Il Miserabile Scrittore dice, giustamente, che la latoguardia "funziona per suggestioni, nevrosi, libido, soddisfacimenti temporanei o duraturi, logiche frattali, accademie inesistenti, desideri di abbraccio". Benissimo.
La libido odierna riguarda, per una volta, un libro che è uscito diversi mesi fa. In compenso è di stamattina, sulle pagine culturali di Repubblica, l’intervento di Bauman sui kamikaze che me lo ha fatto tornare in mente. Anche perchè, a dispetto della sua pubblicazione presso la madre di tutte le corazzate editoriali, non ha ottenuto, secondo me, la visibilità che meritava.
Il protagonista del libro si chiama Youssef Sultane, ed è il non acutissimo affiliato delle Lame dell’Islam incaricato di uccidere l’arcivescovo di Algeri: ci riesce, viene colpito a sua volta, cade agonizzante e si ritrova al cospetto di Izrail, l’angelo della morte, a cui reclama la promessa ricompensa per il suo martirio. Non andrà così: la costernata anima di Sultane dovrà partecipare ad un inedito “Trivial Muslim”: tiro di dadi, carta, domande sul Corano, sull’etica, sulla teologia.
Questo, e davvero molto altro, è Zero Kill dello scrittore algerino Yassir Benmiloud, o Y.B., già autore di Allah Superstar (sottotitolo, Se vuoi parcheggiare un Boeing a Manhattan, è difficile evitare le Torri Gemelle), dove un comico ricercava una fatwa per diventare famoso, dal momento che "per gli arabi è più facile entrare in Al Qaida che alla televisione". Affermazione assai utile per approcciare Zero Kill, altrettanto impietoso nei confronti del fanatismo religioso come surrogato delle seduzioni occidentali: “il protocollo di un Islam fondamentalista vale ampiamente un’avventura di Lara Croft. In più è autentico 3D”, scrive Y.B..Non esitando ad affastellare intrighi, rapimenti, cori sofoclei, l’agente Scully di X Files, in una ferocissima, devastante, geniale satira del reale e, insieme, del postmoderno che tenta di rappresentarlo.
Poche righe privatissime sulla genesi della latoguardia, qualunque cosa essa sia o diventi: questa parola venne formulata cinque anni fa, fra amici che si occupavano di radio e che, in buona parte, si sono persi di vista. E’ anche un modo per auspicare che almeno alcuni di essi si ritrovino.
come noterai, non sono intervenuto al thread sotto che era già affollato. ma dico qui quello che penso, dal momento che è collegato: ho letto tutti e due i libri di Yassir Benmiloud e mi sono divertito moltissimo (o giove, non solo divertito). E’ evidente il motivo per cui non ne hanno parlato i gargoyles accademici: YB non grida all’apocalisse, o se lo fa, ride. imperdonabile, ovvia.
la risposta di Carla Benedetti ai commenti al suo pezzo:
“a me quel che continua a impressionare non sono tanto i meccanismi editoriali, ma il deserto che si sta aprendo intorno. Che di fronte a D’Orrico che dice che Faletti è il più grande scrittore italiano vivente nessuno ribatta, nessuno s’incazzi. Che gli scrittori (quelli che fanno questo mestiere, e non i comici, gli intrattenitori televisivi o i leccapiedi di Berluisconi ecc.) non si incazazzino. Che le pagine culturali dei maggiori quotidiani siano diventate il luogo in cui si recensiscono bene i libri di Faletti con l’argomento populistico che Faletti piace al pubblico, che i critici si ritirino nel retrobottega a discutere di canoni, e che tutto questo deserto si chiami ancora cultura, letteratura. Certo che tutto ciò sarà travolto da un qualche onda scellerata. Troppo abnorme, troppo sproporzionata è la cosa. “
Non ho letto zero kill e non penso lo leggerò. credo che su alcuni argomenti ridere non sia opportuno, invece.
A me fa strano l’intervento di Bui nel post sotto. I WuMing di solito hanno punti di vista radicali mentre le sue parole sembrano quelle di un politico. Addirittura dice che l’editoria di progetto esiste e fa il nome di piccole case editrici, come se tutto filasse liscio, come se per difendere certe linee editoriali quelle piccole case editrici non dovessero combattere tutti i giorni sempre sull’orlo della perdita. Non so, a me pare strano che la stessa persona possa scrivere che usa fionda e biglie d’acciaio per incrinare le costole di una signora rompicoglioni oppure scriva una lettera al napalm per puntualizzare che non è un revisionista, e poi diventi un politico della margherita quando si tratta di parlare di editoria. Si vede che tutto il problema si ferma alla carta riciclata.
a me invece pare che il discorso fosse sensato e che le case editrici citate costituissero un buon esempio. mi pare che ci si ostini a difendere il pezzo di benedetti, se non ho capito male il commento precedente di andrea, solo per coconino press e moresco. allora pace.
per rimpolpare le file della latoguardia, una puntata speciale di Chi l’ha visto (o una recensione entusiasta di D’Orrico, che pare non le lesini)
Ah, su Nazione indiana trovate la recensione (cazzuta come al solito) al nuovo libro di Covacich: “Fiona”.
http://www.nazioneindiana.com/archives/2005_01.html
A me invece par strano che ancora non si sia capito – o si faccia finta di non capire – che l'”autore” e la “persona” sono due personaggi diversi; il primo scrive libri e idee, il secondo non scrive e non professa nella vita reale le idee dello scrittore. Tutti gli scrittori conosciuti di persona erano persone non migliori non peggiori di tanti anonimi che mai hanno scritto una lettera in vita loro. Per non rimaner delusi meglio è non incontrare vis-à-vis gli scrittori: potrebbero – sottolineo che “potrebbero” – rivelarsi umani troppo umani. Non è detto, ma è un rischio da tenere in debita considerazione.
Saludos.
Iannox
Zanardo, Coconino press non c’entra nulla (e nemmeno Moresco), io parlavo delle case editrici citate da Bui, case editrici che stampano narrativa e non fumetti. Fernandel che conosco meglio di altre si fa un mazzo così, mentre dal discorso di Bui sembra che tutto scorra placidamente. Quelle piccole case editrici oggi ci sono e fanno un ottimo lavoro ma con un impegno spaventoso e senza, o quasi, l’aiuto dei mediatori. Quando Morozzi pubblicò Blakout e il libro fu recensito su TTL, il recensore disse che era un “esordiente”: Morozzi allora aveva pubblicato 4 libri con fernandel (e non certo peggiori di Blackout). Ti faccio un altro esempio, io ho smesso di ascoltare le interviste/recensioni agli scrittori su radiotré dopo aver sentito quella a Nori e Raffaini (Storie della Russia e dell’Italia), l’intervistatore che credo fosse Sinibaldi (l’intervista è ancora nell’archivio di Farheneit come file audio) non aveva letto il libro e la scheda che gli avevano preparato era completamente sbagliata: fu un’intervista esilarante per certi versi ma anche il segno di una tragedia che si consuma tra i mediatori autorizzati, quelli che arrivano a migliaia di persone. E’ strano che a radiotré non riescano a pensare un modo per avere un intervistatore che ha EFFETTIVAMENTE letto il libro (basterebbe una rotazione tra più intervistatori). Il disinteresse della critica (nel termine comprendo i cronisti e i latoguardisti e tutte le denominazioni buffe possibili) fa male alla diffusione della cultura sia perché contribuisce a non fare arrivare libri di qualità ai lettori (specialmente di autori italiani), sia perché scriverli diventa sempre più difficile dato che sono, già in partenza, “pezzi che non girano” come si chiamano nel gergo delle librerie i libri destinati alla resa.
sei tu ad essre “buffo”: ma se bui ha appena citato case editrici che come dici tu “non girano” nel blog di un “mediatore culturale”, di che ti lamenti? e poi Nori sarebbe l’alternativa a Faletti? stiamo freschi.
e visto che siamo in argomento, sono andato a leggermi la recensione di scarpa che segnali, e la bendetti commenta scarpa dicendo che oggi ci sono troppi testi che descrivono la nostra epoca. e di che dovrebbero parlare, gli scrittori di oggi, della vita nelle caverne?
Loredana, mi fa due volte piacere che tu abbia segnalato “Zero Kill”: perché è un bellissimo libro (a chi diceva che non si ride di certe cose, ripondo: questa è una satira spietata, non minimizza niente tramite la comicità, anzi fa più male) e perché parlandone rimetti in funzione il secondo binario proprio laddove oggi rischia di terminare. Esistono, come ricordava Wu Ming I, le piccole e medie case editrici che continuano a lavorare con un senso di progetto, si sbattono come matti e per fortuna in quel modo ottengono i loro piccoli spazi di visibilità. Salvo poi spesso farsi portare via dal portafoglio grasso e dalle migliori condizioni distributive ecc. delle grandi case editrici gli autori che hanno contribuito a lanciare. Le grandi casi editrici hanno invece altri problemi.
In Italia quasi tutte le casi editrici, sia quelle considerate “di cultura” sia quelle “generaliste”, pubblicano ancora libri da cui non si aspettano guadagni e nemmeno tornaconti d’altro tipo. Ma poi- ed è lì che non funziona più il “doppio binario”- non possono più sostenerli, perché oggi il mercato è fatto di pochi libri e quindi bisogna scegliere prima su quali concentrare li sforzi di comunicazione. Gli altri, cioè la maggioranza, devono cercare di camminare con le proprie gambe, rischiando di perdersi nel mare. Vale non solo per la cosiddetta alta letteratura, riservata a un pubblico ristretto, ma anche (anzi:forse di più) per thriller, noir, fantascienza ecc. Ed è lì il problema: chi aiuta questi libri a sfuggire al probabile destino di nati-morti, chi li indirizza verso i lettori che meritano d’avere? Il passaparola, innanzitutto, fra cui quello dei blog mi sembra sempre più importante. Invece i recensori di giornali e riviste – a differenza, metti, di quel che succede in Germania dove l’editoria è in gran parte in mano a megagruppi che fanno sembrare Mondadori una formica e sta evolvendo complessivamente in senso turbocapitalista-, spesso mi appaiono nella media piuttosto pigri, contenti di farsi imboccare dagli uffici stampa.
Non è questione di cultura alta e bassa, popolare o d’elite. In questi anni ci sono stati molti bestseller -di genere e non- che erano libri eccellenti. Ma se degli altri non si fa carico nessuno (secondo i propri gusti, o meglio: le proprie idee estetiche), temo che arriveremo sì a un paesaggio sempre più simile alla monocoltura.
Per tornare a Y.B: un autore straniero che “non va”, già adesso non viene più pubblicato dopo il secondo o terzo tentativo. Quindi, spudoratamente: currite a comprare “Allah Superstar” e “Zero Kill”, sostenete il futuro di uno che non si è fatto ammazzare dal Gia e che è una purga potente contro le peggio idiozie oriental-occidentali!
Ok Zanardo vuoi dire che parlo a vanvera, può anche darsi, io non sono uno scrittore né un critico, faccio quello che posso e se vuoi posso parlarti di libri che per me sono belli (nei miei post qui ne ho già segnalati). Però vedi che costringendomi a giustificarmi perché non sono all’altezza tu hai buttato il discorso su una critica molto più profonda di quella che possiamo leggere oggi sui giornali: allora vuol dire che di quella critica ne hai bisogno anche tu!
E su Bui, credimi, secondo me come scrittore è molto bravo, però vorrei vederlo, proprio per la sua bravura, sempre radicale, e capace di dare la voce a chi l’ha persa, come in New thing.
copio incollo un commento di Ferrazzi al pezzo della Benedetti sulla monocultura del bestseller:
“Dove invece sono completamente d’accordo con Benedetti è sulla funzione della critica. Credo anch’io che D’Orrico non possa aver determinato le cifre del successo di Faletti. Ricordo che definì capolavoro un libretto qualunque come Pericle il nero, e non credo che gli abbia fatto vendere milioni di copie. Però è una indecenza che la critica abdichi al suo compito. Il pubblico può indirizzarsi dove meglio crede: è lui che paga, è lui che dedica parte del suo tempo a leggere. Ma la critica no. Il critico ha il dovere di non sparare aggettivi e sostantivi alla cazzo, proclamando capolavori dove non ce n’è neppure l’ombra, migliori scrittori italiani viventi, eccetera eccetera.
Posted by riccardo ferrazzi at 20.01.05 11:52”
Per favore chi passa di qui vada anche a leggersi i commenti su nazione indiana, la discussione è molto bella.
sono stupido: andrea fai un esempio di chi descrive una realtà e chi uno schema di realtà, con nomi e cognomi e senza citare moresco per una volta.
Scusa Helena, Bui non ha detto
“si sbattono come matti e per fortuna in quel modo ottengono i loro piccoli spazi di visibilità. Salvo poi spesso farsi portare via dal portafoglio grasso e dalle migliori condizioni distributive ecc. delle grandi case editrici gli autori che hanno contribuito a lanciare.”
Questo lo diciamo tu e io, per Bui le cose vanno bene, la piccola editoria di progetto è florida e c’ è spazio per tutti.
Allah Superstar l’ho letto, è un bel libro, avevo già intenzione di comprare altre sue cose.
A Zanardo non so che rispondere, forse sarebbe utile che leggesse i miei post prima di commentarli, ci sarebbero meno equivoci.
Ancora una cosa, la risposta della Benedetti riassunto malamente da Zanardo è questo:
“Non ho ancora letto il libro di Covacich,ma volevo dire qualcosa su un punto cruciale che Tiziano mette in evidenza.
La nostra epoca, come tutte forse, ma credo che questa di più di ogni altra, si autodescrive. Fa una descrizione di sé. La fa continuamente, attraverso le notizie, attraverso i suoi stessi processi comunicativi, ancor più che attraverso le sue ideologie. E questa autodescrizione è una trappola. Una premessa che si autoconvalida. Molte narrazioni odierne mi sembrano solo un’opera di manutenzione dell’epoca, un meccanismo di difesa del sonno dell’epoca che sogna se stessa e non vuole svegliarsi. Se non si sfondano questi schemi di realtà, per far emergere allucinatoriamente tutta la realtà,tutto lo “spurio” rimosso da questa autodescrizione, scrivere non ha alcun senso. E questo non lo dico solo per la scrittura narrativa, ma anche per quella saggistica e testimoniale e giornalistica.
Posted by Carla Benedetti at 20.01.05 11:42″
State buoni se potete. State buoni se potete.
State buoni se potete.
Io, intanto, vado al supermercato: m’hanno detto che c’è un’offerta speciale, praticamente svendono la mitopoiesi a tutti, prezzi competitivi. Sì, è quella “surgelata”, in confezioni famiglia; però, capite anche voi, che una simile occasione capita una volta nella vita… Vabbe’, ammetto che sto banfando: ormai simili occasioni sono alla portata di tutti praticamente tutti i giorni.
Ah, per i salutisti c’è anche la mitopoiesi senza additivi aggiunti: in pratica quella ruspante, almeno così viene detto sull’etichetta. Ma fossi in voi, starei attento comunque.
State buoni se potete.
State buoni. Se potete.
Saludos.
Iannox
andrea, non mi hai risposto. ti sei limitato come sempre a usare parole di altri e a mandare i lettori su nazione indiana, forse faresti meglio a restare là. io se fossi la Lipperini ti inviterei a farlo.
latoguardia morte di guardia e gioco a far la guardia per la morte.
Oriente incomprensibile oppure Occidente troppo pronto a trasformare in modo qualsiasi evento, finanche quello che paradossalmente, da primo in classifica per solerte avvicendamento, andrebbe insabbiato?
Ricordo moltitudini di casi categorizzati come “casi di mitomane imitazione” e ricordo la fatidica comunissima quanto mai vera frase: “la pubblicità è l’anima del successo!”.
Quanta pubblicità gratuita per questo musulmanesimo di destra.
Ehi, scusate l’OT, ma vedo che il Genna interviene qui e nel suo sito non si può commentare. Perché sotto la testata dei Miserabili scrive GIORNALE DI LETTERATURA E MONDO FONDATO DA GIUSEPPE GENNA NEL 2002? Non è mica vero. I Miserabili sono in rete da settembre del 2003.
Mentre Iannox va a fare scorta, accolgo l’appello. Zanardo, scusa, non mi priverei mai di un personal trainer come Andrea, e credo che i flusso di lettori fra questo blog e Nazione Indiana vada anzi incentivato. Più tardi ne riparlo.
Solo una cosa, per Valchiria: musulmanesimo di destra? Di chi, scusa?
Scusami Zanardo, ma mi pareva che questi ultimi due post di Loredana scaturissero proprio dal pezzo di C. Benedetti uscito su Nazione Indiana. Il post di Loredana è un post in risposta a un post di Nazione Indiana. Non ci vedo niente di male se il dialogo continua anche attraverso citazioni. Tanto più che la Benedetti stessa è intervenuta di persona nei commenti al post precedente. Forse sono un pacioso pacioccone, ma spesso non capisco certi atteggiamenti ostili. Non per difendere il solerte Andrea e criticare te, eh! La mia è una considerazione generale.
Di certo non suo, Signora Loredana.
Un giorno guardavo un film, particolarmente a me caro per reminiscenze ancestrali. Il film è di De Crescenzo e illustra il potere della pubblicità, verbale, con un aneddoto cinematografico. Pazzaglia arriva trapelato e sudaticcio presso una bancarella di giocattoli per acquistare un cavalluccio rosso, un cavalluccio da bambini; ma racconta una personale disavventura che giustifichi il suo diritto di precedenza per quell’unico cavalluccio rimasto in giacenza. Di bocca in bocca il racconto si colora e si riempie di confini. Verso sera un racconto è storia.
Anche quella era comicità, ma spesso il comico sta al confine col grottesco e finisce per dar spazio a certe realtà, le quali col sorriso si insinuano e si ampliano e divengono ridondanti finchè risultano parte integrante di un mudus vitae prima del tutto ignoto.
Non le davo della fascista e le lascio un sorriso.
Spero sia almeno giunto il mio vero messaggio.
contro le lacerazioni della critica moderna propongo trattamenti ludovico a profusione(in alternativa il metodo Mishima assistito)
Valchiria, avevo capito che non ero io la destinataria, ma, credimi, se ti riferisci a Y.B. egli è assolutamente immeritevole dell’accusa. Sorriso ricambiato, comunque.
Burgess-Kubrick, A clockwork orange, se la memoria non tradisce…
Scusate l’ignoranza, ma trattamenti Ludovico, che cosa é?
la tua memoria fà faville loredana(e sei pure una bella donna)
Per rimanere IT sul tema kamikaze, segnalo un efficace racconto di Tahar Ben jelloun nella raccolta “Amori stregati” (ora non ricordo il titolo, forse “10 settembre”), ma anche il romanzo “La stella d’Algeri” dell’algerino Aziz Chouaki.
A questo punto, mi segno il libro di Y.B. tra i miei desiderata…
P.S. Sminuire la questione della carta riciclata, inoltre, mi sembra poco intelligente. Fino a prova contraria, la perdita dell’80% delle foreste secolari (con tutta la biodiversità che contenevano) e il dissesto idrogeologico che ne deriva (la scomparsa delle mangrovie ha amplificato a dismisura gli effetti dello tsunami in sud-est asiatico) resta molto più grave del fatto che a qualcuno piaccia Faletti e non Scarpa o Moresco, comunque la si voglia vedere. Rendiamoci conto di quant’è piccolo il bicchiere d’acqua, e del fatto che le vere tempeste infuriano altrove. Pubblicare i nostri libri (e non solo i nostri) su carta ecosostenibile sarà una piccola cosa, ma è inserita nella tendenza giusta.
Che strano, non mi sembrava affatto di aver scritto che “tutto va bene” e che la gente non si fa il culo.
Poi ho riletto e a ragion veduta posso scrivere: non ho affatto scritto che “tutto va bene” e che la gente non si fa il culo.
Inoltre, al contrario di quanto scrive Iannox, non credo affatto debba esistere la distinzione tra autore ed essere umano, io – narratore e al contempo essere umano, e narratore in quanto essere umano – non cambio etica né opinioni a seconda delle *personae* che indosso. Non capisco dove avrei mai dato adito al sospetto di una doppia morale.
Io ho scritto che sulle questioni *di fondo* Carla Benedetti ha ragione (si badi bene: ragione) ma secondo me sbaglia bersaglio (cioè non credo affatto che il problema sia Faletti).
Poi ho scritto – come SEMPRE ho fatto in vita mia e continuerò a fare in vita mia – un contrappunto a qualunque descrizione apocalittica e pessimista, come mi sembrava – a ragione? a torto? – quella di Benedetti.
Non credo in questo tipo di operazioni retoriche in cui tutto il reale risulta coperto da un’ombra nera, perché credo che, anziché incitare alla lotta, siano *incapacitanti*.
Ho fatto notare, perciò, che pur essendo vere le tendenze di fondo individuate da Benedetti – esistono realtà che operano, come indipendenti o addirittura dentro le major, che io vedo come focolai di resistenza.
Credo che l’accento vada posto sulla necessità di valorizzare e aiutare questi ultimi, non su quanto è forte il nemico.
Ripeto, questa è sempre stata la mia convinzione a proposito di qualunque argomento: mai sopravvalutare il nemico, mai sottovalutare noi stessi, non descrivere mai il pericolo senza indicare almeno un’ipotesi, anche remota, di via di scampo.
Questo farebbe di me un “politico della Margherita”? Boh. Il nostro amico l’avrà scritto senza pensare.
E qui sorge il dubbio: si può scrivere senza pensare?
Non saprei proprio dire a cosa Bersi debba le sue favolose allucinazioni, in effetti.