D'ORRICO E I SUPERLATIVI

Perché non dirlo? Ci sono in giro, o stanno arrivando, libri italiani di tutto rispetto. In alcuni casi, decisamente da non perdere. Ne cito tre, per ora: Atomico Dandy  di Piersandro Pallavicini, Perceber di Leonardo Colombati, La ragazza che non era lei di Tommaso Pincio. Mi aspetto la reazione: dalli ai capolavoristi. Il dalli si aggirava anche  per l’ormai celebre tavolo del convegno torinese sulla Restaurazione: sull’eco della polemica sul bee jay , sull’onda delle lodi e della contestazione di Piperno,  in aperto dissenso con il Miserabile Scrittore. E, soprattutto, contro Antonio D’Orrico.

Ora, avviene che il D’Orrico medesimo abbia ieri pubblicato sul Magazine del Corriere della sera un articoletto che a mio parere merita attenzione, e che probabilmente non sopirà la polemica. Ma vale la pena di leggerlo (anche fra le righe). Ecco qui.

“Sempre di più con il passare del tempo (questa pagina ha ormai undici anni) aumentano i lettori che chiedono strumenti (o almeno trucchi) per stabilire chi sono gli scrittori maggiori, quali sono i libri eccellenti. E unità di misura e proporzioni. E classificazioni e graduatorie. Un compito immane. Una volta c’erano “cinque o sei poeti supremi” ai quali si faceva pacificamente riferimento, scriveva molti anni fa in questo libro, Tolstoj o Dostoevskij, opportunamente ripubblicato (da Garzanti, ndl), George Steiner. Poi non è stato più possibile: “siamo diventati dei relativisti penosamente consci del fatto che i principi critici sono solo tentativi di imporre periodici governi alla intrinseca mutevolezza del gusto”. Eppure proprio in questo libro superiore, Steiner celebra la vecchia critica, quella che “nasce dall’ammirazione”, quella che concepisce “la letteratura non come fenomeno isolato, ma, al contrario, al centro del gioco delle forze storiche e politiche”.

Questo libro su Tolstoj e Dostoevskij è un libro che nasce dall’ammirazione: “Essi rappresentano in assoluto i due romanzieri più grandi (tutta la critica, nei suoi momenti cruciali, è dogmatica, ma la vecchia critica si riserva di esserlo apertamente e di usare i superlativi)”. E Steiner cita, a rinforzo, il giudizio di Forster: “Nessun romanziere inglese è grande come Tolstoj, vale a dire nessun romanziere inglese ha offerto un quadro altrettanto completo della vita dell’uomo, sia dal versante domestico che da quello eroico. Nessun romanziere inglese ha esplorato l’animo umano profondamente come Dostoevskij”. E, naturalmente, il discorso si estende anche ai non inglesi.

E’ rispetto all’arte del romanzo nel suo complesso, sottolinea Steiner, che Tolstoj e Dostoevskij sono i campioni assoluti. I loro nomi si possono inserire nello stesso giro di frase accanto a quelli di Omero e Shakespeare. “Possiamo nominare nella stessa frase l’Iliade e Guerra e pace, Re Lear e I fratelli Karamazov. Sono tutte opere ugualmente semplici e complesse”. E qui Steiner aggiunge un pensiero molto difficile da dire. Dice che non c’è modo di dimostrare “che chi pone Madame Bovary al di sopra di Anna Karenina o considera Gli Ambasciatori altrettanto grande e importante dei Demoni è in errore, che non ha il minimo orecchio per certe tonalità essenziali”. Eppure così è: “Questo tipo di ‘sordità’ non può assolutamente essere smentita da una qualche argomentazione logica”. E Steiner conclude: “Lasciatemi dunque affermare la mia incrollabile convinzione della supremazia di Tolstoj e Dostoevskij tra tutti i romanzieri”.

Lawrence d’Arabia (il mio eroe preferito del secolo scorso, e chi sta vedendo come è iniziato il secolo successivo converrà che era un’ottima e profetica scelta) aveva uno scaffale dove teneva i libri titanici (scaffale che ho visto e toccato nella sua casa nel Dorset). C’erano i Karamazov e Guerra e pace (e Zarathustra e Moby Dick). Cari lettori, credetemi, il superlativismo è meglio del relativismo”.

51 pensieri su “D'ORRICO E I SUPERLATIVI

  1. Sinceramente non ho capito dove D’Orrico voglia arrivare, ma una cosa è chiara: i tre libri di “sicuro rispetto” che tu hai citato sono, a mio modesto modo di vedere, libri molto mediocri. Il fatto che la critica (e cioè TU) non abbia il coraggio di dirlo in modo chiaro significa molte più cose dei giri di parole di D’Orrico.

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