Non è del tutto vero. Non sono tornata affatto: sono
ancora in compagnia di mucche, gatti randagi e pochi esponenti del genere
umano. Sto poco in rete per via della connessione volante e lentissima. Mi
rendo conto di essermi persa almeno un paio di discussioni su massimi e minimi
sistemi (gli scrittori italiani sanno parlare del mondo? La stampa italiana ha
smesso di dare spazio agli intellettuali emergenti o già emersi? La vostra
eccetera fa parte di un sinistro complotto editorial-giornalistico? Se si pronuncia
il nome dell’ultimo/a scrittore/trice proveniente dai blog si rischia l’effetto
che produce Frau Blucker sui cavalli?).
Perdonate
l’ozio (che non è stato totale: la “cosa” sta diventando seria): da domani ci
sarò un poco di più. State bene, again.
Ti sei anche persa l’uno-due contro “Gomorra” sul Domenicale di Dell’Utri, giornale altrimenti dedito alla distribuzione parentale di barboncini e vibratori (ah, la naturale sorellanza tra donne…).
Che sarà mai? Due stroncature sono sempre meglio che una coltellata o una testa di cavallo nel letto…
Minchia se a gente come Serino e Gaetani fosse piaciuto Gomorra sarebbe stato grave. Serino manco conosce Langewiesche, uno dei maggiori saggisti al mondo. Studiasse invece di perdere tempo coi blog…
Se ci sei ti leggiamo!
E se ci piace commentiamo.
Un saluto
Rileggere la tua voce in mezzo a certi dibattiti deliranti è un elisir.Ho l’impressione che se alocunuavessero fatto una vacanza sarebbe stato meglio.
‘se alcuni’ naturalmente
Sono tornato anch’io dalle Marche e sto dando ampio spazio, nel mio blog, alle celesti armonie editoriali provocate dal blog-cazzeggio:-/
copio incollo la bella recensione del libro di Carlesimo Baobab uscita in rete a firma di Degli Incerti
Leopoldo Carlesimo è un ingegnere al suo esordio come scrittore. Con i sette racconti di Baobab (Gaffi editore) ci conduce in un’Africa vera, filtrata dallo sguardo di un occidentale, ma scevra da banali effetti folkloristici o avventurosi.
Il continente di cui ci narra l’autore è un mondo ancora oscuro, dove si agitano forze primigenie e spinte alla modernità. Si avverte in queste pagine l’esperienza di Carlesimo come ingegnere nei cantieri africani, soprattutto nel Burkina Faso. La minuziosità e l’estrema correttezza delle descrizioni, oltre ad uno stile affascinante ed esornativo, suscitano nel lettore un profondo piacere, come avviene nel racconto “Il ghiaccio”.
Si dice che un tempo il baobab – la pianta sacra degli africani – fosse l’albero dell’abbondanza: sempreverde, lussureggiante, carico di frutti. Gli uomini lo veneravano quasi come una divinità. Finché gli dèi si ingelosirono dell’alleanza tra l’uomo e l’albero e un giorno, per punire la sua superbia, lo capovolsero. Da allora il baobab è l’albero che mostra le radici.
Alcuni tratti della scrittura di Carlesimo riportano alla mente l’eco del primo Calvino, quello dei racconti giovanili, soprattutto per il gusto e la ricerca dei particolari. Il tessuto narrativo diviene così per il lettore un sentiero da percorrere con grande curiosità.
Carlesimo è un narratore estremamente abile nel carpire l’attenzione di chi legge. I suoi racconti sono in bilico tra una rappresentazione scarna e insofferente del punto di vista dell’io narrante e un mondo, quello africano, indecifrabile, segnato da valori ed esperienze che sembrano sfuggire al controllo umano, come nell’affascinante “Jacques e la piena” o nell’ambiguo “La riserva di Arli e la caccia al maiale”.
Alcuni racconti esprimono un’atmosfera rarefatta, come se più del dialogo e dei rapporti tra i personaggi prevalgano le cose, gli oggetti, particolari che trovano una loro straniante collocazione.
Mistero, silenziose sofferenze e un senso di riflessione trasudano dalle pagine di Baobab, di cui si rimane a leggere fino all’ultima riga, come se ci trovassimo davvero immersi nella contemplazione della sacra pianta capovolta che mostra le sue radici.
Dunque un’opera, questa di Carlesimo, che recupera il piacere di fare narrativa. L’io narrante è celato tra le pagine, quasi assente, come se l’autore intendesse parlarci dei luoghi tante volte visitati ma descrivendo il tutto con occhio clinico, privo di coinvolgimenti emotivi o sentimentali.
Più che un libro sull’Africa, quindi, Baobab è un’opera sulla voglia di scrivere, recuperando uno stile letterario estremamente polito, piano, come un mantello gettato all’improvviso sul terreno incolto e spesso assai gibboso della nostra odierna letteratura.
Anch’io (rientrato da poco) mi rendo conto di essermi perso un sacco di querelle, ma devo anche confessare che non è che mi dispiaccia troppo…
Mi auguro, Loredana, che il suo lavoro proceda bene. Più passa il tempo più anch’io mi ritrovo a pensare che, per produrre letteratura, mucche cani e altri animali siano le uniche compagnie (persone?) decenti.
Da questo momento in poi signora Lipperini, il Suo blog è segnalato tra i miei link preferiti nella pagina CHI SONO. Con mio piacere.
@anna vi
e ‘sti cazzi!