Notizie sparse.
Valerio Evangelisti firma l’introduzione di Storia dei Vampiri di Matthew Beresford, Odoya editore, e scomoda Marx e il paganesimo. Quanto meno, un modo per orientarsi nella incessante invasione editoriale del momento: che, attenzione, conosce alcune varianti. Intanto, i lupi mannari di Shiver, pubblicato da Rizzoli (naturalmente, con un bel cuoricino in copertina, e con un sogno che ha ispirato l’autrice, Maggie Stiefvater, identico a quello che diede a Stephenie Meyer l’idea di Twilight: urgono sonniferi che inibiscano la fase Rem). In secondo luogo ci sono gli angioletti. Esce domani Baciata da un angelo, per Newton Compton: praticamente Ghost, ma un po’ peggio. In terzo luogo, Fazi, appena coniugato con Gems (il gruppo Mauri Spagnol), propone nell’esordio di Elena P.Melodia, Buio un’eroina bellissima che mozza il fiato a tutti i ragazzi che incontra e che a pagina 13 dice di sè: “Ogni tanto mi capita di pensare a come sarebbe la mia vita se fossi brutta, se non avessi gli occhi verdi, che mi piace piantare addosso ai ragazzi per metterli in imbarazzo, o i capelli neri e lisci, lucidi da far invidia a una geisha, o questo corpo che rimane magro, qualunque cosa mangi. Come sarebbe la mia vita? Sarebbe un unico, colossale, irrimediabile schifo. Pensatela come volete. La verità è che la bellezza è una forma di potere”.
I modelli libreschi proposti alle adolescenti sono dunque questi: come si vede, non va affatto meglio rispetto a quelli dei magazine per teens, o a quelli televisivi.
Riprendo le parole di Annamaria Testa su NuovoeUtile:
Dobbiamo costruire un nuovo immaginario. Nuove narrazioni. Una visione più ampia, contemporanea ed etica dell’essere donne e uomini in questo paese, nel nostro tempo. Dobbiamo trovare un linguaggio semplice e autentico, capace di rompere il gergo dell’ideologia. Dobbiamo istituire alleanze. Inventare forme d’azione efficaci. E dobbiamo cominciare adesso.
Care scrittrici e cari scrittori, specie se vi cimentate con testi che verranno rivolti ai più giovani, avete qualcosa da dire?
Eh, sì. è dura, proprio dura, ma non si può che ripartire da lì: costruire un nuovo immaginario e decostruire il vecchio, decolonizzarci insomma.
Mi commento da sola: è duro, impegnativo, ma pure esaltante.
Il problema è far arrivare l’importanza della decolonizzazione anche a chi non è convinto. Esempio: i libri che ho citato (tranne il primo, ovviamente) sono testi pubblicati nella convinzione che facciano vendere e siano appetibili per una platea di ragazze giudicate di bocca buona. Il punto è che gli editori dovrebbero capire che spesso, facendo scelte di qualità, si riesce a vendere di più, e non di meno.
E che dovrebbero puntare sull’Oceano blu, e non su quello rosso.
http://en.wikipedia.org/wiki/Blue_Ocean_Strategy
“I modelli libreschi proposti alle adolescenti sono dunque questi: come si vede, non va affatto meglio rispetto a quelli dei magazine per teens, o a quelli televisivi.”
Sai, ho pensato molto al tuo blog e a parole come queste circa un mese fa, mentre vedevo il primo episodio (titolo: Sempre Avanti) della serie televisiva Coliandro: in quella puntata, la protagonista femminile (poco più che ventenne) che affianca il poliziotto è bella, intelligente, pratica; una tipa “tosta”, per intenderci, in cui è facile identificarsi. Unico “dettaglio” fuori luogo, la ragazza frequenta naziskin e ambienti di estrema destra, è una simpatizzante.
Penso che per iniziare basterebbe non ragionare per personaggio maschile – personaggio femminile, ma scrivere di persone. Quella persona lì e quella persona là.
E ricordarsi, sempre, che maggiore è la consapevolezza (dello scrittore, sceneggiatore etc) maggiore è lo spessore del risultato. Insomma, fa bene anche al proprio orticello.
Il mio commento si riferiva alle parole dette da Loredana che ho riportato tra virgolette. Si parlava di “modelli proposti ALLE adolescenti” ed è per questo che ho parlato, volutamente e in modo specifico, di protagonista femminile.
Anna Luisa, sì, l’avevo capito. La mia era un’autoriflessione. Penso che utilizzare “persone” e non “personaggi” possa anche aiutare quelle adolescenti a diventare adulte consapevoli. E occhio, perchè purtroppo ormai l’adolescenza è uno stato di guerra permanente che va dai dieci ai cinquanta.
La responsabilità degli scriventi è alta in questi casi, molto alta.
Tra l’altro, da bravo metallaro, la copertina di Storia dei vampiri mi ha fatto sobbalzare
http://c2.api.ning.com/files/KHyI24onCeaw2QHttwZ5WVufY45ZT7OLD07DH2TkfnXIwGF3vSvpbE2e3Ya4K66q4rmaR1YxBLdE7o4WEQQ7NgbhTmDN-2*P/CradleofFilth_CrueltyandtheBeast_cover.jpg
E’ un dettaglio del booklet dell’album Cruelty & the Beast dei Cradle Of Filth.
Ecco, se le case editrici stessero più attente a certi “dettagli” eviterebbero di rovinare buone iniziative con stupidate che possono costare molto caro.
La responsabilità è altissima. Sempre in “Buio” c’è una scena terribile, dove la protagonista usa la propria avvenenza per estorcere informazioni a un giornalista (“conosco l’effetto che faccio agli uomini e lui non rappresenta l’eccezione”), tra l’altro bollando una ragazza che è con lui con “rientra nella categoria delle carine”. E’ chiaro che non è solo l’aspetto “pedagogico” che conta, e che nel momento in cui ingabbi un personaggio in uno stereotipo del genere è anche la narrazione a soffrirne.
In questo senso ha ragione GL, quando parla di far bene all’orticello dello scrittore. Dal punto di vista delle lettrici, se il messaggio è “sii bella e usa il tuo aspetto fisico per ottenere quel che vuoi”, trovo la cosa devastante.
Mi pare che in questo esempio della piccola gnocca conscia del potere gnocco – a parte che: anvedi che fantasia eh! Proprio se so sprecati! – ci sia una consapevole aderenza al conflitto culturale in corso innescato dal Berlusca, e da noantre stesse sobillato – in merito alla rappresentazione del femminile. La piccola gnocca è cugina della velina parlamentare, ancorchè di quella squisita romanziera da te citata, che parlava della mignotto strategia come strada vincente per le donne. Quello che voglio dire è che non siamo di fronte a un vecchio stereotipo che persiste. Ma di un vecchio stereotipo che risorge rinnovato, splendente e considerato vincente e diffuso contro le rivendicazioni di chi cerca modelli diversi.
Cioè mo’ esagero e lo dico per sintesi, perchè probabilmente cronologicamente non è neanche pertinente. Ma ecco il Buio e al documentario della Zanardo e al movimento e la critica che si stanno smuovendo a cui i media cominciano a reagire. (Avrei degli esempi, ma mi sa che vado O.T)
@G.L.”Anna Luisa, sì, l’avevo capito. La mia era un’autoriflessione.”
No problem, ora ci siamo reciprocamente capiti e, in generale, sull’utilizzo della parola “persona” direi che la vediamo allo stesso modo.
Anna Luisa, a mia discolpa, il “mezzo blog” mi vede ancora parecchio inesperto, sorry.
Cosa ho da dire come scrittrice?
Io sono da sempre in trincea, rispetto a tutto questo. Scrivo di altri modelli, di personaggi con aspetti, problemi, conflitti, decisioni e azioni che esulano dal sesso di appartenenza.
Me ne sto nella mia trincea, da tanto tempo, sentendomi un po’ sola di tanto in tanto, con gli stivali consumati nel fango e l’elmo un po’ ammaccato che uso anche, all’occorrenza, per cucinare la zuppa.
Ogni tanto piovono pallottole all’improvviso, piu’ spesso vengo ignorata, quel fronte e’ tranquillo, direi quasi morto. Spesso mi sento sola nella mia postazione. Qualche volta inutile, e non credo ci saranno mai medaglie al valore ad attendermi.
Ecco.
Scusate, ho scritto due volte del sentirmi sola. Be’, ho ribadito il concetto. 🙂
Mi piacerebbe anche peraltro chiedere agli editori e agli scrittori e alle scrittrici come mai si siano convinti che la gnokka aumenti le vendite.
Se c’è una cosa che invidio ai creatori della letteratura è proprio la possibilità di fregarsene della bellezza fisica di un personaggio.
Al Cinema è tutta un’altra faccenda.
Ma sulla carta?
Donde deriva sta necessità?
Perchè probabilmente, Ekerot, è un modello che si ritiene vincente: Red Ocean. Oppure, perchè è la naturale prosecuzione di quel che viene raccontato alle bambine: sii bella, tanto per cominciare.
Non credo neanche che sia un meccanismo consapevole, o almeno non sempre, in chi scrive: o voglio augurarmelo.
Non posso che concordare con Milena e G.L.; l’idea che mi propongo quando scrivo è di raccontare persone. Incidentalmente, queste persone sono di sesso femminile per il semplice fatto che una giovane padawan come me trova più facile l’immedesimazione in personaggi che le somiglino. E cerco di rappresentare le mie eroine come la donna che sono, o che mi piacerebbe essere. Spero di riuscire nell’intento, e di proporre modelli quanto meno originali, o fuori dagli schemi di quelli correnti. Questo però sta ai miei lettori dirlo.
Ora, mi domando se il problema di fondo non sia questo: che il modello proposto è stato così pervasivo che alla fine noi in primis ci siamo convinte che il corpo sia l’unica strada per farsi avanti, e finiamo quindi per proporre eroine che rispecchiano questa visione del mondo.
Centro, Licia. Per quello pensavo all’inconsapevolezza, in molti casi, di quanto quel modello possa essere pesantissimo per chi legge. Ma riconoscerlo e farci i conti è il primo passo. Con questo non voglio dire che i personaggi – femminili in particolare, ma non solo – debbano essere costruiti a priori secondo i dettami del politically correct. Che è una gabbia ulteriore, e probabilmente dannosa quanto quella della Bellissima Seduttiva.
La strada è quella che avete indicato: raccontare persone e non icone. Ora, quanti libri che seguono questa strada vengono pubblicati, specie nella narrativa young adult? A me pare che ultimamente le librerie siano affollate da pessimi libri, e che la “coazione a ripetere” stia facendo raschiare il fondo del barile.
Loredana è fuori tema, ma è stato terribilmente doloroso.
L’altro ieri ero a Firenze per lavoro con altri colleghi e un giornalista del New York Times ha voluto, per forza, intervistarci per parlare di Berlusconi.
All’antipasto, eravano a cena, l’abbiamo cacciato.
A fine cena, avevamo bevuto, lui è tornato alla carica.
Alla fine dell’intervista il ritratto dell’Italia che gli abbiamo tratteggiato era deprimente. Lui non capiva, contiunava a ripeterci: “Ma perchè tante donne lo votano.” E a quel tavolo ero l’unica donna.
Perchè?
Perchè vent’anni di immagine televisiva distorta ha creato un’immaginario aberrante.
Purtroppo non è fuori tema. Purtroppo.
Certi modelli deviano la nuova generazione. Non sono, certo, una base per una formazione positiva. Ma non era positivo neppure il modello propinato in tante riviste e libri dopo il ’68 e negli anni ’70. Sulla bellezza e l’uso che se ne fa’ ci sarebbe da dire molto. Non è culturalmente apprezzabille la tesi semplicistica che riconduce il problema esclusivamente al mostro berlusconi ed alle sue televisioni. Occorerebbe maggiore onestà intellettuale nell’affrontare i concetti di “femminilità”, “bellezza”, “subalternità”, “mercificazione”, “qualità”, “persona”, “uomo”, “donna”. Si è cosi sicuri che certi libri vendano di più. Le cose vanno maggiormente mediate da ragionamenti più analitici e profondi. Non sempre il gran numero di copie vendute corrisponde ad una elevata qualità letteraria e viceversa. Lo sappiamo bene. Non credo, per finire, che il tipo di libri citati rappresentino, nel panorama editoriale, una grande fetta. Quindi perchè stracciarsi le vesti?
Non sono una grande fetta, dinosauro? Scherzi? In questo momento sono i libri su cui gli editori stanno puntando a suon di tirature monstre e campagne pubblicitarie imponenti. Perchè? Perchè hanno individuato una fetta di mercato che ritengono appetibile e ritengono soprattutto “debole”: pronta a ingurgitare qualsiasi cosa venga proposta.
…dal basso della mia convinzione, di piccola creatrice di storie-non-ancora-libri, mando al diavolo i perfetti. I miei piccoli personaggi hanno i loro grossi guai, come tutte le persone reali.
Mi chiedo come mai questi gnokki, così irreali e distanti da noi, abbiano più successo (non solo a livello di pubblico, ma anche di scrittori. Che ti costa creare un personaggio un po’ imperfetto?) di personaggi con difetti, magagne e quant’altro, nei quali chiunque potrebbe ritrovarsi.
Pare quasi che pur di perdere per un attimo la nostra imperfetta identità tradiamo noi stessi per inseguire l’illusione di essere, leggendo, gli esseri imperfetti che ci vengono offerti…
…pardon, ho scritto imperfetti invece che perfetti. Mi presento, iku la distratta…
Loredana, le ultime righe del tuo post sono importanti: chi scrive dovrebbe avere qualcosa da dire, appunto.
Dovrebbe scrivere perchè sente qualcosa, e usa le parole per dirlo. Ma quanti libri sono di persone che hanno qualcosa da dire? Che vita vivono o hanno vissuto molti che scrivono? Nell’adolescenza ci può essere una certa omologazione, ma poi si cresce e la vita ci mette di fronte a tante piccole e grandi prove, diverse ma sempre prove, fatiche, sconfitte, e soddisfazioni ovviamente.
Perchè la vita vera non spazza via certe immagini fasulle e lascia che prosperi un immaginario adolescenziale e non vero?
Generalmente non si scrive da adolescenti, e gli young adults sono un target per gli autori, non sono loro a scrivere.
Certo, per rispondere ad Alessandra C, da fuori ci bombardano di domande incredule sulla politica italiana, ma in effetti per molti stranieri temi come la dignità femminile, l’ambiente e lo sviluppo, la non corruzione, ecc. sono dati già acquisiti da tempo, sono questioni capillarmente diffuse nell’immaginario collettivo da decenni, e questo gap mi sembra terribile: non credo se ne esca se non occupandosene costantemente, umilmente, e senza tregua! Ma accidenti, perchè la vita vera non suggerisce niente contro questo immaginario aberrante e gli scrittori che lo amplificano?
Red Ocean.
Le strategie di marketing che già funzionano.
Gnocca che vince non si cambia. Non fa una grinza.
Ma allora non si tratta di scrivere libri, ma di riempire il format.
Cui gli autori – necessariamente – aderiscono in maniera consapevole.
Cioè scrivo storie dove la protagonista è bella, bella, bella in modo assurdo. E agisce secondo alcuni schemi prefissati.
Come in “Harmony”.
Chi chiama allora codesti scrittori “autori”?
Non c’entra la narrazione. Non c’entrano i personaggi, non c’entrano tantomeno le persone.
Io per punizione farei vedere 1 volta al giorno per un anno “Harold e Maud” a codesti sedicenti autori.
Ho cominciato e cancellato questo commento molte volte.
Perché da (aspirante) scrittrice infastidiscono anche me queste figurine di carta, da lettrice invece c’è un’altra cosa che non mi piace.
E al di là dei discorsi (che condivido) sui modelli che certi scriventi pubblicati propongono, mi scoccia soprattutto lo spazio che gli viene concesso. Spazio fisico, che in libreria toglie posto ad altra roba.
Ora, mi piace definirmi innanzi tutto una lettrice. Mio marito dice che sono una lettrice compulsiva, se esistesse il mestiere di lettore io sarei una delle migliori.
Ma perché quando entro in una feltrinelli e mi dirigo allo scaffale dell’horror lo trovo per due trezi occupato da questi pseudovampiri? (il resto era Stephen King, fuori discussione però, che ho letto tutto).
La microscopica biblioteca del mio paese ha i libri di Twiligh, ma non – per dirne una – Shirley Jackson, che da diversi anni vorrei leggere… dovrei cercarlo on line, ma non avendo a disposizione una carta di credito, mi toccherebbe pagare di più, e io non ho tutti questi soldi.
@ Paola Di Giulio: per immaginario aberrante cosa si intende?
…sempre dal basso della mia convinzione, di piccola creatrice di storie-non-ancora-libri, sono convinta che ci siano tante piccole cose della vita vera della quale pochi parlano. Mi basta guardare alcuni degli ultimi commenti che mi sono stati lasciati: per ora le mie storie sono fantasy, eppure la gente apprezza i racconti delle mie giornate, e mi chiede di quelle. A me questo piace, perché io amo la soddisfazione che danno anche le piccole cose. Ma questa è una mia idea (che mi piacerebbe diffondere), che non rispecchia ciò che invece vedo fuori, soprattutto nei giovani. Non che agli adulti farebbe male…
@ Ekerot: dunque la colpa è del sistema? Che privilegia ciò che si vende, piuttosto che l’originalità? …ho capito bene?
x Iku: Forse la colpa è sempre del sistema. Che non sia un buon sistema è sotto gli occhi di tutti.
Ma io non intendo questo. Da sempre si privilegia ciò che si vende piuttosto che l’originalità. E’ anche normale.
Però c’è un però. Quando tu riempi un format e lo riempi male tu non fai letteratura, produci solo spazzatura. Spazzatura, non in senso metaforico, bensì letterale. Tu usi roba già confezionata dagli altri. E la rendi immangiabile per gli altri.
E allora codesti libri, che ardiscono di chiamarsi “romanzi”, beh andrebbero trattati alla stregua delle nostre orrende fiction televisive.
Non so come alla nostra Melodia (se lo tenga) sia potuto anche solo venire in mente di buttare giù quelle righe riportate da Loredana.
Non so come agli agli editor della Fazi sia potuto sfuggire un passo del genere.
Che poi i lettori lo leggano è un altro conto.
@iku: immaginario aberrante è in riferimento alle ultime parole del commento di Alessandra C…:-))
@Ekerot: sììì! Harold & Maude! In fondo dici che quello che vediamo ci influenza, no? Ci fa riflettere – ma perchè, cosa penserebbe un giovanissimo oggi nel rivedere quel film?? Non era solo sull’incontro di due età diverse, era l’incontro con la vita, con l’energia, con la fantasia, con la bellezza di rompere gli schemi.
Domanda che mi sorge spontanea, alla luce di quanto letto su “Buio” e di quanto riflettuto finora, dicotomia: le ragazze di oggi vogliono essere belle-e-perfette a tutti i costi, per avere un potere sui ragazzi che finora le donne non hanno mai avuto…
…senza rendersi conto che in questo modo si sottomettono ancora di più alla società maschilista che vuole tutte le donne perfette.
E’ possibile o sto dicendo una fesseria?
Iku, secondo me è possibilissimo.
Basti vedere il rapporto fra i due protagonisti di Twilight, anche se di Bella si dice che non è bella.
Non è questione se sia una fesseria o meno iku, è che non c’è niente di nuovo sotto il sole…
Ciò che succede fuori dal paesello è che ormai molte questioni come la dignità della persona – beyond gender – o l’inquinamento, il risparmio energetico, il lavoro, l’informazione, ecc. sono percepiti e trattati in maniera normale: quando ci si è resi conto di come stavano le cose si è logicamente e semplicemente provveduto a correggere o modificare i comportamenti. La logica non era asservita a nessun immaginario che non si potesse scalzare a favore di qualcosa di più utile, per vivere meglio. L’istruzione veramente capillare, l’abitudine a leggere giornali e libri quotidianamente, hanno preparato (negli ultimi 50 anni almeno) il terreno alla consapevolezza e alla necessità di alcuni cambiamenti – e non sto parlando di cose straordinarie, ma slittamenti piccoli piccoli. Per cui semplicemente un Berlusconi in certi paesi non verrebbe preso sul serio da nessuno, perchè la logica della vita è ormai diversa, la prospettiva, le aspettative, e le esperienze. E questa consapevolezza non viene dall’alto, ma dal basso, dal quotidiano, e da piccoli… Infatti altrove per prima cosa ‘si stupiscono’!
Iku, hai centrato il punto, in pieno. Considerare il corpo come un’arma di potere è la piccola ribellione dei vinti. Lo diceva Simone De Beauvoir.
Quanto a Harold e Maude: i miei figli lo hanno visto diversi anni fa. E lo hanno adorato.
Faccio una considerazione dall'”interno”. Quello che scrivo (mio malgrado) viene considerato Y/A. Una delle accuse che mi sono state rivolte è quella di aver costruito un personaggio gnokko. La cosa buffa, che mi fa pensare molto, è che quel personaggio è brutto come la fame. Descritto proprio come tale, senza ambiguità di sorta: un incrocio fra un hooligan e un reduce del ’77 londinese. Non so se mi spiego.
Temo che la pervasività dell’immaginario abbia offuscato anche la pupilla di chi guarda/legge. Nei libri, concordo con Ekerot, l’avvenenza fisica non conta un tubo. E siccome penso che l’orticello sia fondamentale, superare un certo tipo di immaginario penso sia utile anche ai fini del godimento da parte del lettore.
Questo è un punto interessante: è come se nel lettore di un determinato target scattasse, a questo punto, un automatismo?
(sto cominciando, per la cronaca, a pensare a una specie di censimento di questo tipo di libri: non so ancora per quale destinazione, ma credo che vada fatto)
Non so se sia del target, (anzi, penso sia un fenomeno che travalica i target – addirittura similare a quello dell’immedesimazione), ma è un automatismo di cui prendere atto. E che mi fa riflettere.
G.L. concordo perfettamente con te.
Sono i lettori con poca immaginazione, i peggiori, e quindi i più facilmente influenzabili dalla moda.
E penso che siano sempre esistiti, ma adesso – nella massa leggente – rappresentino un numero molto consistente.
*
Loredana mi pare idea saggerrima.
Scoprire quanti libri-format siano stati concepiti e pubblicati negli ultimi anni, sarebbe un dato interessantissimo. Da inviare agli autori, agli editor e da pubblicizzare on-line.
*
Faccio un’ulteriore riflessione a margine.
Ci sono dei generi che prediligono la bellezza come qualità dei personaggi femminili. Ma ci sono modi e modi.
Penso ad esempio ad una delle storie fantasy che più amo, la novella di Beren e Luthien di Tolkien.
Lei viene descritta come “la figlia degli elfi più bella che mai vi fu o vi sarà”.
E fa anche una descrizione. Ma richiama la notte, la natura, metafore che nulla hanno a che vedere con la grettezza di “Buio” (mi scuso con l’autrice se la infamo solo per aver letto le tre righe riportate, poi magari è un romanzo fantastico).
Insomma Tolkien non usa quel corpo a scopo commerciale, per fare merchandising. E’ un ritratto bellissimo, che lascia spazio totale alla fantasia del lettore. Ognuno è in libertà.
Ecco, non so se mi sono spiegato, ma laddove esplicitare la bellezza di un personaggio sia necessario, beh esistono delle reali possibilità letterarie di narrarla.
Infatti, Ekerot: le ultime due righe sono esemplari e chiariscono molto bene quel che volevo dire. Nel caso del libro citato, la bellezza non è necessaria affatto alla narrazione. Così come non lo è in Maya Fox di cui parlavamo due giorni fa. Non “quel” tipo di bellezza. Ti cito un romanzo che so molto amato da te, giustamente, “Non mi uccidere”: Mirta è bella. Ma non è certo la bellezza che arriva per prima cosa al lettore. Il punto sta qui.
Come sono contento.
Il 3 ottobre mi trovavo a Roma per l’intuibile motivo, ho visto dappertutto in metropolitana i megaposter di “Buio”, con tanto di riferimento pubblicitario a Twilight, e mi son detto che ci sarebbe stato da divertirsi. Post e commenti mi confermano che avevo ragione.
Certo, non si tratta di grande acume mio quanto di estrema prevedibilità, nel caso in questione. Seguire il modello vincente, ripercorrere i sentieri già collaudati, una strategia sterile sul periodo-medio lungo, anche volendo ridurre tutto a mero marketing. Il mercato segue le tendenze, e questa non è una novità, ma contribuisce anche a determinarle: domanda e offerta si influenzano sempre a vicenda, ed è proprio questo che consente alle case editrici (ma anche a tante altre industrie, anche fuori dai settori culturali) di poter rischiare e proporre opere innovative. Ma allora è la predisposizione al rischio che sta scemando, tra editori e autori italiani?
Italiasul2 – oggi pomeriggio (una delle origini di tutti i mali).
“Perché le donne devono sempre spogliarsi”.
Direttore di FORMEN.
“Perché le donne nude sono belle. E’ normale. Michelangelo ha dipinto un sacco di nudi e nessuno gli ha mai detto niente”.
Osservazione numero 1.
Non credo che il calendario di Formen abbia proprio la stessa profondità artistica di Michelangelo.
Osservazione numero 2.
Michelangelo è vissuto qualche secolo addietro, dove la considerazione femminile era leggermente diversa.
Cosa è accaduto in realtà?
Nessuno ha commentato la frase (né masculi né femmine). D’altronde, se lo faceva Michelangelo.
Osservazione numero 3. Michelangelo ha dipinto un sacco di nudi maschili, non solo femminili.
Purtroppo riesco a seguire poco il discorso, perché certi autori non li conosco.
Mi ha stupito però un’espressione di Ekerot: ‘massa leggente’.
Ma quanti potranno mai essere questi lettori? Un sottinsieme di un insieme esiguo com’è quello dei lettori italiani non può che essere più esiguo.
E allora mi viene da pensare che l’offerta libraria può solo rinforzare un modello, ma certo non imporlo. E lo rinforza, da quello che ho capito, pure in modo molto poco intelligente e inerziale: a cosa serve, infatti, la bellezza nei libri?
E questo allora starebbe a testimoniare la forza coercitiva di un modello, che ha origini e larga diffusione extraletteraria, ma non di certi libri (parlo di libri non di magazine).
Questo però, ripeto, è un ragionamento a braccio, visto che il tema specifico non lo conosco per niente.
Nel leggere il post mi sovvengono questi pensieri e vedo che anche Valeria ha riportato osservazioni simili:
anzitutto parto da G.L che parla di “abitudine a leggere giornali e libri quotidianamente”: sappiamo che in Italia il problema dell’analfabetismo di ritorno coinvolge più del 60% della popolazione. Perciò non è di questo blocco di persone che ci stiamo occupando, per il restante 40% solo una parte (piccola) può considerarsi lettore “forte”. Il problema di cui si sta discutendo riguarda perciò la parte restante della popolazione (più o meno un quarto?) in cui stanno i lettori che compiono – più o meno consapevolmente – delle scelte, la prima delle quali riguarda l’acquisto. Dato che certi “modelli sbagliati”, in quanto centrati sull’avvenenza fisica e su target precostituiti, sono un fenomeno “di massa”, mi chiedo come s’incrociano i due dati. Perché, di fatto, qua stiamo discutendo di “lettore di massa”, (massa leggente mi piace!) dai gusti letterari non raffinatissimi, con una mediocre (?) capacità critica, quelli che EKEROT definisce “lettori con poca immaginazione, i peggiori, e quindi i più facilmente influenzabili dalla moda”. Stiamo anche parlando di uso del “corpo a scopo commerciale, per fare merchandising”: e credo che qui stia il punto. Perché il mercato si rivolge con tanta energia a chi potrebbe avere strumenti culturali tali da smontare il “gioco”? Evidentemente sa di farvi breccia, o di trovarvi comunque spazi sufficienti per ripagarsi gli investimenti. Temo che, però, l’obiettivo sia più alto: contagiare, aggredire quelli che potenzialmente potrebbero diventare lettori più “raffinati”, lettori non di massa, interessati ad “altro” e in questo modo sfuggire a ciò che mercato vuole “massa leggente”. Insomma, vedo in atto un vero e proprio attacco culturale!
Paola, sono d’accordo. Anche se penso che non ci sia strategia in questo attacco: sarebbe persino meglio, almeno si avrebbero di fronte degli strateghi. Invece penso che sia un semplice riproporre formule perchè altri lo hanno fatto. C’entra la furbizia, questo sì. C’entra la soddisfazione, di editori e persino autori, di sentirsi vincenti in quanto astuti. C’entra un sistema di pensiero che ha elevato tutto questo a valore positivo.
Va anche detto che il gioco è difficile da smontare: bisogna essere continuamente presenti a se stessi e ricordarne gli elementi. E non è semplice per un adulto, figurarsi per un adolescente.
Però…però è anche vero che gli adolescenti non sono così sciocchi come il marketing ritiene. E molto spesso sanno smascherare quel gioco, e ribaltarlo contro chi lo ha ideato. Almeno, voglio sperarlo.
Leggendo l’ultimo intervento di Loredana mi veniva in mente un pensiero molto triste. Un pensiero col quale – confesso verbis apertis – mi ci sono spesso trovato a confrontare.
E non l’ho affatto debellato.
Ossia.
Oggi – in Italia e non solo – è un tale casino riuscire ad arrivare alla fine (che sia la pubblicazione di un libro, o la distribuzione di un film), devi superare talmente tanti ostacoli, mostri, labirinti, pugnalate alle spalle, che molto spesso – anzi quasi sempre – ti senti vittorioso semplicemente per essere arrivato alla fine.
A prescindere, da cosa hai scritto, da come lo hai scritto, dove è andata a finire la tua idea originale, da quante pugnalate hai inferto e schivato.
Vedere il libro in vetrina o il film nelle sale, è quello il premio. Il premio di sopravvivenza.
Ci sono diverse e notevoli eccezioni.
Ma pensate ai giovani “autori”. Quelli che stanno cominciando.
Sentirsi dire ogni giorno che passa dagli amici: ma chi conosci? c’hai un aggancio? c’hai un parente lì, là o qua?
E nessuno che di fatto parli mai del tuo lavoro. Perché a nessuno interessa. E’ un prodotto. Come aver realizzato un frigorifero.
Discorsi triti e ritriti. Che probabilmente sono vecchi come il cucco.
Sarà la mia incapacità di adattamento, però a me pesano…
Ekerot, pesano anche a me. Anche adesso.
Già e tu non c’hai neanche la Dama Lipper da leggere che ti infonde un po’ di speranza!
PAFF! – Rumore di GL che abbraccia Ekerot.
Suvvia, allora ti offrirò un birrino!
Ho 21 anni e ho comprato tutti i libri che citi.
Li leggo, mi allietano, ma non mi condizionano più di tanto. Insomma, distruggere l’immaginazione umana cercando di imporle dei canoni da rispettare, dei prototipi da suggerire, a me non piacerebbe. Non stimolerebbe più a leggere. E’ vero, alcune lettura saranno anche controproducenti per la mente, dannose, ma bisogna leggerle pensando al dono da cui sono scaturite: la fantasia.
Lo so, le mie osservazioni sono stupide e banali; forse perchè credo troppo nel potere delle parole e nella bellezza della scrittura. Forse. Tuttavia, in questa interessante discussione, mi piaceva aggiungere anche il mio punto di vista.
Bellissimo blog, comunque! Complimentissimi! Posso aggiungerti nella mia pagina?
E’ questa:
http://loradellibro.blogspot.com/
Grazie anticipatamente, Anita Book.