LA QUESTIONE DEL LETTORE

Monete4 Nei commenti al post di ieri, Riccardo Ferrazzi ricordava giustamente un proprio intervento che riguardava appunto la dibattutissima questione del lettore: ne ripropongo la parte centrale.

  Che senso ha lamentarsi che questo o quel libro “non è stato capito” dai lettori ? Forse, prima di alzare querimonie e lai, sarebbe il caso di saperne di più a proposito del lettore, questo oggetto misterioso.
Può darsi che la mia analisi sia semplicista fino all’eccesso, ma mi piacerebbe discuterne e per questo la propongo. Prima della rivoluzione francese i letterati scrivevano per guadagnare pane e companatico alla mensa di un nobile. E il motivo era molto semplice: i nobili sapevano leggere, tutti gli altri erano analfabeti. L’illuminismo si sviluppò ed ebbe conseguenze politiche anche perché la nascita della borghesia aveva fornito un pubblico (e quindi l’indipendenza economica) agli scrittori di pamphlets.
Ma questo pubblico nuovo e allargato era fatto di arricchiti, di parvenus senza cultura: gente impreparata a dibattere le problematiche degli intellettuali. La letteratura finì per dividersi in due livelli: quella di qualità dovette rivolgersi agli “aristocratici” superstiti, quella “popolare” dovette tornare sui suoi passi e accontentarsi di infilare “messaggi” fra le pieghe di vicende di grana grossa. I romanzoni francesi dell’Ottocento hanno preso spunto dai vizi della nuova classe dominante e li hanno resi interessanti con un po’ di intrigo, un po’ di corna, un po’ di avventura. Da questo punto di vista, il Conte di Montecristo di Dumas è più illuminante di tutta la Comédie Humaine di Balzac, proprio perché sta continuamente in bilico sull’orlo del grottesco (e verso la fine ci casca dentro senza rimedio).   
Ma nonostante la rivoluzione, il Quarantotto, la comparsa del socialismo e del suffragio universale, più di metà della popolazione europea era ancora analfabeta. In mancanza del cinema, nei paesi ci si riuniva nella stalla dove i vecchi raccontavano storie strampalate, in città si andava a teatro. Le storie non c’era bisogno di leggerle, e le arie d’opera si cantavano, così era più facile tenerle a mente. La narrativa imperniata sui conflitti interni alla famiglia resistette fino a cinquant’anni fa, proprio perché i lettori erano sempre quelli: gli aristocratici affrontavano Proust, Joyce, Musil o Kafka, che rarefacevano la tematica borghese fino a estenuarla, mentre i borghesi tenevano sul comodino Liala e la Sagan, al massimo Hemingway (ma solo quello del Vecchio e il mare).

  Poi arrivò la televisione e con lei il maestro Manzi: un maestro elementare che, in una trasmissione intitolata “Non è mai troppo tardi”, insegnava a leggere e scrivere, a mettere l’accento giusto su “caffè” e “perché”, l’apostrofo su “un po’”, e niente tra “un” e “amico”.
Dal punto di vista editoriale-narrativo, la stratificazione del pubblico aumentò. Emergeva una terza fascia, molto numerosa ma difficile da raggiungere. Questi neofiti dell’alfabetizzazione e della promozione sociale potevano andare a vedere il neorealismo di “Sciuscià” ma preferivano le vicende strappacuore di “Catene” con Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson. A leggere “Ragazzi di vita” o “La romana” non ci pensavano nemmeno. Semmai comperavano l’Intrepido, Grand Hotel, fotoromanzi e rotocalchi pieni di paesi onirici, sesso ed emozioni, così come i borghesi per analoghi motivi adoravano Mickey Spillane o i film noir francesi. Moravia e Pasolini erano letti dagli “aristocratici”, gli unici in grado di capirli. E non avevano grandi tirature: gli aristocratici, per quanto influenti, sono sempre stati pochi. 
  Girosqualo Ebbene: in questa situazione che senso ha lamentare che il tal libro “non è stato capito dai lettori” ? Ammesso che sia proprio così, che vogliamo fare ? Fuori qualche proposta !
Non so. Sgridiamo i lettori. Costringiamoli a leggere solo libri “intelligenti”. Nazionalizziamo le case editrici. Formiamo una Commissione di Critici (presidente la Benedetti o Luperini ?) che epuri i cataloghi e dia l’imprimatur alle novità.
Insomma: non scherziamo. Ogni libro ha un suo pubblico al quale si rivolge. Non esiste “il lettore”. Esistono perlomeno diverse fasce di lettori. Un libro per “aristocratici” non può vendere centomila copie, semplicemente perché gli “aristocratici” sono meno di centomila. Ma se gli editori devono pagare stipendi e affitti hanno bisogno di pubblicare roba che si venda. Guido da Verona non se lo ricorda più nessuno (giustamente), ma è merito (o colpa ?) sua se gli editori hanno potuto sopportare i ripetuti flop di d’Annunzio.   
Forse il problema è tutto qui: chi vuole scrivere un libro “di livello” non può pretendere di viverci sopra. Ohibò ! si dirà, ma questo è ingiusto, vergognoso, inaccettabile. Può darsi, ma è così. A che serve indignarsi e meditare rivoluzioni da ayatollah ? O scrivi per passione o scrivi per soldi. Se scrivi per passione accontentati della stima degli amici. Se scrivi per soldi studia il tuo pubblico e dagli quello che vuole. Poi ti puoi anche divertire a infilare “messaggi” qua e là e pensare che se son rose fioriranno. Ma chi vive sperando muore cantando. 

81 pensieri su “LA QUESTIONE DEL LETTORE

  1. Muore cantando, alla lettera, il protagonista di “Peer Fortunato”, romanzo di Andersen complementare a “Il violinista” (il cui protagonista muore sperando di cantare almeno nell’Aldilà, visto che la sua arte non è stata capita quaggiù sulla terra).
    Il discorso di Ferrazzi non fa una grinza: la biodiversità è sempre un bene, anche in letteratura. Che ciascuno si abbeveri alla fonte che merita o che fa per lui. Io stesso sono stato capito da pochi:- )))

  2. Letto al volo e come non essere d’accordo? Tra l’altro fa il paio con alcuni numeri pubblicati oggi e relativi ai dati di vendita dei libri in Italia, che mi hanno lasciato basito; l’anno scorso in Italia sono stati venduti:
    16 milioni di libri del genere “giallo/avventura”,
    14 milioni che trattavano di “religione/teologia”,
    8,5 milioni di “guide turistiche”.
    Potrei mettere a frutto la mia profonda conoscenza della rete (quella autostradale intendo) e scrivere un sequel turistico/religioso. Il primo titolo potrebbe essere: “Le preghiere per evitare le code in autostrada”. Gli altri ci penserò 🙂
    Buona giornata. Trespolo.
    PS: Riccardo, da noi la chiosa finale è leggermente diversa e non ti fanno morire cantando, ma in un modo molto meno dignitoso…

  3. il ragionamento fila, non fa una piega, come molte altre forma di fascismo contemporaneo. ‘a ciascuno il suo’ diceva sciascia. ma sì, differenziamo il prodotto e che gli scrittori di talento facciano questo lavoro solo part-time, l’italia ha leggi apposite, per 3-4 ore al giorno possono lavare i cessi, devono pur accumulare esperienze, devono ‘sporcarsi’ con le cose della vita, meglio ancora se si tratta di merda e vomito.
    a ferrà, e vabbè che un sacco di scrittori si lamentano perchè in fondo, non sapendo scrivere devono pure dare la colpa a qualcosa, però tu la fai un poco troppo semplice. e poi mi lasci un sacco di gente a morire sotto le montagne di rilegati di coelho, dan brown o strozzati dalla G della melania g. mazzucco.

  4. infatti! proprio per questo su un post di vibrisse a proposito della presunta morte della letteratura italiana ho avanzato l’ipotesi che questa si sia semplicemente spostata (mutata) su altri lidi ai quali i “letterarti” ancorati al passato non riescono a riconoscere dignità.
    questo spostamento l’hanno provocato certi tipi di lettori, i più numerosi.

  5. Mah! Mah! Mah! D’accordo su niente, praticamente. Per fortuna è solo la tua opinione – presa da molto ma moltissimo solipsismo, opinione ben peggiore e pericolosa di quella d’un Luperini tutto preso per il giallo e il thriller – e quella di chi soltanto s’abbuffa del “popolare” scritto per il mercato… Io mi tengo il D’Annunzio, Hemingway, Kafka, ecc. ecc. A te ti lascio tutto il resto, per quel che vale – vale il tempo d’una moda, per nostra fortuna, ma a volte neanche dura meno di un giorno la moda.
    g.i.

  6. Giuseppe, ma secondo te la letteratura è statica? secondo te cosa avrebbe pensato Proust di Hemingway?
    pensi che io legga solo noir solo perchè ho un sito che se ne occupa? credi che Manchette (va bene è francese, ma non importa) non sia letteratura?

  7. @ ALBERTO
    Caro Alberto,
    non ho detto questo.
    Il pezzo di Ferrazzi è “solipsismo”, o per dirla tutta è la rappresentazione d’un estremismo pericoloso, forse assai più di posizioni dette da Luperini. A me gli estremismi fanno un po’ tanto schifo, e pure gli “ismi”, di qualsiasi sorta e per qualsiasi sorte. Ritorniamo al solito dire, almeno per me: libri scritti bene, libri scritti male. Dei supposti generi me ne frega niente. Se Ferrazzi mi liquida con due colpi due secoli e più di letteratura, allora una risposta se la merita – ma senza dargli troppa carica, altrimenti si monta ancor più la testa. E nessuno si senta offeso o chiamato in causa: al solito, libri scritti bene o male, ripetendomi. E metto il “punto fermo” qui, perché polemica già più e più volte affrontata, e che m’ha già preso in forte noia.
    Saludos
    g.i.

  8. Giuseppe, da come avevi scritto il post sembrava che ti riferissi a me.
    sono d’accordo sulla riflessione “libri scritti bene e libri scritti male”, ma non sarò mai d’accordo nel relegare, per partito preso, interi generi (più o meno moderni) al rango di “letteratura di seconda scelta”.

  9. Una persona che conosco sta leggendo Il codice da Vinci. Lo legge perché tutti ne hanno parlato. Lo legge e lo trova così così. L’aveva anche mollato ma due mesi dopo l’ha ripreso e pian piano va avanti. Le ho detto: Ma perché non leggi qualcosa di veramente bello, che ne so, “Corpo” di Tiziano Scarpa? Lei non sapeva di “Corpo” di Tiziano Scarpa, sapeva poco anche di Tiziano Scarpa, non l’ha mai letto (del resto “Corpo” non ha ricevuto il tam tam mediatico di Dan Brown). Comunque dice che va avanti col Codice, che è 500 pagine. (Anch’io l’ho letto, mi sembrava giusto non essere snob e provare anche la letteratura che ha per scopo l’intrattenimento, ma avevo fatto un patto con me stesso: appena usciva il morto smettevo di leggerlo. Il morto è uscito a pagina tre…)
    Mia madre mi ha detto che groppi d’amore nella scuraglia non me lo restituisce: è troppo bello.
    Che cosa significa tutto questo?
    che la frase di Ferrazzi “ogni libro ha il suo pubblico” ha due bug. 1. non è possibile parlare di élite, perché non possiamo sapere come sono composte queste schiere di lettori. Magari sono persone scolarizzate, raffinate, magari sono persone semplici, che un libro, stranamente e abbastanza straordinariamente, unisce.
    2. E’ facile che il pubblico potenziale di un libro non ne abbia notizia. Specialmente chi è fuori dalle élite che adoperano il web o leggono riviste specializzate o conoscono autori. Questi, che naturalmente sarebbero toccati da certe storie, non incontreranno mai quelle storie. Mi riferisco a libri che hanno pochissima promozione, a libri che circolano addirittura come file perché sono finanziariamente interdetti. In questo secondo caso è vero che una èlite esaurisce l’ambito dei lettori di un libro, ma in modo assolutamente colpevole.

  10. Andrea, se non fai, qui ed ora, i nomi dei libri che circolano come file perchè finanziariamente interdetti, sei colpevole anche tu!
    🙂

  11. @ ALBERTO
    Alberto, non credo proprio d’aver fatto riferimento a te nel commento.
    Non credo nella letteratura di seconda né di terza, e così via. La mia impressione è solo che di libri belli se ne scrivano assai meno rispetto a venti, trenta anni fa. Ma autori bravi ce ne sono; peccato abbiano poca o nulla visibilità all’estero. Discorso questo già affrontato, e scusate dunque se non mi ripeto, ma non ce la faccio più a ripetermi. Mi porto noia da solo. 😉
    Buona giornata a Tutti/e
    g.

  12. boh … se dio vuole c’è chi scrive cose meravigliose e pure ci vive, é raro, ma solo per il motivo che scrivere cose buone(o anche solo veramente innovative) non è poi tanto facile.
    Che poi il “genio” non venga capito subito è cosa abbastanza naturale, ma i geni sono pochissimi, ieri come oggi, e così forti e così pazzi da farcela comunque, chi prima chi poi.
    C’è una frase di musil bellissima che dice grosso modo così che anche a Cacania spesso un genio viene scambiato per un fesso, ma MAI un fesso viene scambiato per un genio.
    Oggi molti fessi passano per autori di capolavori e detengono anche cattedre unversitarie ecc.ecc.
    A me sinceramente basterebbe si facesse come in cacania per considerare il nostro mondo letterario sopportabile ;-).
    La rete però è diventata un depuratore incredibile e non perchè la robaccia venga eliminata, anzi ne abbonda, ma perchè la fesseria alla lunga (che in rete è uno spazio di tempo brevissimo) urla e appare più manifesta e fastidiosa, si autodisintegra da se.
    georgia
    P.S
    Che moravia non vendesse e non ci vivesse sopra, è una banalità, e pure che proust o kafka o flaubert o la austen oggi non abbiano pubblico è una fesseria madornale, forse in italia ne hanno meno ma questo è un problema degli italiani definiti da pasolini ….. lo sapete tutti e quindi non mi ripeto;-)

  13. Lippa, anche il libro di Bregola “La cultura enciclopedica dell’autodidatta” è uno di quelli. Faccio solo questo nome però, perché lo stesso Bregola ha raccontato la difficoltà di pubblicarlo.
    Ora a Radio3 c’è un programma sui libri ancora da pubblicare. Non ho capito se vogliono arrivare anche ai “clandestini”, speriamo di sì.

  14. In una conferenza Burroughs disse: “Kerouac con On The Road ha fatto vendere milioni di jeans Levi’s”: credo sia vero, e dubito fortemente che Kerouac scrivesse “per soldi” o avesse una qualsivoglia strategia di marketing che non fosse quella di spappolarsi il fegato. Esistono tante eccezioni all’analisi di Riccardo: troppe. Mi sembra un buono spunto di riflessione, ma l’approccio è estremamente riduttivo; se ho capito bene esisterebbero libri furbi pensati per la massa degli stolti, e libri colti destinati a circolare in 12 copie fra menti elette. Posto che io abbia capito, quali sarebbero i primi e quali i secondi? Dove metto Delillo? Qualcuno mi illumini. Ho letto libri perfettamente furbissimi e calibrati per l’ipotetico mercato che però hanno venduto 1500 copie, con buona pace dell’autore che poi dichiara: “non sono stato capito”… 😀 E poi, Dan Brown contrapposto a una raccolta di aforismi (e non aggiungo altro)? La mente vacilla. Infine, anch’io, come Loredana, sono curiosissima di conoscere i libri interdetti che circolano come file nei cunicoli della rete. Mettiamoli in download: magari scopriamo che non sono poi tutti ‘sti capolavori (o magari sì, e vediamo la luce) ;P

  15. OT
    consigli per una piccola , intensa, pausa di riflessione.
    Visto che ci stiamo imbarcando in discorsi piuttosto ‘densi’ consiglio come pausa di riflessione e cambio di punto di vista la seconda (ma anche la prima ) parte di un articolo su Cioran nella ‘solita’ Carmilla, autore: Jedel Andreetto
    http://www.carmillaonline.com/archives/2005/10/001538print.html
    da bravi: compatitemi, ho le mie debolezze. Però non potete negare che nell’articolo ci siano molti spunti per ‘meditare’, io per oggi e domani lo farò.
    Besos
    P.s: Angelini, per favore, fai respirare il Barbieri. Dai 🙂

  16. Non c’è bisogno di prendere una pausa, si può discutere di questo ed altro e contemporaneamente (ri)leggere Cioran, qualsiasi cosa di Cioran. Un mio amico al quale lo feci leggere mi disse che Cioran è come l’acido che sgorga i lavelli: fa male, ma di tanto in tanto ci vuole. In Francia Gallimard ha pubblicato un volumone a prezzo accettabile con tutti i suoi scritti: magari Calasso avesse la stessa idea.

  17. Credevo di essere stato chiaro, invece – tanto per cambiare – mi accorgo di non esserlo stato per niente (o forse dovrei gridare: “Non sono stato capito” ?).
    La mia tesi si articola molto semplicemente: 1) non esiste “il lettore”, esistono “i lettori”, che per comodità di ragionamento si possono anche raggruppare in tre o più fasce. Questo non vuol dire che quelli di fascia alta siano migliori degli altri: semplicemente hanno una diversa cultura, diverse aspettative, diverse problematiche, e chi si rivolge a loro deve tenerne conto. 2) si può scrivere per esprimere il proprio mondo ideale o per avere successo. Niente vieta di avere successo di vendita anche con un libro “alto”, ma è molto raro ed è praticamente impossibile da programmare. 3) anche quando uno che sa scrivere individua un lettore-tipo e scrive per lui un romanzo che contiene tutto ciò che il lettore-tipo gradisce, non è detto che abbia successo: le mode cambiano repentinamente, i fatti di cronaca distolgono l’attenzione del pubblico e possono mandare in malora il lavoro di anni.
    Da tutto ciò tiro la conclusione che lo scrittore dovrebbe innanzitutto chiarire cosa vuole. Scrive per passione o per avere successo ? Di nuovo: questo non significa che ci sia una letteratura per geni e una per mentecatti. Si può fare ottima letteratura anche scrivendo a un tanto a parola. Balzac scriveva così. Ma da un lato aveva talento, dall’altro ha indovinato il filone giusto al momento giusto. I suoi romanzi sarebbero comunque entrati nella storia della letteratura, ma in un altro momento storico o in qualunque parte del mondo che non fosse Parigi non avrebbero avuto successo di vendite.
    Per questo dico: prima chiariamo cosa vogliamo, poi scriviamo, poi si vedrà se abbiamo talento. Ma non si può scrivere per esprimere se stessi, fregandosene dei lettori, e “pretendere” di avere successo di vendite. Si può provarci, ma è come fare sei al superenalotto: se non succede non è colpa degli editori o dei lettori che “non hanno capito”.
    Una cosa è scrivere cose intelligenti, un’altra è convincere centomila persone a comperare il tuo libro. Il ragionier Brambilla prima di spegnere la luce vuole leggere un giallo come il deprecato “Io uccido”, o una pruriginosa Melissa P, e solo ogni tantissimo si imbarca in Pynchon o in Cormac McCarthy. E perché dovremmo fargliene una colpa ? E’ lo scrittore che ha il dovere di interessare il ragioniere, mica il contrario. Altrimenti, a furia di “Non sono stato capito!”, gli scrittori diventano ombelicali (e solipsisti).

  18. Non so, leggo e rileggo la frase di Babsi:
    “E poi, Dan Brown contrapposto a una raccolta di aforismi (e non aggiungo altro)? La mente vacilla.”
    la leggo e rileggo ma non capisco. Mi chiedo addirittura se c’è qualcosa da capire. Forse certe frasi non sono prodotte dal cervello ma da un organo misterioso, difficilmente localizzabile, sicuramente arretratissimo, che spinge fuori non senso ma umori, scomposizioni interiori, macerie…

  19. Barbieri, te lo dico, sei talmente insolente e superficiale e fazioso che mi rifiuto di risponderti: riusciresti a rendere insopportabile qualunque spazio commenti. A Riccardo, che è di tutt’altra pasta, per fortuna, avrò il piacere di rispondere in mail.

  20. Cerco di spiegare una cosa a Ferrazzi, a tutti. Nella mia città organizzano serate in cui vengono proiettati classici del cinema muto accompagnati da musica dal vivo.
    Il prodotto offerto è per esempio La corazzata Potemkin col sottofondo di musica elettronica sperimentale. Teoricamente ai sensi del “teorema economico Ferrazzi” questa accoppiata dovrebbe accoppare i fruitori: altroché Arcobaleno della gravità, qui siamo nel campo della “cagata pazzesca”!
    Invece il cinema, al prezzo di 6 euri, è sempre pieno.
    Perché il teorema è così debole da essere smentito con tanta limpidità?
    La risposta è semplice: la qualità esiste, e la sua differenza rispetto all’intrattenimento è che intrattiene lasciando qualcosa in testa.
    Certo, la qualità è prima di tutto qualità del progetto. Quando qualcuno, libero dai cliché ferrazziani, si mette di impegno a pensarne uno, i risultati possono arrivare.

  21. Sto notando una reazione che si ripete costante tutte le volte che appare un testo che cerca, in qualche modo, di ipotizzare alcuni criteri di “classificazione” (passatemi il termine non mi veniva di meglio) che cercano, a mio modesto parere, solo ed esclusivamente di definire riferimenti (o metriche) utilizzabili affinché la discussione si sganci, almeno parzialmente, dall’opinione pura.
    L’intervento di Riccardo non mi pare escluda alcunché: indica e fornisce alcuni punti di riferimento. Si può concordare o meno, ma non chiude il confronto, non cerca di imporre visioni immodificabili.
    Perché tanta paura (non ho altre spiegazioni) a confrontarsi al di fuori dell’opinione personale?
    Mi pare lo stesso atteggiamento dei medici quando si son ritrovati ad avere, come responsabile all’interno degli ospedali, non un medico, ma un professionista. Tutti a protestare: “Cosa volete che capisca un ‘commerciale’ di medicina e di come si gestisce un ospedale?”.
    Dimenticavano un piccolo dettaglio: per capire un fenomeno e cercare di migliolarlo è necessario – sempre – scendere dal comodo carro delle opinioni personali e misurare, costruire elementi di confronto oggettivi. Solo dopo questo passaggio è possibile una discussione ‘positiva’.
    In mancanza di termini comuni e noti si finisce sempre e solo a discutere di aria fritta avendo, come obiettivo l’unico raggiungibile con un simile approccio: dimostrare di avere ragione e sopraffarre “l’avversario”.
    Non una gran cosa e dalle mie parti si dice che: “La resù sa la dà ai mach.” 🙂
    Buona serata. Trespolo.

  22. Ecco: questo thread mi sembra un bell’esempio di “pubblico”. Qualcuno riesce a immaginare un romanzo che piaccia contemporaneamente a tutti gli intervenuti nel dibattito ?

  23. Andrea, sai qual è il problema? E’ che non necessariamente quelli che vanno a vedere la corazzata Potemkin sono “i buoni” e quelli che vanno al cinema a vedere Madagascar “i cattivi”. E che non necessariamente elitario è sinonimo di qualità. Ma questo è un vecchio discorso…

  24. sono uno scrittore piccolo, piccolo, io.
    comunque.
    condivido il post di partenza, ma son d’accordo anche con la suddivisione libri belli-libri brutti.
    questo, più come lettore che come scrittore.
    come scrittore invece penso a mio padre: mi sforzo di raccontare cose a un uomo che ha fatto solo le elementari.
    una questione di scelta.

  25. il discorso sta prendendo una piega un po’ demodè, passatemi il termine e non rompetemi le palle col demauro. ma vi pare che si possono fare contrapposizioni tra ‘opere’ e fare finta che non siano state fatte analisi sull’industria culturale di massa? il pubblico, il lettore, si fabbrica con l’opera e il pericolo è proprio quello di giustificare, con ulteriori analisi, questa gabbia intellettuale e culturale, leggittimando l’operazione, creare sottogabbie, categorie incrociate rispettose di tutte le sfumature, ‘integrare’, come si vuole fare con le diverse etnie e culture, come volevano fare coi neri negli stati uniti negli anni 60, per eliminare qulsiasi potenziale di desiderio, qualsiasi moto di rivolta, qualsiasi diversità.

  26. Che bello, finalmente a Forlì è arrivato il cineforum e con esso anche “La corazzata Potemkin”. Prestissimo, temo, gli faranno vedere anche “Ordet” e allora… Dio ce ne scampi e liberi:-)

  27. Andrea, ti voglio bene, ma, per piacere, chiedi scusa a Babsi.
    Lo sai come la penso: si criticano le idee, non le persone.

  28. Per leggere Pynchon ci vuole almeno una settimana di “duro lavoro”, per vedere la Corazzata un’ora circa…
    Il tempo fugge. Il peggior nemico della letteratura è il tempo.
    Il cimema ti frega in un paio o d’ore. Per essere turlupinati da un libro, ci vuole di più. Però c’è questo: se un libro non ti piace, lo puoi piantare lì, e saluti e baci.
    Da ste cazzo di multisale, invece, non ti fanno più uscire se non alla fine del primo tempo del film…
    Saluti a Rikkard e complimenti, o sono contento che questo suo pezzo pubblicato tempo fa sul mio vecchio Uffenwanken sia stato riproposto qui da Loredana.

  29. andrea scrive:
    “Forse certe frasi non sono prodotte dal cervello ma da un organo misterioso, difficilmente localizzabile, sicuramente arretratissimo, che spinge fuori non senso ma umori, scomposizioni interiori, macerie…”
    GEORGIA
    Andrea???????????
    ha ragione biondillo chiedi scusa immediatamente a babsi e a tutte le donne.
    geo
    PS
    Quale sarebbe l’organo?
    il fegato, i polmoni, la cistifelia … perchè se fosse quello che penso io … beh ti faccio notare che nella lingua italiana per dire un cervello che produce cose strane si dice testa di c**** (che facilmente localizzabile) e non viceversa;-)
    E angelini smettila di offendere sempre andrea ad personam è insopportabile anche quello alla lunga.
    geo

  30. verissimo de mauro 😉
    mi scuso mi è scappata la forma dialettale derivante, erroneamente, da fel (fiele) invece che da felleus (di fiele) ma … non dicevate tutti che è necessario usare termini popolari? FELlone che non sei altro 😉

  31. Lucio, controlla la voce di registro RunService, se non c’è niente di strano te ne puoi fregare, ma non capisco cosa c’entri un probabile scan di rete con Lipperatura.
    La Lipperini (scusa, quoto): “…non necessariamente elitario è sinonimo di qualità.”
    No, infatti. Ma penso che siano affermazioni sullo status intellettuale del lettore “privilegiato”, colui che vede la luce alla fine del corridoio, che sa dare un nome alla luce, che moltiplicherà il lanternino: ma non troppo, per evitare di inflazionarlo: quanto può bastare a creare una doppia elite, per affiancare allo scrittore maledetto la nuova figura del lettore maledetto. Ne sentivo la mancanza. Avverto un prurito all’occhio.

  32. “Nulla è più frustrante, per un lettore appassionato, di trovare un libro che per lui è travolgente, un capolavoro, e scoprire che quasi nessuno lo conosce e che non è facile persuadere gli altri a condividere il piacere che gli dà. Come può essere che un libro che lo colpisce profondamente, che trasforma il suo panorama interiore, rimanga oscuro e, in larga misura, non letto? O che i colleghi, gli amici a cui comunica il suo entusiasmo rimangano scettici o addirittura rispondano in modo negativo? […] Il gradimento dei critici e dei lettori spesso è assurdamente arbitrario. Viviamo in un’epoca di impazienza. Le difficoltà devono essere evitate. Il kitsch confessionale, l’erotismo facile, espressi in una prosa immediatamente accessibile, sono preferiti laddove si leggono libri. Nondimeno, scrittori passati inosservati in vita sono entrati, col passare degli anni, nel canone e hanno trovato un vasto pubblico di lettori […] tuttavia per qualche ragione sospetto che né -Horcynus Orca- né -Il giorno del giudizio- ‘sfonderanno’. Non vedola formidabile saga di D’Arrigo sfondare sugli scaffali dei paperback, particolarmente nel mercato anglo americano che ora domina il pianeta. Spero di sbagliarmi.
    Ma lo spero poi davvero?
    Gli incontri con i libri che ci cambiano la vita, che rieducano la nostra sensibilità sono ambigui come le relazioni intime. Da un lato desideriamo fortemente mantenerli privati, per noi stessi. Dall’altro vogliamo condividere la nostra fortuna, il nostro appagamento, con gli altri. Delle due posizioni, però, la discrezione è la più remunerativa. […] sì, sono molto dispiaciuto per l’ingiustizia fatta a queste due opere importanti e per la mia incapacità a porvi rimedio. Sono esaperato dall’indiferrenza degli italiani verso due dei loro più grandi maestri moderni. Ma mi sento anche privilegiato perché ne so di più, perché porto con me un tesoro condiviso con pochi”. (George Steiner, Corriere della Sera, 4 novembre 2003).

  33. Gianni, ho detto che non ho capito questa frase di Babsi e che mi pare umorale: “E poi, Dan Brown contrapposto a una raccolta di aforismi (e non aggiungo altro)? La mente vacilla.”
    come risposta mi sono beccato del fazioso ecc ecc. Io sono d’accordo sul criticare le idee, le frasi, e non attaccare le persone. E sono d’accordo sul chiedere scusa quando si sbaglia. Però non sono d’accordo sulle tue conclusioni. Sono io che mi aspetto delle scuse da Babsi.
    Tra l’altro non è la prima volta che Babsi attacca la mia persona invece delle mie idee. Ti ricordo che io per lei sono un servo di Moresco (come ha più volte scritto su Lipperatura), cosa che come tu sai non è vera. Ora sarei un fazioso ecc ecc, ma per cosa?, perché ho scritto che I groppi sono un bel libro? Che Scarpa vale più di Dan Browne?
    Be’ sono le mie opinioni, e non è una pioggerella di insulti che me le toglierà.
    state bene

  34. Franz, che sa criticare le idee, scrive:
    “Per leggere Pynchon ci vuole almeno una settimana di “duro lavoro”, per vedere la Corazzata un’ora circa…”
    cosa ci devo fare, questo è un discorso sensato, questo ti fa pensare perché è esattamente così, anche se poi magari c’è una soluzione. Non riuscite proprio a fare come lui?

  35. Loredana scrive:
    “Andrea, sai qual è il problema? E’ che non necessariamente quelli che vanno a vedere la corazzata Potemkin sono “i buoni” e quelli che vanno al cinema a vedere Madagascar “i cattivi”. E che non necessariamente elitario è sinonimo di qualità. Ma questo è un vecchio discorso…”
    Questo più che un vecchio discorso è un vecchio vizio, cacciarsi degli occhialini che proiettano la realtà. Chi ti dice Lippa (e Beneforti) che io parli male di Madagascar? I film di animazione li visti quasi tutti negli ultimi tre anni. A me piacciono da morire i film di animazione. Ti ricordo che io sono stato l’unico in questi cazzo di colonnini rudi-mentali a parlare di Mirrormask (e tu Lippa, e tu Beneforti dove eravate?)
    Voi che fate tanto gli aperti, fate fatica a sapere chi cazzo sia McKean. Allora prima di proiettarmi i vostri sogni addosso, magari informatevi su quello che guardo, o no?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto