IL QUIZ DELLA SUSI

Secondo me, ci sono diverse cose su cui riflettere nel lungo intervento che Alessandro Baricco fa oggi sul quotidiano: indovinate quali?

Questo è un articolo che non dovrei scrivere. Lo so. Me lo
dico da me. E lo scrivo. Dunque. La scorsa settimana, su queste pagine, esce un
articolo di Pietro Citati. Racconta quanto lo ha deliziato mettersi davanti al
televisore e vedere i pattinatori-ballerini delle Olimpiadi. Lo deliziava a tal
punto – scrive – che «dimenticavo tutto: le noie, le mediocrità, gli errori
della mia vita; dimenticavo perfino l´Iliade di Baricco, e la vasta e
incomprensibile ottusità dei volti di Roberto Calderoli e di Alfonso Pecoraro
Scanio». Io ero lì, innocente, che mi leggevo con piacere l´esercizio di stile
sull´argomento del giorno e, trac, mi arriva la coltellata. Va be´, dico. E,
giusto per mite rivalsa, lascio l´articolo e vado a leggermi l´Audisio.

Qualche giorno dopo, però, vedo sull´Unità un lungo articolo di Giulio Ferroni
sull´ultimo libro di Vassalli. Bene, mi dico. Perché mi interessa sapere cosa
fa Vassalli. Malauguratamente, alcuni dei racconti che ha scritto sono sul
rapporto tra gli uomini e l´automobile. Mentre leggevo la recensione sentivo
che finivamo pericolosamente in area Questa storia (il mio ultimo romanzo, che
parla anche di automobili). Con lo stato d´animo dell´agnello a Pasqua vado
avanti temendo il peggio. E infatti, puntuale, quel che mi aspettavo arriva. Al
termine di una lunghissima frase in cui si tessono (credo giustamente) elogi a
Vassalli, arriva una bella parentesi. Neanche una frase, giusto una parentesi.
Dice così: «Che distanza abissale dalla stucchevole e ammiccante epica
automobilistica dell´ultimo Baricco!». E voilà. Con tanto di punto esclamativo.

Ora, nessuno è tenuto a saperlo, ma Citati e Ferroni sono, per il loro
curriculum e per altre ragioni per me più imperscrutabili, due dei più alti e
autorevoli critici letterari del nostro paese. Sono due mandarini della nostra
cultura. Per la cronaca, Citati non ha mai recensito la mia Iliade, e Ferroni
non ha mai recensito Questa storia. Il loro alto contributo critico sui miei
due ultimi libri è racchiuso nelle due frasette che avete appena letto,
seminate a infarcire articoli che non hanno niente a che vedere con me.

È un modo di fare che conosco bene, e che è piuttosto
diffuso, tra i mandarini. Si aggirano nel salotto letterario, incantando il
loro uditorio con la raffinatezza delle loro chiacchiere, e poi, con un´aria un
po´ infastidita, lasciano cadere lì che lo champagne che stanno bevendo sa di
piedi. Risatine complici dell´uditorio, deliziato. Io sarei lo champagne.
Potrei dire che non me ne frega niente. Ma non è vero. Mi ferisce poco la
gomitata assestata a tradimento, ma mi offende molto il fatto che sia tutto ciò
di cui sono capaci. Mi sorprende il loro sistematico sottrarsi al confronto
aperto. La critica è il loro mestiere, santo iddio, che la facciano. Cosa sono
queste battutine trasversali messe lì per raccogliere l´applauso ottuso dei
fedelissimi? Vi fa schifo che uno adatti l´Iliade per una lettura pubblica e lo
faccia in quel modo? Forse è il caso di dirlo in maniera un po´ più argomentata
e profonda, chissà che ci scappi una riflessione utile sul nostro rapporto con
il passato, chissà che non vi balugini l´idea che una nuova civiltà sta
arrivando, in cui l´uso del passato non avrà niente a che fare con il vostro
collezionismo raffinato e inutile. E se trovate così stucchevole un libro che
centinaia di migliaia di italiani si affrettano a leggere, e decine di paesi
nel mondo si prendono la briga di tradurre, forse è il caso di darsi da fare
per spiegare a tutta questa massa di fessi che si stanno sbagliando, e che la
letteratura è un´altra cosa, e che a forza di dare ascolto a gente come me si
finirà tutti in un mondo di illetterati dominati dal cinema e dalla
televisione, un mondo in cui intelligenze come quelle di Citati e Ferroni
faranno fatica a trovare uno stipendio per campare.
Si dirà che è un diritto dei critici scegliersi i libri di cui scrivere. E che
anche il silenzio è un giudizio. E´ vero. Ma non è completamente vero. Lo so
che per persone intelligenti e colte come Citati e Ferroni i miei libri stanno
alla letteratura come il fast-food alla cucina francese, o come la pornografia
all´erotismo. Per usare una frase di Vonnegut che mi fa sempre tanto ridere, mi
sa che per loro i miei libri, nel loro piccolo, stanno facendo alla letteratura
quello che l´Unione Sovietica ha fatto alla democrazia (non si riferiva a me,
Vonnegut, che purtroppo non sa nemmeno che esisto). Ma quale arroganza
intellettuale può indurre a pensare che non sia utile capire una degenerazione
del genere, e magari spiegarla a chi non ha gli strumenti per comprenderla?
Come si fa a non intuire che magari i miei libri sono poca cosa, ma lì i
lettori ci trovano qualcosa che allude a un´idea differente di libro, di
narrazione scritta, di emozione della lettura? Perché non provate a pensare che
esattamente quello – una nuova, sgradevole, discutibile idea di piacere
letterario – è il virus che è già in circolo nel sistema sanguigno dei lettori,
e che magari molta gente avrebbe bisogno da voi che gli spiegaste cos´è questo
impensabile che sta arrivando, e questa apparente apocalisse che li sta
seducendo? Non sarà per caso che la riflessione nel campo aperto del futuro vi
impaurisce, e che preferite raccogliere consensi declinando da maestri mappe di
un vecchio mondo che ormai conosciamo a memoria, rifiutandovi di prendere atto
che altri mondi sono stati scoperti, e la gente già ci sta vivendo? Se quei
mondi vi fanno ribrezzo, e la migrazione massiccia verso di loro vi
scandalizza, non sarebbe esattamente vostro degnissimo compito il dirlo? Ma
dirlo con l´intelligenza e la sapienza che la gente vi riconosce, non con
quelle battutine, please.
Per quello che ne capisco, i miei libri saranno presto dimenticati, e andrà già
bene se rimarrà qualche memoria di loro per i film che ci avranno girato su.
Così va il mondo. E comunque, lo so, i grandi scrittori, oggi, sono altri. Ma
ho abbastanza libri e lettori alle spalle per poter pretendere dalla critica la
semplice osservanza di comportamenti civili. Lo dico nel modo più semplice e
mite possibile: o avete il coraggio e la capacità di occuparvi seriamente dei
miei libri o lasciateli perdere e tacete. Le battute da applauso non fanno fare
una bella figura a me, ma neanche a voi.
Ecco fatto. Quel che avevo da dire l´ho detto. Adesso vi dico cosa avrei dovuto
fare, secondo il galateo perverso del mio mondo, invece che scrivere questo
articolo. Avrei dovuto stare zitto (magari distraendomi un po´ ripassando il
mio estratto conto, come sempre mi suggerisce, in occasioni come queste,
qualche giovane scrittore meno fortunato di me), e lasciar passare un po´ di
tempo. Poi un giorno, magari facendo un reportage su, che ne so, il Kansas,
staccare lì una frasetta tipo «questi rettilinei nella pianura, interminabili e
pallosi come un articolo di Citati». Il mio pubblico avrebbe gradito. Poi, un
mesetto dopo, che so, andavo a vedere la finale di baseball negli Stati Uniti,
e avrei sicuramente trovato il modo di chiosare, in margine, che lì si beve
solo birra analcolica, «triste e inutile come una recensione di Ferroni».
Risatine compiacenti. Pari e patta. E´ così che si fa da noi. Pensate che
animali siamo, noi intellettuali, e che raffinata lotta per la vita affrontiamo
ogni giorno nella dorata giungla delle lettere…
Purtroppo però non è andata così. Il fatto è che l´altro giorno ho visto il
film su Truman Capote. Si impara sempre qualcosa spiando i veri grandi. Lui in
quel film è così orrendo, spregevole, sbagliato, megalomane, imprudente,
indifendibile. Mi ha ricordato una cosa, che talvolta insegno perfino a scuola,
e che però mi ostino a dimenticare. Che il nostro mestiere è, innanzitutto, un
fatto di passione, cieca, maleducata, aggressiva e vergognosa. Posa su una
autostima delirante, e su un´incondizionata prevalenza del talento sulla
ragionevolezza e sulle belle maniere. Se perdi quella prossimità al nocciolo
sporco del tuo gesto, hai perso tutto. Scriverai solo cosette buone per una
recensione di Ferroni (no, scherzo, davvero, è uno scherzo). Scriverai solo
cosette che non faranno male a nessuno. Insomma è tutta colpa di quel film su
Truman Capote. D´improvviso mi è sembrato così falso starmene lì, come una
bella statuina, a prendere sberle dal primo che passa. E´ una cosa che non
c´entra niente col mestiere che è il mio. Vedi, se me ne stavo a casa a vedere
Lazio-Roma, oggi eravamo tutti più sereni e tranquilli. E penosi, of course.

95 pensieri su “IL QUIZ DELLA SUSI

  1. E’ veramente scandaloso che al signor Baricco si dia tutto questo spazio per le sue lagnose geremiadi contro i critici che non lo capiscono più. Il fatto che lo scrittore torinese abbia tanti lettori che lo leggono (e gli riempiono il portafoglio) non è certo un buon motivo per non stroncarlo (anche in due righe, perché no?). Andatevi a leggere su internet bookshop il livello dei commenti entusiastici sui libri di Baricco per farvi un’idea sulla loro cultura letteraria.

  2. Messer orco, mettiamoci d’accordo: in due righe- meglio, in quattro parole- si può fare o no una stroncatura? Sono sinceramente interessata alla cosa, dal momento che, per dire, la sottoscritta viene a volte accusata di froufrouismo recidivo quando una sua segnalazione occupa solo due righe. Insomma, una recensione è misurabile? In iarde, in battute, in anni luce?
    E parimenti, quale convenzione numerica misura il livello culturale dei commentatori da te indicati?
    Se proprio c’è tutta questa voglia di ordinare il mondo, dateci dei punti di riferimento, diamine.

  3. Be’, almeno Baricco conflittua (verbo) e non sta lì a fare la bella statuina! Pensavo che mai lo avrei detto: ma bravo, Baricco (firmato: la parte stupida di Angela).
    Baricco fa la letteratura che fa (un’operazione culturale molto pacificatoria, consolatoria, diluitoria, una letteratura già digerita, poco esperenziata se no vedresti delle macchie sulla camicia azzurra – non esperita, quindi – e per questo sicura, già venduta) ma ha l’intelligenza di portare avanti un certo ‘discorzo’, e soprattutto di portarlo alle sue estreme consueguenze, con esiti per lui e per il pubblico (un certo pubblico. e questo non è un gidizio di valore negativo) piacevoli. ha il vantaggio di essere molto chiaro (proprio nell’ehm…economia del discorzo). un po’ come Faletti. io li apprezzo per questo. (la parte ugualmente stupida di Angela, forse un po’ di più!) 🙂

  4. ohi, si tenterà qui di difendere due posizioni contrapposte (che a difenderne una sola, e coerente, son buoni tutti un po’)
    Ebbene sì, lecita sia la recensione epigramamtica (mezza yarda di recensione, se volete).
    Ma dev’essere fatta per benino, dev’esser grido, invettiva, peana, elenco omerico in potenza, cosmo, genesi.
    Il tutto con velocità fututista.
    Mica facile (dico, occorre essere dei virtuosi, mentre per la cricica estesa saranno sufficienti le buone qualità)
    Al contempo, l’indifendibile (per altri versi e luoghi) Bariccco hai qui più ragione che torti, e in epoca di par condicio non è cosa di poco conto.
    (in definitiva: Citati e Ferroni non mi sono sembrati, qui, campioni di virtuosismo – che abbiano poi ragione nella sostanza, forse o chissà, è altra questione, meno rilevante)

  5. beh, lo ammetto. Di Baricco apprezzo più la verve, la vis polemica, di quel che scrive. Però, finalmente, un pò di sano scambio di idee tra i mandarini del portafoglio e quelli della cultura (loro come stanno a portafoglio?). Insomma, come Angela Scarparo (tutta o solo la sua parte stupida, non fa differenza) dico, con un pò di imbarazzo, bravo Baricco. Quanto alla lunghezza della recensione -stroncatura o apprezzamento non cambia- direi che il riferimento è quello di far capire perchè si opta per una posizione. In poche o in tante righe, a metro o a chilometro, ma fateci capire (se no è un’ affermazione fondata sul principio di autorità).

  6. “… chissà che ci scappi una riflessione utile sul nostro rapporto con il passato, chissà che non vi balugini l´idea che una nuova civiltà sta arrivando, in cui l´uso del passato non avrà niente a che fare con il vostro collezionismo raffinato e inutile…”
    Come si fa a dargli torto?
    Mi toccherà pagargli un hamburger e una coca al Mac di Piazza di Spagna. Ma solo se viene in metro.

  7. Ah, non è un’offesa dire ‘letteratura già digerita’. voglio dire che Baricco fa letteratura sempre (e solo!) ispirandosi ad altra letteratura. esempio: perché ha avuto bisogno di vedere il film (meraviglioso) su capote per capire che c’era in atto una forma di ‘velata aggressione’ al suo modo di operare? non ci arriva mai di pancia, Baricco? ci arriva sempre in camicia? questo mi incuriosisce per quanto riguarda lui, e in generale per quanto riguarda un certo tipo di scrittore (anche scrittrici. ma più maschi, che femmine).

  8. solo io ho notato che fra le righe mister Baricco si definisce “portatore di letteratura del futuro”? come diceva totò?

  9. Già, Lisa, hai fatto bene a segnalare la megalomania di questo scrittore baciato dalla fortuna (commerciale)… Non gli basta più vendere, al Baricco, vuole anche il consenso dei critici per la sua letteratura che è il trionfo del kitsch.

  10. Devo una riposta alla Lippa. Il livello culturale di un commento, cara Lippa, si misura in base a vari fattori: numero di errori ortografici, grado di sdilinquimento (tipo: “Baricco mi ha graffiato l’anima…” o roba del genere) stile, capacità di sintesi ecc.
    Naturalmente è tutto molto soggettivo, ma se dai un’occhiata a quei commenti che ti dicevo, vedrai che arriverai alle mie stesse conclusioni! I baricchiani sono mediamente incolti e fessacchiotti!

  11. …diciamola: non sempre basta avere ragione di massima per avere ragione comunque. Quello che dice Baricco su Citati e Ferroni, e l’esempio – perfetto – di come avrebbe potuto rispondere e non l’ha fatto, secondo me è un insegnamento prezioso: per quanto intelligenti e raffinati si possa essere, nessuno ha il diritto di ‘buttarla lì’. Pasolini, Fortini, erano tremendi e qualcuno forse li considerava, talvolta, pallosissimi… però .. ! 😉 altro che due righe… meglio il silenzio, altrimenti: la comunicazione al grado zero. Perfetta.

  12. Il punto è, mio buon orco, è che se giudichiamo dagli sdilinquimenti rischiamo grosso: non sono solo gli ultrà di Baricco ad avere l’anima graffiata e un paio di problemi quanto a stile, sintesi e sense of humour.

  13. Baricco invece mette in evidenza un malcostume sgradevole che è diffusissimo presso molti critici letterari e presso i loro auditori, soprattutto, quelli costituiti da coloro che Baricco definisce, a ragione, i “fedelissimi” dall'”applauso ottuso”. L’Italia è un piccolo mondo antico, soprattutto l’Italia critico-letteraria, affetto da una sorta di campanilismo ideologico.
    Ma la critica, non fosse altro che per onorare la sua etimologia, origine e legittimazione non soltanto linguistica ma pragmatica, dovrebbe separare il buono dal cattivo che ravvisa in un’opera (certo, occupandosene davvero); e un buon critico dovrebbe saperlo fare nello spazio breve di una frase come in quello mastodontico di una monografia. La critica dovrebbe radicare i suoi conseguenti giudizi su argomentazioni che non siano puro solletico sotto il mento dei lettori affezionati, proni come cagnolini pronti a leccare la faccia e i piedi quando viene assecondata la loro weltanschauung, e a mordere rabbiosamente le facce quando questo non avvenga, invece. Perché non facendo così la critica, non avendo il coraggio di superare il luogo comune, che anche se “alternativo” alla cultura che si ravvisa “dominante”, sempre luogo comune è, fa esattamente quanto rimprovera alla letteratura che disistimerebbe: fa, cioè, quel critico, critica pacificatoria, diluitoria, una critica che non ci svela un mo(n)do nuovo di fruizione e comprensione letteraria, che sia positivo o negativo nei confronti dell’opera: questo, non conta. Non dovrebbe contare.
    Che siano dibattiti, i dibattiti, e scritti critici, gli scritti critici, non battutine psicacogiche.
    Una che apprezza Baricco e che ha apprezzato il suo intervento, ma che non è mediamente incolta né fessacchiotta.

  14. A me ha sempre fatto innervosire la critica negativa contro Baricco. Mai argomentata; generalmente le più ardite critiche che ho sentite transitano tra questi tre punti:
    1) Ma con un titolo così, che letteratura potrà mai essere?
    2) Uno che fa un libro con quattro copertine diverse, che razza di scrittore vuoi che sia?
    3) Uno con una prosa così lirica, che pensieri vuoi che esprima?
    Generalmente, quindi, nessuno ha mai letto un libro di Baricco, eppure ne parlano tutti malissimo. Sempre e comunque. Addirittura leggo qui, nei commenti a questo post, lo sdegno nei confronti di un quotidiano che dà tanto spazio a uno così.
    Io veramente sono indignato davanti questo lassismo intellettuale di chi si ostina a non voler aprire un libro, annusarlo e andare oltre le apparenze di uno stile. Torniamo a bomba; torniamo a dire – parafrasando Moretti – che ci meritiamo la non-letteratura che ammorba le librerie.
    L’articolo di Baricco su la Repubblica di oggi è qualcosa da far leggere nelle scuole. Punto.
    [Ste]

  15. Cara signora Lipperini, in effetti ci sono alcune cose su cui riflettere, ma dubito che siano quelle a cui pensa lei. Con il suo attacco di bile (perché questo è, comunque lo si voglia chiamare), con un giornale (anzi, il giornale, interessante modo di esprimersi, gentile signora, soprattutto in vista della mia considerazione finale) che gli concede gentilmente tanto spazio a uno schioccare di dita, con l’agitare lo spauracchio dei “mandarini della nostra cultura” (un nemico terribile, diabolico, che non fa prigionieri), con l’uso della retorica ad effetto da bacio perugina, con un blando populismo, con l’inserimento di vere finezze da vero gentiluomo (i soldi, la roba, citata a ogni riga senza troppa ironia), con l’America come luogo del bello e del buono e comunque deputato all’immaginario, con il designarsi rappresentante e motore primo di un fulgido futuro, insomma -e qui si tira il fiato- con tutto e per tutto questo e altro Alessandro Baricco ricorda una figura ahinoi piuttosto nota, capelli a parte, un famoso commerciante più che un politico dal destino ormai incerto. Il nome lo sapete, inutile farlo. E al di là di questo punto, per me essenziale, chiunque dichiari anche scherzando che il mestiere dello scrittore “posa su una autostima delirante, e su un´incondizionata prevalenza del talento sulla ragionevolezza e sulle belle maniere. Se perdi quella prossimità al nocciolo sporco del tuo gesto, hai perso tutto”, si prende pure la responsabilità del proliferare delle schiere di dattilografi che popolano la rete, più stizzosi e più baldanzosi e più stolidi che mai (nonché delle loro cocenti delusioni prossime alla crisi isterica).

  16. Nota Bene, e poi chiudo e mi scuso per lo spazio eccessivo che ho sottratto: “dattilografi” non superciliosamente contrapposto a “veri scrittori” (non siamo stupidi), ma in quanto continuano a ripetere e a battere a macchina o sulla tastiera del pc l’indubitabile, inconfutabile assioma baricchiano.

  17. Ma no, Gemma, scusa se ti contraddico, ma perchè la critica deve distinguere il buono dal cattivo? Perché dare ai critici e soprattutto perché appallarci noi? Non trovi potrebbe essere più divertennte une esercizio critico fatto di mappe, divisioni del territorio, riordino (personale, chiaro) un po’ come quando i bambini devono rimettere a posto i soldatini dopo averci giocato? Tanto le ‘tradizioni’ le linee guide più o meno sono quelle. In questo modo chiunque (a partire dalle consocenze che ha= può fare il riordino che gli pare, e si finirebbe per bandire, finalmente, chi ha troppo la puzza sotto al naso, chi dice questo sì questo no, chi dice io sì, tu no, tanto per essere chiari. Boh. Non lo so. La discussione mi aiuta. (nel secondo intervento digestivo ero. precisazione inutile :))

  18. ah, squoonk fai bene a parlare di coniugazioni.precisazione frettolosa non richiesta e coniugheresca. il mio mi scusassero è richiesto (invece che mi scusino) come si fa nei bassi napoletani: es: e mi scusasse tanto, la sua signoria! ma vorrei parlarne anche di questo. come fare? scegliere il parlato spesso (quasi sempre) inesatto, o la regola dello scritto ma noiooooosa e piatta? signora mia, quanti problemi!

  19. Dunque. Forse. Baricco.Cattura scrittori. Ha questa qualità. Non necessariamente letteraria.
    Di mio lo ricordo per una scrittura fastidiosa. Prolissa.
    Ripetitiva.
    E poi ha scoperto la globalizzazione solo dopo il G8, da buon salottiero, scrivendo fesserie su Repubblica.
    Questo.
    E’.
    Quanto.

  20. Un paio di cose in risposta a V.
    a) com’è noto, non sono Ezio Mauro. Ma se, per trenta secondi, avessi condiviso la sua responsabilità oltre che, come avviene, il suo segno zodiacale, avrei fatto la stessa cosa. Anche perchè uno degli attacchi a Baricco era stato fatto dalle colonne dello stesso quotidiano. Mi sembra, scusami, deontologicamente inattaccabile
    b) sono stufa, annoiata e anche preoccupata dalla facilità con cui si dà del Berlusconi a chiunque esprima un’idea diversa dalla propria. Lo fa Parente oggi sul Riformista nei confronti dei Wu Ming e dei Babette Factory (!!!!). Viene fatto in una discussione su due se appena si tenta di ragionare sulle sfumature anzichè sul granito. Mi consenta, V, questo è un modo molto poco intelligente di argomentare, anche se, helas, di sicuro effetto (uhm…questo sì mi sa di berlusconismo)
    c)perchè gli scrittori e financo i dattilografi, e gli ortodonzisti se vuoi, non dovrebbero avere autostima? Chi veramente ne possiede, nel mio contestabilissimo modo di vedere, è assai più trattabile di chi, avendone poca, passa il tempo ad azzannare gli altrui polpacci, in rete e fuori.

  21. Ah, ma Baricco ha ragione, ed è nuovo e cosciente del nuovo in un senso solo, ma molto importante. Lui sa qual’è l’unica autorità, l’unico riconoscimento effettivo valido attualmente nel mondo. E giustamente si chiede: ma come osano questi pezzenti morti di fame dire simili cose a me che faccio i soldi? Non è forse il Mercato l’unico dio e non sono forse io suo figlio prediletto?
    Ha ragione, ha ragione…ma poi a me che m’importa? Non sopporto i mandarini e non sono nemmeno una scrittrice, per cui non avrei nemmeno diritto, immagino, di indulgere alla mia passione cieca, maleducata, aggressiva per dire che a me Baricco fa schifo.

  22. Silvia, sarà che a te Baricco fa schifo, ma ti è così difficile capire che Baricco sta solo e semplicemente chiedendo di argomentare le stroncature? Così, tanto per far assumere a chi di dovere la responsabilità delle proprie parole.

  23. a)Baricco ha fatto bene a difendersi. Ad rompere il silenzio. Spero in una risposta dei critici Ferroni e Citati sullo stesso giornale o in altro luogo. Perchè è comuqnue un dibattito stimolante e sarei curioso di conoscere il parere dell’altrui parte.
    b)Non mi interessa se Baricco sia bravo o no, se sia meritevole del suo successo. Non importa. La questione che solleva,”si critichi avendo letto”, non solo avendo appena annusato, è importante. Riguarda non solo la letteratura ma anche altri campi. Se mi vuoi stroncare devi farlo portando delle “prove”. Es. Perchè Baricco fa schifo? Perchè l’ha detto Ferroni.
    NOOOOO! Semmai perchè… e devono seguire valide e motivate ragioni. Per cui la sua mossa non riguarda solo lui ma tutti coloro che si esprimono in qualche modo. Certo l’esordiente non può permettersi di scrivere una sua difesa su Repubblica. ma anche per questo l’atto di baricco può essere utile, perchè chi può fare un gesto deve assumersi la responsabilità di farlo.
    c)Mi trovo d’accordo con i punti b e c della sig.ra Lipperini

  24. “il nostro mestiere è, innanzitutto, un fatto di passione, cieca, maleducata, aggressiva e vergognosa. Posa su una autostima delirante, e su un´incondizionata prevalenza del talento sulla ragionevolezza e sulle belle maniere. Se perdi quella prossimità al nocciolo sporco del tuo gesto, hai perso tutto.”
    Questo passaggio di B. contiene un nucleo di verità sfuggente, ma che sento “di pancia”. Di sicuro, però, se queste sono le premesse, diventa difficile criticare i critici quando si è scrittori dotati di “autostima delirante”…
    Non c’è qualcosa tra questa calda megalomania e il freddo collezionismo dei critici? Si occupano di letteratura oggi in Italia solo similadolescenti e ottuagenari mentali?

  25. Cara signora Lipperini, io non regalo del Berlusconi a tutti, e infatti manco l’avevo nominato. E’ una pratica che infastidisce me quanto lei, mi creda. Ho argomentato la mia tesi in maniera esaustiva, forse fin troppo, ho elencato punti e idee. Come risposta lei scrive che hanno fatto i cattivi con i Wu Ming (vuole battere il record delle citazioni degli autori di Q in una sola settimana?) e butta lì dell’azzannapolpacci. E’ molto semplice e se la diverte, perché no. La prossima volta darò ad Alessandro Baricco del bilioso, del rancoroso, e a lei della spin doctor, della sdoganatrice del già visto, senza altro chiarire o aggiungere, così me la caverò prima. Se la comunicazione che le garba è ridotta a questo, Baricco-style nonché livello zero, chi sono io per. A ogni modo, e qui concludo, non si parlava di semplice autostima (che deve sempre esserci, noi tutti qui ci vogliamo un gran bene e altrettanto gliene vogliamo), ma di “autostima delirante” e “incondizionata prevalenza del talento sulla ragionevolezza e sulle belle maniere”. Fa una certa differenza.
    Saluti.

  26. Le prove, le argomentazioni…Se dico che secondo me Baricco ha una prosa artefatta e noiosa, che per quanto abbia scritto non ha mai contribuito neanche in minima parte all’esplorazione effettiva della realtà degli uomini e delle donne ma che si è limitato a perpetuare falsi miti riguardanti sentimenti di plastica, a questo punto ho argomentato, ma che cambia? E’ un’argomentazione opinabile quanto il “a me fa schifo” no? Senza la minima simpatia per i critici laureati, questa polemica sa di pura pubblicità. Argomentazione opinabile quanto qualunque altra, ovviamente.

  27. “Io non regalo del Berlusconi a tutti, e infatti manco l’avevo nominato”. Quindi ne deduco che lei non si riferisse a Berlusconi. Quindi se non è Berlusconi, sig. V, questa “figura ahinoi piuttosto nota, capelli a parte, un famoso commerciante più che un politico dal destino ormai incerto” chi sarebbe?
    Giusto per curiosità

  28. é logico che tutte le argomentazioni sono opinabili.
    Il gelato alla cipolla mi fa schifo
    Il gelato alla cipolla mi fa schifo perchè poi mi puzza l’alito
    Tra la prima e la seconda affermazione c’è un perchè. e a parer mio non è poco. Dice che hai assaggiato, che sei stata curiosa e che poi, solo poi hai espresso un giudizio. La curiosità e la non superficialità non mi sembrano cazzate. Se poi si tratta di un libro, dietro cui c’è lo sforzo e l’impegno di una persona (che sia Baricco, Camilleri o l’ultimo degli scrittori che pubblica a pagamento) un segno di rispetto è argomentare il proprio giudizio anche se negativo. solo un senso di rispetto. Poi certo tutto è opinabile. Posso dire “Il brano di Anna Oxa fa schifo”.
    Se però sei un critico e quindi fai un servizio pubblico, bisogna che tu aggiunga qualcosa, che tu dia un contributo. Devi educare la mia coscienza letteraria o musicale. Spiegami perchè il barno della Oxa non ha funzionato, spiegami che il contesto non era adatto, che cmq i testi di Pasquale Panella sono storicamente criptici al primo ascolto e che necessitano di un secondo ascolto. altrimenti non serve a niente la critica. Credo che questo aspetto didattico, abbia anche voluto sottolineare baricco.

  29. ..oceano mare non l ho terminato altre cose di Baricco.. pure
    per un periodo mi sono sentito pure d accordo con certa “critica” pero gli articoli di sport.. voi direte lo sport..vabbe pero li qualche brivido.. poi la sua reazione..altro brivido..confesso che dopo questo dibattito il Baricco mi sta molto piu simpatico..

  30. Dice un anonimo: “Se però sei un critico e quindi fai un servizio pubblico, bisogna che tu aggiunga qualcosa, che tu dia un contributo. Devi educare la mia coscienza letteraria o musicale.”
    Ah, la maieutica. Il critico e la maieutica. Non saprei dire se un critico DEVE educare la mia coscienza.
    In ogni caso, pur non amando per niente Baricco (e se non argomento in questa sede perché pur avendo letto 4 suoi libri ho deciso di non leggerlo più è solo per ragioni di spazio – non me ne vogliate) mi sento di dargli ragione nella vessata quaestio, poiché gli incisi di Citati e Ferroni mi sembrano relativamente gratuiti (dico relativamente perché non ho letto io materialmente gli articoli che cita Baricco), un po’ buttati lì, del tipo era tempo che volevamo dargli addosso ma non ci andava di argomentare (perché un’affermazione si argomenta non per maieutica, ma per dialettica), così abbiamo trovato l’occasione delle automobili (e ok) e quella delle Olimpiadi (questa un po’ troppo forzata) per affilare le lame e squartarlo.
    Così, mi auguro a breve – concordo con Loredana – di leggere articoli di Ferroni e Citati in risposta a questo articolo di Baricco.

  31. Secondo me, una stroncatura si può fare in due righe, o anche in quattro parole, purché sia ben argomentata. E deve concedere un’attenzione esclusiva all’oggetto stroncato, non deve essere calata come una battuta stupida in tutt’altro discorso. Sono solidale con Baricco e, non so perché, mi è venuta una gran voglia di leggere il suo ultimo libro.

  32. Alle lacrime baricchiane : Cari critici, ho diritto a una vera stroncatura
    io Lo accontento
    Ecco la lettera che ho inviato a Repubblica
    ll buon Baricco è tutto turbato perchè a Citati e Ferroni le sue recenti perfomance non sono piaciute ma invece di stroncarlo come merita alludono….
    Insomma Baricco vuole una stronacatura in piena regola.
    Io non sono un critico letterario ma un semplice lettore e posso senza ombra di dubbio dire che ho trovato di una banalità sconcertante la versione in prosa dell’Iliade (insomma una cosa da III media degli anni ’50).
    L’altro libro…. beh non l’ho comprato ..ho detto basta alle bariccate.
    Il Baricco per sostenere la validità delle sue opere fa riferimento alle copie vendute e sulla quantità non si discute ma in un panorama editoriale dove ex spogliarellisti ed animatori di discoteche scrivono vendutissime autobiografie, vendere tante copie non mi pare titolo di grande merito.
    Mi domando : se io avessi proposto ad un editore una compilazione simile alla Iliade baricchiana sarebbe stata pubblicata. Credo di no !
    Insomma oggi come oggi Baricco è un marchio commerciale.
    Cordialità
    Raffaele Abbate

  33. Baricco, secondo me, non ha tutti i torti. Un critico deve giustificare quello che dice, non può limitarsi a lanciare frecciatine di quel genere. Ma è anche vero che deve essere libero di scegliere di parlare di un libro o di ignorarlo.
    Forse avrebbero dovuto scegliere o di parlarne o di non parlarne, senza mezze misure.
    Detto questo, Baricco mi stupisce sempre per la sua capacità autocelebrativa…quell’uomo si piace troppo! Ma come fa?

  34. Grazie Fausto.
    Ho appena letto il link in cui Ferroni parla di “Questa storia” di Baricco. Mi sembra che adesso sia molto più normale, giustificata e addirittura pertinente la frecciata di Ferroni: si rifà a ciò che ha scritto in precedenza, a ‘sto punto è Baricco a doversi giustificare con Ferroni. (In attesa di notizie da Citati.)

  35. Al Baricco ci manca un buon ufficio stampa… Verò è, comunque, che Citati tromboneggia un po’ troppo, vedi l’articolo di qualche giorno fa con il nostro Critico che si lamentava delle telecronache olimpiche come una vecchia zia inacidita.

  36. che decine di commentatori non sapessero dell’articolo di Ferroni su giudiziouniversale passi, ma che fingesse di non saperlo lo stesso baricco non dice molto del fichetto torinese? e la lipperini? e la scarparo? e la gaetani? scrittorelle che vergano a vuoto…

  37. Eh, eh, sembrano tanti piccoli bambini….a questo punto ha ragione Bukowski quando li definisce “sti fichetti di sti frocetti, tutti lì pronti ad attaccarsi l’un l’altro, a sruffianarsi e incolparsi a vicenda. Quello proclama che il tizio è un ottimo poeta, e tizio proclama che quello è un grande scrittore….benvenuti nella setta della Montagna Nera”.
    Se le piccole “invettive” erano invece un richiamo positivo il Piccin Barricco non abvrebbe fatto una piega….ma che stiano zitti per favore e continuino a scrivere libri, buoni o pessimi che siano. E i critici si limitino a criticare o a una semplice recensione. Che poi se un libro lo voglio leggere o meno, fa schifo o meno riesco a capirlo da me. E poi magari mi leggo la critica (se una vera critica “disinteressata” esiste) se voglio approfondire.
    Sempre che qualcuno dia davvero peso alle recensioni o alle critiche sui libri. Se c’è qualcuno che ci crede davvero ha tutta la mia ammirazione.
    Salvatore

  38. Due cose:
    ammetto che il Giudizio Universale non rientra fra le mie letture abituali. Una mia pecca, indubbiamente, cui cercherò di porre rimedio. Se permettete, però, mi sembra che nel suo intervento Baricco mettesse in luce il regolamento di conti tramite battuta in contesto altro. Cosa decisamente frequentissima: vedasi la gratuita definizione di “scrittorelle” un paio di commenti sopra.
    Secondo: un’ora fa mi ha chiamato il quotidiano chiedendomi un breve articolo sulle reazioni nate sui blog all’intervento di Baricco. Richiesta, preciso, nata in redazione dalla lettura di questo blog (lo dico a scanso di equivoci: io ho deciso di postare stamattina, come altri, senza prevedere che ci sarebbe stata un’appendice cartacea che pure, confesso, non mi dispiace, visto che continuo a credere nell’interscambio fra media). Sono quaranta righe dove ho citato alcuni commenti apparsi qui e altrove, con selezione giocoforza parziale. Grazie, comunque, a tutti.

  39. Da parte mia, posso dire che mi trovo abbastanza vicino alla posizione di V.: Baricco non è privo di potere mediatico, di credibilità, di un pubblico fedele, e ora vuole pure la considerazione delle eminenze della critica italiana. A me sembra sfacciato. In questa sua sfacciataggine forse sta anche una parte del fascino dei suoi interventi, che trovo sempre molto freschi e divertenti. Dissento da chi spala m**** sui suoi libri: lanciarsi violentemente contro i bestsellers è un modo di intendere la cultura che trovo veramente retrivo e da mandarino. Ci sono libri leggeri, piacevoli, magari stucchevoli, che meritano di esistere tanto quanto i loro lettori (ricordo il diritto al “bovarismo” di Pennac). Ma non sono d’accordo che Alessandro Baricco pretenda anche di dire a personaggi veramente illustri della letteratura come debbano scrivere. La prende come un’offesa personale, una sfida western. Si parla di letteratura, perbacco.
    Sarei curioso di sapere la soluzione del quiz: quali sono le cose su cui riflettere secondo Loredana Lipperini?

  40. Non capisco, Salvatore, perché un lettore o un critico possono scrivere (o talvolta delirare) quello che vogliono e uno scrittore dovrebbe stare zitto. Ha più che ragione Baricco. Che lo si stronchi argomentando. Perché dire che Baricco è acqua fresca in confronto a Borges o a Cioran non è un grande esercizio critico. Che veicoli un’ideologia pacificatoria, e dunque non ideologica, questa è un’altra banalità critica. La critica, se riflettiamo bene, non è soltanto quella esercitata sui giornali. E’ anche quella che gli stessi critici conducono seduti dietro le loro cattedre universitarie. Il critico è un informatore e un formatore. Il critico HA potere. Che si sudi, dunque, il compenso. Come fanno gli scrittori, compresi Giorgio Faletti e Dan Brown.

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