GUARDARE INDIETRO

A parte gli scherzi e fuor di polemica. C’è qualcosa che mi dà da pensare in questo strampalato inizio di autunno: mettiamo in fila almeno due dei libri usciti recentemente, già peraltro citati qui: parlo di Zio Demostene di Antonio Moresco, e dell’antologia Strettamente personale.

Pur diversissimi negli intenti, nella poetica, nel linguaggio, entrambi guardano indietro nella storia privata (che in molti casi, certo, è anche politica) . Passeismovert_1 Ed entrambi mi suscitano un dubbio: antico e invariabilmente  legato a quella parte di produzione letteraria italiana che al soggettivismo resta inchiodata. Da dove nasce, e perché è in incremento, l’esigenza di raccontare se stessi prendendo spunto dal passato, si tratti dello zio rivoluzionario o, come altrove, della mancata rivoluzione che ha sfornato dirigenti di televisioni satellitari? Perché il presente sembra non raccontabile? Avrà mica ragione Naipaul quando dice che oggi il romanzo deve cedere le armi davanti alla narrazione giornalistica?

Ricordo una vecchia teoria di Paolo Fabbri a proposito del “passeismo”. Diceva così: “Sappiamo tutti che gli storici sono i profeti del passato. E così è il nostro sguardo oggi, uno sguardo storico. Siamo entrati nel terzo millennio, ma evidentemente con il volto girato verso il passato…sembra che affrontiamo il nuovo secolo non come all’inizio del Novecento, con lo sguardo rivolto verso il futurismo, ma con lo sguardo rivolto verso il ‘passeismo’”.

E allora? Allora non ho, come sempre, soluzioni: pongo qui le stesse domande che rivolgo a me stessa.

Per le certezze, rivolgersi altrove: per esempio a Massimo Onofri, intervistato oggi dal Corriere sul tema dell’impegno. Finale:

C’è stata, secondo Onofri, una fase storica di totale rigetto degli strumenti critici, che ha coinciso con il momento culminante del «calvinismo» e dell’«echismo». Siamo alla fine degli anni Settanta. «Nel suo nuovo libro sulla generazione di Tondelli che sto recensendo per Diario , Palandri racconta l’esperienza della rivista Panta : mi ha sempre colpito il fatto che da quell’esperienza fu tenuta volontariamente fuori la critica, eppure Tondelli era una spugna che assorbiva di tutto. Però gli mancavano i quadri di riferimento, il senso della tradizione. La biblioteca di Alessandria era stata bruciata per la seconda volta: che cosa potevano fare questi giovani, i più puri di cuore, se non illudersi di ricominciare da capo? Questo è il motivo per cui, rispetto alla generazione precedente (dei Cordelli e dei Montefoschi, dei Tabucchi e dei Celati), le risposte letterarie furono, con le dovute eccezioni, regressive e acritiche. Con l’ultimo Calvino e con i romanzi di Eco, con il mito di Borges e la conseguente convinzione che tutto era stato scritto, la letteratura italiana era arrivata a una fase terminale». Forse si sentì il dovere di azzerare tutto e di ricominciare euforicamente da capo. «Sì, ma Tondelli lo fece in modo molto accondiscendente rispetto alla realtà, aprendosi alle mode e alle mitologie del suo tempo». Per la prima volta insomma si rinunciò al binomio letteratura-critica? «E’ così. Con effetti anche ridicoli di analfabetismo di ritorno. Per esempio lo stupore di Tondelli quando scopre Arbasino…».

57 pensieri su “GUARDARE INDIETRO

  1. Resto del parere che ho già espresso: il presente non è raccontabile perché è DA FARE e fare costa fatica. Fatica mentale, per capire che ognuno ha le sue legittime ragioni e se vogliamo vivere insieme bisogna tener conto un po’ di tutte; per capire che al di là delle diverse opinioni dobbiamo pur riconoscerci in qualcosa di comune; per capire che il passato, comunque lo interpreti, è passato e non macina più: è del futuro che dobbiamo preoccuparci. Ma tutto questo costa fatica. E allora abbasso il presente ! (del futuro, poi, neanche parlarne). Dedichiamoci a interpretare il passato nel modo che più ci fa comodo, dopodiché avremo due scelte: o il vittimismo di Calimero o la P38.

  2. Aggiungo poi che quando Moresco parla del passato, lo fa SUB SPECIE AETERNITATIS, ovviamente. Non penserai mica che canti del CAOS primordiale!
    A Ferrazzi: ma quale P38, mi faccia il piacere! Lei guarda indietro! Non si è accorto che oggi è più di moda l’uomo-bomba?

  3. Io non so che cosa ci sia in quella casa, cosa ci aleggi attorno, perché tutte le volte che andavo, che dovevo andare anche solo per qualche giorno a Mason, stavo sempre male. Cominciavo a stare male mentre ero ancora nel tratto dell’autostrada Val d’Astico, più mi avvicinavo e più stavo male, a volte anche improvvisamente, un momento prima stavo bene e un momento dopo mi venivano di colpo emicranie, cefalee oftalmiche che mi annebbiavano la vista, vomito, nausea. “Che cosa ci sarà mai in quella casa?” mi chiedevo. “In quale cerchio e in quale nucleo nevralgico sarà collocata, per determinare in me simili reazioni? Che cosa mi trasmette, ancora da lontano, per scatenare nel mio organismo una simile sofferenza?”. Così un giorno, mentre stavo male e mi domandavo queste cose, mi è venuto in mente di scrivere un racconto intitolato La buca, partendo proprio da quella buca di latrina fredda, puzzolente, nerissima che c’era prima dell’orto. Dove si andava a fare i bisogni e dove sono andati a fare i loro bisogni prima di me anche i miei nonni, mio padre, i suoi fratelli, anche lo zio Demostene, lasciando cadere là dentro, sospesi nell’aria e piegati sulle ginocchia, i loro escrementi usciti ancora caldi dai loro corpi e poi inghiottiti dalle viscere della terra come tutti gli escrementi morti usciti dagli uomini morti e dalle donne morte nel corso del tempo.

  4. Inserirmi in un simile consesso a commentare mi pare quasi un’offesa: un’imprudenza imperdonabile.
    E da illetterato mi sbilancio: il futuro può esistere solo traendo energia dal passato, dal soggettivismo. Persino Dick, a mio parere, ha raccontato un futuro denso di passato e, forse, gli unici che ancora riescono a raccontare il futuro, ad immaginarlo, sono i pubblicitari ed i fisici: i teorici aggrappati alle strampalate (?) teorie sulla memoria dell’acqua.
    Tanto assurda come idea, quanto reale, basta invertire i termini: l’acqua della memoria.
    [… Il politico di grido segue i grandi progetti, le grandi riforme, ma i soldi no. Quelli si muovono in basso, tra le mani dei portaborse e dei faccendieri; di omuncoli ambiziosi, di tecnici specializzati, ma senza prospettive, di burocrati frustrati e con la famiglia per bene e l’amante puttana da mantenere. Che lo sa tutto il paese tranne la moglie, oppure finge, perché così deve essere. Perché comunque vada lei è la moglie del burocrate, quella importante e l’altra la puttana con cui si diverte. E le puttane si possono cambiare. …]
    [… Una di queste colline è il mio rifugio; da sempre. Sulla cima un vecchio capanno e quattro alberi secchi con i chiodi per appendere le gabbie degli uccelli per la caccia. Intorno un piccolo prato e poi i gradoni delle terrazze. In pietra. E la vista del mondo intero. Da lì, sin da piccola, ho sempre avuto la convinzione di poter guardare il mondo intero. Quando sei piccola ti sembra tutto grande, smisurato e la mia era la collina del mondo. …]
    Chi può affermare, senza tema di smentita, che questi due brani – ripresi a casaccio – siano solo e solamente una proiezione del passato? Chi può sostenere che l’inizio del commento di Moresco sia esclusivamente soggettivismo?
    E chi può, senza tema di smentita, affermare che i racconti di Verne fossero “una descrizione del futuro”? Non avrebbe potuto, Verne, essere un “viaggiatore temporale” che narrava il suo passato? Con le conoscenze attuali forse no, o forse stiamo solo percorrendo un “momento” temporale diverso, e le nostre conoscenze sono così fragili.Inserirmi in un simile consesso a commentare mi pare quasi un’offesa: un’imprudenza imperdonabile.
    Ci provo, da illetterato, e mi sbilancio: il futuro può esistere solo traendo energia dal passato, dal soggettivismo. Persino Dick, a mio parere, ha raccontato un futuro denso di passato e, forse, gli unici rimasti che ancora riescono a raccontare il futuro, a immaginarlo, sono i pubblicitari ed i fisici: i teorici aggrappati alle strampalate (?) teorie sulla memoria dell’acqua.
    Tanto assurda come idea, quanto reale, basta invertire i termini: l’acqua della memoria.
    [… Il politico di grido segue i grandi progetti, le grandi riforme, ma i soldi no. Quelli si muovono in basso, tra le mani dei portaborse e dei faccendieri; di omuncoli ambiziosi, di tecnici specializzati, ma senza prospettive, di burocrati frustrati e con la famiglia per bene e l’amante puttana da mantenere. Che lo sa tutto il paese tranne la moglie, oppure finge, perché così deve essere. Perché comunque vada lei è la moglie del burocrate, quella importante e l’altra la puttana con cui si diverte. E le puttane si possono cambiare. …]
    [… Una di queste colline è il mio rifugio; da sempre. Sulla cima un vecchio capanno e quattro alberi secchi con i chiodi per appendere le gabbie degli uccelli per la caccia. Intorno un piccolo prato e poi i gradoni delle terrazze. In pietra. E la vista del mondo intero. Da lì, sin da piccola, ho sempre avuto la convinzione di poter guardare il mondo intero. Quando sei piccola ti sembra tutto grande, smisurato e la mia era la collina del mondo. …]
    Chi può affermare, senza tema di smentita, che questi due brani – ripresi a casaccio – siano solo e solamente una proiezione del passato? Chi può sostenere che l’inizio del commento di Moresco sia esclusivamente soggettivismo?
    E chi può, senza tema di smentita, affermare che i racconti di Verne fossero “una descrizione del futuro”? Non avrebbe potuto, Verne, essere un “viaggiatore temporale” che narrava il suo passato? Con le conoscenze attuali forse no, o forse stiamo solo percorrendo un “momento” temporale diverso, e le nostre conoscenze sono così fragili… Assurdità mattutine.
    Buona giornata. Trespolo.
    PS: non conoscevo Moresco e mi scuso, ma il commento mi è piaciuto assai e credo che andrò a comperarmi qualche suo libro. Da quale incominciare?

  5. Il novecento è iniziato con lo sguardo rivolto verso il futuro, e nonostante ciò è stato il secolo più truce della storia.
    Forse è un bene che il nostro secolo sia iniziato con lo sguardo rivolto al passato, e trovi il tempo di metabolizzare bene gli orrori trascorsi, prima di guardare avanti.

  6. Anche morescone abbandona i toni ustionevoli per quelli svenevoli da romanzone-storico-familiare? Che forse dopo la consacrazione critica -recensito anche sulle palette dei bus, meganticipazioni espressiche -cerchi quella da premio letterario?

  7. Il pezzo postato da “Moresco” (ma non è lui ne sono certo) non è un commento a caldo ma un estratto da “Zio Demostene”. Libricino nel numero delle pagine, ma non nella qualità.
    Una bella lettura, molto sentita e autentica. La consiglio (per quello che valgono i miei consigli).

  8. Per capire se stiamo parlando della stessa cosa, definirei il “presente” come una fase che va dal passato molto recente all’immediato futuro, un “tempo della coscienza” che corrisponde più o meno a: le cose che ci accadono di giorno in giorno.
    A rigore, tutti gli scrittori raccontano il loro presente, anche quando scrivono di medioevo o di un futuro post-atomico.
    Il presente fa irruzione in ogni riga, in ogni scelta linguistica e narrativa, in ogni emozione che si deposita sulla pagina.
    Il presente lascia tracce di sé, si racconta tramite l’autore (che è qualcosa di simile a un medium, salvo che il processo non ha nulla di soprannaturale).
    Il presente influenza in modo decisivo il modo di raccontare il passato, anche al di là dell’intento allegorico (che può esserci oppure no).
    Ogni romanzo si rivolge all’oggi (e al domani, ma questo è un altro discorso), ogni romanzo parla anche dell’oggi.
    Non per difendere la categoria di chi scrive libri ambientati ovunque e in qualunque epoca (dal Cinquecento all’anno scorso, dall’anno prossimo al futuro remoto), ma la scelta di quale periodo parlare non è automaticamente “responsabilizzante” o “deresponsabilizzante”.
    Non necessariamente chi ambienta un romanzo nel 2005 racconta il presente più di chi lo ambienta nel Settecento, e nemmeno si assume più responsabilità.
    Il “Salò” di Pasolini (ebbene sì, lo tiro in ballo) si svolgeva nel 1944 o giù di lì, ma non si può dire non affrontasse di petto gli anni Settanta!
    Il passato non è un rifugio. E’ il punto d’origine del presente.
    Anche nel caso di romanzi di memoria (come mi pare sia “Lo zio Demostene”), quello che si afferma con forza è il legame tra passato e presente. E’ dunque un altro modo di raccontare il presente.

  9. Raccontare il presente, non raccontarlo, provarci e non riuscirsi. Bene, scenari su cui la critica letteraria può spenderci risme su risme. Bene. Antonio Pascale ha scritto un bel romanzo, “Passa la bellezza”, dove si narrano fatti e misfatti della quotidianità. Bene. Il romanzo di Antonio Pascale mi è piaciuto, ma non perché racconta il presente ché quando ho bisogno di capire il presente giornali saggi tv m’affogano. Il romanzo di Antonio Pascale mi è piaciuto perché vi è un progetto di scrittura che è attento all’individuo e scava nelle dinamiche da diversi punti d’osservazione. La scrittura, a parer mio, ha senso quando riesce a mostrare quel che non si vede, quando ti fa appassionare sognare riflettere.

  10. ATTENZIONE SUPREMA CORTE DEI FATTI IL POPOLO SOVRANO DECIDE CHI E COSA E’ CHE COSA E’ SENZA PASSATO/FUTURO/PRESENTE/REMOTO/PROSSIMO NON I CRITICI TIPO OH!nO!FRI CHE ATTACCA RESTAURATIVAMENTE MORESCO NELL’ADEMPIMENTO DELLE SUE FUNZIONI DI SCRITTORE QUINDI COSA VUOLE C’ENTRARE ANCHE IL 1 DEI WU MINGS CHE SI CREDE MORESCO, SAPPIAMO BENISSIMO DA CHE PARTE STA CHI, CHI C’E’ C’E’ CHI NON C’è NON C’è, ATTENZIONE PER QUESTO UOPO ABBIAMO STILATO LA LISTA DI CHI CI PIACE E CHI/NO SU VMO TESTATA LIEVEMENTE IN RITARDO (MA ARRIVA, TRANQUILLI, SONO I TEMPI DEL TRIBUNALE SEDE DEPUTATA OPPORTUNAMENTE ALL’EMISSIONE DI TALI TITOLI)! QUESTA DELLO SCURDIAMOCE (=SCARPA=SCURAGLIA=GRANDE!!!!1!!!!!) O’ PASSATO (AVANTI COSì, ALLA GROPPI, PASSATI E PRESENTI) E’ UN MODO DI SMINUIRE MORESCO MA QUESTO SMINUETTO NON SA DA FARE PERCHé SCEGLI: O DI QUA O DI LA’, O SEI DELLA RESTAURAZIONE O DELL’ANTI-RESTAURAZIONE, E SAPPIAMO TUTTI (E TUTTE, E’ LA NOSTRA STORIA) CHI L’HA FONDATA, E’ PROPRIO MORESCO!!!!!! ANCHE GRAZIE ALLE CURE CRITICHE (MA NON VERSO DI LUI) DELLA RAGAZZA (VDI BRULLO) CARLA BENEDETTI E CON L’APPORTO STUPENDAMENTE IMMENSO/PENSIERO-STUPENDO DELL’AIUTO ANCHE ECONOMICO GIUNTO DAL GIGANTESCO SERGIO FANUCCI NEO-EDITOR-ANTI-RESTAURATIVO, CHE HA MESSO ADDIRITTURA A DISPOSIZIONE DELLA ANTI-RESTAURAZIONE UN ATTICO IMMENSO CON MOLTISSIME PERSONE CHE CI GIRANO DENTRO, TELEFONANO ETC, COSA/SEDE CHE PRIMA MANCAVA MA ADESSO GRAZIE AL GIGANTESCO FANUCCI C’è, AVANTI COSì!, GRANDE!!!!!!! GRAZIE SERGIO NOSTRO AMICO NELLA REVERENZA PORTATAGLI PER QUESTA CON-VERSIONE TRADOTTA PERFETTAMENTE IN FATTI, MA RISPETTATE MORESCOA E LO ZIO DI DEMOSTENE MORESCO IMPORTANTISSIMO CHE STIAMO PER COMPRARE NON ABBIAMO TEMPO DI DIRE Nè A Nè BA PER COLPA (MA E’ UN MERITO GRANDISSIMO, VDI LE CURE) DI UNA INCREDIBILE/INASPETTATA/MA-GIUNTA COMMESSA DAL CANADA DI CUI PIù AVANTI, AVANTI COSì, GRANDE!!!!!!!
    VINCENZO e BASILE

  11. C’è da dire che, lapalissianamente, anche se scrivo un libro ambientato nel paleolitico o nel medioevo, lo scrivo OGGI.
    E’ quanto voglio che questo OGGI entri nel mio racconto, quanta tensione riesco ad esprimere fra questi due poli che fa, spesso, la qualità di certe narrazioni “storiche”.

  12. anche se scrivo un libro ambientato nel paleolitico o nel medioevo, lo scrivo OGGI
    Certo! ma per essere credibile deve ben rappresentare luogo contesto ecc. Quindi non è l’oggi, semmai la lettura che oggi diamo di un preciso momento storico.

  13. Perfettamente d’accordo sul ragionamento fra passato e presente. Forse mi sono espressa male, ma mi riferisco soprattutto ai libri che “prendono a pretesto” il passato per raccontare il PROPRIO presente. 🙂

  14. La mente, rispetto ai corpi esterni da cui il corpo umano sia stato affetto una sola volta, benché non esistano più nè siano presenti, potrà tuttavia contemplarli come se fossero presenti.
    Noi vediamo dunque come può avvenire che contempliamo come presenti cose che non lo sono, come spesso accade.
    Da questo s’intende chiaramente che cos’è la memoria. Invero essa non è niente altro che una certa concatenazione di idee implicanti la natura di cose che sono al di fuori del corpo umano, la quale si forma nella mente secondo l’ordine e la concatenazione delle affezioni del corpo umano.
    Ne segue che solo a causa dell’immaginazione contempliamo le cose, sia rispetto al passato che al futuro, come contingenti.
    Inoltre, nessuno dubita che immaginiamo anche il tempo, e ciò per il fatto che immaginiamo i corpi in movimento.

  15. Lucio, ehm. Non ti sorge il dubbio che quell’indirizzo semplicemente appartenga a qualche ignaro Moresco Ignazio Maria, pizzicagnolo di Martina Franca, che si starà chiedendo che cacchio vuole ‘sto Angelini che gli scrive parlandogli di Zio Demostene? 😀

  16. “Moresco” può anche voler dire “saraceno”. Magari il tizio è un arabo revanscista, che rivuole Sicilia e Andalusia come territori del Grande Califfato. Io preferisco il grande Califano.

  17. Lipperini, rileggo il tuo ultimo commento e mi viene: ma ti riferisci al Manzoni e ai suoi Promessi Sposi con i quali mi massacravano i maroni (i miei non il ministro purtroppo) al liceo? :-))
    Buona serata. Trespolo.
    PS: riletto dopo il liceo era decisamente meglio.

  18. Non si può certo contestare il diritto di scrivere romanzi storici, ma quello che lascia perplessi è la mancanza di una idea forte per il domani. La letteratura (per non parlare della politica) ha smesso di essere propositiva, si dedica a elaborare il lutto per la perdita delle ideologie forti ma non prova neanche a proporne di nuove (o a elaborare un modello di pensiero debole). Tra vent’anni continueremo a scrivere (e leggere) i “noir che indagano il disfacimento della società contemporanea” ?

  19. Per Babsi. Un pizzicagnolo di Martina Franca che ha GIA’ letto zio Demostene (fresco di stampa) e lo cita nel blog della Lipperini? Suvvia, siamo seri. Forse è soltanto una nuova performance di Andreina Campolmi:-/

  20. “Da dove nasce, e perché è in incremento, l’esigenza di raccontare se stessi prendendo spunto dal passato”
    Banalmente mi viene da pensare che è un modo di illudersi, di sperare. Se nel passato è il presente allora un diverso passato avrebbe potuto portare a un diverso presente. Forse è un modo per esorcizzare il presente.

  21. Riccardo,
    Tutta la letteratura del ‘900 è un’indagine sul disfacimento della società contemporanea. Eppure è venuta bene lo stesso, no?
    😉

  22. @ Angelini. Quello che sta tentando di spiegarti Babsi e che un indirizzo gmail è comunissimo. Quindi se tu prendi un nome e un cognome ci sono molte possibilità che sia già presente. Per cui sei io piazzo su un fake con un indirizzo angelini@gmail con ogni probabilità esiste un signor angelini che si domanderà che diavolo voglioni da lui tutti queste persone che lo scrivono.
    Vorrei sottolineare anche il fatto che sono riuscito a risponderti senza far trapelare la benchè minima ironia, impresa non facile 😛

  23. Riccardo, non lo so, non so che libri leggi. Soprattutto, non so quali recensioni leggi.
    Io non posso parlare a nome di altri, ma so che nel nostro lavoro di scrittori noi cerchiamo proprio di mettere un’idea forte del domani.
    La nostra dichiarazione di poetica è: raccontare le comunità, soprattutto le comunità in lotta, quel che le tiene insieme e quel che a un certo punto le mette in crisi, raccontare la “teleologia del comune”, cioè l’evolversi dello scambio, della condivisione, della mitopoiesi collettiva.
    E’ una narrativa del legame sociale, la nostra. Tutti i nostri libri sono così, ciascuno a suo modo.
    Con questo non voglio dire che facciamo romanzi “a tesi”: anche se volessimo scrivere puri romanzi d’evasione, improvvisando in trance, macinando pagina dopo pagina senza sapere cosa sta per succedere, finiremmo comunque per metterci dentro quello in cui crediamo.
    La nostra dichiarazione di poetica (gennaio 2000) si concludeva con la frase:
    “Wu Ming intende valorizzare la cooperazione sociale tanto nella forma del produrre quanto nella sua sostanza : la potenza del collettivo è allo stesso tempo contenuto ed espressione del narrare.”
    Quindi, insomma, non facciamo di tutte le erbe un fascio, non è vero che nessuno propone e nessuno guarda avanti. Come noi ci sono altri. Sicuramente esiste una letteratura che ha smesso di essere propositiva e si crogiola nel nichilismo, ma vi sono molte più cose fra cielo e terra di quante ne contempli la tua disillusione. Animo!
    (sì, lo so, sembra un po’ la risposta di Moresco a Luperini su L’Unità l’anno scorso:
    – Ormai non c’è più niente.
    – Ma come, non mi vedi? Ci sono io!
    Giuro che l’intenzione non era quella :-))

  24. Lucio. Calma. Ignazio Maria Moresco non ha uno zio Demostene. Ha un solo zio, paterno, e si chiama Arturo. Ignazio, ahimè, non legge. E’ analfabeta. Ha una Gmail perché gliel’ha aperta la figlia Guglielmina. E’ la Gmail della famiglia Moresco di Martina Franca. Sono in sette (e non mi costringere a scendere in dettagli). [Frattura spazio-temporale: tieniti forte, Angelini] Qualcuno stamattina clicca Lipperatura. Facciamo finta che sia Pinco Pallino. Pinco Pallino è un burlone. Internet è piena di burloni. I nicknameS “ci svincolano dal mondo e dalla collettività” e i bloggerS “sono contenti di disfarsene” (sto citando). Questi felloni, eccetera. Pinco decide di lasciare un commento. Si finge Moresco. Io potrei fingermi Biondillo. Conosco gente che si firma persino Aldo Biscardi. Pinco ha letto zio Demostene, ma non è suo zio. Zio Demostene è lo zio di Moresco, Antonio. Che non è analfabeta e non vive a Martina Franca e non ha una Gmail (peccato, perché è comoda). Pinco è arguto: firma moresco@gmail.com così sembrerà Moresco. A parte te, non gli crede nessuno. Tu scrivi a Moresco credendo sia Moresco Antonio e invece è Ignazio. Che giustamente si guarda bene dal risponderti, e che domani mattina andrà dall’ottorino perché sono due ore buone che gli fischiano le orecchie. Non so se hai capito. Se non hai capito, fa niente. Accendi un cero a Lucis, tanto per gradire. [Desolata di aver commentato dopo WM1 che ha detto cose importanti, ma la riabilitazione virtuale di Angelini è uno slancio – anche politico – verso il futuro :D]

  25. Gianni, sì, ci sei anche tu, e in effetti certe dinamiche di Quarto Oggiaro descritte nei tuoi libri corrispondono ad alcune delle cose che ho scritto.
    Babsi, anche tu hai scritto cose importanti, e ci aggiungo pure, in onore ai nostri amici sardi: GRANDE!!!!!! 🙂

  26. Pare non passi più per la mente che esistono la metafora e l’allegoria, il simbolo: non esistono più, defunte nella mente della maggioranza dei blogghers assetati di presentissimo.
    Dov’è ambientato il “Deserto dei tartari” di Dino Buzzati?
    Nel suo presente?
    In questo, in quello, in quell’altro?

  27. Per Babsi. L’equivoco è nato dal fatto che non conosco personalmente Moresco e che, a differenza di molti, non lo considero un dio alieno dallo scendere di cielo in terra a miracol mostrare. Come intervengono altri scrittori (Biondillo, Scarpa, Franz K.) per me poteva intervenire anche lui. L’autocitazione era sobria, credibile e non burlesca, in un contesto che LO riguardava.
    Nel msg che ho mandato a moresco@gmail.it c’era scritto solo ‘Prova’.
    Ora so che che se vedrò apparire la firma Moresco nei commenti di un blog, non dovrò più pensare che si sia davvero incarnato il Sublime. Però mi auguro che a nessuno venga in mente di mandare messaggi a nome del GGGGRRRRAAAANNNDDDEEEEE
    Angelini:-)

  28. non sarà che queste querelle sui romanzi che guardano al passato soggettivo (o sui romanzi che parlano solo del presente, sui romanzi troppo generazionali, sui romanzi troppo di genere etc.) siano effetto di una critica ipertrofica (all’opposto, cioè, della non-critica che onofri attribuisce a tondelli e compagnia)?
    non che sia un male, a parte il rischio di finire a discettare – e in modo prolisso – sul sesso degli angeli.
    voglio dire: sarebbe ora di passare alla metacritica, no? 😀

  29. Non infastidisce se il romanzo trasuda autobiografismo, pensi a Fante, a Miller, a Heminguay – qual ora si scriva così -, a Limonov, a Satta e a millanta altri.
    Chi se ne cale, purchè sia letteratura.

  30. Gianni e WM1: va bene, va bene. Cosa ne dite se ci facciamo una birra ? La letteratura del 900 non era mica male ? Certo. Ma non è ora di cambiare solfa ? E’ un secolo che la meniamo con il disfacimento della famiglia borghese, ecc. ecc. Voi non ne avete abbastanza ? Io sì.

  31. Hey, pensavo… ma metti che Moresco si è fatto davvero il collegamento internet, e che quella sia veramente la casella di posta di Moresco….
    insomma… chi lo ferma più Lucio?
    😉

  32. A proposito, prima che me lo dimentichi: di “strettamente personale” non posso ancora dire nulla (non ho fisicamente la copia), ma ho letto, in bozze, il racconto di Teresa Ciabatti e voglio dirvi che è molto bello.
    Sono curioso di leggere il resto.

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