LIT BLOG, EDITORI, INQUISITORI

Intervallo   Qui si è nuovamente in partenza per Torino: quindi la presenza della sottoscritta sul blog sarà discontinua per cause tecniche.

Però, ho tre brevi spunti da fornire.

Primo: anche se il modo in cui si è svolta la discussione sul “modello Wu Ming” mi suscita, come detto, molti dubbi, penso che il tema generale da cui è partita (rete e letteratura) sia in questo momento fondante.
Intanto, sull’argomento interviene Giulio Mozzi su Vibrisse cercando (e riuscendoci, secondo me) di liberare la questione da fraintendimenti.

Poi: vi invito caldamente a leggere il lungo e intelligente  post di Babsi che centra in pieno il punto e arriva dove si voleva arrivare qui con gli interventi in successione che hanno portato ai famigerati conti di Trespolo. Ovvero, come può essere, come può diventare il rapporto fra letteratura e rete “se e quando smette di essere banalissima vetrina, pollaio & salottino, se e quando la potenzialità di Internet viene compresa”. Sullo stesso argomento, Ivan Roquentin, qui.

Secondo punto: il congedo di Quiritta. Viene annunciato da Roberto Parpaglioni su Nazione Indiana, assai pacatamente. Leggete. Io vi anticipo solo queste frasi:

“Io non credo che denunciando il potere dei grandi gruppi, si possa lenire la sofferenza della nostra editoria. Più semplicemente, non mi riconosco tra coloro che attribuiscono tanto peso a categorie economiche quali “piccola”, “media” e “grande”.
Nessuna di esse ci racconta qualcosa dello stile, dei valori e delle scelte di un’impresa editoriale.
Vedo invece con maggior favore una distinzione tra editoria “adulta” e “non adulta”.
Diverso è chi ha un serio progetto culturale da chi non lo ha. E diverso è chi decide di attenersi a quel progetto da chi, strada facendo, se ne distanzia per sostituirlo con una strategia merceologica. In tal caso, se si parla di coerenza, conta poco essere “piccoli”, “medi” o “grandi”.”

Terzo. Non è uno spunto, è un regalino per il week end: il video dell’intervista all’inquisitore Eymerich, qui sotto.

Download Valerio_Evangelisti.rmvb

76 pensieri su “LIT BLOG, EDITORI, INQUISITORI

  1. Loredana,
    penso davvero che non ci sia motivo di avvilirsi o scusarsi per come sono andate le cose in merito alla discussione sul ‘modello WM’. Trovo che sia importante vedere come si scontrano delle interpretazioni della realtà e come alcune categorie mentali siano destinate a entrare in crisi quando si rapportano a una realtà in mutamento, non solo webbica. Credo che noi stessi (come al solito io per prima) siamo impressionati dalle nostre reazioni e da quelle degli altri quando ci rapportiamo a contesti o esperienze che portano molta diversità all’interno del nostro quotidiano. Alla fine, rileggendo quì e là (da Vibrisse a Babsi a Ivan a a…) credo che discutere di scrittura collettiva, basi economiche, rete, tempo dedicato, scambi ecc…stia dando qualche frutto (non certo in soldoni) anche solo in forma di dubbio e…… non mi pare poco.
    Grazie a tutti per avere dedicato tempo e neuroni (e anche scazzi o altro) a questi temi.
    Besos

  2. Un momento un momento: ma io non sono affatto avvilita.
    🙂
    Penso che imparare a discutere cercando di capire quel che i nostri interlocutori dicono sia la cosa più difficile da realizzare, in assoluto. Mi ci metto per prima, intendiamoci. Ma credo anche, da ottimista incurabile, che proprio la rete sia il luogo privilegiato dove tutto questo può verificarsi, anche a costo di reciproche incomprensioni.
    Infatti: non ho assolutamente chiuso la discussione sull’argomento. Ritenevo giusto fermarla due post fa perchè ci si stava avvitando pericolosamente: ma ora, a bocce se non ferme, in rallentamento, credo che sia importantissimo continuare a rifletterci. Proprio per questo ci torno qui, con i contributi segnalati sugli altri blog.
    E con quella che secondo me non è affatto una deviazione dal tema come la chiusura di Quiritta.

  3. La chiusura di Quiritta è una pessima notizia. Parpaglioni sembra poco incline a un ripensamento. Però chissà, se gli si mandasse qualche segno di simpatia…
    Comincio io, va’: Parpaglioni! Nun ce lassa’! Ripensaci! Qui, proprio qui, c’è bisogno di libri come quelli che fai tu!

  4. adesso, con tutto il rispetto, l’ammirazione e l’amore che posso provare per genna, wu ming e anche babsi, che ormai conosco da un anno – e si sa che è la consudetudine a fare famiglia, e non il contrario! – ma, quando babsi dice : ‘due eventi a mio modo di vedere significativi (per la rete: un lungo dibattito) – in corso mentre scrivo – sul “metodo Wu Ming” (per il momento condensato in due post su Lipperatura e nei relativi commenti), e la metamorfosi della più importante e-zine italiana di cultura e letteratura, I Miserabili, in un progetto labirintico e polimediale, un work in progress che prende spunto dal nuovo libro di Genna ma si spinge ben oltre”.
    Dove sta precisamente questa significatività, questa pregnanza? Voglio dire, una cosa essenziale davvero della rete poi, non è stata detta: l’orizzonalità. Il tuo parere vale quanto il mio. però questo leva importanza a qualsiasi discorso compreso quello di wu ming e di genna. le e-zine si perdono nel marasma di link, tutti uguali. dobbiamo rassegnarci. l’unica cosa vera è che la rete toglie importanza a qualsiasi importanza.
    “C’è bisogno che io dica che fra i primi siti Internet bookmarkati dalla sottoscritta quando è approdata in rete c’era proprio Luther Blissett Net?”
    No, dillo. Ma vale quanto il fatto che io dica. Sono ossessionata dala rete. La adoro. La adoro anche perchè (sarò masochista? avrò tendenze suicide?) mi porta verso ‘la morte’. una fredda orizzontalità. una fredda e continua ansia di ricomporre tutto in formule logaritmiche.

  5. pochi, rispetto a quanti ne vorrei avere, genna. sempre troppo pochi, e vivo per giunta in un’epoca in cui dicono, ‘la vita, siori, si è allungata!’. bene. che hai trovato una formula per l’accelerazione temporale? sarebbe una vera rivoluzione! vado a vedere!

  6. Ciao Giuseppe, un bel ritorno, dal mio punto di vista. Angela, sinceramente non mi è chiaro quello che hai scritto, tranne nella parte conclusiva. Quando all’orizzontalità delle rete, è assolutamente e chiaramente implicita in ciò che ho scritto io (non scriviamo, per fortuna, tutti le stesse cose). Si tratta di una premessa, e il discorso andrà in una direzione ben precisa (come si indovina dal titolO)

  7. *Quanto*, non “quando”
    A proposito, una proposta “semiotica”, ma bisogna vedere cosa ne pensa Giuseppe: tu scrivi: “Dove sta precisamente questa significatività, questa pregnanza?”
    1) La costruzione di due percorsi narrativi paralleli
    (ci sono altri punti, ma intanto considera questo a proposito dell’anno luce)
    2) Un unvito all’esplorazione del testo (può sembrare banale).

  8. ivan, prndi due formule matematiche (l’essenza della rete). una non è più bella o più importante o più giusta dell’altra, no? una non è più significativa dell’altra. questo volevo dire.
    la significanza maggiore di una formula rispetto a un’altra però viene attribuita da una convenzione, “decidiamo che questa sia importante…”. quest’ultima circostanza è estranea alla rete.
    quello che hai scritto tu, scusami, non l’ho letto. mettiamo in conto anche questo, ogni tanto. vale anche per me. posso andare a vedere.

  9. “ivan, prndi due formule matematiche (l’essenza della rete). una non è più bella o più importante o più giusta dell’altra, no? una non è più significativa dell’altra. questo volevo dire”
    Non credo di aver capito l’esempio (dev’essere una giornata nera per me, mi scuso)
    “la significanza maggiore di una formula rispetto a un’altra però viene attribuita da una convenzione, “decidiamo che questa sia importante…”. quest’ultima circostanza è estranea alla rete.”
    Dipende dalla formula e dal contesto: la significanza può essere attribuita anche da un obiettivo. Che le convenzioni e le decisioni che le presuppongono siano estranee alla rete mi sembra un’affermazione strana. La rete vive di convenzioni, è quasi omologa al linguaggio.

  10. se il web sia ‘orizzontale’ non lo so, francamente la cosa non mi preoccupa nè mi esalta. Mi piacciono i dialoghi sul blog e li seguo volentieri perchè mi fanno vivere ‘parti di me’. Mi spiego. Leggere i commenti per me equivale a un dibattito con le mie diverse parti, dalle più cazzare a quelle seriose. Quando ho finito di leggere gli interventi a un post lunghetto mi sento reduce da un brainstorming di punti di vista et , zac, nei momenti piu’ felici, mi salta fuori o una visione diversa o qualcosa che non mi aspettavo tipo una presa di posizione che non avevo assolutamente considerato sino a un momento prima. E’ quasi un gioco e a volte mi capita sia di rispondere che di scrivere cose che tengo lì e che sono solo un mio chiarimento personale. Lo scrivo perchè e’ un processo inverso rispetto a quello che si auspica alessandro garigliano su vibrisse (…io mi avventurerei in una scrittura che abbia come autore solo parti di me, brandelli di personalità che hanno ancora la forza di dire qualcosa) o che non convince pienamente Angela. Preciso che nel vivere i blog (o l’intera rete?) in questo modo non compio nessuna operazione programmata, non sono inserita in progetti particolari, non ambisco a risultati di qualche tipo. Quello che ho descritto avveniva e avviene, ne ho solo preso atto e mi diverto a pensare che le cose che scrivo diventano anche un pò parte di voi e me le restituite ridotte ampliate o cazziate o ..come vi pare 🙂
    besos

  11. Spettatrice: però, a prescindere dalla terminologia, se il web non fosse già in qualche modo orizzontale (e multilaterale: ovvero, la comunicazione non è gerarchizzata secondo la regola da mittente a destinatario, ma i ruoli si invertono di continuo, o si annullano), non potresti scrivere le riflessioni che hai appena scritto.

  12. Mercoledì 13 luglio scorso, quando il mio blog non era ancora seguito dal fiore fiore dell’intellighenza webbica come oggi:-) ricordavo che – ben prima di WuMing e di Giugenna – c’era stato Geoff Ryman. Riproduco:
    I FATTI DI LONDRA
    DEL 2005
    PREFIGURATI
    DA GEOFF RYMAN
    NEL 1995
    Una decina d’anni fa Geoff Ryman, già autore di parecchi romanzi di successo, decise di abbandonare i tradizionali sentieri narrativi per battere una pista provocatoriamente nuova. E già che lavorava alla realizzazione di varie tipologie di siti web, decise di optare per un romanzo interattivo. L’idea gli era venuta in metropolitana, osservando gli sconosciuti che aveva attorno a sé. ‘Sarebbe bello poter entrare nella testa di ognuno di loro’, si era detto. ‘Sapere chi sono, che cosa pensano, che cosa fanno’. Poi l’occhio gli era caduto su una targhetta metallica: ‘Questa carrozza contiene 253 passeggeri’. Ed ecco la folgorazione: se 253 erano i passeggeri che un vagone della metropolitana di Londra poteva ospitare, ebbene, avrebbe descritto il punto di vista, i pensieri e la storia di ognuno di loro, e in 253 capitoli a loro volta composti di 253 parole ciascuno. Fu così che nacque ‘253’. Ma il bello stava in questo: che con l’aiuto dell’ipertestualità, il lettore avrebbe potuto scegliere il passeggero dal quale iniziare a leggere il suo racconto, e seguire come il protagonista interagisse con gli altri cliccando sui rispettivi link. In tal modo, avrebbe ricevuto l’impressione di dare personalmente forma al romanzo, seguendo un proprio percorso di link ogni volta diverso, e soddisfacendo il desiderio di scoprire realmente tutti i pensieri dei passeggeri. Nella home page del sito http://www.ryman-novel.com
    l’autore chiedeva: ‘Hai mai voluto sapere chi sono gli estranei che ti circondano?’. Ebbene, il suo romanzo dava l’illusione di poterlo appunto scoprire, facendo sentire onniscienti come Dio. A patto, naturalmente, di ricordare che, una volta lasciato 253, non lo si sarebbe stati più. L’autore sì, invece… Insomma questo Ryman, nella sua ricerca di nuovi strumenti di narrazione, aveva deciso di concentrarsi direttamente sul ‘modo di produzione’ del suo racconto, che va ricordato soprattutto perché nacque in rete. Periodicamente, infatti, Ryman rese disponibile on line un ritratto su un sito dedicato, attendendo suggerimenti e commenti. Mano a mano si crearono dei link fra un capitolo e l’altro: un passeggero, per esempio, risultò legato al passeggero di un’altra carrozza per diversi motivi, altri passeggeri legati dallo stesso motivo o soggetto… Alla fine del processo, ecco ‘253’, un romanzo indiscutibilmente nuovo, che resta, se non il primo, senz’altro il libro premeditatamente concepito per esplorare le potenzialità della scrittura in rete. Aggiungo solo che, in ‘253’, il treno è destinato a schiantarsi alla fine della corsa… quasi prefigurando, cazzo!!!, i fatti di Londra del 2005…
    P.S. Scrive Geoff Ryman, nel sito : “253 happens on January 11th 1995, which is the day I learned my best friend was dying of AIDS”.

  13. Angela, sto uscendo e torno in nottata, se riposti il commento anche da me mi faciliti il compito :-), però una risposta è dovuta:
    Tu scrivi: “Dove sta precisamente questa significatività, questa pregnanza? Voglio dire, una cosa essenziale davvero della rete poi, non è stata detta: l’orizzonalità. Il tuo parere vale quanto il mio…”, e la risposta a me sembra assai implicita. Dove stia la pregnanza l’ho già scritto nel post (non ho segnalato due link “crudi” in stile rss, ho commentato e descritto; ho *già* detto perché trovo WM Foundation e il progetto Anno Luce significativi, *più* significativi, in un certo senso “esemplari”, e occhio al senso, eh); quanto al “la tua opinione vale quanto la mia” – direi proprio di sì. Quando mai avrei detto il contrario? 😀 E non nel nome dell’orizzontalità (…) della rete. L’opinione di chiunque vale *un’opinione*. Mi sembrava scontato. Per altro, onestamente, scrivo di web *una* volta al mese, di letteratura praticamente *mai*, sicché non credo che a nessuno possa venire in mente che io abbia l’ambizione a salire in cattedra. Non c’è cattedra, se c’è io non la vedo, se la vedo mi armo per farla a pezzettini 😉

  14. Sulle pagine a venire dell’ANNO LUCE PROJECT magari annoterò qualcosa circa le intenzioni di un’operazione del genere che, nonostante il richiamo di Lucio (Ryman fece notizia all’epoca, esattamente come certi progetti ipernarrativi di tutta The Well), non tenta di strutturare un romanzo interattivo. Qui non mi pare la sede per delirare su cosa faccio, per il momento basta se a qualcuno interessa entrare in un’esplosione web di un testo che su carta APPARIVA lineare.
    il giu 🙂

  15. Babsi, scusa, se ho postato di qua, è solo pigrizia nel dovermi registrare. mi pare che si debba, da te? però forse mi sbaglio. torno a vedere.

  16. Io intanto riporto di qua il commento di Wu Ming 1 al post di Giulio su Vibrisse. Sottoscrivo anche le virgole:
    “Tra i “letterati” è poco in voga la comunità. Al contrario, è parecchio
    in voga il clan, la cricca, il cenacolino, il conciliabolo, l’unione
    temporanea tra narcisisti che si dicono a vicenda quanto sono bravi e
    incompresi, nel lasso di tempo che precede il loro scazzarsi e mandarsi
    a cagare. E’ molto in voga l’autonarrazione consolatoria (“Io sono un
    grande, ma non mi capiscono”, “la cultura è morta, per questo non trovo
    spazi”), narrazione che diventa ineluttabilmente *circle jerk* (cioè il
    farsi reciproche seghe disposti in circolo) e questa inefficacissima
    terapia di gruppo viene addirittura spacciata per “resistenza”, le si
    attribuisce addirittura un qualche valore “politico”.
    In questo tipo di comportamenti si sente sì, il “gelido gravame” del
    mito dell’autore (mito romantico, decadentista, “maledettista”, ombelicale, in ogni caso tremendamente egocentrato e “antropocentrico”
    nell’accezione più negativa possibile). Pesa diverse tonnellate e curva
    le spalle proprio di chi si crede erede di una tradizione di schiena
    diritte, l’Autore in atteggiamento di sfida titanica, gambe larghe e
    pugni sui fianchi, sul promontorio dei secoli.
    Sarebbe ora che i miei colleghi si “sgravassero” le spalle dal fardello
    di un’idea di autore che è in realtà recentissima, e riscoprisse (in questo anche e soprattutto la rete può aiutare) la dimensione
    *ecocentrica* dello scrittore. “Eco” viene da “oikein”, abitare: lo
    “scrittore residente” di cui parla Peter Bichsel, il poeta/narratore
    come membro di una comunità, anzi, di tante comunità a cerchi
    concentrici, erede di figure che esistono dall’alba dei tempi, dall’aedo al griot, dal bardo al trovatore, dal cantastorie al puparo etc. La scrittura, la poesia, la narrazione come *doni alla comunità* e come
    mestiere di vivere con gli altri.
    [La poesia che torna “ad alta voce” è un altro dei segnali di una presa
    di coscienza in questo senso. Peccato che alcuni autori “razzolino bene
    e predichino male”, nel senso che sono in grado di fare serate belle e
    di nuovo *ecocentriche*, eppure teorizzano il peggior *antropocentrismo*
    artistico e *umbilicocentrismo* autoriale.]
    Per una piena riscoperta dell’ecocentrismo in letteratura, occorre
    scollarci dalle ossa i muscoli infiammati e rattrappiti. Serve un
    massaggio energico. La rete ci costringe a fare i conti con una
    dimensione di “apertura” e ci sfida a confrontarci con nuove possibilità, col costante rischio di “sbracare”. Ci obbliga a cercare un
    equilibrio. Ci costringe a mettere in discussione l’ego, a relativizzare
    la figura dell’Autore. Per questo, nonostante tutto, la amo come la
    pupilla dei miei occhi, come la pupilla degli occhi di tutti.

  17. Spettatrice, il ‘brainstorming di punta di vista diversi da cui salta fuori qualcosa di diverso’ è quello (che attiene all’orizzontalità della rete) che anche a me piace. forse non ho capito a cosa ti riferivi.
    un’altra cosa che mi piace molto è – devo dare atto a wu ming che lui ne parla e ci insiste più di altri – questo continuo costringere tutti a ‘atti e gesti di umiltà’. questo costringere a un ascolto ‘attento’, o sei fuori.
    però mi chiedo se non sia perché in questa sede ci si occupi di letteratura, e non sia essa letteratura a ‘costringere’ (come disciplina che riguardi ‘le emozioni’) tutto sommato alla (Im)moralità (dipende dai punti di vista). un blog di Economia Domestica induce allo stesso ‘sano sforzo’? o lì – sempre rete è – prendo le informazioni (saccheggio le ricette) e me ne vado? boh.

  18. E io copio-incollo la mia osservazione a WuMing in vibrisse:
    WuMing1. ***l’Autore in atteggiamento di sfida titanica, gambe larghe e pugni sui fianchi, sul promontorio dei secoli***.
    Piccolino, hai presente la RETORICA DELL’ANTIRETORICA? That’s it. Ti ho citato nella breve introduzione alla mia ‘Lettera ad Edgar Allan Poe'(mio blog). Senza una *titanica* voglia di esprimersi come quella che avvertiva dentro di sé, Poe (e tanti altri come e più di lui, magari in campi diversi), si sarebbero arresi molto prima alle difficoltà riservate loro dalla vita. A rimetterci, naturalmente, saremmo stati noi.***

  19. Su un “ascolto attento o sei fuori”: personalmente non la penso in maniera diversa da Wu Ming, e non solo riguardo la letteratura, ma riguardo ogni genere di argomentazione. Gli pseudoproblemi sono quelli su cui si ci si accanisce di più: i più inutili.

  20. Lucio, e se si provasse a cambiare le carte in tavola? A sostituire a quell’idea che noi abbiamo degli scrittori una diversa pratica?

  21. una delle cose belle della rete è che è imprevedible.
    Ad esempio chi ha detto le cose più intelligenti in quest’ultima tornata è stata angela, magari per voi sarà una cosa normale, ma a me non era mai capitato fino ad ora.
    E per giunta ho capito tutto quello che ha scritto: o l’hanno clonata o sta vivendo una nuova primavera espressiva.
    Chiaro che NON sono ironica ho apprezzato davvero le cose che ha scritto, ed è stata una rivelazione (speriamo duri):-)

  22. melloni non esiste una idea di scrittore :-))))
    chi se la fa è in malafede prima viene lo scrittore (che naturalmente deve essere davvero uno scrittore e quando lo è ce ne accorgiamo quasi tutti) e poi, SOLO POI, ci si fa una idea su di lui, non su gli scrittori, ma certo in rete ormai si sentono tutti “scrittori” solo perchè la rete sembra rendere facile la scrittura, e comunicarla (cosa che prima sembrava solo privilegio degli scrittori). ormai noi tutti “scriviamo” e comunichiamo (e lo faremo sempre di più e sempre in maggior numero) ma NON siamo scrittori.
    geo

  23. Angela, avevo scritto quella robba dopo aver letto l’intervento di garigliano su vibrisse. Solo quando stavo postando mi sono accorta del tuo scritto e mi sembrava, ma andavo di fretta e non sono sicura di avere capito bene, che tu assimilassi l’orizzontalità all’appiattimento e quindi a qualcosa di non esattamente positivo.
    Ivan, ho lasciato di proposito fuori qualsiasi valutazione sull’orizzontalità perchè impossibilitata ad approfondire e mi sono limitata a una descrizione che, come dicevo prima, derivava da un commento al post di Mozzi.
    Leggerò meglio stasera o domani.
    besos

  24. Io credo che l’osservazione di Melloni non suggerisse la direzione di un platonismo dello scrittore, per la verità (che non esiste un’idea di scrittore è tanto vero quanto il fatto che un’idea di scrittore, se esistesse, sarebbe affatto inutile; è molto più utile l’idea del giallo, che in ogni caso non esiste).
    Mi sembrava una battuta.

  25. Spettatrice, secondo me l’orizzontalità è altamente utile e positiva. proprio per quel braistorming che dicevi tu.
    in realtà se non (mi) disprezzo il mio attaccamento alla rete è perchè ho capito a naso, l’effetto positivo che ha (lo schema: scontro, incontro, riflessione. oppure, incontro, incontro, riflessione. con persone le cui argomentazioni sono a tutti gli effetti pari alle tue/mie) su di me. non è un caso che abbia difficoltà (che se ne vada, non che litighi o che discuta) chi si consideri ‘tenutario’ di un potere, di una specialità, di una competenza esclusiva. io ai ‘tenutari’ farei fare degli esami per vedere se uno abbia diritto o no a quel titolo (giuro!): un anno di rete. se alla fine insulti e spernacchi, il posto lo si da a quello che è andato meglio di te in ‘comunicazione webbica’. poi ci sarebbero i raccomandati! va be’.
    Angelini quella di Poe – come quella di Vigo, sai l’Atalante, il regista che gira, stando ‘sdraiato’, quasi morente, che immagine anti-titanica per due film meravigliosi! – potrebbe anche essere definita una Sdraiata (invece che Titanica) voglia di esprimersi. Visto che fatto di tutto per non stare in piedi, ma Sdraiato.

  26. Beh, non posso che fare una constatazione, e almeno questa passatemela: era da tempo che non leggevo e non ritrovavo una simile partecipazione a una discussione: link, controlink, incroci, argomenti collaterali, punti di vista diversi e tutti da rileggere e valutare con calma.
    Se buttare qualche numero all’interno del calderone dei siti letterari genera questo effetto positivo, beh, fatemelo sapere: appena la discussione cala di tono ne preparo altri :-)))
    E ora qualcuno mi offre almeno un caffè? Con molto zucchero, grazie 🙂
    Buon fine settimana. Trespolo.

  27. Non a caso ho citato questa frase: “La solitudine dell’artista è doppiamente falsa: dissimula infatti non solo un rapporto reale con il grande pubblico, ma anche il ricostituirsi di un pubblico di specialisti.”
    Specialisti…

  28. Georgia: come aveva inteso Ivan, era esattamente quello, il senso della mia frase. La polemica era con Angelini che tirava in ballo il “titanismo” di Poe come se quella fosse l’unica strada, come se ci fosse un’idea di scrittore e non delle prassi.

  29. Che irritazione l’abuso di emoticon di Georgia… Nella vita reale, se uno ridacchia a ogni frase tutte le volte che parla, io finisco per considerarlo un deficiente, è più forte di me.

  30. Georgia è stata avvistata giorni fa SPROVVISTA DI PARENTESI, due punti e punto e virgola: forse si trattava di un clone.
    A me ricorda un certo Frizzi.

  31. Ecco, proprio così,
    lo sapevo, me lo dicevo me lo bofonchiavo me lo sospiravo, orca!
    Tu vieni a Torino e non mi vieni a trovare e non mi telefoni,
    nè a me nè a Beppe Iannozzi,
    ed io piango e mi dispero e languo e mi dissanguo in un mare o pantano che sia, di graviolenti lagrime, oddio,
    e tu,
    o Loredana aulentissima,
    tu non vieni non partecipi non presiedi, anzi soprassiedi, alla ennesima presentazione del mio romanzo
    “DI RUGGINE IN RUGIADA che si terrà, oggi, dico oggi,
    augustamente in Torino, alle ore 20 presso il Cafè/letteraio DIWAN CAFE, sito in Via Baretti 15/C,
    ecco,
    rilanguendo,
    tuo devotissimo piaggiatore
    Mario Bianco

  32. Mario, ahimè: ma io sarò a Torino da lunedì a mercoledì mattina, poi a Genova fino a venerdì. Quindi dovrò saltare la presentazione del libro, purtroppo…Ma sarò felice di vedere sia te che Iannozzi
    🙂

  33. L’intervento di Giulio Mozzi mette in luce alcuni aspetti del “progetto” in cui consiste l’esperienza dei WM: l’investimento esistenziale in un’idea. Non diversamente dai gruppi musicali che passano dalla fase della cantina e del paio d’ore al giorno per ritrovarsi impegnati a mezzo servizio, e costretti a indebitarsi per acquistare strumenti, impianto, furgone (che affittarli volta per volta costa di più), i WM hanno scommesso (quanto consapevolmente non so: ma non importa, esiste comunque l’eterogenesi dei fini) in una pratica che, se andava bene e dopo un certo numero di anni, li avrebbe resi (relativamente) padroni del proprio tempo, o almeno di una parte apprezzabile del loro tempo. Perseguendo questo fine, come i gruppi di cui sopra, hanno praticato lavori umili e precari, invece di cercarsi un impiego a tempo pieno incompatibile col loro obiettivo, hanno fatto scelte e praticato stili di vita funzionali a quello che si prefigevano (ad esempio, se posso citare un dato a braccio senza usare Excel, i WM tendono a diventare padri di famiglia più o meno nella fascia statistica dell’italiano medio, cioè tardi, ovvero oltre i 30). Questo è un progetto. Piuttosto, l’editoria dovrebbe riflettere sul fatto che queste scelte (collettive o individuali) sono compatibili con una vita non indecente in misura inversamente proporzionale al crescere dell’età, per ragioni ovvie (quanti promettenti musicisti non hanno il coraggio di rifiutare un impiego o una famiglia per continuare l’avventura musicale?). Ma l’editoria, per varie ragioni, non sembra tenerlo presente: ad esempio, alcuni editori (vedere sul blog di Angelini un paio di esempi) programmaticamente rifiutano di leggere i manoscritti inviati, ovvero si dotano di una struttura editoriale incapace di cogliere il brulicare di scritture che esiste (ed esiste sin dai licei, potete credermi: se parlo di scuola so cosa dico, mica sparo cazzate sulla base di una telefonata come Massimo Parente). Su questo l’esperienza della rete è importante, e costituisce un elemento di rilevante novità. Però ha ragione la Lipperini: le contorsioni e i fraintendimenti di questa discussione (comunque importante), almeno finché la luce di Mozzi non ha diradato un po’ di nebbia, dimostrano che c’è ancora una sostanziale incomprensione non dico delle potenzialità, ma del ruolo stesso della rete.
    Quanto al post di Trespolo, è una delle cose più insulse che siano mai state fatte, scientificamente attendibile quanto, anzi meno, del grafico che trovate qui: . Vuol dire che l’argomento era talmente maturo che bastava un giro di vento per farlo cadere dall’albero.

  34. “L’intervento di Giulio Mozzi mette in luce alcuni aspetti del “progetto” in cui consiste l’esperienza dei WM: l’investimento esistenziale in un’idea.”
    Girolamo: parlando di “n” scelte individuali riconducibili ad un progetto credo di aver detto la stessa identica cosa in uno dei primi commenti, e di sicuro lo hanno detto altri. I fraintendimenti erano successivi: non basta, dunque, la logica (infatti, gli argomenti di Wu Ming sono rimasti identici dall’inizio fino alla fine). Per il resto siamo d’accordo (in particolare, sul post di Trespolo, insisto su un punto: io posso essere descritto come soluzione di un sistema di equazioni differenziali, ma siamo sicuri che quella soluzione dica qualcosa di interessante, per esempio, intorno alla mia moralità? Io non credo)

  35. Cosa tecnica, per Angela, al volo: i commenti da me, quando sono aperti, sono aperti. La registrazione a Typekey è facoltativa, utilissima ma facoltativa.

  36. Melloni: “Se l’idea che abbiamo degli scrittori è di gente che muore con la faccia nel proprio vomito, siamo messi male.”
    Vd. l’espressione: “intendere fischi per fiaschi” e anche “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”.
    Loredana: ma certo che esistono mille tipi di pratiche di scrittura. Se vuoi posso cimentarmi a scrivere un giallo con il duo Ivan-Babsi:-) e la supervisione straordinaria di Andrea Barbieri. Ma di qui a negare che esistano o siano esistiti degli assoluti fuoriclasse ***indviduali*** ce ne corre! E a me, appunto, piacciono i talenti assoluti.

  37. angelini, se dici ‘talento assoluto’ che non sia il talento di a, o di b o di c, in quell’opera o in quell’altra, vuol dire che pensi esista una formula. quale è? che cosa è il talento assoluto?
    secondo me il talento assoluto (forse sbaglio, ma) non esiste. tanto è vero che uno ‘eccelso’ come Flaubert – in Madame Bovary . e in L’Educazione Sentimentale poi ha scritto cose orrende tipo la Tentazione di Sant’Antonio. Dove l’aveva messo il talento? non era neanche malato.
    viceversa uno come Flaiano che da solo non ha scritto niente di assolutamente ‘meraviglioso’ ne La dolce vita, scritto con altri collabora all’Opera Eccelsa. (descrizione di un ‘epoca, tenerezza per i personaggi, ottima individuazione e descrizione psicologica, ironia).
    babsi, grazie. ci vado.

  38. Loredana,
    sigh
    volevo ascoltare l’intervista al mitico Evangelisti e questo cavolo di Media Player si rifiuta.
    Lo zio Bill gli è contro!!!, se i VMO non tacessero per gravi motivi li coinvolgerei in una campagna contro lo zio Bill.
    In attesa di un vasto movimento di protesta non so che fare. Mi aiutate? ci tengo a sentire le cose intelliggenti che i due si sono detti!!!
    besos

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto