MIHI VINDICTA

Once upon a time…era il 22 giugno 1984, ventidue anni fa.
Ieri come oggi, si discuteva di marketing, di best seller e, certo, di
televisione. Ora, dal momento che rinfrescarsi le idee fa sempre bene, e che
avete mostrato di gradire il Beniamino Placido d’annata di qualche post
fa, ve ne propongo un altro (sempre da La Repubblica).

La sottoscritta parte domani, di nuovo, per To-ri-no (lo
scandisco prima che Mario Bianco mi morda, dal momento che la definizione
“terre sabaude” risulterebbe offensiva). Quindi ritorno e riparto, questa volta
per un mese intero: destinazione, l’eremo marchigiano. Insomma, come dicevano i
villains dei vecchi film: me ne vado, ma tornerò (la risata malvagia, la musica
sinistra e il tramonto rosseggiante dovete immaginarveli da soli).State bene.

DICONO
gli inglesi, quando sono di buonumore, che la parola più dolce della loro
lingua è la parola "revenge" (vendetta). Deve essere vero, se hanno
inventato addirittura un genere letterario, la "revenge tragedy" (o
"tragedia della vendetta") che annovera capolavori illustri, a
cominciare dall’ "Amleto". Sospetto che la parola
"vendetta" abbia un sapore dolce un po’ dovunque, anche da noi. Ma
diversi caratteri nazionali generano generi letterari diversi. Da noi si sta
affermando una "commedia della vendetta". La "revenge
comedy" nostrana ha un personaggio fisso nella parte del cattivo, o
meglio, della cattiva: la televisione, a volte chiamata per nome, a volte
individuata con la più colta dizione: "comunicazione di massa". E’
lei la causa di tutti i mali. Qualche esempio? Ecco l’ ultimo: alcuni non hanno
digerito i funerali di Berlinguer e la partecipazione di massa che li ha
accompagnati. E’ un atteggiamento perfettamente legittimo. Ma è imbarazzante
sentir dire che quella partecipazione c’ è stata per via (per colpa) della
televisione. Quando poi una tesi così originale è sostenuta – tra gli altri
(Giordano Bruno Guerri sul "Giornale", Luca Goldoni sul
"Corriere") – da Mario Pirani, un osservatore della cui acutezza non
è lecito dubitare (lo ha fatto su "La Stampa" del 16 giugno: "Il
Padre e il Figlio"), allora vuol dire che occorre proprio fermarsi un
attimo a riflettere pazientemente; non tanto sul caso Berlinguer, quanto sulla
televisione e sul rapporto di "vendicativa commedia" che abbiamo instaurato
con essa. Ne so qualcosa. Mi càpita qualche volta di accettare un invito a
parlare sulla televisione o (la dizione cambia, la sostanza è la stessa) sulle
"comunicazioni di massa". Lo faccio volentieri, perchè per molti
insegnanti, per molti genitori, la televisione è un’ ossessione. Se, parlandone
insieme, ci si può chiarire qualche idea, non è male. Speranza vana, fatica
sprecata. Dopo aver sciorinato tutto quello che so (o mi pare di sapere), tutto
quello che ho capito (o mi pare di aver capito), mi trovo di fronte sempre alla
stessa sorpresa. Chi mi ha invitato a parlare lo ha fatto perchè vuol sentirsi
dire una cosa sola: che la televisione fa male. E più precisamente che: a) fa
male ai bambini, perchè li incita alla violenza; b) fa male agli adulti, perchè
uccide la conversazione. Naturalmente, non sono d’ accordo. Mi trovo di fronte
a genitori che non sono in grado di fare ai figli nessun discorso serio sulla
violenza: si vendicano dandone la colpa alla televisione. Mi trovo di fronte a
coniugi che hanno il terrore di trovarsi soli a conversare. Hanno poco o niente
da dirsi: si vendicano dandone la colpa alla televisione. Non sono d’ accordo.
Ma non ho nessuna possibilità di far valere le mie convinzioni. Sono
implacabili. Se voglio tornare in albergo, se voglio riprendere il treno, devo
ammettere – sia pure a denti stretti – che i loro bambini sarebbero degli
angeli, ove non ci fosse la televisione; che mariti e mogli passerebbero tutta
la serata a conversare (di cosa?) se non ci fosse la televisione (ma perchè non
la spengono e non si abbandonano alla conversazione, fino a notte alta? Chi lo
sa). Altri esempi. Che cosa ha provocato il successo internazionale de "Il
nome della rosa" di Umberto Eco? Le comunicazioni di massa, rispondono in
coro i letterati invidiosi. Dimenticando che il romanzo di Eco è stato scritto
contro tutte le regole di confezione del best-seller; che ha avuto lo stesso
imprevedibile successo nei paesi più diversi e impensati; che non è stato
assistito da nessuna campagna pubblicitaria particolare. E che cosa provoca la
semplificazione "pubblicitaria" della campagna elettorale americana?
La televisione, naturalmente, diremo tutti in coro a novembre, quando in
America si voterà. Dimenticando che le elezioni presidenziali americane si
combattono a colpi di slogans semplificati (peraltro indispensabili, quando si
deve parlare a milioni di persone) da circa duecento anni. Cosa possiamo farci?
E’ la nostra commedia della vendetta, in presenza delle cose che non vogliamo
capire, che non possiamo digerire. E in fondo: perchè mai dovremmo sforzarci di
capire o di digerire, quando possiamo dare la colpa di tutto alla televisione?
E infine: perchè la gente ha espresso una partecipazione così intensa alla
morte di Berlinguer? Perchè c’ era la televisione, naturalmente. "Qui l’
uso del mezzo televisivo ha avuto un effetto scatenante", scrive Mario
Pirani. Dimenticando che i nostri giornali sono ancora freschi di inchiostro.
Non sono stati ancora archiviati. Stanno lì, a rammentarci che il fenomeno è
cominciato prima, è cominciato subito, sorprendendo tutti, comunisti compresi
(che si chiedevano – e ci chiedevano -: perchè?). Che poi l’ effetto
moltiplicatore televisivo possa aver avuto ripercussioni elettorali, è un altro
discorso. Ma torniamo alla tesi di Pirani. Egli aggiunge che – sempre per
effetto della televisione – si è avuta a San Giovanni una "sacra
rappresentazione in cui Pertini era il padre che riporta a casa il corpo del
figlio e lo depone ai piedi dei suoi cari…". E’ un paragone colto ed
elegante. Ma fa venire in mente irresistibilmente un altro caso, che non giova
alla tesi di Pirani: il caso Moro. Nella vicenda Moro ci sono tutti gli
elementi, tutte le figure di una "Sacra rappresentazione", di un
"Mistero" medievale. Dal rapimento al sacrificio cruento, al mistero
(tuttora irrisolto) della prigione. Nel caso Moro – come fece notare a suo
tempo Arbasino – per la prima volta dopo il Medioevo un "sovrano"
viene rapito sul suo "territorio". Il caso Moro sì, che è stato
Medioevo più Televisione. Com’ è che non c’ è stata allora la "Sacra
rappresentazione" popolare? Eppure, se non ricordo male, la televisione
non mancò di parlarne ogni sera, il Presidente della Repubblica non fu nè
assente nè indifferente, il Papa altrettanto e l’ opinione pubblica
internazionale ne fu fortemente colpita. Come mai, dunque…? Sinceramente non
lo so. So che mi piacerebbe saperlo. Ma so anche che non mi aiuterà a capirlo
chi tira in ballo – tanto per cambiare – la televisione. Ciò che, come al
solito, non spiega niente. Che ci serve solo ad esercitare le nostre piccole
vendette sulle cose che non ci convincono o che non ci piacciono. "La
vendetta è mia" ("Mihi vindicta"), disse il Signore, secondo
quanto riferisce San Paolo nell’ Epistola ai romani. E forse sarebbe bene che
la lasciassimo a Lui, visto che noi "romani" siamo così poco bravi a
vendicarci.

6 pensieri su “MIHI VINDICTA

  1. Insisto: non sono un nostalgico di natura, ma menti cone quelle di Placido mi mancano assaissimo.
    Lippa: dovresti farne una rubrica settimanale!
    p.s. io parto sabato. 2 settimane in Romagna, al mare. Chi passa da quelle parti faccia un fischio, ci beviamo qualcosa.

  2. …il fenomeno Berlusconi ha però dato definitivamente ragione ai ‘vendicativi’ e – purtroppo – definitivamente torto alle menti, così brillanti e ironiche, come quelle di Placido.
    L’influenza nefasta della televisione, come aveva predetto anche Pasolini, è riuscita in un mutamento addirittura antropologico degli italiani. Avesse soltanto portato ad una maggiore inclinazione della violenza o alla incomunicabilità tra le coppie, ci potremmo dire fortunati.

  3. Berlusconi non è stato creato dalla televisione. La televisione esiste in tutto il mondo, Berlusconi è un’esclusiva di noi italiani. In Francia hanno la tv ma non Berlusconi. Idem in Gran Bretagna, in Germania, ovunque. Sono stati i guasti storici di questo Paese (indicati con chiarezza da un sacco di persone, negli ultimi settanta-ottant’anni) a produrre Berlusconi, non la tv. Sono state le spaccature nella società riproposte di generazione in generazione, almeno dal Biennio Rosso a oggi, le stesse spaccature che hanno fatto nascere il fascismo (fenomeno mai superato del tutto né tantomeno digerito) e prima ancora un’unificazione nazionale dall’alto e senza popolo, che ha dato origine a diseguaglianze ormai croniche. Questo è il terreno di coltura del berlusconismo, che è arrivato buon ultimo a rappresentare gli umori più retrivi della nostra società. La televisione è il mezzo che ha usato per farlo, ma non è la causa della sua esistenza. Crederlo è veramente da ingenui.

  4. Toh, che ingenuo! La televisione non è la ‘causa’ di Berlusconi. Già, è solamente il suo mezzo di sussitenza e propagazione. Beh, adesso sì che mi sento meglio…
    E magari non salta in mente a Filippo che il qui presente ingenuo è perfettamente al corrente – senza tediosi bigini – dei guasti storici del Paese e PROPRIO PER QUESTO, considerandoli per quello che sono, cioè radicati e inamovibili, considera il discorso sulla televisione (perché di quello si parla: vale per molti altri centri di potere) l’unico discorso possibile? Replicare che la causa delle cause è più lontana del fenomeno emergente, non sposta di un millimetro il problema causato dall”ultima causa’! E’ o non è QUESTO il Paese in cui viviamo? Sono o non sono QUELLI i guasti storici a cui giustamente ti riferisci? E allora perché non dovremmo considerare queste premesse come la buona ragione per considerare gli effetti della televisione nel CONTESTO risultante da quelle premesse? Come fece appunto Pasolini, che ovviamente già 35 anni fa imbattè nei soliti discorsini “è tutto più complicato, bisogna guardare al fascismo, si finisce per infangare tutta la società, è un discorso ingenuo..”.
    In altri termini: gli esempi della Germania, dell’Inghilterra e di chissà quale altro Paese son buoni giusto per la Germania, l’Inghilterra e chissà quale altro Paese…
    Che bella logica: “noi non siamo quelli là, ma quelli là… quindi anche noi”.
    Eh no! Qui sta il problema. Non ti pare..?

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