.300.000 lettori italiani del Codice da Vinci sono i lettori forti, non i deboli”.

Ad ogni modo, negli ambienti editoriali americani c’è entusiasmo: l’auspicio, par di capire, è che un best seller possa risollevare le sorti in tempi di crisi economica, e di fronte all’inquietante meno tre per cento delle vendite dei libri nei primi due mesi del 2009 va bene tutto. Anche un Langdon improbabile.

 

35 pensieri su “CINQUE MILIONI, DICASI CINQUE

  1. La Chiesa è dai tempi de “La Dolce Vita” che cerca di tapparsi la bocca quando vede opere sacrileghe, avendo scoperto il potere pubblicitario della censura.
    Ogni tanto le scappa…

    Debbo confessare che “Il Codice Da Vinci” l’ho letto e divorato in una ventina di ore. La storia è ganza, peccato che abbia una qualità letteraria infima.
    Capire le ragioni del successo planetario di un libro del genere non è mai semplice. Il mistero e l’ammore sono credo i volani principali per il grande pubblico di lettori.
    E Brown li ha ben mixati. Certo c’è più densità spirituale in un verso de “La buona novella” di Faber, ma questo è un romanzo da “ombrellone”, e se risolleva le crisi editoriali ben venga anche il sequel.

  2. Che cazzata madornale quella di Ferrari, i lettori forti sono non più di 20.000 in Italia, quasi tutti i miei amici sono tali e non ne conosco uno che lo abbia letto, al massimo hanno visto il film.

  3. Che dire, io non l’ho letto – e so lettora forta. Non so se mi acchiapperebbe perchè preferisco altre infimità che so tipo le soap operas ecco, di cui mi sono nutrita con giuliva ingordigia. Ma come per quelle, credo che la chiave sociologica sia importantissima nella decodifica di un successo – e pure c’è qualcosa di viscerale che acchiappa in certi cassetti di monnezza come alla fine penso sia il codice da vinci, che non riesco ad afferrare e da cui anche io sono genuinamente rapita. Perchè lo so che quando mi guardo un cero tipo di prodotto non è che sto li a famme pippe di decodifica sui miti della modernità. Quelle posso riservarmele per dopo, e credo che abbiano una loro utilità, ma sul momento c’è altro. Qualcosa di ludico, qualcosa che ha a che fare coi giochini di quando ero bambina.
    Dopo di che ci ho un’amica che fa soldi facendo la guida turistica per i luoghi der codice da vinci:)

  4. Non ci vuole il master ad Harvard per capire che l’affermazione “il segmento più forte dei 3.300.000 lettori italiani del Codice da Vinci sono i lettori forti, non i deboli” è una cazzata, basta un minimo di buon senso, a meno che non si pensi che i lettori forti in Italia siano 2 milioni.

  5. Sergio ha ragione. Ferrari è molto bravo a comunicare se stesso, ma la frase non sta in piedi. O c’è un inghippo di significato su quel “segmento più forte” o semplicemente non ha un senso compatibile con le cifre che vengono snocciolate sui lettori in questo paese.

  6. Oddio, se i lettori forti sono 100000 in un paese (per dire) di 55 milioni di persone, è chiaro che una percentuale più alta di lettori avrà letto Dan Brown rispetto alla percentuale che l’ha letto, calcolata su 54 900 000 italiani… ma non credo che questo sia il modo giusto di fare i conti!

  7. Non vedo ragione per accapigliarsi sui numeri, “il segmento più forte” non significa necessariamente quello più forte dal punto di vista numerico. Fra i lettori forti che conosco io, in molti hanno letto “Il codice da Vinci”. Quasi tutti condividono la mia opinione: è la versione cartacea di Voyager.
    😀

  8. Bisognerebbe sapere quanti sono i segmenti che rappresentano la tipologia dei lettori in base alla frequenza. Io a questo punto sarei curioso di leggerlo, ma avrebbe senso dopo tutto ciò che ne è stato detto e scritto? Non sarei troppo prevenuto in ogni caso?

  9. Concordo con Alessandra, avendo letto anch’io il Codice. Mi sfugge il senso di “lettori forti”: ci sono molte ragioni per leggere un libro, non sempre coincidenti con le ragioni per cui, una volta letto, ti è anche piaciuto.
    Piuttosto, dovremmo annotare lo sbocco di bile delle alte sfere vaticane verso il Codice come il primo palese segno dell’inversione reazionaria e sub-culturale che il nuovo inquilino del vaticano ha impresso alla Chiesa.

  10. Ciao Girolamo, per “lettore forte” intendiamo in Italia colui che acquista almeno sette/dieci libri l’anno. Secondo le stime dell’AIE questi lettori “particolari” ammontano a circa 4.760.000 su 14 milioni di italiani che leggono (dati 2008).
    Gentili Sergio e Paolo, questi sono i numeri dietro ai ragionamenti di Ferrari. Dandoli per buoni non stupisce come molte copie del libro di Dan Brown siano finite sugli scaffali anche dei lettori “forti” che comprano più di quelli “deboli”.

  11. Definire “lettore forte” chi legge 7/10 libri l’anno è semplicemente ridicolo, il frutto di un pensiero molto “debole”, di un paese cultralmente stremato. Allora noi chi siamo, “lettori energumeni”? Ma mi faccia il piacere, avrebbe detto Totò.

  12. Ha ragione Sergio a ritenersi un’eccezione; purtroppo abbiamo la percezione distorta dal leggere molti libri e difficilmente possiamo immaginare persone che non comprano nemmeno un libro o neppure ne leggono uno nel corso di un intero anno.
    Sono un lettore “forte” come lei da quando so leggere. Tuttavia potrei presentarle adesso venti persone che rientrano invece tra i lettori “deboli” e sono la maggioranza, mi creda. Le auguro una buona notte, vado a dormire anch’io.

  13. La questione è un’altra, caro Luca, è che qui si sta facendo del maquillage lessicale per nobilitare la categoria dei best sellers e dei lettori occasionali. A me ricorda tanto la proposta che fece Berlusconi nel 2002 quando la Fiat era in crisi, e lui suggerì di cambiare il nome della Punto chiamandola Ferrari (forse anche Gianarturo). Il “lettore occasionale” di un tempo oggi è stato promosso a ”lettore forte”, e il “non lettore” è diventato un “lettore occasionale”, così la crisi non c’è più, come la pancia della pubblicità. L’ho sempre detto io che l’antielitismo è un elitismo massificato.

  14. “Siccome la gente, invece di leggere le cose migliori di tutti i tempi, legge soltanto la roba novissima, gli scrittori rimangono nella cerchia ristretta delle idee circolanti e il secolo affoga sempre più nel proprio sudiciume”.
    Credo che il buon vecchio filosofo Arthur avesse ahimè ragione.

  15. Resta il fatto che il “Codice da Vinci” ha venduto un sacco in tutto il mondo. Non avrà venduto solo ai lettori forti, ma anche a loro. A me l’hanno regalato. L’ho letto. Mi è sembrato di una ingenuità narrativa disarmante e pieno di assurdità. Ma capisco che una specie di enciclopedia delle leggende nere abbia successo. E vabbe’. Che ci vogliamo fare? Vogliamo proibire alla gente di leggere Dan Brown? Allora dobbiamo proibire anche Topolino. Lasciamo che leggano, che facciano il pieno di stupidaggini e che se ne stufino. Allora gli passerà.

  16. Eh Sergio Garufi:)
    In non so quale indagine Istat io mi trovavo sempre a chiedere.
    “Quanti libri ha letto recentemente?”
    E la stragrande maggioranza – stragrande te dico –
    “uno”.
    Una percentuale consistente dei lettori del libro uno alla domanda del titolo rispondevano (correva credo l’anno 2004)
    “la bibbia”.
    Che n’effetti è tanto ricco de spunti:)

  17. Io non sono entrato nel merito del libro, non l’ho letto e non mi interessa farlo, e non mi passa neanche per la capa di proibirlo a chiunque, resta però il fatto che affermare che il segmento più consistente dei suoi lettori è costituito dai c.d. lettori forti è un ridicolo e soprattutto falso tentativo di nobilitarlo, come se si dicesse che la maggior parte degli spettatori dei cinepanettoni di vanzina sono i cinefili.

  18. Uno che lavora in fabbrica o in posti ben peggiori, tipo i call center o i fast food oppure (sommo orrore) le casse degli ipermercati, se non rinuncia alla lettura, riuscirà comunque a leggere – se va bene – un quarto d’ora prima di dormire, o in ritagli di tempo conquistati con tenacia. Difficilmente riuscirà a leggere più di un romanzo al mese, e quindi si arriva ai famosi “dieci all’anno”, ma per me il suo sforzo per riuscire a leggere è ammirevole, lo ritengo un lettore *forte*, la ritengo una lettrice *forte*, con la forza tira avanti, con la forza trova il tempo di acquistare un libro, con la forza trova/s’inventa il modo di leggerla. Per me non si tratta di lettori “occasionali”, occasionale è il finto sforzo di chi può permettersi di leggere quanto e quando vuole.
    L’ho sempre detto io che l’elitismo altro non è che elitismo :-/

  19. WM1, dici delle cose di un populismo e di una demagogia talmente ridicoli che in confronto a te Berlusconi è il conte Nuvoletti. Le persone che appartengono alla fascia di reddito bassa (quorum ego, per cui nessun “sommo orrore”) di tempo libero ne hanno eccome, se no la fattoria il grande fratello amici ecc ecc non avrebbero l’audience che hanno, il problema è che lo impiegano in modo diverso.

  20. Garufi, non è questione di tempo libero, ma di energie a disposizione. Dopo una giornata di lavoro secondo te ci vuole la stessa energia per guardare la televisione o leggere un libro?
    Secondo me anche leggere un libro non super-impegnativo richiede un impegno mentale maggiore che guardare una trasmissione di intrattenimento, anche migliore del grande fratello (che so, quelle di Crozza o Fazio).

  21. Scusa Anghelos, io non ho detto perché lo impiegano in modo diverso quel tempo libero, mi sono limitato a contestare l’affermazione populista di WM1 che negava il fatto che avessero tempo libero a disposizione. So bene che l’impegno è diverso, anche confrontando quei reality col codice da vinci, e questa è appunto la ragione per cui la disaffezione alla lettura riguarda tutte le fasce sociali, non solo gli eroici lavoratori dei call center.

  22. Per me la disaffezione alla lettura non viene dalla televisione, viene dall’arroganza di chi pretende di decidere quali sono i libri degni e quelli indegni. E cerca di dimostrarlo con toni intollerabilmente supponenti.

  23. Più che di tempo in senso assoluto, è un problema di abitudine alla lettura. Se uno è abituato a leggere, leggendo anche solo un quarto d’ora da un giorno all’altro non soffre del problema di “non mi ricordo dove ero arrivato, devo sempre rileggermi due pagine prima e faccio una fatica bestiale”. Infatti gli ultimi dati AIE che ricordo citano tra le prime cause di non lettura il fatto che leggere sia “faticoso”.
    Non a caso uno dei motivi del successo del Codice da Vinci è che è suddiviso in capitoli brevi(ssimi) e tendenzialmente ridondanti che lo rendono molto scorrevole e per niente “difficile”.

  24. Io mi associo a Wu Ming 1, che cosa significa “lettore forte”? Può essere assai relativo, stiamo parlando soltanto di quantità di tomi? Uhm.
    Io credo che dipenda molto dal tipo di lavoro che si fa nella vita, di conseguenza il tipo di persone che si frequentano. Frequentare persone che trattano cultura come argomento di conversazione durante il lavoro ha un peso, altra cosa invece se si parla solo di calcio, auto e Grande Fratello (si può parlare di questi argomenti anche con approccio curioso e interessante, ma credo capiti di rado).
    Sicuro è che certi ambienti favoriscono la lettura, altri meno, non sempre, ma spesso.
    Io vedo però una costante: si segue sempre più l’onda omologante e recente. Una volta i librai potevano essere dei fortissimi deterrenti verso la novità magari scadente, oggi purtroppo sono quasi spariti anche quelli e ognuno si arrangia come può, a volte per seguire il gregge a volte fidandosi dei media che spesso rilanciano notizie senza avere sfiorato il libro di cui si sta parlando.

  25. concordo con Giuliana.Io leggo di tutto,a seconda dei momenti.il codice l’ho letto perchè me lo ha prestato un conoscente e devo ammettere che ero curioso per tutto il polverone che aveva suscitato.non mi è piaciuto,non lo avrei mai comperato…….ah,io appartengo alla categoria di quelli con il reddito basso,talmente basso che è quasi inesistente,ma la TV la guardo mooolto poco!

  26. Se leggere è faticoso, la colpa è degli scrittori. Chi scrive vende storie: è suo dovere, prima di tutto deontologico, strutturarle in modo adatto all’epoca che vive, ai tempi in cui respira e mangia. E’ suo dovere non far fare fatica ai lettori. Dan Brown ci riesce. Piaccia o no il suo libro, c’è da studiare i motivi, non da arricciare il naso.
    Il resto sono chiacchiere. Troppo facile dire che si legge faticosamente perchè ‘non si sa leggere’. Troppo, troppo facile.

  27. “Se leggere è faticoso, la colpa è degli scrittori. Chi scrive vende storie: è suo dovere, prima di tutto deontologico, strutturarle in modo adatto all’epoca che vive, ai tempi in cui respira e mangia. E’ suo dovere non far fare fatica ai lettori.”
    Beh, ad ogni modo esistono grandi classici della letteratura che sono “faticosi”, *Guerra e pace*, *Moby Dick* etc…
    In quel caso che si fa, si smette di leggerli?

  28. Mai trovato faticoso Moby Dick.
    Ad ogni modo: i classici sono definiti tali da una comunità (interpretativa, direbbe Fish). Non è che c’è una qualche Legge metastorica che li renda di una classe superiori. Quindi, se si fa fatica, e non si hanno interessi di altro tipo (teorici, per esempio), si, si smette di leggerli. Qual è il problema?
    L’idea di un’ ‘Arte eterna’ è come quella di una ‘Scienza eterna’: religione monoteista sotto altro nome…
    …e tutto IMHO, of course.

  29. Scusate tutti, è talmente evidente che ha ragione Sergio Garufi.
    Vi accapigliate, sembra la versione letteraria di Porta a Porta, diciamo che il contegno non è degno del luogo.
    I lettori forti vivono di e fra i libri. O no? Va bene che non siamo nell’Ottocento, purtroppo pochi Giacomo Leopardi con cui chiacchierare, ma se dite così allora per i pallidi seguaci di quella che un tempo fu vera lettura dovremmo creare la categoria lettori fortissimi, ma perché? A parte che il senso è che il messaggio è distorto.

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