L'ANNOSA QUESTIONE RELOADED

Mi scrive Massimiliano Parente e mi segnala il suo intervento (per Il Domenicale) sulla famigerata discussione letteratura/realtà che in questi lidi si è sviluppata. Non riesco a postarvelo tutto perché typepad fa immondi capricci.

Estrattino:

Ma che piacere ci sarà nel discutere sulla ciliegina quando manca la torta, soprattutto quando ognuno si tiene la sua e se la mangia da solo per festeggiare il proprio condominio, la propria casetta, la propria famigliola, la propria idea di realtà? E che c’entra con la letteratura? Sembra di essere tornati indietro di quarant’anni, alla contrapposizione tra realisti e sperimentalisti seppur in forma banalizzata. Quando già all’epoca sembrava di essere tornati indietro di cinquecento anni. Si rimette in pista un concettino di presa sulla realtà o sull’immaginazione già obsoleto ai tempi di Giovanni Verga, che per essere verista si poneva anzitutto problemi di linguaggio, ossia di quell’artificio massimo che servisse a restituire e ricreare la realtà, come ha ribadito più volte negli scritti e nelle lettere. Già obsoleto ai tempi di Manzoni, che sciaquava e risciaquava le parole in Arno alla ricerca della giusta lingua. La tendenza a dare un nome alle cose semplificandole è vizio del giornalismo culturale, non della critica letteraria, altrimenti avremmo passato invano il biografismo, l’idealismo crociano, il marxismo, la psicanalisi, lo strutturalismo, la semiotica, perfino i critici reader oriented, per ritrovarci qui a capire cosa è fiction e cosa è faction. Erano meglio allora i guelfi e i ghibellini, o gli andreottiani e i morotei, o i puntalarga e i puntastretta nella guerra tra Blefuscu e Lilliput, almeno era questione di uova da rompere, invece siamo tornati all’uovo e alla gallina con relative scorreggine.

Ps. Intanto, la vostra umile eccetera fa fagotto, si prepara a girare un esperimento nel cuneese su parapendio (che non recherà in volo la sottoscritta, rassicuratevi) e a tornare a casa. Da lunedì. State bene.

12 pensieri su “L'ANNOSA QUESTIONE RELOADED

  1. Ma povera Lippa… è appena scesa dalla Norton ( indossando Kimono e anfibi ) e adesso deve pure fare parapendio ?! 😉
    Anna Luisa

  2. Parente è il solito, non capisce niente e sentenzia. Non capisco perché Lipperini lo riprenda, c’è altro di più importante, no?

  3. L’ideologia è sempre un problema reale.
    Dico sul serio. La rappresentazione – anche letteraria della realtà non è, forse, una propaggine del reale (cioè realtà anch’essa)? Non dovremmo rallegrarci che “la relazione fra letteratura ed esperienza è perduta a causa dell’impossibilità di distinguere fra realtà e finzione”, visto che da D’Annunzio sino al Grande Fratello, passando attraverso centinaia di avanguardie e neoavavanguardie (incluso il teatro sperimentale) si è cercato disperatamente di confondere rappresentazione e realtà?
    E l'”inesperienza”, il “non vissuto”, i “materiali dell’immaginario” non sono semplicemente le modalità (rappresentative) che buona parte della nostra realtà ha assunto, visto che, come l’arte tende a trasformarsi in un’esperienza reale (basti pensare alle sceneggiature “in attesa degli eventi” dei realities), anche la realtà tende a trasformarsi in un’esperienza rappresentativa (basti pensare a quanta parte del nostro lavoro, qualunque esso sia, consiste in marketing, pubblicità e, qualche volta, semplice finzione).
    Però questo gioco degli specchi a me sembra propizio, anche se magari dovremmo rivedere alcune distinzioni a cui ci siamo affezionati (davvero, ad esempio, l’economia e l’estetica sono nettamente distinguibili come credeva Croce?).
    E, poi, questa invasione della fiction nella faction è davvero esclusiva di questi tempi, oppure stiamo solo prendendo perfettamente coscienza di quanto immaginario e realtà tendano, comunque, a mischiarsi e siano in fondo la stessa cosa? Il “realismo magico”, prima di “essere” un fenomeno letterario, non è il nostro stesso (ed eterno) modo di “essere”, fatto di superstizioni, incantesimi, liturgie (cioè di rappresentazioni)?
    Mussolini non è stato un grandissimo attore di fiction (non so se ve lo ricordate sul balcone) e non propagandava mere immaginazioni (come il futuro imperiale della Nazione) che diventavano però fatti politici reali, di cui erano costretti a tener conto anche gli inglesi e i francesi?
    E Berlusconi non è un incredibile (e triste) esempio “reale” di scultura chirurgica sperimentale?

  4. @Daniele. La realtà è sempre un problema ideologico. Ovviamente non si tratta solo di ideologia politica. L’impero romano è tante cose insieme e se analizziamo il suo declino possiamo utilizzare tante lenti; quelle dei microscopi quando studiamo l’ascesa di Cesare, quelle dei telescopi quando inquadriamo l’impero romano nel conetesto dei grandi movimenti di popoli dell’antichità. Ma non si tratta soltanto di un problema di proporzioni, anche la prospettiva, i colori, insomma, l’ermeneutica ci dà l’unica lente complessa.

  5. Non basta, soprattutto se NON se ne leggono i libri e nemmeno gli articoli. Molto meglio argomentato dell’estrattino. M.M.

  6. Basta leggere due pagine del suo romanzo . La macinatrice – o poche righe di ciascun articolo per valutarne la pochezza e l’inutilità.

  7. La tua pochezza e la tua inutilità Lenny? L’unica fortuna tua è che di Lenny, a differenza di Parente di cui resteranno i libri, non resterà neppure il nickname.

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