Proviamo a fare il punto?
Qualche giorno fa, a proposito del Festival di Sanremo, ho parlato di “trappolone”, e resto convinta della definizione. Di cosa aveva bisogno un team autorale vecchio, scollato dal mondo, incapace di concepire uno spettacolo valido per la sua struttura e non per il rimbalzo sui giornali o su Internet? Di un po’ di polemiche. Bene. Quale migliore appeal di una polemica femminista – che tanto le femministe al momento non servono, anzi, potrebbero disturbare i manovratori, quindi meglio ridicolizzarle – che permetta di spaccare il fronte in bigotte sì-bigotte no?
Detto, fatto. Basta passare un paio d’ore in rete, su siti e social network, e leggere tutto e il contrario di tutto, e passare addirittura da Belen alle donne cattive use a collaborare all’infibulazione delle proprie figlie e allevare allegramente figli maschi stupratori (non scherzo).
Punto, a capo.
Questione numero uno, legata alla rappresentazione delle donne in televisione. Non è faccenda relativa a Sanremo, è questione più complessa e fa parte di un continuum mai affrontato seriamente: peraltro esiste un nuovo contratto di servizio Rai (Gazzetta Ufficiale del 27 giugno 2011) che prevede una rappresentazione del femminile aderente alla realtà e non alle convinzioni o alle astuzie di qualche autore. Di quel contratto nulla si sa. Anzi, in caso si avessero notizie fresche avvertitemi, perché non mi sembra che si sia stato fatto un solo passo in questa direzione.
Questione numero due. Giorgia Vezzoli ha scritto una lettera alla ministra Fornero in questo senso, e bene ha fatto. Credo che la ministra medesima non abbia molta difficoltà a rispondere (del resto, è intervenuta in proposito alcuni giorni fa). Sarebbe però necessario e auspicabile che rispondesse anche su quanto le riforme pregresse sulle pensioni e quella ventura sul lavoro andranno a penalizzare (o hanno penalizzato) soprattutto le donne, che sono e restano soggetti discriminati per quanto riguarda reddito e occupazione. Come detto un fantastiliardo di volte, immaginario e sociale vanno di pari passo, né è possibile mettere mano all’uno senza toccare l’altro.
Questione numero tre. “E adesso che si fa, eh?”, diceva il vecchio Alex di A Clockwork Orange. Come detto da mesi, siamo in pieno gender backslash: i furbissimi autori sanremesi se ne sono accorti prima di molti e molte di noi. Negli ultimi tempi quello che sembrava il nuovo femminismo avanzante viene dipinto con sempre maggiore frequenza come rigurgito conservatore. Ora, Marina Terragni ha lanciato un appello alle altre blogger: nella diversità che ci contraddistingue, concordo sulla necessità di fare fronte comune. Ci sono punti che stanno a cuore a tutte e tutti, a Lorella Zanardo come a Femminismo a Sud: identifichiamoli, evidenziamoli, battiamo su questi.
Non tira una bella aria. Proprio no.
Lei scrive che gli autori di Sanremo sarebbero “vecchi, scollati dal mondo, incapaci di concepire uno spettacolo valido”. Sul vecchi posso magari darle ragione (non ho idea della loro eta’ mi fido di lei) sul fatto che siano scollati dal mondo mi spiace farle notare che il 50% dei telespettaori italiani non hanno trovato affatto cosi distante da loro il festival da non guardarlo!
Forse la vera critica femminista prevederebbe di prendere atto che la Rai non fa altro che confermare (e ovviamente amplificare) una visione della donna condivisa da larga fetta del popolo italiano. La storia mi pare isnegen chiaramente che le leggi (vedi il contratto di servizio della Rai) a tutela della donna e della sua immagine arrivano dopo il cambio di mentalita’ e, ripeto, spiace dirlo ma agli italiani piace ancora molto vedere la stupida Belen mezza nuda e l´altrettanto inutile Ivanka (o come diamine si chiama) che si aggira incosapevole sul palco sanremese.
La categoria “vecchio” non va evidentemente intesa in senso anagrafico, Simone: si può essere vecchi anche a ventidue anni. Quanto ai dati di ascolto, l’argomentazione è sempre identica a se stessa: diamo al pubblico quel che il pubblico vuole. E’ un gatto che si morde la coda, mi sembra: anche perché nè lei nè io siamo in grado di sapere cosa gli italiani abbiano effettivamente guardato e soprattutto cosa abbiano eventualmente gradito nello spettacolone. Se Patti Smith o Belen, se la valletta o Celentano. Quanto al discorso sulla visione della donna: perfettamente d’accordo con lei. Ma non è reiterando fino alla nausea quell’immagine che le cose cambiano.
@simone Se i dati Auditel hanno un minimo di attendibilità, a vedere il Festival di Sanremo sono stati in 16.000.000, ossia meno del 30% degli italiani. L’inganno della televisione consiste anche in questo, nel continuare a veicolare un’immagine della donna che appassiona e soddisfa una parte minoritaria e a mio parere residuale di questo Paese, spacciandola per maggioritaria. Niente da aggiungere al post, solo un grazie alle blogger che si stanno occupando della questione ed un plauso alla lettera alla Ministra Fornero.
Io invece non sono d’ accordo, in moltissimi casi, la storia antica e recente, insegna che le leggi hanno potuto portare un cambiamento di mentalità. Ed è di quello che abbiamo bisogno oggi, ci sono bisogni e aspirazioni latenti tra le persone che non riescono a trovare una voce e una rappresentanza per arrivare ad essere massa critica e il legislatore, da cui ci si aspetta lungimiranza, deve essere in grado di interpretarli in leggi che promuovano il miglioramento delle condizioni di vita di un paese.
Così per esempio avviene per l’ istruzione obbligatoria, dove l’ obbligo serve a convincere i genitori, che vedono il breve termine della sopravvivenza quotidiana, che è meglio far studiare i figli invece di mandarli a fare il servo pastore, in modo che sul lungo termine questo figlio possa emanciparsi dall’ esistenza grama dei suoi genitori.
Quindi la Rai non si limita ad amplificare la visione della donna condivisa dalla gran parte del popolo italiano. La Rai, da decenni e dall’arrivo delle televisioni private e dei grossi introiti pubblicitari, ha abdicato alla sua aspirazione educativa e di elevazione delle masse delle origini unendosi tranquillamente al mantra de: il pubblico lo vuole.
Ma basti anche vedere che televisione avevamo anche solo negli anni ‘ 70, i programmi Scuola-Educazione capire che il pubblico, se gli si da buona televisione che non ne presuppone un livello da minus habens, quella televisione la sceglie e la abbraccia con entusiasmo. O mi viene a dire che gli italiani che si sono seguiti le puntate di Vieni via con me non sono gli stessi che seguono Sanremo?
Permettersi di dire: io spengo la televisione è un discorso utile ma che presuppone che ci sia un’ alternativa ala televisione. Ma in un paese dove le biblioteche pubbliche sono quelle che sono, dove i tagli alla cultura non si contano (ma vi sembra normale che Belen faccia più scalpore dei crolli per incuria a Pompei? Che Pompei oltretutto rappresenta anche un indotto turistico per il paese, porta soldi in altre parole, al contrario di tanta roba che vediamo in TV che i soldi ne prendono e basta).
Con quale sicurezza posso dire che il pubblico capisce, se lo si costringe a pensare? La mia piccolissima, e condivisa da tanti altri colleghi in tutta Italia, di teatro con un messaggio che faccio dal 2003. La gente capisce, come no. Ma il problema è proprio questo, il popolo bue e intontito è molto pi`u facile da gestire, no l’ ha detto solo Pasolini – che infatti hanno fatto fuori – lo sapevano già all’ epoca dei oanem et circenses. Per questo la Rai deve restare un servizio pubblico, ma fuori dalle logiche di potere politico. Solo che se lo fosse, il potere politico avrebbe molte più cose da spiegare prima di essere eletto.
Aridatece Bice e Alighiero, va. In mancanza, almeno Beppi Cucciari.
Larga parte delle norme arrivano a ratificare mutamenti sociali già avvenuti – mentre la restante parte conserverebbe un intento performativo che, nel caso delle donne, chissà com’è, non funziona, o non basta. Per questo diciamo che è questione di cultura radicata in millenni di storia e trasmessa dalle principali agenzie formative ed educative. La tv si è sostituita in larga parte a tutte le altre, questo è il problema e questo va aggredito perciò auspico una azione significativa da parte di coloro che amo definire “le antesignane del web”: donne di grandi capacità e fra queste la lucidità con la quale leggono gli avvenimenti. Dunque buon lavoro Loredana, Marina e tutte le Altre che aderiranno all’appello, vi seguiremo come sempre con grande attenzione facndo la nostra parte di lettrici e commentatrici dei vostri/nostri 🙂 blog.
@ lalipperini:
Evidentemente lei vuole fraintendere quello che dico per piegarlo alla sua idea dell´Italia in mano a una stretta oligarchia di vetero-maschilisti che impongono la loro immagine degradante della donna.Sarebbe bellissimo se fosse vero perche’ vorrebbe dire che basterrebbbe abbattere quella piccola minoranza per risolvere il problema. Purtroppo non e´affatto cosi!
L´Italia rispetto agli altri Paesi occidentale e’ ancora profondamente maschilista e sessista a tutti i livelli e le leggine non servono a nulla (poi leggi senza meccanismi di enforcement hanno quasi nessun senso). Spiace dirlo ma il femminismo italiano, uno dei piu’ importanti tra i movimenti femministi del mondo, ha miseramente fallito.
grazie Loredana, hai detto tutto in poche parole, concordo su tutte.
A volte le leggi seguono e accompagnano cambiamenti sociali, ma è indubbio che servono anche a promuoverli, certo, spesso con meccanismi complessi e non direttamente causali: ovvero non è che si smette di concepire le relazioni tra i generi in un certo modo perché lo dice una legge, ma se si hanno norme e leggi che favoriscono la diffusione di immagini e modelli alternativi, la riflessione e il dibattito, la partecipazione e la crescita di cittadine e cittadini consapevoli, magari avviene. Ci sono innumerevoli esempi nella storia di concezioni che sembravano perfettamente ovvie e immutabili finché qualcuno non ha cominciato a metterle in discussione. La schiavitù non si è miracolosamente estinta quando un gruppo di intellettuali illuministi ha iniziato a trovarla discutibile (si perpetra ancora oggi in mille forme nascoste) ma intanto è stato possibile pensarla come ingiusta e inaccettabile. La sua abolizione per legge non ha cancellato le mille forme di discriminazione violenta contro i neri, ad esempio, ma ha datto opportunità e strumenti per combatterle con efficacia.
Il fronte comune è a mio parere a garanzia di spazi di libertà e crescita per tutti e tutte:per questo mi sembra indispensabile
Paola
Veramente, Simone, è lei che commenta senza leggere e con un clamoroso preconcetto. Qualcuno ha parlato di oligarchia maschilista? 🙂 Non mi pare. Non si deve abbattere proprio nulla: si deve applicare un contratto di servizio che è stato approvato, per cominciare. E poi, se legge bene, far sì che la questione del lavoro venga affrontata seriamente.
Poi, se viene qui a commentare – come mi sembra – per affermare che il femminismo ha fallito, si accomodi. Può anche ripeterlo come un mantra, se la rende felice, come Jack nell’Overlook: ilfemminismohafallito, ilfemminismohafallito…ecc. 🙂
@ Simone
Mi scusi ma lei cosa suggerisce per migliorare le cose? Secondo me, se le/i femministe/i attuali (non parlo del movimento degli anni ’70, ma di cio’ in cui si e’ trasformato ora) si limitassero ad annichilirsi in un morettiano “come sono fatto male, come mi disprezzo” non si andrebbe poi molto avanti. Quindi autocritica si’, sicuro (viene fatta in Italia ma anche fuori… Penso per esempio alle premesse di un libro inglesissimo come “Living Dolls”), ma la pars construens?
Secondo me nel contesto della pars construens sia il lavoro sull’immaginario che le leggi possono giocare un ruolo importante ed influenzarsi a vicenda.
Lei, Simone, che propone?
@lalipperini: “Non si deve abbattere proprio nulla”: certo infatti la Rai, che deve applicare il contratto di servizio e’ composta da solerti funzionari pubbblici selezionati secondo rigidissimi criteri meritocratici! Chiedere a Lorenza Lei di applicare il contratto si servizio e’ un po’ come pretendere da un mafioso si rispettare il codice penale.
@ Barbara F
guardi che non ho detto che non si debba cambiare l´immaginario ho solo detto che sperare che farlo a colpi di legge e´ una battaglia persa in partenza. Forse sbaglio ma il grosso errore del femminismo italiano e´stato il pensiero della differenza che e´stato portato alle estreme conseguenze dimenticando il fatto che per rivendicare una differenza si deve prima avere tutti gli stessi diritti!
Come sempre, il miop commento è a puro titolo personale.
Io sinceramente sono rimasta piuttosto basita davanti alle lettere di protesta e ai vari appelli a personaggi legati al potere, perfettamente conniventi con un sistema che hanno contribuito a creare negli anni, affinchè venissero ascoltate, con indulgenza, voci di dissenso, sulla rappresentazione femminile nei media.
Sarà che ho un altro tipo di educazione ma non mi sognerei mai di chiedere una sorta di “elemosina” al potente di turno, a prescindere dal fatto che possa essere uomo o donna: per me non avrebbe senso ad esempio scrivere a gente come Lorenza Lei, vicina all’Opus Dei (e anche qua la rima è andata, ahimè) visto e considerato che fa parte di quelli con cui non ho assolutamente nulla in comune e che cerco di combattere tutti i giorni. E così via la Fornero e compagnia cantante.
Giuro di non avere intenti polemici ma solo tante domande: perchè prima non si scrivevano appelli alla Gelmini (era donna) ed ora alla Fornero sì? Io credo che sia solo stato cambiato forzatamente l’immaginario delle donne di potere, spostandolo sull’asse della decenza e della credibilità attraverso una considerevole operazione mediatica.
Ci sono poi altre domande che mi balenano nel cervello, una credo sia piuttosto pressante: perchè tutto questo concentrarsi sulla rappresentazione mediatica delle donne? Ma perchè?
I diritti alla maternità, al lavoro non precario, alla contraccezione, all’adeguamento dello stipendio ecc non sono forse diritti interessanti? Me lo chiedo perchè ogni volta mi ritrovo fior fiore di appelli per Sanremo ma nessun appello per far chiudere, che so, Radio Londra di Ferrara dove l’invasato all’ora di cena può tranquillamente lanciare anatemi contro le donne che abortiscono. I tizi del Movimento per la Vita si trovano a tutte le ore, in tutti i canali, e se non ci sono loro ci sarà la trasmissione-contenitore con la coppia di minorenni poveri idolatrati perchè hanno deciso di tenere il bambino e se non ci sono i minorenni ci sono i padri separati che inventano malattie come la Pas.
Insomma, capisco che queste bambolone di plastica un po’ mute possano risultare particolarmente fastidiose (per me non più di tanto) ma il resto della tv va bene così? Perchè niente proteste di massa su tutto il resto? Attendo lumi.
@Jo, quante cose di cui parlare, solo una: non me ne importa niente che la presidente della RAI sia affiliata all’Opus Dei, sono affaracci suoi, quel che invece è anche affare mio è che il ruolo che ricopre questa persona è quello di presidente di un’azienda pubblica e, in quanto tale, e non in quanto affiliata all’opus Dei, è tenuta, è obbligata, a fare anche i miei interessi e gli interessi di tutte le altre cittadine italiane, almeno finché ci consideriamo tali: richiamare qualcuna ad osservare coerenza con il ruolo che ricopre non è “elemosinare”, cosa che nessuna redattrice di lettera ha fatto, ma esigere che i propri diritti vengano rispettati.
Perché attraverso i media, Jo, si veicolano i modelli, compresi quelli che riguardano il lavoro femminile: hai idea di come l’immaginario delle ragazze possa essere condizionato dalla proposizione di carriere facili e basate sull’aspetto fisico? Sono certa che ce l’hai, così come credo che questo sforzo che si sta rendendo comune di condurre una battaglia efficace nei confronti di chi che dispone di strumenti di persuasione potentissimi, non possa passarti inosservato.
Perfettamente d’accordo con Loredana. Lavoriamo a una mappa comune “minima”. E mettiamo al centro del dibattito anche la “questione maschile”. Che indubbiamente esiste: “Il silenzio degli uomini” di Iaia Caputo lo dimostra argomentando in modo ineccepibile. Che libro utile per guardare alle cose con una prospettiva diversa! Grazie per avercelo segnalato.
Il mio punto di vista sulla questione quota in parte quello di Jo.
La farfallina di Belen fa un po’ ridere se si pensa che tutto il web ha visto questa signorina praticare una molto professionale fellatio al fidanzato di turno. Piuttosto ovvio che se è il voyeurismo degli italiani che si vuole eccitare si chiama una come quella, ma con un bel colpo di cerchiobottismo di ingaggiano anche Papaleo e Geppi Cucciari che piacciono agli intelligentoni de sinistra, così l’audience è garantita. Chi allestisce Sanremo lo fa badando all’audience, e se il “vietato vietare” è l’unico catechismo che l’attuale classe dirigente può permettersi il gioco è fatto.
Imporre per legge ciò che al costume ripugna non ha mai funzionato, se non quando la ghigliottina andava a pieno regime. E allora?
Avere fede nei propri valori (se ci sono), in una visione del mondo capace di costruire soddisfazione e cultura anzichè limitarsi a masturbare le pulsioni più basse (se c’è) e con quella fare discorso, spettacolo, cinema e anche televisione, scommettendo sul fatto che l’uomo non è un maiale e tra ghiande e pane (se ha davvero la possibilità di scegliere) sceglierà il secondo.
Ma qui casca l’asino. Perchè poi l’intrattenimento “intelligente” quale sarebbe? Fazio? Chiambretti? La Littizzetto? Zelig?
Ammiccamenti più o meno beceri e sessisti (certo, conditi dall’ironia di chi non ci crede fino in fondo ma solo perchè non crede più a niente) io li trovo anche lì, e mi danno perfino più fastidio, perchè abbinati alla spocchia di essere “migliori”
Non il femminismo, ma il progressismo ha fallito miseramente, perchè ha mancato la sua rivoluzione antropologica, che non può essere fatta solo di proclami e di anatemi prima e di comicità bolsa poi, una volta avuti spazi a iosa (come la sinistra televisiva in Italia ne ha avuti). Che vi piaccia o no, il Sanremo di Morandi Papaleo è marcato “progressista”, vorrebbe essere in antitesi ai nazional popolari conservatori di Baudo e Bongiorno. Bella roba.
Come scegliere tra un calcio nei coglioni e un cartone sulle gengive.
@Lipperinio
Primo: come sa benissimo in rete per ogni argomento lei può trovare tutto e il contrario di tutto. Postare a mo’ di pezza il commento di un blog semisconosciuto tanto per fare sineddoche è sintomo di un’ossessione, per cui basta andare a cercare col lanternino un caso che statisticamente rappresenta il nulla per partire con considerazioni che coerentemente sono statisticamente nulle.
Detto questo vorrei mostrarle che purtroppo il dettato del nuovo contratto Rai è talmente vago e indeterminato sulla questione dell’immagine della donna in televisione da essere di fatto inutile. Avevo già letto ad Aprile il suo post a tema, oltre a quelli di Cosenza e Zanardo. Purtroppo tutte voi vi eravate focalizzate sul problema dell’integrità, indipendenza e competenza della commissione degli 8 probiviri deputati a comminare eventuali sanzioni. Date un’occhiata agli articoli che parlano dell’uso che si vuol fare in tv della figura femminile e vi renderete conto che da contratto è possibile mandare in seconda serata – anche in prima se si è un filo accorti – anche una pornostar, altro che Belen e la farfallina.
Si noti anche che il tema della donna in tv è affrontato agli articoli: 2 comma 3 e 5; 3 comma 1/d; 4 comma 1; 9 comma 2/b; 10 comma 2/d; 12 comma 5; 13 comma 6; 14 comma 1.
Ebbene, leggeteveli, sono articoli di una vacuità pressoché totale e potrebbero far gioire solo inguenui che in quella forma vedono una sostanza
che non c’è.
http://www.segretariatosociale.rai.it/regolamenti/contratto2010_2012.html
Jo, mi pare che in questo blog si affrontino tutti i temi che hai sollevato tu, l’aborto e in genere i diritti, però questo non vuol dire trascurare l’immaginario, che ai diritti finisce per essere legato. E’ necessario contrastare da ogni lato l’idea di donna ridotta a corpo e relative funzioni, riproduttiva, o decorativa; la rappresentazione prevalente come oggetto decorativo (che inizia già nelle pubblicità dei giochi per bimbe) e erotico, privo di capacità e competenze. In questo caso l’aggravante è che si tratta di tv di stato. Ci va bene che nella TV pubblica per fare più ascolti si promuova una gara canora facendo semplicemente a chi mostra più passera? Non è come mettere una bella donna nuda per vendere una macchina? (Più in generale, ci va bene che il servizio pubblico coincida nelle pratiche, nei linguaggi, nei fini, con la tv commerciale? A me no.) Scrivere per dire alla RAI (di cui Lorenza Lei è, prima che donna, direttore) non è elemosinare comprensione, bensì rivendicare, far sentire la propria voce di destinatari del servizio pubblico in oggetto, del quale si è pure contribuenti, e far presente che così non ci va bene.
@Jo: io credo che non esista una rivendicazione dei diritti migliore o più necessaria/impellente di un’altra. Posso rivendicare il mio diritto ad essere rappresentata in modo dignitoso e nello stesso tempo quello di vedere garantiti i miei diritti sul lavoro. Come sempre, tutte le battaglie e le campagne in Rete sono complementari e farne una graduatoria secondo me sarebbe fuoriviante. Farebbe il gioco di chi dice: ma c’è la crisi, non arriviamo a fine, chi se ne frega della discriminazione delle donne!
Detto questo, io mi occupo di stereotipi di genere perché per formazione e per sensibilità mi sento vicina ai temi della comunicazione e perché ritengo che oggi il controllo della società sia di tipo comunicativo. Il controllo dell’informazione e la diffusione di modelli sui media decidono del futuro di un popolo, la storia di quest’epoca ce lo ha insegnato.
Credo che la discriminazione delle donne, la violenza così come il sessismo nelle scelte politiche e legislative abbiano origine culturale e di mentalità e la cultura oggi, volenti o nolenti, è plasmata, influenzata e diffusa dai media. Non per questo tuttavia penso che altre battaglie siano meno importanti, anzi, ben vengano. Chi è più espert@ o si sente più sensibile a questi temi, le porti avanti e di volta in volta ognun@ valuterà se aderire o meno, esattemente come facciamo io e tante altre sul tema donne e media.
Per quanto riguarda il rivolgersi alla Ministra piuttosto che alla Direttrice Generale RAI, a me in questo momento interessa rivolgermi a loro in quanto Istituzioni e non in quanto private cittadine e dunque per ciò che esse rappresentano (anche me) prima che per ciò che sono. Se non facessi così, sarei io stessa in quanto cittadina italiana a sconfessare tali Istituzioni, prima ancora che la reputazione e le scelte delle persone che ricoprono tali cariche.
Poi, una volta che la strada delle istituzioni risulti fallimentare, è allora e solo allora che se ne dovrebbero tentare delle altre a mio avviso.
Carità è elemosinare qualcosa dagli altri sulla base del proprio buon cuore. Ribadire i propri diritti alle Istituzioni inchiodandoli pubblicamente alle proprie responsabilità è un dovere civico. E non deve essere fatto per forza con modalità oppositive.
Cara Loredana,
quello che avevo da dire sull’appello della Terragni l’ho scritto qui http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2012/02/18/terragni-blogger-in-rete-esiste-gia-il-fem-blog-camp/
E’ la mia opinione personale ed è un’opinione che si basa su un’idea precisa di come alcune donne, in particolare quelle che gravitano attorno a Se Non Ora Quando, sappiano cavalcare l’indignazione per questo o quello, in particolare quando c’è da distinguere tra quelle che esercitano un mestiere di prestigio come quello di un ministro e quelle che in televisione preferiscono mostrare la farfalla, le solite donne perbene e donne permale, con appelli che oplà escludono il lavoro svolto dalle altre e propongano unioni, unità, unicità, per fagocitare (ed escludere?) all’insegna di:
a) la dignità delle donne;
b) le frasi di un patriarca (sia esso il presidente della repubblica o di un segretario di partito (bersani?) che dichiara come per sua figlia vorrebbe lei seguisse il modello femminile alla fornero piuttosto che quello alla belen;
3) le elezioni del 2013 e il 50% di posti in lista (ci riguarda? perchè?);
Trovato un nemico astratto o reale le Snoq vanno all’assalto e usano l’espediente comunicativo per invisibilizzare quello che esiste, che opera già in mille direzioni differenti senza che nessuno debba illuminarci sulla via di Damasco per “regalarci visibilità”.
Se c’è una cosa che so riguardo alla rete è che ci dà la possibilità di essere visibili senza che arrivi l’elemosina da parte di nessuno. La rete è potenza ed è autonomia di pensiero ed è quello che noi vogliamo sia. Questa autonomia non piace a molt* (vedi caso della famosa *lista* su sdoganatori e sdoganatrici di Casapound e vedi articolo della Terragni in cui la sua visibilità è stata usata per criminalizzare noi) e l’autonomia invece è necessaria.
Inoltre: l’antisessismo di superficie, quello che mette la 27esima ora alla stessa stregua del tuo blog per capirci, è modaiolo. Non va a ravanare in quelle zone scomode che riguardano i modi in cui anche LE giornaliste sono veicolo di misoginia.
E poi, ed è sempre la mia opinione personale, vorrei capire come si possa andare al di là delle “differenze” quando le differenze sono cose sostanziali.
Cioé: da un lato ti fai paladina del diritto di espressione di fascisti che – e questo si sa – non hanno delle donne esattamente un’idea di autonomia e libertà di scelta e dall’altro immagini che tutto il brutto stia nel fatto che un uomo faccia valutazioni sessiste su una donna?
I consultori, l’assenza di reddito delle donne che ci rendono ricattabili, sessualità, controllo dei nostri corpi, ivg, contraccezione, legittimazione della violenza sulle donne, fascismo che ci impone un welfare in cui noi siamo sempre schiave nei ruoli di cura, ed altre cose ancora sono alla base di una lotta seria che ci riguardi e che riguardi in generale uomini e donne.
Il resto sono conseguenze. Sintomi. E se tu fai una campagna puntando sui sintomi assumi il ruolo di un analgesico che ti toglie il dolore ma non la malattia. Io mi tengo il dolore e annuso i sintomi ma intendo andare a fondo. C’è qualcuna che vuole andare davvero a fondo nelle lotte per i diritti delle donne?
Oltretutto: perché la Terragni non c’era quando abbiamo fatto il Feminist Blog Camp (http://feministblogcamp.noblogs.org)?
a me però dispiace leggere in questo spazio che una persona, Belen, venga chiamata “stupida” ( @ simone ), bambolona di plastica ( @ Jo ), e “una come quella” ( @ Binaghi, tu quoque )
In questo post ci sono tante di quelle cose di cui parlare tra testo e commenti…. però comincio da Marji per continuare con alcune cose proposte da lippa.
Marji guarda dal fronte opposto al tuo nessuna capisce le tue perplessità meglio di me. Io per dire mi ritrovo meglio con stile e posizioni di SNOQ, non amo la ventisettesima ora ma per me non è il demonio, sono pappa e ciccia con le idee di Lippa e Cosenza, ma Femminismo a Sud è l’antitesi di tutto quello che penso. Ci sono un sacco di associazione e donne singole che si occupano di genere e di femminismo con cui tendo a trovare tantissime differenze e non mi va di starci accanto.
Però io non trovo corretto accompagnare la percezione di una divergenza con l’accusa di malafede. E questo è il veleno che divide le donne più della divergenza di idee. Non si tollera che una persona che abbia una storia sociale culturale ed esperienziale diversa possa in buona fede combattere per dei valori e dei progetti nella sua prospettiva. E allora “fa” la femminista e allora è “di facciata” collusa col potere e varie amenità. Questa roba non serve a un cazzo scusami. Non aumenta di un grammo manco la discussione sulle differenze.
Io in passato su questi temi, ho proposto il concetto di rete a maglie larghe. Vuol dire che ci sono nuclei femministi diversi con le loro priorità che possono decidere di connettersi in vista di obbiettivi condivisi. Per fare un esempio, io che ho diversi motivi per sentirmi lontana da Lorella Zanardo su alcuni suoi modi di approcciare questi temi ho trovato la sua idea di far discutere solo uomini in tema di stupro molto azzeccata e allora l’ho ripresa sul mio blog e ho incoraggiato altri blogger a farlo. Non amo il modo di Fas di parlare di stupro e di uomini ma se loro facessero la stessa cosa mi piacerebbe. Ci sono un sacco di cose in cui alla fine tutte siamo d’accordo e si possono creare convergenze provvisorie:nella petizione per una pubblicità sessista per dire, se accanto alla mia firma c’è quella di una femminista che non condivido ahò me ne farò una ragione, nella protesta per la 194 svuotata idem. E così via.
Sulle altre cose boh, caso mai torno dopo.
Anch’io ho citato il Fem Blog Camp nella mia risposta alla Terragni:
http://vitadastreghe.blogspot.com/2012/02/appello-di-marina-terragni-alle-blogger.html
Per me non è più tempo di condurre la battaglia ma di mettersi al servizio delle tante già in atto, in cui ognun@ partecipa con quello che ha. C’è chi avrà la competenze su un tema, chi su un altro, chi la passione, chi la comunicazione e, infine, chi la visibilità.
@zauberei: la proposta dell’uso di un hashtag comune per tutte le campagne sulle questioni di genere infatti prevedeva proprio il concetto di rete a maglie larghe perché presuppone che la scelta di usarlo o meno avvenga di volta in volta ma nel contempo, se diffuso, garantirebbe una certa visibilità esattemente come molta visibilità l’hanno avuta i recenti movimenti grazie a twitter.
giorgia numme menà. Che è un hashtag?
zaub, numme menà. cerca su google.
(http://www.twitterando.it/che-cosa-sono-gli-hashtag-o-simbolo-del-cancelletto/)
ah, aspetta zaub, qui capisci meglio:
http://www.francescasanzo.net/2011/11/02/un-hashtag-x-i-femminismi/
Zauberei anch’io mi sento molto dall’altra parte rispetto a te ma a te non direi mai che gestisci una vicenda che si basa prettamente sulla comunicazione perché vuoi orientare un dibattito in una direzione piuttosto che un’altra. (l’appello, e vai, e l’iniziativa e vai e tutti gli espedienti alla Snoq che sono fuffa e nessuna sostanza e la sostanza di cui si compongono poi alla fine sono le esperienze territoriali che esistevano già e che ancora oggi non capiscono quale sia il gruppo che prende le decisioni al vertice di Snoq).
Parliamo di strategie comunicative e qui non metto in dubbio la buonafede di nessuno anzi. dico che in totale buonafede c’è una strategia comunicativa e politica che non condivido e dunque non la legittimo.
analizziamo quello che ha fatto snoq fino ad ora. ha fagocitato e dato nuova direzione al movimentismo già esistente.
la nuova direzione è appunto:
a) la dignità delle donne;
b) il patriottismo, l’unità d’italia con il presidente della repubblica nel cuore;
c) le elezioni, la campagna elettorale che prima era contro berlusconi e ora è pro/monti, pro/fornero, per riprendere fiato prima delle elezioni del 2013.
Io voglio andare in quella direzione? me lo devo chiedere o no? ebbene no, non ci voglio andare. non è che sono “intenzioni” non manifeste. è tutto scritto negli appelli di Snoq e nell’appello della Terragni.
Dire che politicamente non voglio andare in quella direzione è “veleno”? Per me è dissenso e mi prendo il diritto di esercitare una critica laddove quel diritto viene puntualmente calpestato da ogni genere di criminalizzazione.
Semplicemente non mi interessano i movimenti rosa, le cose rosa, le fuffe rosa e soprattutto non mi interessano se diventano funzionali alla legittimazione di ministri o di un governo che mi sta togliendo pensioni, lavoro, diritti.
Vogliamo fare un’alleanza strategica su un obiettivo comune? Parliamo di reddito e di lavoro senza tirare fuori la conciliazione, la maternità e tutte le altre sciocchezze che sono costretta a leggere che somigliano tanto alle politiche del ventennio. Se non ho reddito io vendo tutto di me, testa, corpo, braccia, qualunque cosa. E mettere le mie braccia a servizio della catena di montaggio non è meno sessista di mostrare una farfalla in televisione. Risolviamo quello che sta alla radice della questione. Prima il reddito o l’assenza di esso che mi rende ricattabile e mi obbliga a scegliere professioni in cui devo prostituire tutto di me. Ché la prostituzione è un mestiere sacrosanto e da legalizzare ma attualmente è l’unica forma obbligata che ci resta a tutti i livelli. Prima il reddito e poi discutiamo del resto. Non possiamo da un lato legittimare le politiche del ministro Fornero sostenendo perfino che Lei sia il modello di riferimento femminile per le figlie italiane così come si sosteneva che Monti fosse l’esempio di sobrietà (autoritaria) che meglio rappresenta l’Italia invece che Berlusconi. Di uomini e donne sobrie e in doppiopetto che ci ammazzano la vita ne ho abbastanza. E questo è sostanziale. Dicevo: non possiamo da un lato legittimare tutto ciò e poi dirci indignat* perché vediamo corpi in uso qui e là. E’ superficiale, è senza senso, è strumentale, è qualcosa che ci allontana e distrae da una lotta più importante perché scardinare il progetto di welfare che mettono in atto sarebbe la vera rivoluzione pratica e culturale e invece siamo lì a pietire in nome di un presidente X che sia garantita la nostra dignità perché si mostra in un programma ciò che siamo in realtà: oggetti. Ma siamo oggetti tutti. Uomini e donne. E se lo siamo anche mettendo le nostre battaglie a servizio di una idea che ancora una volta ci allontana dall’essere soggetti attivi di resistenza di quale “uso” dei corpi delle donne stiamo parlando? Usati si, ma non nelle lotte. Mai. Almeno in quelle voglio essere protagonista e sono perfettamente in grado di autorappresentarmi.
APPELLO ALLE ZANARDO E ALLE LIPPERINI
http://ilpartitodellamore.blogspot.com/2012/02/appello-alle-zanardi-e-alle-lipperini.html
Grazie; 🙂
Ah, volevo anche suggerire di considerare oggetti in uso in termini sessisti quelle firme femminili che nei media italiani scrivo cose come questa: http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2012/02/18/i-media-costruiscono-cultura-dello-stupro-occupiamoli/
a proposito di un articolo scritto da una donna http://brescia.corriere.it/brescia/notizie/cronaca/12_febbraio_18/20120218BRE06_13-1903337096163.shtml
perché si può essere oggetti in tanti modi. l’uso delle firme femminili, anche in talune riviste su donne e dintorni, a legittimazione di una cultura maschilista ci indigna meno che una coscia mostrata per alzare l’audience televisiva? E si torna al reddito. Se hai reddito hai anche libertà di scelta e se hai libertà di scelta smetti di prostituirti in qualunque direzione e forma.
Prima il reddito? Sono perplessa, anzi sono di un pessimismo nero, non riesco ad avere grandi entusiasmi su prima il reddito, perchè trovo il paese sotto il profilo del reddito e decisamente a prescindere dal genere inamovibile verso il meglio, e l’entusiasmo con cui si pensa che questo o quel governo è cattivaccio o in alternativa incompetente mi fa sempre oramai sorridere – Ma anche le proteste dal basso e le proposte dal basso. Senza considerare il fatto che quando si tratta di organizzazione dei redditi io trovo molto meno aree di convergenza condivisa che negli ambiti di genere – non mi ci metto gomito a gomito con chi fa proposte che giudico tafazzesche.
Stanno svuotando la 194. Oggi se vuoi abortire in italia potresti attaccare e tirare forte. Me ne frega sto cavolo a me del rosa di SNOQ e persino delle urlate di FAS, se si muovono insieme con me a me va bene. L’immagine televisiva della donna è supererotizzata e solo erotizzata? Sarà secondario per te, per me è primario sia perchè se mi viene l’uzzolo di voler fare un programma in tivvù ci ho il culone e magari non me lo fanno fa, sia perchè se invece so gnocca devo fare la gnocca e non il mestiere mio, sia perchè se ci sono leggi di un certo tipo sul lavoro delle donne, esse hanno a che fare con la donna in televisione. Allora come sopra – me ne frega un cazzo a me delle posizioni di una Terragni – che cordialmente detesto – se combatte con me su questo tema, sono contenta. Poi ahò pareri.
@Marij, sono d’accordo con te su quasi tutto ma mi resta un dubbio: come si fa a mobilitarsi in numero sufficente per stabilire noi i termini del dibattito? Monti vuole fare la riforma del mercato del lavoro anche senza l’accordo con le parti sociali , figurarsi se ascolta o richiede il parere delle donne in lotta ( ma sono in lotta le donne?). A rappresentarci è andata la Servidori per dire al premier che comprendiamo le necessità del momento e quindi ci ritiriamo in buon ordine perché noi veniamo sempre dopo e questa volta un po’ di più perché la crisi è mondiale, voi mi capite…
Come ho già detto penso che i mass media abbiano una responsabilità enorme perché educano e se le blogger si uniscono nel loro settore di competenza, per me ben venga e anzi le sostengo perché sapranno lavorare meglio di me nella Comunicazione, di massa, appunto. Purché si cominci da qualche parte e si smetta di ricominciare sempre da capo. Questo io penso. E mi chiedo cos’è che rende tutte le nostre battaglie inefficaci fino al punto che quando ricominciamo da capo ci ritroviamo sempre ad aver fatto qualche chilometro verso il passato, in un presente che somiglia sempre di più a quel che c’era prima del ventennio e poi si allienea sul ventennio perché, sono d’accordo, parlare di conciliazione è profondamente inquo per le donne.
Perché io, Marij, penso che il solo approccio possibile sia quello della cd. complessità, dato che i problemi sono a tutto tondo e sono precisamente quelli che tu enumeri. Prima il salario, sono d’accordo ma se si trova un bandolo, e la Comunicazione-Informazione/Rappresentazione un bandolo lo può costituire, io credo che dobbiamo solo essere pronte a mobilitarci per tutto il resto. Altra questione è la rappresentanza: anche io non mi sento rappresentabile se non da me stessa, allo stato attuale poi non vedo niente sulla scena della politica istituzionale che possa lontanamente intuire o avere a cuore la mia sorte, però se ci sono donne che annunciano, come si sta effettivamente facendo, di non dare il loro voto in assenza di una presenza al 50% nelle liste nei partiti, io le sostengo e le ritengo molto più serie e credibili di quella porcata che stanno preparando proprio i partiti con le quotine al 30%. Perché io rispetto chi ha desiderio di potere e lo vuole esercitare, non vedo perché alle donne non debba essere permesso nella stessa esatta misura degli uomini. Allora Marij, queste sono tutte battaglie che si possono fare contemporanemente ad altre. Purchè davvero si cominci. I blog, la rete sono stati fondamentali per informarci e per formarci anche, e se le inziative giuste possono partire dalle nostre simili, io le sostengo.
Che bel dibattito!
Come ho scritto anche nel blog di Giorgia Vezzoli, non credo (e dicendo questo dovrò ripetere Jo) che serva a qualche cosa scrivere una lettera alla Fornero. Io penso che il fatto che abbiano “scoperto” che sono le donne a lanciare i sampietrini alle manifestazioni, soprattutto, insieme a molte ragazze e ragazzi minorenne/i sia stato decisivo. Penso che questo governo si voglia fingere interessato alla questione di genere proprio per smorzare il “lancio del sampietrino femminile” (non per forza femminista), che attualmente, vista la situazione di lotta dal punto di vista internazionale, è una priorità (smorzare lo slancio, intendo). Insomma, credo profondamente che parlando di noi ci stanno dando un contentino e basta.
_Personalmente_, ma è solo ciò che provo io, non ritengo la lotta contro l’immagine stereotipata della donna una lotta prioritaria. Ossia: se devo parlare di una serie di cose, tento di collegarle tutte e ovviamente mi collego anche a questo, come dice tra l’altro anche la Lipperini nel post! Concentrarsi esclusivamente sulla velina è un errore, e poi se c’è chi può permettersi una svista simile forse è anche perché c’è che alcune di noi non hanno problemi economici, e penso che ciò sia importante, proprio per una questione di gestione del tempo: se io ho solo un’ora di pausa, metti, io preferisco scrivere di precarietà e sfruttamento e della pubblicità sessista? Cosa scelgo di rivendicarmi come “offesa” (scusate il ragionamento per schemi, è per semplificare)?
SNOQ sembra un partito, dal difuori. Come tale è interpretabile nei suoi comunicati a livello nazionale, _ma_ è anche vera una cosa fondamentale, cioè che ci sono spazi in cui prima di SNOQ non c’era niente, ve lo garantisco, e in questo senso può aver dato una mossa ad una questione che stava a cuore a molte donne. Spero si evolva in tal senso in qualcosa di più che un semplice “partito-bacchettone”, cosa che attualmente è, a mio avviso, basta leggere i comunicati sul loro sito, però non vanno scordate tutte le donne che sono scese in piazza e bisogna altresì chiedersi come mai SNOQ ha attecchito tanto nelle donne comuni, mentre un certo femminismo un po’ più alternativo (penso ai collettivi, scusate lo stereotipo ma sennò non ci capiamo) non interessa molte delle donne madri, per esempio.
A tal proposito mi sono letta un bel po’ di blog di mamme in questo periodo, e devo dire che ne ho trovati molti in cui c’è molto femminismo “della differenza”, forse inconscio, in cui spesso si fa l’occhiolino a snoq perché sembra più simile a loro nei bisogni, ma che effettivamente poi se vai a scavare nei comunicati le esigenze non sono le stesse, solo che queste donne mi sembra non lo sappiano, aderiscono allo slogan e basta. Ecco, secondo me dovremmo un po’ tutte chiederci come mai si vanno a creare quasi in maniera naturale due linguaggi differenti e quindi due interlocutori diversi, in questo modo potremmo forse fare chiarezza e a quel punto capire come agire meglio.
Quello che è certo è che se c’è chi appoggia casapound tra le interessate alla questione di genere, inutile dirlo, col femminismo non può avere niente a che vedere, ma mi pare inutile specificarlo.
A proposito di donne, Rai, maternità e diritti segnalo questa cosa che trovo gravissima: http://www.zeroviolenzadonne.it/index.php?option=com_content&view=article&type=news&id=17940
Però scusa Marij qui non si parla non di donne per bene o per male, nè di prostituzione, ma di come una grande azienda pubblica che fa comunicazione di massa sceglie di rappresentare le donne.
Prima il reddito, dici. Ma il modo specifico in cui la carenza di reddito si presenta per le donne in Italia (statisticamente), secondo te non ha a che fare anche con questioni quali la conciliazione lavoro-famiglia (percepito ancora largamente come un problema femminile), in particolare con la maternità, e più in generale col ruolo delle donne nella società? E dunque come i media intervengono su questo, proponendo e avvalorando questo o quel modello di femminile (sexy decorativa e accondiscendente a fronte di maschi sagaci intraprendenti spiritosi competenti ecc), che sono anche modelli e sogni che proponiamo alla generazione che sta crescendo ora, non è anch’esso parte del problema?
Apprezzo e condivido l’appello lanciato da questo blog a identificare, evidenziare e battere sui punti che stanno a cuore a tutte/i. Ma è anche vero che, nell’identificare questi punti, non si può fare a meno di affrontare seriamente anche la questione di classe che è quella che allontana me e le altre precarie, migranti, soggette polimorfe a vario titolo da una Terragni e da tutto il movimento Snoq.
“il femminismo che si inserisce nella lotta di classe e prende posizione, non genericamente contro tutti gli uomini in nome di tutte le donne, ma storicamente contro una parte di uomini e di donne in nome di un’altra parte di donne e uomini, introduce in questa lotta un elemento potente di stimolo e di chiarimento”.
Chi scrive è Joyce Lussu, Padre padrone padreterno, anno 1976. Allora, io (e non mi pare di essere sola) ho bisogno di un chiarimento sulle posizioni dalle quali ci si muove, anche perchè condivido l’analisi della Lussu, secondo la quale la differenza di classe da sempre ha separato (e continua a separare) le donne che occupano i gradini più alti della scala sociale e quelle che stanno in basso. Così, come le matrone non avevano alcuna solidarietà per le schiave, ma anzi erano fervide sostenitrici della schiavitù, perché questa consentiva loro di mantenere i propri privilegi, analogamente, in tempi recenti, molte associazioni femminili si sono impossessate del movimento femminista per distoglierlo dalla lotta di classe, ripiegando su temi filantropici ed educazioniali e dando in questo modo un valido aiuto alla stabilizzazione dell’assetto capitalistico. Allora, il mio sostegno a chi contribuisce a quella stabilizzazione io non lo do perchè so bene che “il femminismo borghese è un aspetto del riformismo e viene usato dal capitalismo avanzato per integrare la donna nei suoi meccanismi; operazione non difficile, soprattutto quando le femministe fanno del sesso l’epicentro di tutti i loro problemi, senza toccare quelli economico-produttivi” (ibidem). Insomma, tanto per rimanere in linea con la Lussu (che invito a leggere) “Dire che dovremmo solidarizzare perché abbiamo una vagina è un’insensatezza, perché prescinde da ogni collocazione storica e politica”. E non porta a molto, se non a essere funzionali al mantenimento dell’attuale sistema economico-politico, al quale il movimento Snoq ha già ampiamente dimostrato di essere organico.
Ecco per esempio Marij per fare un esempio di legame tra immaginario e reddito, nel comunicato di zeroviolenzadonne linkato da Paolo 1984, la famosa clausola resti incinta e ti licenzio. Perchè questa clausola è applicata solo alle donne? Il figlio si fa in due, e se ci fosse percezione diffusa che la cura della prole è responsabilità di entrambi i genitori, non ci sarebbe questo tipo di discriminazione. Ma se in Italia per esempio è duro a morire lo stereotipo della donna naturalmente mamma, che i figli devono stare con la mamma, che sei snaturata se torni al lavoro presto (ad avercelo), che tra i due è scontato sia lei a rinunciare alla carriera, allora se in RAI mi si fanno vedere solo fiction e talkshow con mamme mammissime massaie accudenti che esaltano il ruolo della donna madre, credo sia importante farlo notare. Così come l’insistenza sullo stereotipo della donna solo sexy e decorativa credo che sia connivente con un immaginario sessista che influisce poi direttamente su vari aspetti della vita tra cui anche il reddito.
ah, se non si è già capito concordo totalmente con Marij e mi sento molto vicina alle posizioni e ai toni (molto arrabbiati e poco concilianti) di Fas.
Antonellaf, grazie per quello che hai scritto, ti straquoto.
Scusate, vi faccio una domanda, ma visto che adesso abbiamo un governo tecnico con ministre superdecorose,allora,secondo la teoria della battaglia antistereotipo libera tutte, dovremmo star lì lì per essere emancipate da Monti e dalla Fornero?
C’è una contraddizione evidente in questo ragionamento.
Nel momento in cui le donne lottano unite per avere una pensione decente e per essere indipendenti dalla famiglia e fare il lavoro che gli piace, e vivere la vita come meglio credono, non credete che senza questi presupposti nessuna battaglia possa essere condotta? Se c’è precarietà è difficile/impossibile lottare. Conosco compagn* che non partecipano ad uno sciopero da una vita proprio perché precari/e, tanto per dire.
Il ragionamento contro lo stereotipo femminile avviene solo quando le donne partecipano alla politica, e se una è precaria non lo può fare! Che vuol dire fare una battaglia di immaginario se poi continuiamo a dover lavorare 12 ore al giorno per 800 euro al mese se va bene?
@Serena: perdonami, ma non credo che esista una battaglia per i diritti più importante di un’altra.
@marij
la “nuova” direzione che Snoq ha dato ai preesistenti mivimenti tanto nuova non è, perchè si muove nella stessa identica direzione in cui, per esempio, si muovevano i sindacati femminili americani nella prima metà del ‘900: orientare i movimenti su temi puramente educazionali e allontanarli dalla lotta politica, anche privandoli di una dimensione storica e di una coscienza politica; assicurare alle operaie alcuni benefici, per impedire qualsiasi mutamento soatanziale dello status quo. Bene, io queste dinamiche le ho chiare in mente e non ci sto.
No @Giorgia, non era questo che volevo dire! E’ una questione puramente pragmatica! E’ importante che le donne abbiano una base da cui partire insieme, e la base comune è un futuro e un presente (soprattutto un presente…) certi e garantiti. solo così le donne possono partecipare alla politica, solo se non vengono licenziate se rimangono incinta, solo se hanno diritto alla maternità, per un aspetto; per l’altro: diritto ad un lavoro _sicuro_: solo così possono dedicarsi veramente alla politica, partecipare ad uno sciopero, ad un corteo, ad una manifestazione senza rischiare il licenziamento. E visto che lo rischiano, penso che lo farebbero più per protestare contro la manovra che ci rende tutte schiave del lavoro, che contro l’immaginario maschilista della RAI (ti direbbero “dov’è la novità?”).
@serena
l’uno e l’altro. Ma non mi interessa accodarmi a chi reclama la farfalla coperta e il tailleur grigio sul ginocchio, ma non si batte per scardinare le differenze di classe, anzi, le lascia intatte se non addirittura, come le politiche della Fornero, le ingrandisce.
Cioè ma già questa discussione non vi pare un esempio lampante? io a discutere de occupazione e lavoro con voi non ci posso venire, sia per come subodoro voi interpretereste me, che come io leggo voi, e quanto durerebbe sta formazione del fronte unico sulla priorità assoluta de quello che ve pare? Qualsiasi fine che si pone come fondante è destinato a creare divisioni. Intanto però se si dividessero le agende, e si scegliessero alcune cose condivise la convergenza data provvisorietà dello scopo verrebbe più facile, e si concluderebbe qualcosa.
@antonella ma infatti è ovvio che nel momento in cui scendi in piazza, come donna, per rivendicare il diritto ad avere un salario adeguato a farti una vita senza l’obbligo di far famiglia, per dirne una, stai cambiando anche l’immaginario che si ha delle donne… e sarebbe una vera lotta agli stereotipi e al contempo una rivendicazione fortissima che potrebbe avere importanti effetti nella lotta di classe in Italia!
@Zauberei, veramente leggo il tuo blog spesso e con molto piacere, non ti “subodoro” in nessuna maniera e mi stupisce molto questo commento. Si sta ragionando, si sta parlando, questo si fa con i commenti di un blog, no?
Comunque se vuoi spiegare quello su cui non ti trovi d’accordo potremo pure andare da qualche parte, sennò boh, se ognuna si tiene le cose per sé effettivamente finiamo per parlare da sola (inutile specificare che non ho il Manuale della Lotta Perfetta e quello che scrivo sono quelle che sento come mie esigenze di precaria).
no zauberei, io a discutere di occupazione e lavoro non posso andare con chi ha le stesse idee di chi ha dato briciole alle operaie, facendo loro delle concessioni spacciate per diritti che invece erano solo concessioni, ad oggi revocabili. E non posso andare con chi non ha alcun interesse a cambiare l’attuale assetto economico-politico, ma anzi, vuole che rimanga così come è e si rafforzi, perché ne trae i propri personalissimi vantaggi, a danno delle altre.
serena grazie:) ma certo che si può discutere:) e mi fa pure piacere che leggi il blog. Solo che temo che queste discussioni non avrebbero fine. Oppure si ma guardati il commento di antonellaf. – eh. io per dire trovo che travisi e sposti nel terreno della malafede chi invece ha un modo di vedere le cose diverso dal suo, non è che deve essere per forza d’accordo con me, ma ci sono cose che non si risolvono facilmente.