LA LETTRICE

Abitualmente, sono una lettrice rapida: per consuetudine,
non per tecnica, per così dire, indotta. Questa volta, invece, ci ho messo
tanto, praticamente il tempo del mio forzato mancinismo, per
rileggere questo. Lo avevo già avuto fra le mani svariati lustri fa:
poi, come spesso avviene, lo avevo messo da parte ed ora, come già detto, ho
riaffrontato il suo migliaio di pagine, nella vecchia edizione de Il
Saggiatore, con la matita nel pugno (sinistro).
Bene: tralasciando tutte le cose che si potrebbero dire in proposito,
e che non mancherà occasione di affrontare, sfilo un breve passaggio, per di
più citato a memoria. E’ nella parte finale del saggio, quando Simone De
Beauvoir parla dell’autocostrizione della donna all’armonia, e a rappresentare
la vocazione al Bene in un mondo “dove il Bene non è” e non può essere:
e qui affronta l’argomento “lettrice”.
Punto dolorosetto e spinoso: perché già una sessantina
d’anni fa era ben noto come le appassionate di libri fossero in numero maggiore
rispetto agli uomini. Ma De Beauvoir si chiede quanto questa propensione alla
cultura e all’arte non sia in realtà
una trappola; quanto le donne cedano, nella scelta delle proprie letture, alla
suddetta condanna all’armonia,  prediligano dunque testi smussati, difficilmente cartesiani,
emozionali, e quanto tutto questo determini spesso, infine, il successo di
libri scadenti.
Bella questione. Scartabellando, ho trovato un paio di
frasi a corollario: una è di Pietro Citati e riguarda non la fruizione ma la
creazione femminile (ah, l’affermazione è del 1997, non del 1947, sia chiaro):

«I rapporti tra i sessi e le arti sono misteriosi: perché
mai le donne, che dovrebbero essere impastate di colori, di luci, di ombre, non
sanno quasi mai dipingere? Quale proibizione tiene le donne lontane dalla musica? Nessuno ha mai risposto
a queste domande».

La seconda, da un breve saggio di Maria Rosa Cutrufelli,
riguarda più propriamente la scrittura, e vede a confronto Natalia Ginzburg e
Alba De Céspedes:

 Natalia Ginzburg rappresenta il
lato oscuro e dolente della femminilità. «Le donne – scrive – hanno la cattiva
abitudine di cascare ogni tanto in un pozzo, di lasciarsi prendere da una
tremenda malinconia e affogarci dentro». Questa sofferenza, che nasce proprio
dal fatto di essere donna, rende difficile, forse impossibile, la libertà
femminile. Alba De Céspedes rivendica, al contrario, proprio l’esperienza che
le donne fanno nel loro ‘pozzo’ come fonte di possibile ricchezza e libertà.
«Tu dici che le donne non sono esseri liberi: e io credo invece che debbano
soltanto acquisire la consapevolezza delle virtù di quel pozzo e diffondere la
luce delle esperienze fatte al fondo di esso, le quali costituiscono il
fondamento di quella solidarietà, oggi segreta e istintiva, domani consapevole
e palese, che si forma fra donne anche sconosciute l’una all’altra».

Ho come la sensazione che questa discussione, oggi,
farebbe ancora più male.

45 pensieri su “LA LETTRICE

  1. Va bene, sorvoliamo sul “pozzo” (e relativo pendolo) ma di “quanto le donne prediligano dunque testi smussati” mi piacerebbe molto che si parlasse, magari con qualche dato. Per esempio, fra le lettrici del Fantastico, in quante (come me) preferiscono invece le ruvide e spigolose distopie dell’SF migliore, al Fantasy trasognato?..

  2. Molte delle risposte a queste domande provengono da ricerche scientifiche sulle diverse attitudini dei sessi. Presso le donne la parola è un mezzo molto più potente che presso gli uomini, la narrazione le avvince in modo più efficace e profondo. Probabilmente per questo leggono di più. Narrativa. Ed è probabilmente per questo che l’arte della scrittura è anche la più praticata tra le donne. Scindere il dato culturale da quello scientifico è difficile e rischioso, ma qualcuno dovrà pure cominciare a farlo. Molto interessante è il discorso della De Beauvoir sull’obbligo (sociale? sessuale? biologico?) delle donne a rappresentare il bene, là dove l’uomo, senza tema di una caduta di ruolo, può praticare palesemente il male. Si tratta di un obbligo culturale? Oppure ha radici evolutive? Forse a causa di ciò, la donna nutre per tutta la vita una propensione, vera e/o assegnata, naturale e/o culturale, per la modalità emozionale del percepire e del relazionarsi. Per questo premia le narrazioni che più chiaramente vanno in questa direzione, spesso conferendo loro successi immeritati. Ma esiste davvero il “successo immeritato”?

  3. Tash, io delle spiegazioni scientifiche, almeno in parte, diffido.
    Per esempio: non trovo così automatica una eventuale maggior attitudine alla parola e la propensione alla lettura. Semmai la lettura, fra chi poteva permettersela, è stata una delle attività possibili e ammesse in lunghi secoli di “reclusione”, per usare il termine di De Beauvoir.
    Quanto all’obbligo all’armonia, è sociale e culturale (non biologico, grazie al cielo) e religioso. Soprattutto.

  4. è normale diffidare delle spiegazioni scientifiche, ma se si vuole uscire dall’eterna diatriba su cosa sia genetico e cosa culturale, da qualche parte occorrerà cominciare.
    e allora sembra opportuno accertare l’accertabile e verificare il verificabile, cioè usare anche in questo campo, metodo e sperimentazioni scientifici.
    in proposito:
    La Regina Rossa. Sesso ed evoluzione, di Matt Ridley, Instar Libri, 2003

  5. Ma qualcuno vuole dirmi perché mai le donne “dovrebbero essere impastate di colori, di luci, di ombre”??? Ma che significa? Lo sento solo io il profondo sessismo di questa frase?
    (ed infatti “non sanno quasi mai dipingere”. Michiate fritte!)
    Lippa, ci sono libri che devono essere riletti. Ed alcuni che devono, è sempre più evidente, essere (ri)scritti. Aspetto fiducioso.

  6. Le donne non sanno dipingere… e vabe’, se ne sentono tante, una più una meno…
    Parlando di cose serie – e salutando l’anima grande del Castor di sfuggita – qualcuno sa che cosa manda in edicola il sole 24 ore col nome Enciclopedia della musica. Io mi sono fatto questa idea, che la prima uscita corrisponde alla prima metà del quarto volume dell’enciclopedia einaudi, e che successivamente arriverà tutto il resto, a botte di mezzo volume più mezzo volume (intercalati settimanalmente da dieci cofanetti con doppio cd), e proprio alla fine quello che sarebbe nel catalogo einaudi il primo volume: Il novecento. Qualcuno sa se queste congetture appartengono al regno del reale?
    a.b.

  7. Uhm mi rispondo da solo dato che sul sito del Sole c’è il piano dell’opera. Mi rispondo anzi in parte, perché non si capisce bene come abbiano smembrato l’opera. Credo che la congettura sulla divisione in due volumi di ogni singolo volume potrebbe essere giusta. Il novecento però si affaccerà subito dopo i primi due volumi: era logico, andando a chiudere la storia della musica.
    Sono felice che finisca in edicola tutto questo ben di dio.

  8. @Biondillo
    L’ho sentito anch’io, il profondo sessismo di quella frase. E ripeto che mi piacerebbe conoscere qualche dato – specialmente nel campo della letteratura fantastica – magari in grado di smentire l’assunto di partenza. Molte donne leggono gotico, horror, e sf, testi ben poco “smussati”: quante siamo? Siamo davvero una minoranza non rappresentativa?…

  9. Meno male che prima di esser lettrice sono spettatrice. Uff.
    Non vorrei rientrare nel merito di queste diatribe che hanno impegnato cataste di donne in irriducibili discussioni mentre sui trespoli i maschi pontificavano a go go.
    Ne sono (erano)nate molte condiderazioni giuste su motivi economici, culturali ecc. usi a tagliar le gambe del sesso femminile prima ancora che codesto cominciasse a camminare. Non voglio però scendere su questo terreno che altri hanno analizzato meglio di quanto potrei fare. Nè mi interessa utilizzare qualsiasi statistica o parere scientifico (sì, davanti alla ‘falsificabilità’ o, meglio, a Feyerabend non sono molto di diverso) per un ‘giustificazionismo’ di qualsiasi natura.
    Piuttosto mi chiedo da tempo se non siano errati i parametri. Per esempio se non siano falsi tutti questi bei miti in cui affoghiamo tutti e tutto ciò che facciamo e viviamo, dal calcio alla ‘produzione letteraria’ a quella ‘pittorica’ o musicale.
    Mi chiedo, insomma, se al cospetto di quelle che sono le necessità umane, compresa la capacità di creare, non siano i metri di giudizio e le scale del successo a essere castranti, per tutti, uomini e bambini compresi.
    Forse sono solo pensieri post natalizi ovvero di un’altra rincorsa a festeggiare un evento anche se non se ne sente il bisogno anche se non si capisce perchè e come.
    Lasciamo poi perdere la datazione di quel dotto rammarico del dottò di turno che non solo è sessista, ma pure ignorante. Non che a me ne vengano a mente molte di pittrici come l’Anguissola o la Gentileschi (lasciando perdere otto e novecento, secoli realtivamente meno infelici per donne ricche e con pennello o spatola), ma sono sempre esistite persone di sesso femminile che (in conformità alle restrizioni alle attività femminili nelle diverse epoche) hanno messo mano a pennelli o pastelli e finanche alla creta e al marmo. Chissà quanti maschi o extraterrestri ambosessi vessati in modo analogo ne avrebbero ancora avuto voglia.
    Vabbè, codesti sono tempi migliori, le donne per essere all’altezza devono portare scarpe con dieci cm di tacco (prego rifarsi i piedi se ‘non adatti’), vestire Prada e sculettare un pò. Luminoso omaggio Barbie alla fine di epoche buie.
    Sono polemica, le festività mi opprimono, sogno un 2007 in cui non abbiamo più bisogno di ‘performare’ in nessun campo, solo esistere come persone, possibilmente in armonia e anche senza castranti rincorse a un qualsiasi successo in qualsiasi campo.
    Non vi piace?
    vabbè, questo è il futuro che mi auguro (da essere umano prima ancora che da corpo sessuato), se a voi non piace auguratevene un altro 🙂
    besos soliti e di Buon Anno visto che l’umore è pessimo e mi disconnetto 🙂

  10. “le donne per essere all’altezza devono portare scarpe con dieci cm di tacco […], vestire Prada e sculettare un po’.”
    Ma con chi giri? Io se vedo una così le rido in faccia. L’amore è chimica, istinto, che ce ne facciamo delle Barbie… (delle Barbie, non dei Barbie-ri!).

  11. Andrea, purtroppo non tutti ridono in faccia alle Barbie…condivido l’analisi di Spettatrice, e anche il suo pessimismo. Per rispondere ad Alessandra: non ho dati certi sulle lettrici “spigolose”. Però mi sento di dire una cosa sul fantasy, che pure amo non poco: che, magari non volendo, imprigiona le figure femminili in vecchi ruoli. Molto, troppo spesso.

  12. Sono d’accordo sulla staticità schematica di certo Fantasy, infatti nel mio primo commento dicevo proprio che per fortuna molte donne NON scelgono quel Fantasy (come magari ci si aspetterebbe) ma piuttosto (come me) gotico, horror, e sf delle più “spigolose”. Secondo me siamo tante, e in aumento.

  13. Grazie, Simona: l’intervento è molto interessante. C’è un passaggio, soprattutto, da sottolineare:
    “Viviamo nel grande inganno delle pari opportunità: presenti sulla carta e sicuramente anche nella vita reale (non ne dubitiamo). Ma nella vita reale, appunto. In quella irreale permane la differenza fra dottori e signorine.
    La signorina che scrive deve elaborare il peso della sua tradizione culturale, in cui il maschile rappresenta l’umano e il femminile rappresenta soltanto il femminile, o piuttosto il complementare-contrario dell’umano. Come ottenere l’identificazione del suo pubblico? Se sceglie di veicolarsi in un personaggio maschile perde forse qualcosa di sé, ma se si propone in un personaggio femminile perde gli altri, o guadagna lettori che non vuole. E se dissacra il maschile con la sua critica corrosiva? Se tenta di costruire un femminile-non femminile, sarà compresa? Ogni giorno, ogni minuto della sua vita professionale deve risolvere enigmi di questa complessità. Come se non bastassero i problemi interni, ci sono quelli esterni: la ricezione dell’opera. Il libro è l’incontro fra il proprio teatrino di fantasmi e quello del lettore (o lettrice”).”
    Aggiungo, cercando di ricordare meglio che posso, il senso di una lunga chiacchierata telefonica avuta con una cara amica e bravissima scrittrice, Chiara Palazzolo, mentre la sottoscritta era appollaiata sulle scomodissime panche del Tribunale dei Minori, a Roma, in cerca di materiale per la “cosa”. Diceva Chiara, in sostanza, che non solo la maggior parte degli scrittori continuano ad essere uomini, ma che le donne, per lo più, scrivono in un’ottica maschile. Che la letteratura, insomma, ad oggi, “ha moltissimi padri e pochissime madri”. E che quando lei stessa scrive fa uno sforzo per decostruire quell’ottica maschile, che fa assumere un certo tipo di voce anche alla scrivente. Il fenomeno è schiacciante, ancora oggi, anche in un territorio importantissimo come la letteratura per ragazzi: dove, a fronte di poche eccezioni (Serge Brussolo, per esempio), siamo ancora al concetto Sandokan versus Piccole donne…

  14. Secondo me proprio la letteratura fantastica
    (specie l’sf) offre molte possibilità per decostruire qualsiasi ottica predefinita.
    @Tashtego
    Massì, sorridi pure anche alle Bratz 😉

  15. Le Bratz sono meno naturalistiche delle Barbie. A guardare la testa sproporzionata rispetto al corpo e le braccia sottilissime, come dei tentacolini, potrebbe venire in mente un certo stile da disegnatore/disegnatrice “underground” (i vestiti sono nello stile Diesel direi).
    Faccio un esempio: una donnina di Nicoz.
    I produttori tengono le antenne dritte (più di tanti scrittori ad esempio) per fottere linguaggi e produrre oggetti che abbiano una voce. Così li vendono a tutti, e tutti sentono la stessa voce, che attraverso gli stadi della produzione è diventata afona.
    E comunque, tornando al discorso di prima, una bellissima donna è così.

  16. Grazie a nome delle ammiratrici della bellissima 🙂
    Solo una cosa, Andrea: quando parli dei produttori che “fottono” idee…beh, capita sempre più spesso che siano le idee a fottere i produttori. Mi viene in mente il caso di un personaggio ora estremamente commerciale fra le ragazzine,diciamo, ribelli, ma nato sui flyer e sugli adesivi dell’underground californiano per pubblicizzare magliette per skater. E ora divenuto un caso mondiale: Emily the Strange…

  17. Dio, ancora con Frida Kahlo!
    Con i sopracciglioni uniti tra loro come una spranga di ferro, lo sguardo torvo, l’auto-referenzialità totale della sua pittura, eccetera.
    Mi sfugge la sua bellezza, mi sfuggono i motivi della sua valenza simbolica, eccetera.
    Mi sfuggono i motivi di questo insistere attardato su figure femminili totalmente desuete e, per così dire de nicchia, come alternative possibili (ma assolutamente non-proponibili, quindi inutili) ai modelli femminili dominanti.
    Sto provando ad immaginare un programma della De Filippi e però politicamente corretto, con dentro tante fridekahline col gonnone che danzano, dipingono, ecc.

  18. Ma in che senso l’idea fotte l’industria? Emily the Strange ieri era sui flyer e sugli adesivi, ma oggi è merce carissima che si compra con carta di credito. A me pare che questi linguaggi “spontanei”, straordinariamente efficaci, diventino rapidamente gadget (per la gente come la bambola di Emily, o per i miliardari, come i “Puppy” di Jeff Koons), mentre la loro naturale evoluzione, proprio perché sono linguaggi efficaci e contemporanei, dovrebbe essere quella di raccontare.
    A volte va a finire diversamente. Quell’autore coreano che avevo citato qui, Park Kun Woong, di cui finalmente ho visto la mostra bolognese, dedica i suoi libri disegnando bambini con un segno semplicissimo e evocativo. Lui usa il suo linguaggio (che è suo ma appartiene allo stesso tempo al codice orientale della pittura e del manga) per raccontare in 600 pagine lo sterminio di civili di Nogunri durante la guerra di Corea. La parabola di questo linguaggio attraversa elite colte e mercato, ma rimane, nella forma e nella forza del contenuto che trasporta, popolare.
    Così per esempio i grandi film di Hayao Miyazaki, o le “Seeger sessions” di Springsteen, o “Mermaid Avenue” di Billy Bragg & Wilco. Complessivamente credo che in Oriente siano più bravi di noi a fare questo, infatti qui si fanno “cover”, mentre là si inventano cose nuove.

  19. Tash, Frida Kahlo di nicchia? Ho capito bene “di nicchia”?
    Un’altra pittrice che mi piace è Marlene Dumas. Per dire la verità, il primo approccio è stato coi ritrattini di gente famosa che valgono poco (artisticamente, è chiaro). In realtà camminando un po’ nella sua pittura – e si può fare bene attraverso la rete senza comprare il costoso, breve e piatto volume che sta nella collana supercontemporanei di Electa, ideata da Francesco Bonami – la gioia del colore, l’emotività, la vivacità e l’invenzione sono tutte davanti ai nostri occhi, in dipinti che sembrano semplici perché arrivano, come certi Redon colorati e fantastici.

  20. Mah, io veramente il caso di Emily the Strange lo vedo abbastanza classico: un hype più o meno sotterreaneo che poi diventa overground, come mille altri casi consimili. All’epoca venne preso come la versione “giovanilista” del new pop USA, come – per dire – Mark Ryden era quella “maledetta” (e adesso le cose di Ryden se le compra Michael Jackson).
    Personalmente poi – per tornare in tema – ho sempre pensato che l’universo “al femminile” di Emily sia abbastanza desueto e autocompiacente, un po’ sulla scia di certa introversione indie anni ’90 (che è appunto l’epoca in cui Emily nacque).

  21. Nel suo genere Frida Kahlo è un modello femminile altrettanto idealizzato e irraggiungibile di Barbie, è l’estremo opposto. In mezzo ci sono le donne di tutti i giorni, delle quali più difficilmente gli uomini esaltano la bellezza.

  22. @a.b.
    Io sono molto più a sinistra di te. Sono abbastanza di sinistra da rifiutare qualsiasi modello femminile stereotipato. Compreso quello della “donna di sinistra” come te la immagini tu.

  23. Alessandra, sei impestata!
    Ho fatto una battuta per sdrammatizzare un po’ quello che dicevi, che tra l’altro non corrisponde a quello che è. Avevo linkato la foto della Kahlo non in quanto seducente pittrice e intellettuale, ma perché è una bellezza semplice, vispa, non passata per forza dall’estetista. A volte ci inculcano delle idee su come dovremmo apparire, ma non è detto che le nostre non siano più efficaci.
    Stai bene Ale, e non ti incazzare.

  24. E poi guarda, sul piano dei diritti delle donne sono impeccabile, mi avevano preso in simpatia persino due Southall Black Sisters, figurati un po’.

  25. @a.b.
    Ma io non mi sono affatto incazzata, è ovvio che la tua fosse solo una battuta, c’era pure tanto di faccina. M’è solo sembrato che scaturisse in parte da un luogo comune, e da quello ho voluto prendere le distanze. Non da te in quanto persona (che non conosco, e non giudico) ma da “a.b.” in quanto interprete di quello che m’era sembrato un luogo comune. Tutto qui. Rileggi il mio commento senza il tono incazzato che t’eri immaginato, e vedrai che non sono poi così “impestata”.

  26. @a.b.
    ma dove la vedi tutta questa bellezza in frida kahlo?
    @biondillo
    hai per caso verificato se tua moglie è *davvero* contenta della tua adorazione per i suoi primi capelli bianchi?

  27. “Rileggi il mio commento senza il tono incazzato che t’eri immaginato”
    Lo rileggo.
    “@a.b.
    Io sono molto più a sinistra di te. Sono abbastanza di sinistra da rifiutare qualsiasi modello femminile stereotipato. Compreso quello della “donna di sinistra” come te la immagini tu.”
    Penso, ma se tu non mi conosci che cazzo sai se e come mi immagino la “donna di sinistra”?
    Penso che se hai scritto quella frase è perché in quel momento avevi il culo dritto. E ora fai finta di essertelo dimenticata quanto avevi il culo dritto allora. Perché ti fa comodo così, perché vuoi prenderti gioco di me.

  28. Ripeto che quel “come te la immagini tu” era riferito solo allo stereotipo che leggevo nella tua battuta (Frida = sinistra, Barbie = destra) e il grassetto “qualsiasi” serviva proprio per specificare che rifiuto gli stereotipi in generale. Non ero incazzata. Quando sono incazzata scrivo ben di peggio. Non lo ero venerdì, e non lo sono neanche oggi, benché tu mi abbia un po’ presa di mira. E non voglio “prendermi gioco di te”. Quello incazzoso e sarcastico mi sembri tu. Comunque secondo me non ce n’è motivo.

  29. Era una battuta in cui assurdamente spostavo quello che dicevi sul piano politico, senza naturalmente credere a una raffigurazione politica del genere (o pensi che sia scemo?). Ti ho spiegato sopra che era una battuta in cui si sposta – cioè si “ironia”- il significato di una parola, e tu insisti a prenderla per un serissimo stereotipo introiettato e trattenuto nella mia testa.
    Che ti devo dire?, fai come ti pare…
    Buon anno.

  30. Beh, a volte le battute sono costruite proprio su stereotipi (i “comunisti”, le “barbie”, le “tasse”…)
    Ma io non ti accusavo di averlo introiettato, lo stereotipo (ripeto: non ti conosco personalmente) solo di averlo evocato al momento (“immagini” era un presente riferito appunto solo al presente). Anche tu quando m’hai definito “impestata” suppongo ti riferissi all’impressione che t’avevo dato al momento, e non certo a tutta la mia vita (spero!) 😉 Comunque accetto volentieri la tua precisazione, e ti auguro anch’io buon anno.

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