POETI, DIRETTORI, SCRITTORI

Parliamo d’altro, per un po’. Intanto, Oliviero Ponte di Pino, tra l’altro instancabile animatore di ateatro, scrive:
L’Italia sta perdendo i suoi poeti, e forse la sua coscienza. In questi pochi mesi sono scomparsi Giovanni Raboni, Mario Luzi e Raffaello Baldini. Tre grandi poeti, tre voci che hanno declinato in maniere diverse la grande tradizione novecentesca della poesia italiana. Ma anche tre intellettuali che sapevano reagire alle sollecitazioni del loro tempo e al degrado della realtà politica, antropologica e teatrale del nostro paese. Insomma, tre figure di riferimento in un panorama sempre più appiattito in un conformismo isterico e vuoto (…)Ancora, sono scomparsi tre poeti che, soprattutto nell’ultima parte della loro parabola artistica, avevano voluto scrivere per il teatro, con risultati di grande interesse. Questa “svolta drammaturgica” poteva essere implicita nella logica della loro evoluzione poetica. Ma la scelta di un medium “comunitario” come la scena poteva in qualche modo riflettere – anche se in maniera mediata, mai ideologica – la loro tensione civile. Nel contempo, rispondeva al bisogno di affinare una lingua viva, autentica, pulsante, da sottoporre alla prova più difficile: farsi carne, corpo e respiro attraverso il lavoro degli attori. Va anche sottolineato che spesso per questi poeti gli interlocutori sono stati – prima dei grandi teatri – gruppi e artisti di quello che una volta si chiamava “nuovo teatro”, in un rapporto di reciproco scambio e arricchimento (…) In parallelo, quasi a confermare l’attuale disorientamento, il pasticciaccio della Scala”.
Sul quale, anche se in ritardo, non posso non segnalare lo strepitoso articolo di Filippo Facci (con cui ho un unico motivo di dissenso: lo “splendore” del Mozart mutiano. Provare per credere: mettere a confronto il Don Giovanni diretto da Muti e quello, d’epoca, diretto da Carlo Maria Giulini).
Infine, a proposito di discussioni in corso : va seguito l’epistolario fra Gianni Biondillo e Franz Krauspenhaar su Nazione Indiana sulla catalogazione degli scrittori in ufficiali (a loro volta appartenenti alle categorieiperuranio” o “veri scrittori”) e anomali.

63 pensieri su “POETI, DIRETTORI, SCRITTORI

  1. Mauri Becker, avevo cominciato a “brindare” con molta poca prudenza prima ancora che tutti i dati ce lo permettessero…

  2. Prendila così, anonimo: se sei un vero liberista dovresti gioire anche tu, ché con tutti i brindisi di stanotte la ripresa dei consumi è assicurata…
    Poi, guarda, quanto a pazienza, sono peggio di Giobbe. Infine toglimi una curiosità: siete in due o sei sempre lo stesso? Perché il primo post ci starebbe pure, ma il secondo tradisce una coglioneria da guinness dei primati. Scusa l’inglesismo, è sicuramente colpa dei brindisi di cui sopra.

  3. Scusatemi se per un attimo interrompo le trasmissioni. L’argomento che trattate mi interessa parecchio, il carteggio fra Gianni e Franz lo leggerò con calma più tardi, ma devo dirlo: sono talmente euforico che ho già fatto fuori due fette di pane burro e nutella e sto per tirar fuori dal frigo un greco di tufo che tengo pronto da giorni. I dati sono ormai inequivocabili e allora bando alle cautele: abbiamo vinto! Anzi, a voler essere più precisi, HANNO PERSO.

  4. @ ilpostodelcapolavoro.it
    Non ti dirò della trama, tranquilla. Non ti dirò un solo accenno. Perché il libro va gustato.
    Per Capolavoro intendo la “C”: ogni scrittore ha i suoi autori, e alcuni gli sono invisi, seppur li stimi. Per Capolavoro, molto semplicemente, intendo un libro che resta nella memoria: quindi, un Capolavoro è Lolita, è Il Partigiano Johnny, è Guerra e Pace, è i Demoni (non quello di Genna e affini), è in pratica un libro che ti è indispensabile, di cui non puoi fare a meno, o di cui potresti fare a meno però con sacrificio. E’ inutile – o comunque non indispensabile – un libro che lo leggi, lo dici bello, e poi lo dimentichi. Ecco, un libro di cui dimentichi contenuti e autore è un libro che non è un Capolavoro. Purtroppo, il critico, almeno per un po’ di tempo, è costretto a ricordar anche le trame di quei romanzi che capolavori non sono. Per fortuna, ad un certo punto, la sua memoria si svuota da sé, ha una sorta di rigetto per tutto ciò che reputa inutile. Così ti potrei dire a memoria (quasi) Pasolini o Leopardi, ma se mi chiedessi di raccontarti la trama di un libretto di Robert A. Heinlein, bene, non saprei da che punto cominciare: solo ricordo d’averlo letto. Se invece mi chiedessi di U.K. LeGuin, invece, saprei dirti e bene. Se mi chiedessi di P.K.Dick saprei dirti tante cose. Ma se mi chiedessi di Scerbanenco saprei dirti di solo due suoi libri, perché tutto il resto l’ho dimenticato, perché scritto male, inutile. Se mi chiedessi di Boccaccio saprei risponderti, e anche di Dante, ecc. ecc. ecc. Ma se tu mi chiedessi della Mazzantini, ti direi che qualcosa m’era piaciuto, ma la trama dei suoi libri davvero più non la ricordo, e non è passato tanto tempo da quando ho letto la Mazzantini. Chiedemi di Guccini e dei suoi libri e ti saprò dire; chiedimi di Tondelli e ti saprò dire. Chiedimi di dirti come in Berlin Alexanderplatz e ti so dire… Ecco, ciò di cui si serba memoria è perché vale, ciò che la memoria dimentica è perché vale poco o solo vale niente.
    Tutto ciò di cui ricordo vagamente, dovrei rivederlo: ma perché impormi una simile tortura? Io credo di non meritar tortura.
    Saludos.
    Iannox

  5. però, quando si parlava di letteratura l’anonimo è stato zitto tutto il tempo, invece, appena si è parlato di politica si è svegliato…e pensare che fini insiste che l’italia è un paese post-ideologico!
    che poi a furia di dirlo e di approfittarne rischia che finisca di essere post e diventi pre e poi finalmente ideologico. se continuano così per il 2006 non ci sono problemi, forse aveva ragione montanelli, una malattia da prendere…vedi chi ti tocca citare al giorno d’oggi.
    riguardo shopenauer, io mi sento di spararla grossa…a me non piace la museificazione della letteratura e dell’arte in genere, è vero, alcune opere rimangono, molte scompaiono, ma non per questo anche quelle più fuggevoli non è detto che manchino di lasciare il segno o semplicemente di “vivere”. però qui si dovrebbe aprire un discorso sull’arte che dopo una giornata che è cominciata col tecnico dell’enel che mi voleva staccare la corrente non sono fisicamente in grado di sostenere.
    @gianni – non ti disperare, pensa se stavi in veneto…

  6. semplice
    sì, bene, facciamola semplice
    (che poi quando ho letto il nome di Coelho, in uno dei commenti soprastanti, ho semplicemente dovuto fami un grappino consolatorio, ma leggero, eh, grappa di chardonnay).
    Allora la questione è semplice.
    Gli scrittori si dividono in due sole e semplici categorie:
    i vivi
    e
    i morti.
    Gli scrittori buoni, ben si sa, sono solo quelli morti.
    Non tutti, si capisce, che la morte è condizione necessaria ma mica sufficiente.
    Nulla contro i vivi, per carità (in verità, un po’ sì, ma non contro tutti, che anche esser vivi non è sufficiente).
    E’ solo che la morte, intendo la distanza, la prospettiva, la giusta prossemica, sedimenta, filtra, sublima.
    E quello che resta, se resta, è Letteratura.
    Gli scrittori vivi non sono bocciati, solo rimandati (post mortem)
    Adesso lo so che Piperno scriverebbe “apotropaico”, da qualche parte.

  7. Hai fatto bene, sì!
    (sono pronto ad ammettere qualsiasi cosa, di fronte a un’esortazione così, dev’essere la nostalgia per l’Uomo [o la Donna] Forte)

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