Anticipazione for blog only: estratto dal primo capitolo di Contro il ’68 di Alessandro Bertante. State bene.
Le donne
e gli uomini protagonisti della lunga stagione contestataria (in Italia sebbene
in forma assai mutevole e crepuscolare dura fino alla metà degli anni Settanta),
superata la soglia della maturità hanno più o meno consapevolmente castrato i
propri figli, tenendo sotto tutela le loro aspirazioni e impedendoli anche a
livello economico una reale emancipazione. Dal loro punto di vista noi saremo
per sempre giovani. Nostro malgrado, invecchiando naturalmente come tutti gli
altri uomini e donne prima di noi, ci mancherà il privilegio della maturità. E nonostante
una formazione scolastica dignitosa – sicuramente priva delle agevolazioni
politiche di cui hanno goduto i contestatori – non potremmo nemmeno contare su
di una casa nostra e su di un posto di lavoro sicuro. Saremo costretti a vivere
sotto tutela, all’ombra del perduto benessere dei nostri genitori. Come in una
sorta di purgatorio laico al quale si accede senza avere commesso peccati.
Per noi
non c’è benessere, non c’è proiezione immaginifica e soprattutto non c’è
conflitto. La prima conseguenza di questo mancato spirito di rivalsa
generazionale è la difficoltà di comunicazione. I trentenni italiani con
i sessantottini non si parlano e non si capiscono. Tendiamo a evitarci
cordialmente. Anche perché secondo una loro radicata, stravagante quanto
infondata convinzione noi non abbiamo ancora guadagnato la pari dignità
culturale, afflitti come siamo dalla sfortuna di aver trascorso la nostra
giovinezza in un epoca di grande disagio esistenziale. L’incomprensione
inevitabilmente genera spiacevoli equivoci. Guardando con sospetto qualsiasi
fenomeno avvenuto dopo la loro irripetibile giovinezza, gli intellettuali
sessantottini hanno cercato di etichettarci con delle categorie anonime e prive
di significato: generazione x, generazione y, generazione del disimpegno, generazione
dei mammoni, degli eterni adolescenti, degli inconcludenti che non se vanno di
casa.
È
umiliante. Manco fossimo dei bambolotti che non sanno camminare con le proprie
gambe. Questo atteggiamento misto di incredulità e paternalismo benpensante, si
è sviluppato nel tempo, si è rodato con gli anni e si è infine consumato fino
alla nausea.
In quanto
ultima generazione virtuosa dell’umanità, i sessantottini non si sono
preoccupati di chi sarebbe venuto dopo di loro. Hanno vissuto nel presente,
hanno lottato per il presente, creduto nel presente, bruciato il presente,
senza mai provare a indirizzare lo sguardo in avanti. Per la loro immediatezza
di vita “volevano tutto” e tutto hanno avuto. Anche meritoriamente, va detto
perché il puro sentimento di appartenenza come la innata capacità di
condivisione e di mobilitazione, furono risorse straordinarie, una forza d’urto
rara e invidiabile. Ma purtroppo breve e non sempre onesta, perché proprio mentre
ridicolizzavano aspramente l’aspirazione piccolo borghese del posto fisso e
della tranquillità economica, si sono presi cura dei propri interessi: assunti
a tempo indeterminato, garantiti al cento per cento, non licenziabili, molti
sono diventati perfino baby pensionati, una bizzarria surreale ma significativa,
esemplare per chi pensa di non avere eredi. E se lo Statuto dei lavoratori (promulgato
nel 1970, inseguito alle lotte operaie dell’Autunno caldo) rimane una delle più importanti
eredità politiche del Sessantotto, a noi nati dopo hanno lasciato in dote un
mondo del lavoro disgregato e persecutorio, nel quale l’oramai capillare e
consolidata diffusione del precariato è solo l’aspetto più appariscente di una
crisi in realtà etica ed esistenziale, cominciata proprio con la loro sconfitta.
Gramo destino il nostro. Fanalino di coda di una Europa ancora impalpabile,
viviamo alla giornata senza riuscire a immaginare un futuro, come figli
illegittimi di una nazione che rappresenta l’antitesi ideale e pratica di tutte
le battaglie politiche e sociali degli anni settanta, una nazione fiaccata dal
malcostume e culturalmente depressa. Nella loro illusione di eternità, hanno
vissuto come se non ci sarebbe mai stato un ricambio.
Temo che diamonds abbia ragione. quella generazione ha combattutto violentemente la generazione precedente. E’ il caso, per questa, di fare altrettanto, senza sconti e senza prigionieri. La conquista della loro libertà ha detetrminato automaticamente la compressione della generazione attuale, dunque non era vera libertà ma vera e propria prepotenza. la autentica libertà è solo quella che rispetta quella altrui.
Quella generazione, ora sbandiera flessibilità e competizione, ma non certo per sè stessa, solo per gli altri. E’ il caso che qualcuno apra gli occhi.
Wilde, se tu sapessi qualcosa del ’68, sapresti che le lotte in fabbrica non sono partite dagli “sbarbatelli saccenti” appostati fuori dai cancelli, ma dalla generazione di giovani operai immigrati negli anni ’60. Sapresti che ogni conquista è stata un momento di rottura sociale, e che non era affatto inscritta nel sistema produttivo la necesità della sua attuazione, ma solo la sua possibilità. hai mai letto, per dire, un qualche discorso di Valletta, Agnelli, su quello che i padroni volevano e non volevano?
Quanto a chi c’era in Italia, hai ragione: c’era Carlo Donat Cattin. Quello che disse ai dirigenti sindacali: o il contratto dei metalmeccanici lo firmate con me, o lo firmate con i generali dell’esercito. Pensi fossero svolazzi retorici, tanto per intrattenere Lama e Trentin? C’era, Mariano Rumor. Quello che, capo del governo, fece il discorso alla nazione la sera della strage di piazza Fontana. Hai un’idea del come e perché il circolo degli autori della strage sapevano che Rumor avrebbe parlato in televisione prima di piazzare la bomba? Del perché fossero certi che avrebbe proclamato lo stato di emergenza e sospeso le garanzie costituzionali – talmente certi da indire una manifestazione congiunta MSI-Avanguardia Nazionale per il 13 dicembre, facendo affluire a Roma migliaia di fascisti? Del perché il generico appello a difendere lo Stato sia stato da costoro considerato un tradimento, tale da condannare a morte Rumor (con almeno due susseguenti tentativi dimostrati di eseguire la condanna)? Del perché la manifestazione di cui sopra sia stata revocata nel cuore della notte?
Lo sai di cosa si discusse apertamente, appena un mese prima della strage, al congresso della DC? Dello scioglimento anticipato delle Camere e della possibilità di sospendere le garanzie costituzionali.
Quindi, fai un favore: apri gli occhi tu, prova a dare un’occhiata non dico alla cosiddetta “controinformazione” (che pure è utile), ma ai giornali che trovi in ogni emeroteca, ai libri che puoi comprare o prendere in prestito in biblioteca, ai filmati che puoi visionare sul sito della RAI o acquistare (come, ad esempio, La notte della Repubblica), alle fonti dirette che trovi in rete (uno tra tutti, il Memoriale di Aldo Moro, che qualcosa evidentemente ne sapeva).
Dimenticavo: Donat Cattin non è Pinochet? Pinochet è responsabile diretto della morte di circa 5.000 cileni. Donat Cattin, col suo veto a qualsivoglia campagna di informazione sull’esistenza dell’AIDS – «l’AIDS es lo prende chi se lo va a cercare», lo hai dimenticato? – di quante migliaia di morti è responsabile per (come reictano i cattolici come lui) “pensieri, opere e omissioni”? Perché Marco Donat cattin è considerato un terrorista, e su Carlo Donat Cattin si fanno convegni celebrativi della nobile figura di politico cattolico?
E nel periodo del cosiddetto ‘riflusso’ – come si disse con metafora mestruale azzeccata per una generazione già definita come ‘proletariato biologico’ – ho potuto osservare che i più furbi, gettato il colletto alla Mao alle ortiche, occuparono poi i migliori posti nelle Università, nelle televisioni e nelle amministrazioni pubbliche e private, e si comprarono la Bmw e la cocaina tipica dei ‘tossici integrati’ degli anni Ottanta, in attesa di collegarsi via Internet e gettarsi a capofitto nella superstrada dell’informazione, nel sogno di una supposta o suggerita comunicazione globale o liberazione tramite costose protesi elettroniche.
Questo mentre i più stupidi fra quelli che volevano dare l’assalto al cielo finivano in cura dai guru per una buona terapia neanche a prezzi popolari; e i più poveri finivano in cessi insanguinati, con l’ago nella pancia, in qualche angolo della metropoli rischiarato d’irrealtà.
Non so se quella sessantottina sia la peggiore generazione di egoisti, di pentiti e di opportunisti e psicopompi che l’Italia abbia mai conosciuto. So però che volevano mandare al potere l’immaginazione, la loro immaginazione. E che molti han dovuto vedere le proprie buone intenzioni rovesciarsi in cattivi effetti. Che li consoli un po’ di buona letteratura. Kafka, per esempio: ‘Non ci fa tanto male ricordare le nostre malefatte passate, quanto rivedere i cattivi effetti delle azioni che credevamo buone’. […] E’ qui, a Milano trent’anni dopo ( 1998) , che inciampo ancora nel corpo del mio essere sociale, lo rivolto con la punta del piede e lo trovo splendidamente decomposto. Al punto giusto per ritornare verso le portinerie delle case dalle finestre munite di solide inferriate e lampeggianti segnali pronti a dare ancora l’allarme; e i videocitofoni e gli orologi e le telecamere agli angoli di certe strade del centro con le banche vigilate notte e giorno; e poi le scale e gli uffici delle amministrazioni e delle Ussl disinfettate all’alba, tutti i santi giorni, con impiegate in preda a sogni agitati ‘un attimino’ e burocrati di mezza età, ex-compagni di un tempo sopravvissuti a tutti i cambiamenti, anche a Tangentopoli, seduti su poltroncine in pelle, anche umana, girevoli, che ti offrono un sigaro con un sorriso brillante come un getto di napalm……
Ho apprezzato il commento di Girolamo, e mi sento di dire che lo condivido al 90%, l’unico dubbio che mi viene è questo, cosa c’entrano le giustissime e condivisibili lotte sindacali di quegli anni con il movimento del 68? Le lotte sindacali avvengono in tutto il mondo e continueranno per tutta la durata probabilmente della storia umana, non sarà che il movimento del 68 quelle legittime lotte le abbiano più che favorite ostacolate?
Io per la verità in quegli anni non ero ancora nato, d’altro canto un giudizio complessivo su quel movimento non può prescindere dal rispondere a questa semplicissima domanda.
Mi piacerebbe poi che qualuno finalmente ammettesse che lo stalinismo, il maoismo, e l’ideologia comunista imperante sono stati il primo e il vero nemico dei lavoratori in tutto il mondo conosciuto. In Russia e Cina ciò è evidente, in America e in molti paesi del Nordeuropa altrettanto, visto che le migliori conquiste sindacali si sono ottenute senza ricorrere a ideologie sbagliate e arcaiche.
Nei paesi europei, invece, di frontiera (con la Cina e con la Russia)la sovrapposizione è stata devastante. Gli effetti Le lotte sindacali ideologizzate attraverso il movimentismo ed parzialmente eterodirette da potenze straniere a fini di destabilizzazione democratica, soprattutto in Italia, hanno determinato ciò che subiscono oggi le nuove generazioni.
Vale a dire, il disincanto, e al confusione.
Il movimentismo attuale non solo è veramente minoritario e fortemente contraddittotio, per cui deve ricorrere a stratagemmi mediatici mediocri per risultare appariscente, ma lascia nella indifferenza e apatia consumistica il resto delle forze giovanili che non avendo alcun idea forte o utopia da perseguire, in sostanza se ne frega ampiamente di tutto e di tutti. Quanto alla stupidità di Donat Cattin si commenta da sola, e prov a ampiamente la sua mediocre valenza sul piano della lotta politica.
In sostanza la classe democristiana ha sempre e solo subito le lotte politiche del tempo e che altri hanno combattuto da una parte e dall’altra, e il suo grande merito o difetto è stato quello di rimanerne fuori, furbescamente e a ragione, in attesa che le contraddizioni si risolvessero da sole.
Circostanza che si è verificata esattamente con l’omicidio di Moro, per certi versi simile al fenomeno dell’annientamento di Craxi. Episodi sbandierati come purificatiri della classe politica ma sostanzialmente restaurativi.
Tu hai un’idea strana del ’68, caro wilde.
“cosa c’entrano le giustissime e condivisibili lotte sindacali di quegli anni con il movimento del 68?”
ti chiedi, e vuoi una risposta qui. Erano strettamente intrecciate, gli operai li incontravamo davanti alle fabbriche e ci “insegnavano”.
Perché non vai in biblioteca? Noi ci andavamo.
E’ anche così, andando in biblioteca (e non fidandosi solo della rete), che alcuni sono diventati quei mostri di arroganza giornalistica che vengono pittati qui da Bertante.
Appunto. Proprio quello che volevo dire. Se voi cari figli di papa’ borghesi, invece di contaminarli con le vostre stupide idee inculcatevi da qualcuno molto più intelligente di voi e straniero, vi foste fatti i fatti vostri, quelli, i lavoratori veri, avrebbero ottenuto molto di più.
Wilde afferma: «Mi piacerebbe poi che qualuno finalmente ammettesse che lo stalinismo, il maoismo, e l’ideologia comunista imperante sono stati il primo e il vero nemico dei lavoratori in tutto il mondo conosciuto».
Basta quel finalmente, Wilde. Potrei fare un elenco degno di uno spammer su chi ha ammesso che le varie ideologie che hanno concretizzato l’utopia comunista sono state il primo nemico dei lavoratori: ed è un elenco che parte dagli anni Settanta. Ad esempio, te l’hanno mai detto che Piperno e Scalzone parteciparono a un convegno con gli intellettuali russi del dissenso? hai mai letto le cose scritte da Bifo nel 1976?
Dici di essre giovane, dò per buona la tua buona fede: ma permettimi di dirti che hai un’informazione di quel periodo, degli anni a seguire, di cosa significa esssere comunista o anarchico oggi che, ben che vada, non va oltre Mieli e Liguori. Però hai tutto il tempo per rimediare. Se ne hai davvero voglia.
Li avete illusi, gli avete fatto credere in un mondo migliore che invece era peggiore, gli avete fatto credere di essere tutti uguali, ma il sottinteso e che voi ne sareste dovuti diventare i leader, sapevendo benissimo di essere più “uguali” di loro. Gli avete insegnato che il potere doveva essere abbattuto, perchè corrotto in se’ stesso, ma solo per subentrarvi voi. Li avte aducati a tutto pretendere , senza dare nulla in cambio, e sono diventati dei parassiti, oltretutto malpagati e ricattabili da voi, che li avete resi controllabili poichè ormai confusi, poveri, umiliati. L’ha mai sentito un operaio americano, se ne frega dei sindacati, delle ideologie, dei filosofi, dei cattivi maestri, dei Michael Moore, o Al Gore, Uno è esaltato solo dal potere mediatico di Hollywood e dagli ex sessantottini come voi, comunisti allo champagne. L’altro è stato già trombato ampiamente, (e insiste grazie sempre ad holluwood) nonostante fosse stato il secondo di uno che tutto sommato di sinistra lo era, e il successo lo aveva ottenuto mandando a quel paese la paccottiglia ideologica, creando molta ricchezza in un paese già ricco di suo.
Caro Girolamo dire che Scalzone e Piperno parteciparono a conferenze sul dissenso Russo e come dire che Santoro ha amici preti. Fra un pò mi dirai che erano anticomunisti. Nella vita si può sbagliare, ma essere ipocriti evitiamolo.
“Li avete illusi, gli avete fatto credere in un mondo migliore che invece era peggiore, gli avete fatto credere di essere tutti uguali, ma il sottinteso e che voi ne sareste dovuti diventare i leader, sapevendo benissimo di essere più “uguali” di loro.”
Ma credi che fossero scemi?
Io tutto quello che ho imparato l’ho imparato da loro. La classe operaia allora aveva una fortissima cultura (di classe)
Io non so se sei giovane, mi sembri vecchissimo, ma se sei giovane e hai davvero voglia di sapere quel che è successo, datti da fare, le carte ci sono. Invece di lanciare strilli e anatemi generici.
Ma forse sei vecchissimo, e anche destrorsissimo.
Se c’era una parola, allora, che la classe operaia (proprio lei) rifiutava, era quella che difendi tu qui, e si chiamava MONETIZZAZIONE.
Wilde, Piperno e Scalzone portarono intellettuali russi del dissenso a Milano per la semplice ragione che Autonomia era tutto fuorché filo-sovietica, come lo era buona parte della sinistra rivoluzionaria. Ma temo che tu preferisca credere che i comunisti erano tutti uguali a come piace dipingerseli, e tanto peggio per i fatti. come diceva Hegel. Stai bene, e continua a credere che milioni di uomini e donne hanno fatto quello che hanno fatto solo perché pochi intellettuali e politici sono stati così perfidi da ingannarli per trent’anni: non arrivi neanche primo, ci ha già scritto un libro Furet.
Sono di sinistra, e sono un radicale.
L’accusa di essere di destra me l’aspettavo, e mi meravigliavo del fatto che tardasse ad arrivare. Di Scalzone non ho letto nulla, ma l’ho sentito parlare in televisione varie volte.
Era pomposo, cattedratico e contorto. Praticamente l’altra faccia di Ciriaco De Mita. Oltretutto snocciolava critiche alla società capitalistica vecchie di 200 anni e più.
I comunisti di allora non erano tutti uguali, ma la sostanza cambiava poco. Mao era diverso da Lenin che era diverso da Stalin che era diverso da Trotsky, che era diverso da Castro e via discorrendo, ma in realtà la verda differenza era nella aspirazione alla leadership di ciascuno di loro. I milioni di lavoratori che sono stati ingannati, non erano cretini, ma erano deboli poichè sfruttati prima dai padri borghesi e poi dai figli finti rivoluzionari.
La democrazia in Italia era giovane, oltretutto nata su basi equivoche e compromissiorie, non avevano le basi culturali per decodificarvi. Avete usato lo spauracchio del fascismo e del nazismo, trascurando di ricordare che erano costole del comunismo. Avevano tutte la stessa idea di società, solo che per i primi dovesse costruirsi su basi nazionalistiche per il secondo su basi classiste, la differenza era inesistente, e l’avrebbe capito chiunque con un minimo di cultura.
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A proposito, cosa è la monetizzazione? sinceramente non lo so.
Il punto è proprio questo, Wilde: Scalzone sta, e stava già nel 77, sulle palle anche a me, ma da qui a ricostruire il movimento del 77 a partire dalla sua immagine, e dalla sua immagine non per conoscenza di quello che ha detto e fatto nel 77, ma sulle sue comparsate televisive odierne, ce ne corre. Chi è l’ipocrita, tu che parli di cose che non conosci, ma che non possono che corrispondere a quello che tu ritieni debbano essere [e tanto peggio per i fatti], o io che ti segnalo alcune cose e ti invito a verificare se è vero quello che dico? O verificare, informarsi, prendere coscienza dei fatti è faticoso? [A proposito, se per “comunisti” intendo PCI e sindacato, sì, Autonomia era anticomunista, pensa un po’! E non è certo un demerito, dal mo personale punto di vista].
E comunque, chi ti ha dato del “destro”? Non io (al massimo ti ho fatto notare che ripeti le tesi di Furet, che era un liberale: e comunque dire cose già dette da Furet significa non esssere originale, non certo essere come lui perché ne condividi un’idea), non Alcor… Avrai mica la coda di paglia?
Sbagli Girolamo, io non contesto affatto le cose che dici su Scalzone e su altro, anzi credo assolutamente alla loro veridicità. Quello che mi preoccupa è quello che non dici.
I particolari che menzioni sono appunto particolari e non colgono affatto l’insieme.
Il fenomeno del 68 era senza dubbio un fenomeno vasto e multiforme. Ma la sua sostanza va giudicato sulla scorta degli effetti che ha prodotto. Io non ne vdo di positivi. Aiutami tu a trovarne. Quanto ai negativi mi sembra che tu sia daccordo con me sull’aver ostacolato le legittime lotte operaie.
A proposito ma chi è questo Furet? io non lo conosco, in ogni caso me ne compiaccio del fatto che qualcuno la pensi come me. In ogni caso la originalità o ripetitività di una tesi non influiscono sulla sua validità. Anzi credo di aver capito a cosa ti riferissi quando parlavi della monetizzazione, forse ti riferivi al denaro in termini dispregiativi. Io non so se gli operai rivendicassero salari più eequi ed umani ma sarebbe stato contraddittorio, come lo era, farlo in nome di una teoria alquanto superficiale del denaro e della ricchezza. In realtàla tesi poco originale era quella secondo cui il denaro è sterco del demonio, ma solo quando appartiene agli altri. Se invece non sei daccordo su questo posso comunicarti gli estremi del mio conto così potrai essere genereso, visto che sono laureato e precario.
Poi evitiamo di giocare con le parole, se autonomia operaia era anticomunista, posso senz’altro dire che il comunismo è un fenomeno di destra poichè dittatoriale, poco vicino alle masse realmente bisognose e assolutamente conservatore, mentre il liberalismo è certamente un fenomeno di sinistra poichè riformatore democratico e antifascista.
A proposito della monetizzazione, voglio dire che se sei operaio e il tuo stipendio è da fame, sciopera lottta e fatti dare ciò che ti spetta, ma non farlo in nome di una teoria della “monetizzazione” che ti ha insegnato il neoborghesuccio di turno intellettualoide di sinistra, (non mi riferisco a te Girolamo e non ti offendere), con notevoli problemi edipici ed adolescenziali, come è accaduto e spero non accada più.
Nel ’72 Sofri aveva già 30 anni, e Negri 39. (prendo questi due perché LC e Potop furono il sale del ’77). La massa degli studenti nel ’72 aveva un’età media di 20 anni (i medi erano numerosi quanto gli universitari, e si andava dal sedicenne al ventiquattrenne). Dal punto di vista politico (teorico/pratico) il collante era il leninismo, ma un Lenin “nuovo”, altrettanto lontano dall’ideologia cinese m-l che dalla mediazione gramsciana PCI.
E’ adesso in rete la registrazione della puntata di Otto e mezzo di venerdì dedicata appunto a Contro il ’68, presenti Alessandro Bertante, Michele Serra, Pamela Villoresi e Francesco Merlo, oltre ai conduttori estivi del programma, Alessandra Sardoni e Pietrangelo Buttafuoco. Il tutto qui.
Wiòlde, usare google, wikipedia o qualche altro strumento informatico quando ti imbatti in un nome o un concetto che non conosci – no?
Quanto alla teoria, sarà prodotta da neoborghesucci intellettuali, ma a volte aiuta a chiarire le idee: senza il plusvalore (cnctto introdotto da un piccolorghese ebreo-tedesco, che per lo più viveva ascrocco del suo amico borghese tedesco), le lotte operaie sarebbero morte per eccesso di luddismo o inccomprensione dei meccanismi di sfruttamento.
Cmq: per sapere cos’è la monetizzazione, e perché è un concetto centale, leggiti i libri di Christian Marazzi, il cui nome evidentemente ignori. Quindi, ignorandolo, evita di etichettarlo come borghesuccio intellettuale ecc. Per dirla in due parole: l’operaio che legge Marazzi impara un sacco di cose su come lo stanno derubando col TFR (nel mercato mondiale, non solo qui in Italia), e magari capisce che c’è qualche altra ragione per incazzarsi e lottare.
Caro Girolamo, Il plusvalore, la dittatura del proletariato, il materialismo storico, sono concetti oltre che arretrati, molto ERRATI. Il discorso su Marx diventa in effetti molto complicato. Se ne può apprezzare senz’altro la critica alla società capitalistica, e l’impegno quasi solitario nei confronti dei lavoratori sfruttati, ma le soluzioni erano già 200 anni fa aberranti. Oltetutto paragonare Scalzone, Negri o un Sofri, (intellettualoidi da strapazzo) a Marx (uno dei più grandi filosofi dell’800) mi sembra indecente.
Le lotte operaie dell’800, forse non patevano fare a meno di quest’ultimo, ma gli altri era meglio evitarli.
Più precisameente passando al 900, chi ha fatto di più per i poveri e i diseredati del mondo, Kennedy o Martin Luther King, che erano di sinsitra liberal e anticomunisti, o Castro e Mao nei rispettivi paesi? Figuriamoci gli emuli italiani da strapazzo.
Lo so che i mie ragionamenti ti possono sembrare semplicistici, ma il più grande difetto del 68 era proprio quello di intellettualizzare il mondo intero.
La realtà può essere complessa, ma la soluzione non può mai essere la complicazione ma la analisi e la semplificazione.
L’uso della terminologia elevata, spesso ambigua, le teorizzazioni astruse il linguaggio metaforico, sono il metodo più usato per incantare le scimmie.
Prova a leggere un proclama delle BR o un discorso di Bertinotti o un scritto di Negri e te ne accorgi. Io ci provo ma poi mi vengono i nervi.
Nazzareno, il filmato che linki dura 17 minuti, sai se/dove è possibile vedere tutta la puntata? Grazie.
Conordo in pieno con l’ultimo intervento di wilde horse.
E poi non vale! cfr. Aldo Ricci, “Contro il ’68”, Gamma edizioni 1978 (di cui ho a mente l’incipit marxiano-fulminante: “Invece della contestazione dello spettacolo, fu lo spettacolo della contestazione”.)
DB, per favore parla come mangi, visto che non hai davanti il tuo psichiatra.
x Lucio: per quello che ho potuto capire, delle varie puntate di Otto e mezzo sono disponibili in rete solo i filmati relativi alla prima parte, più, per ogni trasmissione, Il punto di Lanfranco Pace. Tra i podcast, invece, per qualche puntata è disponibile anche la seconda parte, ma nel caso in questione ancora non c’è niente. Altro non so, mi spiace.
Wilde (e poi chiudo, che mi sembra di polemizzare con il fake di chi so io, evidentemente uè contagioso):
te lo ha mai detto che l’aspettativa di vita a Cuba è di 81 anni, mentre quella degli USA è di 80? Così, tanto per confutare una a caso delle tante sciocchezze che riferisci per sentito dire senza sapere di cosa parli.
Lo riposto scritto meglio:
Wilde (e poi chiudo, che mi sembra di polemizzare con il fake di chi so io, evidentemente un certo atteggiamento è contagioso):
te lo ha mai detto nessuno che l’aspettativa di vita a Cuba è di 81 anni, mentre quella degli USA è di 80? Così, tanto per confutare una a caso delle tante sciocchezze che riferisci per sentito dire senza sapere di cosa parli.
Personalmente trovo il libro di Bertante un’analisi lucidamente revisionista di ciò che è stato il ’68. Se da un lato non possiamo certo negare la forza propulsiva del ’68 italiano nell’abbattere certi tabù legati ad quella mentalità clerico-borghese in quel momento maggioritaria in Italia, è altrettanto vero che il movimento si è poi cristallizzato in una serie di posizioni addirittura reazionarie. In quegli anni la società si apriva alla post-modernità, alla teorizzazioni della scuola di Francoforte in prima istanza e soprattutto dell’Internazionale situazionista di Debord.Quelle posizioni,quelle si autenticamente rivoluzionarie e “pericolose”, furono soffocate da un marxismo di ritorno in larga parte anacronistico, che riportò a galla idee e metodi di lotta risalenti ai primi anni del secolo. Ciò ha bloccato l’avvento della post modernità in Italia, ed è un fatto che il partito comunista italiano invece di evolvere in tal senso, accogliendo i vari Debord, Baudrillard(rip), Barthes etc, ovvero accogliere un’analisi sulla deriva della società post industriale, sui mass media etc, che è quello su cui si dibatte oggi, si arrovella ancora su posizioni Marxiste ormai fuori tempo massimo.
L’aspettativa di vita a Cuba è di 81 anni perchè è una dittatura.
Con Mussolini, è nata la scuola pubblica, la rete ferroviaria e i treni erano più veloci di quelli di oggi ed arrivavano in orario, la rete idrica, le bonifiche, l’assistenza sanitaria, e moloto altro ancora da far impallidire Cuba. Non scomodiamo neanche la Germania di Hitler.
Tutto ciò però non vale la libertà, a meno che non sei un comunista e/o fascista, tanto è uguale.
Poi chi te lo dice che a Cuba l’aspettativa di vita a Cuba è di 81 anni il Minculpop?
A proposito Girolamo non confondere i libri con i fatti e la realtà. Te lo ripeto, posso non conoscere in modo preciso le teorie e le “emanazioni editoriali” in cui c’era tutto ed il contrario di tutto, di ciascuno dei protagonisti di quegli anni, (immagino che circo equestre sarà stato, e che nitrire), ma ne conosco gli effetti in termini reali, perchè si producono oggi e mi rabbrividiscono. Non posso dimenticarli in ossequio alla rievocazione del mito. Forse l’unica, non trascurabile, battaglia vinta in quegli anni è stat la liberazione sessuale, (conseguentemente si è evoluta la struttura della famiglia) ma per il resto, soprattuto in campo economico, è stato un disastro.