Chi ha letto i giornali questa mattina sa delle dichiarazioni di Roberto Saviano, che a Repubblica ha spiegato come, prima dell’uscita de L’Espresso ieri, aveva desiderato «che della faccenda si parlasse il meno possibile» . A questo punto, però, il clamore di giornali e Tg ha almeno provocato quelle dichiarazioni di solidarietà degli stessi politici che in precedenza erano sembrati quanto meno prudenti (parlo di Rosa Russo Iervolino, per esempio). Anche Antonio Bassolino e Fausto Bertinotti si sono dichiarati vicini a Saviano.
Sempre stamattina Giancarlo De Cataldo ha rinnovato le intenzioni di una mobilitazione di scrittori e non solo: e dello stesso parere sono tantissime altre persone, incluse quelle che mi hanno contattato via mail tra ieri e oggi.
Per esempio, un gruppo di persone (un giovane giornalista della Campania, un webmaster e tanti altri) ha dato vita ad un sito per Roberto Saviano, già on line qui, che si propone di raccogliere firme di solidarietà. Ritengo che sia importante.
Ps. Naturalmente, esistono anche quelli che in romanesco si definiscono "zozzoni". Da ieri sera, su questa homepage appariva questo box
No comment
Per favore parliamo del libro e del contenuto e non dell’autore.
Per quanto riguarda me, non ha importanza. Ho già scritto alla Lipperini quale sarebbe la mia volontà (senza successo) ed era servito l’intervento di Girolamo (a testimonianza di quanto scrive successivamente) a farmi capire che dovevo tornare indietro.
Ultimo tentativo, con pazienza
Senti, a.b., io ci riprovo, con calma, per l’ultima volta, e in pubblico, perché la polemica in sé è stupida e gratuita ma i nodi di fondo non lo sono.
Ho usato un’espressione: “Saviano muori per noi” per evidenziare un atteggiamento rischioso, una possibile deriva.
Tu hai deciso di intenderla in modo letterale, come se io dovessi provare di aver sentito qualcuno dire testualmente: “Saviano muori per noi”, e su questo pseudo-ragionamento hai basato un’accusa: io sarei alla ricerca di un nemico.
Non mi sembra affatto un modo sensato di ragionare, anzi, è piuttosto illogico e pretestuoso. E gretto, come ho scritto.
Ciononostante, dopo essermi chiesto se per caso la lingua non avesse battuto su un dente guasto (ergo tu ti fossi sentito, non so perché, toccato in modo particolare da quella frase), io ho spiegato in modo piuttosto dettagliato cosa intendo dire con “Saviano muori per noi”, e che tipo di pericolo mi sembra di vedere.
[En passant: non ti ho affatto associato a eventounico, ho detto una cosa a te rivolgendomi a te e un’altra a “eventounico” rivolgendomi a “eventounico”, in due distinti capoversi.]
Ora, benché dalla mia spiegazione fosse evidente che non ho cerco né attacco alcun “nemico” (ho scritto che si tratta comunque di buone intenzioni), tu hai deciso di far finta di nulla, di ignorarla totalmente per insistere su questo punto del “nemico”, stavolta basando la tua critica su una lettura frettolosa del mio commento: io ti avrei rinfacciato questo e quello, e ciò dimostrerebbe che “cerco il nemico”.
Al che io ti dimostro che non ti ho rinfacciato proprio nulla, quindi ancora una volta l’accusa di “cercare un nemico” (ma chi, poi? Di chi e cosa stai parlando, si può sapere?) si dimostra priva di fondamento.
A dispetto di questo, tu – ancora una volta, facendo finta di nulla – mi riaccusi di “costruire nemici immaginari”.
Io, e mi spiace dirlo, posso solo riscontrare due cause al fondo di un atteggiamento del genere: ottusità (cioè mancanza di comprendonio) o malafede (cioè la volontà di dare contro a qualcuno qualunque cosa egli scriva).
Si tratti dell’una o dell’altra, non nutro speranze che tu ti renda conto quanto sia dannoso questo modo di muoversi e “argomentare”.
Avrei di gran lunga preferito che si confutassero – anche con asprezza, ma basandosi su dati concreti – le mie argomentazioni sul pericolo di sovraesporre Saviano in quanto personaggio, anziché veder montare una polemichetta sterile su mie presunte intenzioni, delle quali nei miei commenti non sei riuscito a trovare traccia.
Il rischio che ho indicato fin da subito è che le ultime notizie su Saviano diventassero il pretesto per una caciara, per piccoli regolamenti di conti, per l’esprimersi di antipatie, per il pullulare di “ve l’avevo detto che”.
Purtroppo sta succedendo.
P.S. Il link era la spiegazione di cui sopra: cosa significa “Saviano muori per noi”.
scusate se provo ad esprimere un parere forse esterno al blog (nel senso che non sono coinvolto in nessuna attività legata al mondo editoriale , non ho blog , non scrivo libri ,ne stò cercando di scriverne, non ne ho le capacità) ma non posso fare a meno di notare come ancora una volta questa piccola guerra di quartiere invada qualsiasi tentativo di analizzare la realtà dei fatti ,inviterei gli abituali frequentatori e commentatori di questo blog a rileggiersi i commenti dall’inizio di questo post per cercare di capire che ancora una volta la tanto cercatà realtà (in questo caso tangibile fisica minacce ad un autore poco più che ventenne)sia di nuovo naufragata nel solito chiacchericcio telematico .scusate l’intromissione ma stavolta sentir sempre le solite zolfe sul chi e sul come è veramente insopportabile.
scusate se provo ad esprimere un parere forse esterno al blog (nel senso che non sono coinvolto in nessuna attività legata al mondo editoriale , non ho blog , non scrivo libri ,ne stò cercando di scriverne, non ne ho le capacità) ma non posso fare a meno di notare come ancora una volta questa piccola guerra di quartiere invada qualsiasi tentativo di analizzare la realtà dei fatti ,inviterei gli abituali frequentatori e commentatori di questo blog a rileggere i commenti dall’inizio di questo post per capire che ancora una volta la tanto ambita realtà (in questo caso purtroppo tangibile e fisica , minacce ad un autore poco più che ventenne)sia di nuovo naufragata nel solito chiacchericcio telematico .scusate l’intromissione ma stavolta sentir sempre le solite zolfe sul chi e sul come è veramente insopportabile.
Ghepardone: hai perfettamente ragione. Hai perfettamente ragione. Hai perfettamente ragione.
Il problema è che si continua a non parlare di camorra, di quel che “Gomorra” descrive, di chi ancora si oppone a quei poteri. Si parla troppo di Roberto Saviano (anzi: di “Roberto Saviano”). Non capendo (ma per fortuna qualcuno che lo capisce c’è) che il modo migliore per tutelare il Saviano reale e in carne-ed-ossa (e non la sua statua in cera prematuramente esposta al museo dei Grandi Autori) sarebbe far vedere che lui non è solo su quel territorio, che non c’è soltanto lui.
La lettura di “Gomorra” dovrebbe spronare ad andare oltre, a interessarsi di quel che succede in quel mondo, a leggere (per fare un nome) “La voce della Campania”, a fare il possibile per diffondere certe voci.
Sottolineare le peculiarità di “Gomorra” è stato importante, ma adesso bisognerebbe porre l’accento su quel che “Gomorra” ha *in comune* con tutto quello che si muove, con fatica, in situazioni difficilissime.
Che almeno i problemi di Saviano siano lo stimolo a conoscere, ad approfondire, a essere coinvolti.
Liberare Roberto Saviano da “Roberto Saviano”. Desavianizzare “Gomorra”.
Sebbene in ritardo – ma sono stato fuori sede e impossibilitato a connettermi alla rete – voglio esprimere, insieme agli altri intervenuti, la massima solidarietà all’amico Roberto Saviano. Si era già parlato dei possibili rischi collegati alla pubblicazione del suo ottimo libro, ma non avrei mai pensato che si potesse arrivare a questo punto. Forza Roberto, siamo tutti con te.
P.S. Credo sia auspicabile evitare qualunque tipo di polemica e riflettere – in silenzio, rispettando Roberto – sul rischio/potere (ancor oggi immutato) della parola scritta quando essa è densa di significati e contenuti.
Mi chiamo Paolo, napoletano e di Secondigliano. Sono uno di quelli che se ne è andato 5 anni fa (dopo 35 anni passati in quel cesso). Vorrei dire a Saviano che una delle cose che ha detto è assolutamente da non ripetere mai più: “Iovine, Schiavone, Zagaria non valete nulla. Loro poggiano la loro potenza sulla vostra paura, se ne devono andare da questa terra”. Siamo d’accordo sul fatto che non valgono nulla ma fatemi capire, dove andrebbero questi se andassero via dalla loro terra? Ad ammorbare chi? Questo è un paese dove non c’è pena di morte e quindi questa gente deve essere isolata. Lasciali lì dove sono. Vieni via tu Saviano, fuori tutta la buona gente da quella merda e lasciamoli scannarsi a vicenda. Mandiamoli a chiedere il pizzo ad una famiglia rivale perché i commercianti onesti sono andati via. Mandiamoli a rubare le auto dei figli di una cosca opposta. Non sia mai li sposti da lì… neanche in Sudan, i sudanesi sono brava gente.
Roberto lo disse in una delle sue interviste audio su carmilla, in tempi non sospetti: “ci si concentra troppo sul mio nome e non su quello che ho scritto”. Il testo da’ fastidio, è un oggetto che circola in modo visibile e virale, si fa sentire: è per questo che turba gli interessi del Sistema camorristico, le cui merci al contrario scivolano nel rumore bianco della quotidianità. Se però si sostituisce il testo con la persona, se gomorra diventa saviano, allora si fa il gioco dei vari sandokan e schiavone, che invece tengono la faccia e il corpo ben separato dal nome, e lo fanno risuonare ovunque. Tanto più il viso e il corpo di una persona è esposto, tanto più è vulnerabile, sotto pressione. Questo i boss lo sanno, e dare in pasto un nome e un volto alla folla mediatica serve a sviare l’attenzione da quello che è importante, dal testo, da ciò che può innescare. Questa personalizzazione del testo è estremamente pericolosa per Roberto e per quel che dice gomorra.
(l’avevo scritto poco fa, e leggo ora gli interventi di wu-ming1 e ghepardone, con cui mi trovo perfettamente d’accordo. Forse è superfluo pubblicare, ma in questi casi credo sia melius ridondare…)
Con tutta la solidarietà a Roberto (e a tutti, ma dico TUTTI quelli che rischiano per raccontare, nel mondo – e sono tanti), credo che “desavianizzare” Gomorra, come dice WM1, sia l’atto politico più forte che possiamo fare. “Questo avvenimento” (rischio, minaccia, censura) va oltre, si perpetua, non è solo “quel libro” o “quel luogo”. Allora, partiamo da Gomorra per comprendere il mondo e i suoi meccanismi e agire, oppure è solo chiacchiericcio pseudoletterario. Irrispettoso per Roberto e per chi, come Roberto (e ripeto: non è solo, sono tanti) racconta ogni giorno quello che il Sistema (quale sia, il Sistema) non vuole che venga raccontato.
WuMing1 non ho visto l’intervista a Saviano sulla rai, però non credo che l’intervistatore per ragioni di audience o di malattia mentale volesse candidarlo al martirio. Il problema è che uno scrittore che viene minacciato dalla camorra per un suo libro è una notizia importante. Cosa dovevano fare tutti quanti -Roberto compreso-, “stare bassi”? Significa questo come dici tu desavianizzare Gomorra?
Ma guarda che la sfida l’ha fatta Roberto stesso andando a parlare in teatro con Bertinotti: più sfida di così, è andato a “casa loro”… Ha messo la sua faccia sul libro. Il suo nome. Poteva scrivere un libretto anonimo come il pamphlet contro Ratzinger. Ecco si poteva ragionare se l’anonimato in questo caso non sarebbe stato meglio. Però ormai si sa chi è Roberto e cosa è capace di fare. A questo punto a me sembra meglio che della cosa si parli tentando di coinvolgere più gente possibile, almeno si sbrigheranno a decidere per la scorta e qualcuno che ha potere si muoverà. Oggi su Repubblica riprendono un intervento di Eco sul tg1: dice non lasciamo da solo Saviano, e poi dice che gli appelli degli scrittori non contano niente, che ci vuole lo Stato. Allora rompiamo i coglioni direttamente allo Stato.
WuMing 1 ha ragione. Ha fatto un’analisi molto lucida e sensata. E Io, a tal propostio, una proposta l’avevo fatta. Aspetto che qualcuno la raccolga.
@Ghepardone. Qui si sta discutendo. Tu sei libero di pensare che siano solo chiacchiere telematiche. Io sono libero di pensare che tu hai torto.
“il polverone aumenta il rischio per Roberto”, dice Wu Ming. Giusto ma bisogna parlarne e offrire solidarietà. Io ho letto il libro quest’ estate e da molto non mi accadeva di giudicare qualcosa come vera e potente letteratura.
Non sono campano ma sardo, quindi relativamente lontano. Faccio il deputato, di An. E mi sarebbe parso intollerabile – come cittadino e parlamentare- non offrire un minimo di solidarietà a Saviano e stroncare mille discorsi contorti intorno a questa faccenda, così come accade leggendo i giornali e consultando i diversi blog.
x La Rocca
non mi sembra di aver detto che non sei libero di farlo , anzi mi dò torto da solo se è cosi importante per te , comunque credo che “stare bassi” possa aiutare a dimenticare la faccia sul libro , visto che non è la propria.
parere personale.
sono quello di sopra.
A proposito dello sciacallaggio di Unilibro: il box non è in homepage, ma nella pagina della sezione libri.
Lì Gomorra è indicato tra le novità, proprio come sul sito della Mondadori, casa editrice del libro: (www.librimondadori.it, cliccare su novità – romanzi, andare a pag. 3).
D’altra parte, è un libro importante e di successo. Bisogna tenerlo in vetrina o riporlo sullo scaffale (verticalizzarlo, direbbe un addetto ai lavori)?
Insomma, è fin troppo ovvio: scrittori, editori, librai, ognuno fa il suo mestiere. L’importante è che i libri circolino, soprattutto quelli scomodi.
Ecco: “Rompiamo i coglioni allo stato” mi pare un’ottima idea. Dobbiamo capire come. “Desavianizzare Gomorra” significa fare in modo che la criminalità organizzata non esista soltanto nelle emergenze e non sia vista essa stessa come un’emergenza. Queste sono le risposte che sento in giro: combattiamo la camorra perché può ammazzare la commerciante che non paga il pizzo. Combattiamo la camorra perché hanno quasi ucciso un turista americano. Combattiamo la mafia perché hanno ucciso Falcone. Combattiamo la ‘ndrangheta perché hanno ucciso Fortugno. Combattiamo la camorra perché minacciano uno scrittore che ha scritto un libro scomodo sulla criminalità. La criminalità organizzata non è un’emergenza in questo paese. E’ un dato strutturale. Con la cultura dell’emergenza essa ci sconfigge da almeno un secolo. E in televisione, sui giornali e sui blog adesso vedo soltanto la cultura dell’emergenza.
L’unica emergenza sensata è quella della scorta a Saviano. Lui sta rischiando la vita e prima delle (ovvie) firme di solidarietà degli scrittori gli serve una scorta.
Ma ribadisco: “Rompiamo i coglioni allo stato”.
Scusate la lunghezza, chiedo venia, è l’ultimo.
Sul servizio del TG1 dell’altro giorno. Bisognava vederlo, per capire cosa intende dire chi ne è rimasto turbato (e il commento di Saverio Fattori nel thread di ieri mi ha confermato che non aveva turbato solo me).
Le riprese erano all’aperto e autore e giornalista sembravano andare a passeggio per le vie l’uno accanto all’altra, quasi a cazzeggio. Immagine molto stridente con le parole che venivano dette: di solito i servizi su uno che rischia la vita si girano al chiuso, o comunque con maggiore attenzione ai messaggi che possono dare i corpi e i visi.
Il montaggio delle frasi di Roberto era approssimativo, non c’era alcuna coerenza del messaggio, non si capiva se la volontà era amplificare o minimizzare. [In questo rifletteva la comprensibilissima confusione di Roberto stesso, e vorrei vedere chiunque al posto suo.]
Il tutto dava un’impressione desolante e al tempo stesso spaventosa. Roberto appariva solo come un cane di strada e, soprattutto, appariva *allo scoperto* (mancava soltanto la famosa maglietta punk “Please kill me”).
La giornalista, invece, appariva non troppo partecipe, quasi “spensierata”.
Insomama, era una cosa all’incrocio tra lo scegliere il voyeurismo morboso (“Venghino a guardare il minacciato di morte!”), la sfida ai clan (“Visto? Gira per strada come niente fosse!”) e il prendere sottogamba la situazione (“In fondo cos’è successo? Siamo qui a passeggiare”).
Non dico mica che fosse intenzionale, è un problema di sintassi del mezzo televisivo.
Sui giorni a venire.Io credo esistano tanti mondi nella vastissima “terra di mezzo” tra anonimato e spettacolarizzazione dell’autore, tra invisibilità e culto della personalità, e all’interno di ciascuno di questi mondi vi sia spazio per mille strategie comunicative, e all’interno di ciascuna di queste strategie vi sia spazio per mille tattiche. Non si può pretendere né che di queste cose si faccia carico Roberto, né tantomeno che le uove strapazzate possano tornare crude e rientrare in un guscio nuovamente integro.
Ma almeno evitiamo l’evitabile, cerchiamo di non diffondere ulteriormente il virus concettuale, il “meme” di Roberto Saviano nostro candidato al martirio. E attenzione, è un meme che precede queste minacce, era già in circolazione da tempo, solo che gli ultimi eventi hanno ulteriormente abbassato le difese immunitarie del discorso pubblico.
Nicolò, perché non parti dai tuoi commenti e non li espandi in un testo più strutturato, a cui dare più rilievo pubblicandolo (qui o su NI o su Carmilla o…)? Queste ormai sono discussioni lunghe, al cui interno spunti, proposte e suggerimenti vengono inesorabilmente inghiottiti e presto dimenticati.
The End.
Quelli di Unilibro l’hanno spostato dalla homepage dopo la segnalazione della Lipperini. L’altra notte era il primissimo libro in alto a sinistra.
L’atto di solidarietà del parlamentare di AN sarebbe interessante se si accompagnasse a un’indagine del medesimo sulle relazioni e la provemienza dei voti di molti suoi colleghi di partito nel sud e in campania, in particolare a napoli. da circa trent’anni a questa parte, tanto per fare nomi il Clan Misso (do you remember Massimo Abbatangelo, strage treno 904 ?) credo che ne abbia eletti una pattuglia considerevole di onorevoli colleghi nel suo partito e nei suoi illustri precedenti. Così, giusto per rendere i discorsi meno contorti. E le solidarietà meno gratutite e pelose.
wm3
wm3, disponibile a qualsiasi indagine. quanto alla solidarietà gratuita e pelosa, che la dice lunga sul tuo modo di pensare, ripeto: sono sardo, non vivo in campania, non ho alcun bisogno di pubblicità. ho letto il libro di saviano quest’ estate trovandolo bellissimo. mi pareva fin troppo ovvio dare solidarietà.
e poi: che c’ entra abatangelo che neanche conosco ?
Male, Murgia, molto male che tu non lo conosca. Dovresti prestare un po’ più di attenzione alle vicende del tuo partito sul Continente, sai? De te fabula narratur. Mentre il vecchio MSI era un partito ostile ed estraneo a certe logiche, il partito che l’ha sostituito mostra un profilo alquanto diverso, al Sud.
ho capito: qualcuno ha l’ esclusiva della solidarietà e dell’ impegno. poi il mio partito è – secondo questa strana, un po’ aberrante idea – legato alla camorra.
il fatto strano è questo: un parlamentare di destra offre solidarietà per uno di cui ha letto un bellissimo libro e cosa gli si risponde ? pensa ad abbatangelo! ma dai.
( e poi: abbatangelo era nel msi, quello stesso partito che tu dici estraneo bla bla. deciditi ).
Ah, ma allora lo conosci, Abbatangelo. Ad ogni modo, credo sia normale che si chiedano alcune cose a un deputato, e non è solo una cosa riservata al centrodestra: li avrai letti i giudizi sul centrosinistra dati nel corso di questa discussione.
Volevo correggere Mauro: quel che dice del MSI è vero in molte parti del Sud, ma non a Napoli, dove il laurismo ha fatto da ponte tra destre nostalgiche e camorra.
sì, ma infatti ho dato solidarietà a saviano senza tirare in ballo bassolino, russo jervolino e così via. senza fare affermazioni gratuite e comode.
solo perchè credo che un tizio capace di fare grande letteratura abbia necessità – ora – di essere semplicemente difeso per ciò che gli accade. punto.
Come ha scritto Wu Ming 3, Misso – che è stato ricondannato per associazione mafiosa dopo aver scontato 14 anni – era uno dei finanziatori del MSI. è stato assolto per l’inchiesta sul rapido 904, su cui esistono ancora moltissimi luoghi oscuri. ma che fosse finanziatore dei fascisti lo dichiara apertamente lui stesso nel romanzo autobigorafico “i leoni di marmo”.
Ieri pomeriggio, presso la Feltrinelli di Bologna, Marcello Fois presentava il suo ultimo libro. Ero in libreria per caso ed ho assistito all’incontro. Sinceramente, le prime battute non mi stavano entusiasmando. Il tono era dimesso, basso e un po’ noioso. Poi, ad un tratto Fois ha dichiarato l’origine del suo imbarazzo: parlare di letteratura, di libri, in un paese in cui l’intellettuale, se fa il suo dovere, diventa una pratica per il Ministro degli Interni. Fois ha ammesso di essere avvilito dal fatto che uno scrittore debba essere messo sotto scorta. L’atmosfera dell’incontro, a quel punto, è cambiata. E’ vero, oggi non si può più parlare di libri fingendo che tutto il resto non esista. Quando la realtà si rifà così concreta e pesa sulle pagine di un libro, non si può più fingere che la letteratura sia un’altra cosa. Quando uno fa fino in fondo il suo mestiere, non si può più raccontarsi che tutti i mestieri sono uguali, che le responsabilità sono sempre di qualcun altro, che il problema è che gli amministratori non investono in cultura e bla bla bla… Già, non si può più fare. Io temo solo per alcuni giorni. Intanto, però, è così. Adesso, chiunque voglia parlare di libri e, in senso lato, di cultura, non può che ripartire dalle basi: cosa è l’intellettuale e cosa dovrebbe essere, qual è il suo posto nel mondo e quanto può incidere nella storia, quali sono le sue responsabilità, e via dicendo…
Dopo avere letto Gomorra (tutto, non solo il primo capitolo), ho seguito alcuni dibattiti su Nazione Indiana e altrove in internet. Molti si soffermavano su un tema che mi richiamava alla memoria il Saggio sul romanzo storico e in genere sui componimenti misti di storia ed invenzione di Manzoni. Un dibattito un po’ datato, dunque, peraltro superato dagli eventi che hanno dimostrato la tenuta indiscutibile dei Promessi Sposi. Si discuteva se il libro di Saviano potesse essere sistemato nella categoria del giornalismo d’inchiesta o del romanzo o nella categoria di “qualcos’altro”. Discussioni, a mio modo di vedere, inverosimili che finivano, poi, in rissa (grottesca) tra chi screditava Saviano, chi se ne dichiarava fan, chi dubitava sulle sue capacità di scrittore creativo, chi dubitava sulle sue capacità di giornalista.
Leggere interventi del genere mi portava a riflettere, più in generale, sul fenomeno della letteratura in rete e, ancora più in generale, sulla funzione del libro, della scrittura, della cultura nel nostro mondo. E le idee che mi si andavano formando non mi piacevano per niente. Vedevo, infatti, come un sottomondo di drogati che avevano perso il contatto con il mondo della superficie. Un mondo di penne elettroniche assolutamente inutile nel mondo concreto, ignorate dal mondo concreto, che si crea uno strano status di marginal e che piuttosto che combattere quel mondo dal quale è escluso, esclude la realtà dalla propria mente. La scrittura diventa gioco e, al più, fa il verso alla tivù ed i siti letterari diventano isole dei famosi dove si sgomita per potere apparire e quindi sentire di vivere, mettendosi nudi davanti al vetro, vendendo la propria storia, la propria intimità, aprendosi pornograficamente a tutti i guardoni della rete.
Ecco, questo, da oggi in poi (e, ripeto, temo solo per poco) non si può più fare. Perché il mondo vero ha messo un sasso sin troppo tangibile sulle pagine di un Libro. E in quel sasso sono inciampati tutti i parolai della cultura e con loro sono franate tutte le loro inutili parole. Sì, perché a nessuno verrebbe, in questi giorni, il prurito di chiedersi, per esempio, a che genere appartiene Gomorra. Semplicemente, perché, in questi giorni, risulta quanto mai lampante che il problema non c’è, la questione non esiste proprio e, dunque, non è discutibile. E neanche, sempre in questi giorni, è dibattibile se le tesi del libro di Saviano siano vere o meno, condivisibili o meno. Semplicemente, perché, lo si respira nell’aria, le parole sono tornate ad essere quello che sono: mezzo e non fine. E, così, hanno riacquistato peso, volume, odore. Un peso, un volume, un odore che hanno suscitato qualcosa di drammaticamente concreto: la minaccia di eliminazione fisica e la sensazione del pericolo della eliminazione psicologica.
Le parole per Saviano sono mezzo e non fine. Il sangue non è un colore, non è metafora, non entra in frasi idiomatiche: il sangue sul pavimento di un commerciante ucciso “puzza”. Un morto ammazzato non genera pena e, men che meno, riflessioni: la carne tritata dai kalashnikov fa “vomitare”. Nelle terre della criminalità organizzata i fatti colpiscono allo stomaco in un giorno come un altro, entrano nella quotidianità delle persone e impongono il silenzio che è un silenzio di fatti, prima che di parole. E’ il corpo che recepisce i messaggi della ferocia, prima della mente. E sono i gesti che si trasformano, prima dei pensieri. Tutto questo Saviano te lo fa sentire, perché la paura non si può spiegare, ma provare. La paura non è una colpa, ma una sofferenza.
Le parole per Saviano sono mezzo e non fine. Il capitalismo sfrenato ed anarcoide dei nostri giorni adotta linguaggi criptici (specialistici dicono gli ipocriti) al solo scopo di travestire la nuova frontiera della rapina e del saccheggio. La parola è stravolta e non parla più, ma nasconde. Nasconde quello che Saviano tira fuori dalla foschia delle banche, della borsa e dei grandi capitalisti italiani, affermando un concetto assolutamente lampante una volta depurato dal velo delle finzioni: la criminalità organizzata non è l’anti-Stato, non è l’anti-sistema, ma uno dei motori più potenti dell’economia del mondo, un’enorme turbina che pompa denaro e che, ovviamente, non finisce nei materassi ma nelle banche, in borsa e nelle imprese dell’economia “pulita”.
Le parole per Saviano sono mezzo e non fine. Saviano le usa per capire il mondo che ha attorno, per rimettere i fatti in un ordine verosimile, mentre il sistema (che è molto più ampio ed articolato rispetto ai semplici clan e gruppi di fuoco) le parole e i segni li usa per opprimere, soffocare, costringere. Ogni volta che la camorra ammazza e lo fa per eliminare un nemico, i segni e le parole iniziano l’opera di inquinamento, così sulla vittima cominciano ad addensarsi i sospetti e sempre tutto finisce per diventare la celebre notte in cui tutte le vacche sembrano dello stesso colore.
Roberto Saviano ha fatto il suo mestiere, in un Paese in cui i mestieri non esistono più, perché non esistono più le dignità dei ruoli a vantaggio di un libero e gioioso banditismo. Roberto ha scritto un gran libro perché nato dall’interesse per il mondo, per il prossimo, mentre il prossimo guarda solo se stesso. Dai fatti che riguardano in questi giorni Roberto Saviano, mi auguro, che tutti possiamo ripartire, cominciando dal renderci conto che quei fatti ci riguardano. La vita di Roberto ci riguarda.
Caro Roberto, ti auguro tutto ciò che speri e desideri.
penso che Wu ming1 ponga la giusta direzione, riportare l’attenzione da Saviano a Gomorra. il rischio di eleggerlo a mito veicola un’impotenza se non una rimozione …e la rimozione riduce sempre l’immagine ad un semplice segno del rimosso…l’inevitabile risonanza mediatica di questo trasformerebbe una minaccia potenziale in una sentenza certa e questa volta non più dei casalesi.