FRATELLI D'ITALIA

Ieri pomeriggio, terminando un complicato articolo sul bullismo femminile, riflettevo sulle parole di Ada Fonzi, che fra i primi (mi verrebbe da dire per prima, ma ultimamente mi muovo con molta circospezione anche su questo blog: mi sembra che ci siano un po’ troppe suscettibilità in agguato) ha parlato in Italia di bullismo (1997, per essere esatti). Fonzi, che è persona di squisita saggezza, mi ha raccontato che c’è una frase che citava sempre quando interveniva nelle scuole. Una frase di Bobbio: Nulla educa alla democrazia come l’esercizio della democrazia.
Difficile che la frase medesima non ritorni in mente ad ogni piè sospinto. O ad ogni articolo di quotidiano (i vigili di Parma). O davanti al libro di Carlo Bonini. Si chiama Acab. Esce per Einaudi. Viene definito libro/inchiesta o romanzo/saggio (un ibrido, insomma). Parla di poliziotti, e non solo, dopo Genova 2001. Vi posto qui un passaggio chiave, tratto da una chat intranet della polizia di stato.  L’anticipazione completa su Repubblica.
C. DA ROMA Non capisco perché non vogliate parlare degli errori commessi. Qui si tratta di dire chiaramente:
I colleghi che gridavano Sieg Heil ci fanno vergognare, o no?
I colleghi che avrebbero minacciato di stupro le signorine antagoniste meritano la nostra esecrazione, o no?
I colleghi che si accanivano con trenta manganellate sul primo che passava senza sapere se era solo un povero illuso pacifista o un violento vero, hanno sbagliato, o no?
La collega che al telefono con il 118 di Genova, riferendosi alla Diaz, parla di “Uno a zero” dimostra di essere intelligente?
Su queste cose non ci può essere ambiguità!!!
L’esistenza è battaglia e sosta in terra straniera.
Clic.
E bravo il nostro C., pensò Drago. Stai a vedere che ora gli vanno addosso i padovani. Se ne stanno zitti da troppo tempo. Ma è più forte di loro. Se c’è da far vedere chi ce l’ha più duro, loro non sanno resistere. Rinfrescò la chat. Solo per vincere una scommessa troppo facile.
Clic.
E. DA PADOVA Caro C., rispondo alle tue domande:
“I colleghi che gridavano Sieg Heil ci fanno vergognare, o no?”
No. Non mi vergogno del fatto che in polizia ci siano dei coglioni. Non più del fatto che ci siano in Italia. Sono fiero di essere celerino e italiano, nonostante loro!
“I colleghi che avrebbero minacciato di stupro le signorine antagoniste meritano la nostra esecrazione, o no?”
No. Per questa domanda, oltre a valere la risposta sopra, concedimi anche il beneficio del dubbio. Chi prenderebbe seriamente un tentativo di violenza a una capra malata? Il popolo antagonista non brilla certo per l’attaccamento all’igiene! Non credo a quello che, sicuramente in malafede, sostengono questi personaggi!
“I colleghi che si accanivano con trenta manganellate sul primo che passava senza sapere se era solo un povero illuso pacifista o un violento vero, hanno sbagliato, o no?”
No. Pur essendo convinto assertore della totale inutilità di infierire su un manifestante inerme (questo è l’unico sbaglio, sprecare le forze su uno solo), sappi che è impossibile farsi rivelare dal manifestante durante la carica, se è un “povero illuso pacifista” o meno. È inoltre abbastanza difficile, dopo ore di sassaiole subite, magari con fratelli feriti anche gravemente, beccare uno dei personaggi che ti stanno avanti e picchiarli solo un pochettino. Quello che dico è che il povero illuso, visti gli stronzi che stavano con lui, poteva tornarsene a casa invece di manifestarci insieme! Se gli è andato bene fare da scudo per questi delinquenti, allora non si può lamentare di subirne le conseguenze! Che poi qualche collega si sia comportato come un qualsiasi essere umano sotto stress non mi sembra né incomprensibile né disdicevole. Sicuramente qualcuno avrà commesso sbagli. Sai quanti poliziotti c’erano a Genova? Di sicuro non mi vergogno per i loro errori!
“La collega che al telefono con il 118 di Genova, riferendosi alla Diaz, parla di “Uno a zero” dimostra di essere intelligente?”
No. Ma come si dice a Roma, sti cazzi! Hanno messo a ferro e a fuoco una città, rischiando di farci fare una figura di merda a livello internazionale, provocando danni, feriti, spese enormi e si preoccupano della frase di una telefonista? Non mi vergogno per quello che ha detto. Mi vergogno perché oggi la madre di un teppista imbecille, dimostrando una mancanza di scrupoli e un cinismo degni di una Kapò, è riuscita a farsi eleggere senatrice della Repubblica; perché un partito italiano ha fatto intitolare un’aula all’imbecille!
Non voglio i soldi di questi politici. Non voglio i soldi da questo governo (e da un altro come questo). A difendermi ci penso da me, con l’aiuto di Dio e dei fratelli celerini, che mi stanno accanto e non mi tradiscono nel momento del bisogno.
Once in the Celere, always in the Celere.

Post scriptum e aggiornamento: Beppe Sebaste parla con Fred Vargas. Leggete, possibilmente mettendo da parte i preconcetti.

8 pensieri su “FRATELLI D'ITALIA

  1. Il libro di Bonini sembra molto interessante (del resto lui è molto in gamba); trovo però piuttosto scorretto il modo in cui l’anteprima è inserita nella homepage di repubblica.it, senza nulla che avvisi il lettore della natura ibrida del testo. Quel virgolettato nel sommario (“l’italia è un anfibio di celerino”) è una reale trascrizione o è una – bella – creazione letteraria di Bonini?
    Un po’ di chiarezza non guasterebbe, credo. Che se da un certo punto di vista la cosa non importa (è verosimile che nella polizia ci sia chi pensa cose simili), relativamente a quello che viene pubblicato su un giornale allo stesso modo delle notizie “fattuali” la distinzione assume una certa importanza.

  2. @rainbow: non sono d’accordo, non è la certezza della punizione che mi può convincere di avere a che fare con persone che hanno la dignità di esseri umani in quanto esseri umani e che hanno diritti e doveri come me nella società.
    Non credo che sapere che se sbaglio dovrò subire una pena mi aiuti a capire il male che ho fatto o l’entità dei danni che ho provocato – tant’è vero che in Francia, ma non solo lì, esiste la possibilità di far incontrare i detenuti processati alle loro vittime perché abbiano la possibilità di rendersi conto chi e quanto hanno danneggiato, senza che questo abbia alcun tipo di effetto sulla pena che devono scontare.
    Sul post: quello che mi colpisce è che per i personaggi (nel senso di personaggi del libro, dato che non l’ho letto e non so quanto questo passaggio sia frutto di documentazione o di fantasia) identificati come i “padovani” non esistono cittadini, soggetti con diritti e in ultima analisi destinatari delle preoccupazioni delle forze dell’ordine, con cui rapportarsi, ma solo “capre”, “manifestanti”, “antagonisti”, insomma, solo persone che stanno dall’altra parte della barricata, che non appartengono “alla famiglia” celerina e come tali sono per lo meno sospetti.
    [Sorvolo sull’affermazione di questo presunto padovano secondo cui la minaccia di uno stupro può essere credibile o meno a seconda dell’interesse sessuale che può suscitare la presunta vittima….]

  3. @Terzilla. Dici “Non credo che sapere che se sbaglio dovrò subire una pena mi aiuti a capire il male che ho fatto o l’entità dei danni che ho provocato”. Mia risposta: “E chissenefrega di aiutarti a capire quello che, se ne hai voglia, puoi intuire benissimo? A me interessa dissuaderti dal credere che – in caso di conclamato sopruso – la farai franca grazie a buonismi, sconti di pena, immediato rilascio per reati che prevedono pene inferiori a tre anni & altre menate tipiche dei paesi in cui rubare, corrompere, intimidire ecc. sono diventati uno sport collettivo, con grave scorno di chi, appunto, crede nella giustizia e nel rispetto dei diritti di tutti.”

  4. Ihihih chi sa a cosa si riferiva l’allusione alla ipersensibilità bloggheristica! te Lipperina sbuffi – ma per me è cosa saggia. 🙂 Le suscettibilità sono in agguato ovunque, attorno alle persone che si considerano e sono considerate autorevoli. In specie da parte di discipline che, disgraziatamente per loro e per chi avrebbe diritto a fruirne, non sono considerate autorevoli affatto.

  5. O.T. visto che Loredana ha promesso di parlarne, segnalo che tra qualche minuto a Fahrenhet parleranno di ‘Mamma non mamma’ con intervista alle due autrici, Carola Susani e Elena Stancanelli.

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