FROM BIONDILLO TO BERARDINELLI

In questi giorni c’è stato uno scambio di interventi fra Nazione Indiana e Alfonso Berardinelli: partito da una lettera di Andrea Inglese e Andrea Raos, continuato con un articolo di Berardinelli su Il foglio, proseguito con una replica di Inglese e Raos. Oggi Berardinelli riceve un’altra lettera: da Gianni Biondillo. Tutta da leggere: qui.

37 pensieri su “FROM BIONDILLO TO BERARDINELLI

  1. Il dibattito, un pò polemico, tra Berardinelli e Inglese/Raos ha segnato un paio di punti negativi contro la coppia.
    La cosa che non mi è affatto piaciuta è stato il tentativo di spostare l’asse del confronto dalla poesia a questione più prosaicamente personali.
    La risposta di Berardinelli in tal senso si è rivelta migliore: ha messo in luce una struttura di pensiero più articolata, lontana da schematismi approssimativi nel campo della morale.
    Di più: è stato un errore il moralismo della coppia di N.I capace a suo dire di elargire quelle patenti di giusto e sbagliato che sono da sempre prerogrativa dell’establishment.
    In tal senso ancora meno è piaciuta questa sensazione di voler riproporre la questione mondo del blog (rivoluzionario e attento al nuovo che avanza) Vs mondo cartaceo (reazionario e statico). Si tratta infatti di una verità parziale; sicuramente mondo delle riviste è oramai nella palude più fangosa; ma anche il nuovo che poteva essere sul web è in un periodo di violento stallo, dal momento che oggi troppi blog e riviste digitali ripropongono gli stessi stilemi dell’accademia.
    Ecco che alla fine si crea una sterile contrapposizione tra due mondi, bolle chiuse di auto-referenti.
    E della poesia? Che cosa abbiamo capito? Sempre che si possa capire qualcosa.

  2. Luigi, io non credo che i blog ripropongano così spesso gli stilemi dell’accademia. Viceversa, non sempre e non necessariamente le pagine culturali dei quotidiani sono statiche o conniventi. Questa, e concordo con te sulla sterilità della contrapposizione, è una visione miope. O, in alcuni fortunatamente limitatissimi casi, il frutto di ossessioni personali che poco hanno a che fare con discussioni costruttive.

  3. Lippa, come sei dura con le ossessioni personali! Il Cortile a me piace perchè mi pare un concentrato di Ossessionati (comprese tu e io). Diciamo che tutto dipende dalla consapevolezza che una ha della cosa.:)

  4. Sulla consapevolezza, (che è l’essenza di molta arte) io (ragazza), so che ci sono scuole diverse di pensiero.:) per me vanno bene tutte. l’importante è essere onesti e non barare. sei d’accordo?

  5. D’accordissimo con te. Mi pare che nel Cortile ce ne sia anche troppa 🙂 da me al postodeilibri.it ci divora, addirittura! Però certo, dipende dai punti di vista, dalle tradizioni culturali, politiche, ridanciane dalle quali si viene. dalla voglia che una(o) ha di mettersi in discussione pure, di ridere davvero, di sè.

  6. Non ho usato il termine sempre. E’ importante questo distinguo perché estremizzando un argomentazione la si indebolisce.
    Poi ognuno, visto che si parla di coscienza – io aggiungo la parola sguardo – può e sa valutare quanto questa contrapposizione c’è, ed è reale; può anche valutarla in termini di territorialità: D’altronde leggo subito la parola cortili. E’ quest’idea di spazio chiuso calcato su prinicpi di appartenenza che proprio non digerisco.
    Ma non è questo il problema, giusto? Probabilmente no.
    Ecco perché secondo me il post su N.I. ha fallito, perché bisognava restare sul tema; se invece si esce dal cortile per dire che chi sguazza nell’altro ha puzze sotto il naso ed è moralmente eccepibile per il dove e il cosa scrive, allora la questione diventa personale; quindi priva di valore. Il mio commento era su quello.
    Non si tratta di fare l’apologia o l’accusa di questo o quel ‘mezzo’, ma di cercare di restare un pò di più sul tema; che è ciò che manca al dibattito culturale italiano, pieno di personalismi, pettegolezzi e contrapposizioni manichee.

  7. Ricopio (emendato degli orrori di battitura) il post su NI.
    Gianni, sottoscrivo e rilancio.
    Il 6 aprile 1980 Foucault rilasciò un’intervista come “philosophe masqué” (l’avrà inventata lui la moda del nickname?) – «pourquai l’anonymat? par nostalgie du temps aù, étant tout à fait inconnu, ce que je disait avait quelques chances d’être entendu» –, nella quale proponeva un gioco: pubblichiamo per un anno libri senza firmarli, e vediamo come se la cava la critica, costreta a basarsi sul solo contenuto. Beh, io vorrei davvero vederli, certi critici accademici, privati del nome dell’autore e della quarta di copertina! Oggi bisognerebbe rilanciare: se postassimo per un mese soltanto articoli senza indicarne la provenienza? Perché se Berardinelli scrive sul “Foglio” articoli “non da Foglio”, e qualcun altro scrive sul “Giornale” articoli “non da Giornale”, c’è chi invece scrive sul Foglio o sul Giornale articola “foglianti” o, peggio, (perdonate l’eccesso di paronimia) “giornalanti” , e c’è chi scrive articoli “domenicali” sul Domenicale, e anche sull’Espresso o sull’Unità si leggono talvolta cose più che altro “domenicali” o, peggio, “giornalanti” (nel senso che a volte ti viene da chiederti: questo/a legge come Belpietro? capisce come Belpietro? fa finta di aver letto come ***?). E certo tutti hanno un passato e un presente (anche le seppie e gli ossobuchi), ma il passato+presente di un Berardinelli non è uguale al passato+presente di ***. Però mi chiedo: Berardinelli dichiara di svolgere il mestiere di intellettuale con 2.000 euro: è un dato quantitativo o qualitativo? Altri invece alla rendita della testata assomma la rendita accademica, e poi scrive quello che scrive: è un dato qualitativo o quantitativo?

  8. E’ un quasi OT, il mio: perchè vi inviterei ad una seconda e assai lodevole lettura, ma stavolta su Carmilla. Dove appare una lunga “Lode del collettivo” tratta da “Nel tempo dell’adesso. Walter Benjamin tra storia, natura e artificio”. Parole conclusive: «Il collettivo è un essere sempre inquieto, sempre in movimento, che tra le mura dei palazzi vive, sperimenta, conosce e inventa tanto quanto gli individui al riparo delle quattro pareti di casa loro».
    Il resto qui:
    http://www.carmillaonline.
    com/archives/
    2006/02/001669.html

  9. Si scrive per capire cosa i critici diranno di noi?
    Abolire il nome! Mi sembra interessante. Una provocazione
    divertente.
    Ma il nome non è parte della ‘struttura’ emotiva e intellettuale di chi scrive?
    Anche questa è ovviamente una provocazione se si ritiene che ogni libro sia scheggia-specchio del tutto, e quindi anche del nome

  10. Diceva quello:
    “Che è infatti Montecchi? Non è una mano, né un piede, né un braccio, né una faccia, né nessun’altra parte che possa dirsi appartenere a un uomo… Ma poi, che cos’è un nome?…Forse che quella che chiamiamo rosa cesserebbe d’avere il suo profumo se la chiamassimo con altro nome? Così s’anche Romeo non si dovesse più chiamar Romeo,chi può dire che non conserverebbe la cara perfezione ch’è la sua? Rinuncia dunque, Romeo, al tuo nome,che non è parte della tua persona…”

  11. Riprendo da Nazione Indiana il commento di Franz Krauspenhaar:
    “Veramente divertente. Dico sul serio.
    Ora, se nessun quotidiano di “sinistra” (il virgolettato s’impone) offre uno spazio significativo a un critico come Berardinelli, lo stesso Berardinelli dovrebbe stare zitto e mosca, chiudersi nel silenzio dei suoi studi e non provare a fare il critico militante: non è vero?
    Si, perché, a quanto pare, lui fa il critico militante (nel senso che opera una critica letteraria nel suo presente letterario, una critica opinabile, certo, e la lettera aperta di Inglese e Raos lo dimostra). E lo fa, guardate un po’, su un quotidiano come Il Foglio di Ferrara. Posto che il critico fa il suo mestiere in assoluta autonomia di giudizio (ci mancherebbe altro!) l’unico problema “morale” che puo’ porsi (soffoco a stento una risata) è che i soldi che gli vengono dati per le sue prestazioni vengono dalla cassa del signor Berlusconi. D’altra parte, mi sembra di capire, il fatto che il collettivo Wu Ming, anche per molti “moralisti rabbrividiti”, pubblichi i suoi libri con un editore che paga anch’esso dalla cassa del signor Berlusconi è un fatto legittimo, perchè i Wu Ming operano dal di dentro della fortezza nemica, così narra la vulgata, spandendo il loro seme di “verità” (altra risata soffocata) in eroica controtendenza, Davide collettivo contro il Golia pagatore fagocitante- ma non loro, beninteso.
    Ora, mettiamoci davvero d’accordo; perchè non c’è nulla di male se il collettivo Wu Ming scriva per Einaudi, a mio parere; a questo punto, se vogliamo essere davvero onesti, anche chi pubblica per Baldini Castoldi Dalai (come me) dovrebbe essere additato come “servo del padrone indiretto”, perchè la BCD fruisce, nonostante sia un editore tradizionalmente schierato a sinistra, della distribuzione Mondadori: come ben sappiamo, la distribuzione è l’anello forte, sostanziale, della catena alimentare editoriale.
    Dunque se cio’ che conta, come io credo (qualcuno se la sente di contraddirmi su questo punto?) sono i CONTENUTI (dei Wu Ming come di chiunque altro), allo stesso modo Berardinelli puo’ tranquillamente assolvere al suo compito dalle pagine de Il Foglio, senza aver bisogno di giustificarsi, in nessun modo. Il problema della coerenza politica non si pone, secondo me: è ovvio che, tra le righe di una recensione del critico, è possibile capire da che parte stia, o quali sono i dubbi legittimi che l’attraversano.
    Non capisco questo moralismo soffocante, qualcuno me lo spieghi, me ne spieghi le origini, le cause; e mi indichi un possibile contravveleno per combatterne l’asprezza. Io ho paura, una paura fottuta, di coloro che si ergono a paladini di una purezza ideologica, di qualunque colore.
    Salvo flirtare, quando voltiamo la testa dall’altra parte, con l’establishment, il quale, a sinistra come a destra, non campa d’aria.
    Perché l’Espresso di De Benedetti – già che ci siamo – non si costruisce col denaro dei puri, col sudore della fronte di un improbabile, ascetico volontariato. Perché De Benedetti non è migliore di Berlusconi, se non per il fatto (unica eccezione) che non è il presidente del consiglio di questa nazione, che non ha più, da quasi vent’anni, Retequattro; che, insomma, il suo unico merito morale è quello di aver perso la tenzone con l’eterno rivale per il controllo delle televisioni”.

  12. Uffa, avevo deciso di mollarvi per un pò e poi sto sempre a curiosare e mi prudono i polpastrelli. Questa polemica già vecchia manca di un punto di vista, non vorrei dire il mio, ma credo che un giorno o l’altro potrei andare incontro a un siffatto delirio narcisista 🙂
    Bene, ritorniamo ai WM che pubblicano per il Padrone, come se esistesse la possibilità di non farlo. In questo ha ragione Franz. Pubblicano però quello che vogliono e polemizzano apertamento con quello stesso padrone. Ma a conti fatti credo che il B. non sia preoccupato ne dei libri dei WM, ne dell’impatto che hanno socialmente. Sa perfettamente dove sta il suo bestiame e come nutrirlo, si è visto che fine hanno fatto quelli che hanno cercato di ostacolarlo sul suo terreno. Morale: il B, allo stato attuale delle cose, se ne frega di tutti gli scrittori o per meglio dire di tutti gli intellettuali (e non linciatemi, forse è meglio e la cosa consente qualche margine di manovra 🙂
    Per i giornali, a mio avviso, il problema è un altro, sintetizzabile in ciò che diceva un mio amico: ognuno di loro alberga almeno un panda. Vale a dire che anche all’interno di giornali con politica noiosamente piccolo/medio/basso borghese o di destra ci sono, se ci fate caso, due o tre voci reputate autorevoli, integerrime e ‘autentiche’, il corollario intorno è quello che è. Non conosco Berardinelli e da quel poco che mi è capitato di leggere in questi giorni non mi incuriosisce, ma non faccio fatica a pensare che entro dei limiti (non scritti o contattati, ovvio) gli sia concessa una certa libertà (se cominciasse a fare critica ‘politica’ e non ‘conforme’ troverebbero i modi giusti per neutralizzarlo).
    Ci sono arrivata, il mio punto di vista si sposta volentieri dal caso ‘umano’ Berardinelli al Foglio, al Giornale e all’allegra compagnia di destra (ma non necessariamente). Non so quanto Berardinelli e altri come lui siano letti dagli abituali consumatori di codeste pubblicazioni (più probabile che siano discussi nei blog), ma offrono all’idea di m….. che viene spacciata a piene mani in quei giornali una certa legittimazione. Perchè se nel giornale tal dei tali abbiamo il direttore inquisito per mafia o che mangiava i bambini abbiamo anche l’esimio tal dei tali di tendenza quasi opposta che può tromboneggiare (entro certi limiti che, se non è scemo, avrà imparato a valutare da solo) e si tratta di persona ‘onesta’ e ‘colta’ e ‘di fazione opposta’ . Ne conseguono due cose: i lettori abituali si bevono la loro m…. a cuor leggero e con la convinzione di essere ‘democratici’ e ‘superiori’ mentre quelli che criticano la pubblicazione scannano il critico (che poveretto, a volte s’illude e solo campa, ma la cosa non mi fa piacere lo stesso) e ignorano che i risultati ottenuti con la marmellata spalmata sulla m…. sono ben altri e che, purtroppo, siamo sempre più destinati a vedere (diventare?) panda e/o ‘casi umani’.
    Besos

  13. ps. quando parlo di direttori che ‘mangiavano’ i bambini non mi riferisco al modo in cui venivano descritti i comunisti, ma al fatto che certi direttori ‘orchi’ a questo mi fanno pensare 🙂
    besos

  14. Spett.le Spettatrice, dici bene, B. se ne frega degli scrittori, della letteratura in genere. Dunque anche della critica. Il problema è del “consumatore di sinistra”, è tutto suo: costui è costretto, oggi come oggi, a comprare Il Foglio o Il Giornale, oltre a La Repubblica, per leggere degli articoli sulla letteratura di una certa pregnanza… Potere del paradosso.
    E cinismo dei “compagnucci della stampa di sinistra”, aggiungo io.

  15. No, Franz, non la penso esattamente come te. Vedere come un certo meccanismo funziona non vuol dire approvarlo, ne farsene schiavi. Credo che quel tipo di pubblicazioni siano destinate esclusivamente al loro pubblico (di destra o di m….) e che i panda servano a fare il ghirigoro di abellimento e a dare il minimo di legittimazione da usare per bersi in tranquillità idee perlomeno discutibili o per difendersi da critiche. Non conosco gente di sinistra che compra schifezza simile per leggere le recensioni di Berardinelli o altri, al massimo le cerca su internet. Potrei sbagliare, confermo che mi baso sul mio comportamento e su quello dei molti che conosco.
    La cosa che mi preoccupa è proprio il fatto che quelle pubblicazioni, ospitando firme non esattamente schierate con le loro politiche (ma di fatto silenziate dai temi ‘neutri’ che affrontano) stiano acquistando una legittimazione che (secondo la mia visione del mondo) non meritano. Questo non vuol dire che le condannerei al rogo, solo che diventa più difficile rendere palesi i loro reali intenti (politici) perchè la presunta ‘pluralità’ non consente (mi consenta) di renderle immediatamente visibili.
    Franz, da quel tipo di gente non comprerei neanche i lacci delle scarpe, figurarsi critica letteraria, o altro, anche se scritta bene. Preferisco non attingere, attingere altrove o attigere di straforo.
    Poi francamente dell’ipocresia di certa sinistra preferisco non parlare, tengo troppo alle transaminasi in regola.
    besos

  16. Franz, però forse tu volevi dire che la sinistra (io dubito che esista questa categoria univoca)lascia andare degli intellettuali al servizio di B. o di chi altri. Bho, non so, stando alle cose che ho letto (non potrei giurarci, ovvio) risulta che codesto signore avesse incarico accademico e lo abbia lasciato per contrasti ‘ideali’. Quindi si è privato di un’importante fonte di sostentamento per ‘seguire le sue idee’. Non proprio il tipo che insegue il quieto vivere. Sembra anche che avesse delle ‘collaborazioni’ e le abbia perse a seguito del suo ingresso in un giornale di destra. Non mi va di giudicare, ma credo che in ogni cosa ci sia della responsabilità individuale e quindi mi piace pensare questa di Berardinelli come una scelta e come tale la rispetto anche se non la condivido. Mi dispiace che lui parli di colpa o altro, non mi pare sia il caso: ha fatto una scelta. Punto.
    besos

  17. Spettatrice, rispetto il tuo parere, che però considero – non me ne volere, se userò un termine un po’ forte – razzista. E’ chiaro, non parlo di quel razzismo odioso e schifoso di cui è pieno anche il nostro paese, ma di un razzismo strisciante, beneducato, ” de sinistra”, che considera tutto cio’ che viene prodotto fuori dalla propria appartenenza come merce avariata. E invece io credo che si debba anche comprare quei giornali, e non solo per Berardinelli o altre firme, ma anche per rendersi conto del “nero su bianco” di certe pagine politiche; io a volte faccio il sacrificio di comprare persino Libero, per rendermi ancora più conto non del nemico, ma della temperatura di un debolissimo pensiero che ci ammorba. Non è masochismo, no; è solo che voglio sondare terreni minati, a mio rischio e pericolo.
    Perché un consumatore di sinistra non dovrebbe conprare Il Foglio se sa che su quel giornale c’è una o più firme che stima? A volte un solo pezzo buono vale la spesa. Se do qualche soldo a Berlusconi, poi, cosa cambia? Lui diventa più ricco di un euro? Rischia di vincere le elezioni? Rendiamoci conto che il gruppo editoriale che dirige è fatto da persone serie, che lavorano, che in massima parte non la pensano come lui (non parlo del Foglio, certo), che insomma la demonizzazione del gruppo Mondadori è una sciocchezza, sostanzialmente.

  18. Spett, non avevo letto il tuo ultimo commento, scusami. Si, io volevo dire proprio quello. Tu scrivi: “Sembra anche che avesse delle ‘collaborazioni’ e le abbia perse a seguito del suo ingresso in un giornale di destra.”
    E ti sembra un fatto normale? Ti sembra “democratico” tutto cio’?
    Beh, a me sembra terribile.

  19. Franz, forse mi sono spiegata male o forse non ho detto tutto quello che volevo dire. I giornali ripo il Giornale non li compro perchè a volte mi capita di sfogliarli (altri, dove sto, li leggono) e sto parecchio male. Proprio non riesco a digerirlo come pure il Foglio di cui ogni tanto leggo articoli in giro. Non si tratta del fatto di non voler conoscere, si tratta di aver visto che la cosa proprio non interessa. Se ti può consolare questo mi succede a volte (spesso) anche con Repubblica o altre pubblicazioni pure considerate di sinistra. Come ho spesso detto per me leggere è un piacere e una scelta (in base ai miei interessi) tra le molte cose disponibili, non ho tuttavia tutte le conoscenze e le curiosità critiche che avete voi. Per buona parte delle persone che conosco vale la stessa cosa. Sapere che un Berardinelli (di cui ho appreso l’esistenza in questi ultimi giorni) scrive sul Giornale per me era ed è ininfluente nel farmi cambiare gusti di lettura quotidiani. Come vedi Franz il mio è sì snobismo, ma credo lo sia a ragion veduta (o quantomeno è una conseguenza delle mie impostazioni di ‘lettura’).
    Non ho scritto questo papiro per scusarmi, ma per ribadire il fatto che per dei medio-lettori come me la critica ha poco peso e che non sposta di una virgola il target (esiste per le merci e anche per tutti i giornali)di lettori del Giornale. Invece, insisto, la voce interna ‘dissidente’ giustifica, e molto, il corollario di brutti titoli e brutte idee che quella pubblicazione spaccia. A te il diritto di chiamarmi razzista rispetto alla scelta dei giornali (riferito a cose del genere non mi tange) a me il diritto di scegliere dove posare gli occhi quando voglio leggere qualcosa.
    omaggi
    ps.Franz, sulla sua perdita della collaborazione a sinistra tu stai prendendo per buone e per prove delle mie parole che non hanno molto fondamento essendo basate su qualcosa di terza mano che ho letto. Se vuoi aprofondire dovresti rivolgerti a entrambe le parti e sentire le ragioni.

  20. Prendo me: da 2 anni non compro più un quotidiano. Sulla rete trovo parecchie notizie, approfondimenti ecc. Soprattutto leggo gratis City, che ha le notizie ansa, suppongo. Restringendo al campo “culturale”, faccio l’esempio delle recensioni dei film: su City scrive un tale che, mi sono pian piano accorta, mi dava delle dritte giuste, ossia ho imparato a fidarmi di lui. Venivo da un’esperienza negativa e soprattutto costosa: una bidonata dietro l’altra a seguire i critici dei quotidiani a pagamento (non so se è capitato anche a voi). Il risultato è che in 2 anni ho risparmiato 1.000 euro di quotidiani, e centinaia di euro per film-bidone.

  21. D’accordo, Spett. Scusa se ho usato quel termine in fondo ingiusto, anche se immesso in un distinguo preciso (razzista).
    Yara: hai ragione sulla critica cinematigrafica di City: è ottima.

  22. Franz, no problem.
    Tu sei uno a cui piace guerreggiare e io sono una che quando si accorge di ciò diventa ghandiana. Non con tutti e in tutti i casi, però:-)attento 🙂
    besos

  23. OT: Spettatrice, è una settimana che te lo voglio dire: ti ho sognata, l’altro giorno. Eravamo insieme a Umberto Eco, e non mi ricordo più chi, a Bologna!!! (e pensare che almeno di Eco conosco la faccia! Di te neppure quella).
    Che dici? Stacco la spina per un po’? 😉

  24. Luigi: “Il dibattito, un pò polemico, tra Berardinelli e Inglese/Raos ha segnato un paio di punti negativi contro la coppia.
    La cosa che non mi è affatto piaciuta è stato il tentativo di spostare l’asse del confronto dalla poesia a questione più prosaicamente personali.”
    Le critiche possono essere utili, ma devono cogliere nel segno. Quello che tu imputi a noi è una semplice falsificazione. Leggendo le due lettere, e l’ultima in particolare, risulta evidente che quello che non ci interessava era proprio un “processo” a Berardinelli perché scrive sul “Foglio”. Ma volevamo delle risposte su quanto Berardinelli dice sulla poesia francese. Punto.
    Poi abbiamo espresso anche una nostra idea su di cosa sarebbe interessante parlare riguardo ad un critico (come B.) che scrive sul “Foglio”.

  25. OT. Gianni, se ero alta, bella, bionda e con gli occhi azzurri, mi spiace, doveva trattarsi di qualche amica di Eco.
    E poi, perchè proprio in compagnia di Eco? scusa Gianni, ma credo che una visitina dall’analista sia d’obbligo, non vorrei che l’accoppiata Eco (iperNoto) e spettatrice (iperSconosciuta) celasse qualche disagio 🙂
    besos
    p.s. anche il fatto di tenere il sogno nascosto da una settimana non depone a tuo favore (a favore della tua serenità):-)

  26. Scusate l’OT.
    Ieri a Roma c’è stata una manifestazione, NO VAT.
    Quando ancora in piazza c’era poca gente, un drappello di polizia ha sequestrato con la forza uno striscione che diceva: “Ratzinger e Ruini pericolosi impiccioni”.
    Pero’ poi dicono che sono gli islamici quelli fondamentalisti e intolleranti.
    Tutto ciò nel silenzio mediatico: secondo repubblica.it la manifestazione non c’e’ stata, né quella di Roma né quella di Napoli.
    Su google news non esce praticamente nulla.

  27. Ricambi, sono arrivata che c’era già un po’ di gente. Certo, è umiliante che ti strappino lo striscione. Ma sei sicuro? Non è che frequentiamo gente troppo equivoca? Non è che l’hanno fatto perchè sotto, in piccolo, c’era scritto FUORI I PRETI DALLE NOSTRE MUTANDE? Dove sta l’offesa nel fatto di dire IMPICCIONI RATZINGER E RUINI? Boh. Sono ancora stanca per ieri.

  28. Tema strano quello che scaturisce fra le righe di lettere e controlettere, commenti e controcommenti.
    Leggo e mi trovo in bilico. Da una parte sono d’accordo con Luigi: troppo spesso le discussioni sono portate sul piano personale e sbandano paurosamente. Sarebbe da evitare, oltre che poco elegante è generalmente preludio all’inutilità.
    Sull’altra trovo “strane”, almeno per il mio modo di pensare, anche se comprensibili, le argomentazioni di Franz che giustificano l’andare a “prestare la propria opera” alla controparte.
    Per dire: mi occupo di crittografia e non andrei mai a lavorare per una nazione o per una società che opera per una nazione che “non mi piace”.
    E’ una scelta difficile, molto, sia dal punto di vista morale, sia dal punto di vista economico, ma credo siano scelte con le quali tutti i “professionisti dell’intelletto” devono convivere e con le quali fare i conti tutti i giorni. Non è obbligatoria una scelta così netta, ci mancherebbe e ognuno è libero di fare ciò che preferisce, ma a me paiono sempre “aggiustamenti” mal riusciti; e a poco valgono, ai miei occhi, le motivazioni addotte.
    Sarò anche cinico, e probabilmente lo sono, ma alla fine si riducono solo ed esclusivamente a scelte economiche che nulla hanno a che vedere con il lavoro di un “professionista dell’intelletto”.
    E’ come se, visto che in Italia non considerano la crittografia, decidessi di andarla a “vendere” a qualche nazione che la vuole usare contro l’Italia (scegliete voi quale), per il semplice motivo che pagano bene e lasciano spazio alla mia “creatività professionale”.
    A questo punto la domanda che mi pongo è: una simile scelta vale solo per i “professionisti dell’intelletto” che operano in settori *sensibili*? E le altre “professioni dell’intelletto” (compresa la critica e la letteratura), per il semplice motivo che non operano in settori *sensibili* devono essere emendate da tale obbligo morale (ed economico) o no?
    Buona serata. Trespolo.

  29. falsificazione è una parola pesante, fa pensare a manipolazioni ‘politiche’ per demonizzare il pensiero altrui; in questo periodo storico in cui il paese è immerso nel guano, non ho alcuna voglia di essere accumunato a quest’atmosfera intellettuale.
    Detto questo seguo dibattiti e polemiche, e nel merito di questa vicenda sempre più sono convinto di quello che ho detto. C’è una certa confusione ideologico-estetica negli autori. A volte parlano di poesia rispondendo a questioni morali e viceversa. E’ semplicemente una piccola mancanza di rigore estetico.

  30. Ho letto qui e su nazione indiana quello che c’era da leggere, e pure grasso su berardinalli e berardinelli su grasso.
    Veramente non ho parole, possibile che tutto questo polverone nasca da quella che è un’accusa ideologica che puzza di anni Cinquanta e dall’evidente narcisismo di un intellettuale?
    Dove siamo finiti o dove stiamo finendo?

  31. la verità è che di poesia se ne legge poca e pochi hanno qualcosa da dire; e invece sarebbe interessante saperne di più, indipendentemente dai gusti di questo o di quello
    la polemica politica invece è sempre in voga

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