“Lontano, nei dimenticati spazi non
segnati nelle carte geografiche dell’estremo limite della Spirale Ovest della
Galassia, c’è…”
Primo: lascia stare la Guida galattica per gli
autostoppisti perché non se ne può più. Secondo: non dire che non te l’avevano detto. Che insomma, qui, dove le sedie dorate pencolano e a volte
cadono e comunque affondano nei
monticelli erbosi (che erba è, a proposito? Roba aliena, lo dicevo io), qui,
dicevamo, avresti scoperto che a) i personaggi dei romanzi di Moravia esistono davvero/ancora
b) i servizi fotografici dei giornali mondani sono tutt’altro che cattivi (anzi, anzi) c) è un gioco, anzi un
rito di passaggio (come baciare Ozzy Osbourne, dice lei).
D’accordo, non lo dico, e gonzo sia. Sì, ma qui ci
vorrebbe sul serio Hunter S. Thompson, possibilmente con scorta
allucinogena. Guardo e ad un certo punto mi metto a prendere appunti sul
frontespizio di questo libro, che devo presentare nella diretta di
Raiuno intorno a mezzanotte (già, per questo sono qui di nero vestita,
ostinatamente con le scarpe chiuse perché ho la curiosa convinzione che in
televisione non si debbano far vedere i piedi nudi- anche se lei, che mi
accompagna, non è d’accordo). Nell’ordine: un peplo candido, un tailleur di
raso lilla, quindici scollature biscottate, un paio di sandali di vernice
bianchi col fiocchetto dietro, otto vestiti da sirena di otto diverse sfumature
turchese, due pantaloni maculati leopardo, svariate spalline di reggiseno
trasparenti. Se arrivo alla stessa età delle portatrici di quanto sopra e
comincio a vestirmi così, abbattetemi.
Ma bene. Complimenti. Invece di parlare di letteratura,
fai la cronaca rosa. Questo non è gonzo, è Cafonal.
Bisogna preoccuparsi, lo so, quando si comincia a fare il
troll di se stessi. Però, per fortuna,
c’è Stefano Rodotà, e si parla dell’articolo che ha scritto a proposito
del web, e di come sul e nel web medesimo occorra puntare e sperare (chissà se
ce la faccio a dirlo, nei tre minuti di diretta che mi spettano, che magari la
prossima cinquina verrà dalla rete? “Dillo”, dice lui. “Ci provo”, dico io).
Prima di tutto questo: giornalisti di imprecisate testate
che tentano battute maldestre (“ti piace fare pettegolezzi?” “Solo i
giorni dispari, oggi è pari”; “Ragazza, passami le tartine” “…”; “Posso
raccontarti di quando sono andato a
fare un servizio in un locale di lap dance?” “No”; “D’accordo, mettiamo
tutto in stand bè” -ndL: lo giuro, vostro onore, ha detto stand “bè”-
“Ugh”).
Sapevo che in fondo sei una snob. Questo è o no un
lit-blog? E dove sta la letteratura?
Se vuoi sapere chi c’era, leggi le cronache: qui e qui,
per esempio, per le foto qui (questo è gonzo, l’ho premesso: pochi fatti). Per esempio: ti interessa cosa succede quando
piove sullo Strega? Beh, ci si ripara come si può, mentre gli scrutatori continuano
a scandire i nomi, proprio come si vede in televisione. Io e gli altri quattro
che dovevano presentare i finalisti a Monica Maggioni per la diretta (Isabella
Angius, Pasquale Chessa, Barbara Palombelli, Roberta Rusconi ) eravamo spiaccicati dietro il palco, con un piede infilato nei cavi, il gomito piantato
nello stomaco dei vicini –autori, ministri, sindaco, uffici stampa, editori,
curiosi, fotografi fotografi fotografi. Quando tocca a Sergio De Santis e alla
sottoscritta, mezzanotte è passata, la pubblicità incombe e la designazione del
vincitore anche. Quindi siamo rapidissimi. Il libro su Napoli, il genere-non
genere, la letteratura fantastica e realista insieme. Cito Gomorra come
altro esempio, pur diversissimo, di scrittura su quello che De Santis e
Maggioni definiscono la visione apocalittica del Sud.
Ehi! Non si citano i romanzi non in cinquina!
E chi lo ha detto? Guarda che De Santis medesimo ha sostenuto che è grazie a romanzi come
quello di Saviano, “denuncia circostanziata e precisa”, che si possono scrivere libri come il suo.Il riferimento al
web, invece, non riesco a farlo: arriva lo spot. Poi arriva il premio a Sandro Veronesi. E ha anche
smesso di piovere.
It can’t rain all the time
Questo dovevo dirlo io, veramente.
Aggiungerei che è un peccato che in rete non si parli mai di scrittori straordinari come Sandro Veronesi, Roberto Alajmo, Marco Lodoli, Claudio Piersanti. Perché?
Nicolò, ti voglio bene: ma quando sento affermazioni come “in rete non si parla mai di” mi assale la desolazione. Una ricerchina banale banale su technorati?
Detto fatto, signora Lipperini!
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Non so che conclusione trarre, se non che di Piersanti – in effetti – si parla poco, Alajmo così così, Veronesi e Lodoli non hanno problemi.
Sono contenta che abbia vinto Veronesi, anche se Caos calmo non è bello al pari de “Gli sfiorati”.
Ho seguito la diretta alla televisione;dall’intervista fattagli, secondo me suscitava molta curiosità Massimiliano Palmese.
La faccia della Rossanda, intervistata in un momento nel quale lo scarto di voti a favore di Veronesi era molto alto, era tutto un programma.
Secondo me un premio sul quale non c’è molto da ridire, magari c’era anche di meglio, ma comunque meritato.
Lancio una piccola provocazione…
Il duello Veronesi-Rossanda era reale? Voglio dire… sono mesi che nell’ambiente degli addetti ai lavori si sa che Veronesi avrebbe vinto. Non è che “l’introduzione”, tra i favoriti, della Rossanda è stata fatta ad arte giusto per conferire un minimo di suspance alla serata della premiazione?
Massimo, da quanto mi consta, il duello era assolutamente reale. E nel cosiddetto ambiente dei cosiddetti addetti si parlava ancora fino a ieri sera di tempi supplementari…
fa chifo
Si intende “schifo”?
un piccolo appunto a zoe:
io non so che faccia avesse in televisione Rossana Rossanda, ma dal vivo non mostrava alcun turbamento.
Magari era stanca, magari Barbara Palombelli ha trascinato l’intervista un po’ troppo a lungo (a sfavore dei successivi scrittori).
Magari a Rossanda non importava poi molto del Premio.
Infatti per il resto della serata ha preferito chiacchierare con le sue splendide ed incrollabili amiche non ascoltando nemmeno i risultati parziali.
Detto questo sia onore al merito, se merito c’è stato.
Voglio dire: non ho letto Caos Calmo e mi fido del vostro giubilo. 😉
a Isabella:accolgo l’appunto.
E’ probabile che la resa televisiva desse un’impressione distorta.
Anche perchè c’è stata la coincidenza temporale dell’intervista , e del momento nel quale, appunto lo scarto di voti era alto, ancor più di quello finale, e lo spettatore unpò fazioso, come me, ci vedeva un momento un pò beffardo, quando so bene che la Rossanda è a un livello di molto superiore alle varie plemiche.
Il duello ci sarà stato davvero, ma era tra sfere di influenza, non tra libri. E’ noto che le votazioni dello Strega sono decise sottobanco (quest’anno deve vincere Rizzoli perché l’anno scorso ha vinto Mondadori ecc.) e non coincidono se non per caso con reali giudizi di valore sui libri. Lo Strega, come ha detto non ricordo più chi, “è più truccato di Sanremo”. Se ha vinto “Caos calmo”, questo ha poco a che vedere con i meriti di Veronesi (meriti che non gli nego) e molto con come si è mosso il suo editore promettendo questa o quella cosa ai giurati nicchianti. Questa condotta è talmente spudorata che la dicono anche i giornali, nemmeno tanto tra le righe, negli articoli che ogni anno seguono le varie fasi del premio, come se fosse una cosa normale. E infatti, in questo paese, è normale. In ogni caso, il nome del vincitore lo sanno tutti mesi prima, e tutti gli anni chi vince dichiara: “Ringrazio prima di tutto il mio editore, che si è molto impegnato per questo libro”.
ma il marco lodoli dell’enorme(per sentito dire da lettori fidati) snack bar budapest è lo stesso di quello di Tobia al caffè(e se si perchè nel morandini del 2003 vengono citati come autori distinti due omonimi?)
Gonzo o non gonzo, Veronesi mi sembra un ottimo cercatore di parole, aggettivi e storie da narrare con semplicità, tuttavia non ho capito la storia della videocamera, mi è apparsa fuori luogo tutta questa tecnologia al premio Strega. Forse ho un rispetto per certi premi che non mi permette di capire l’idea del Veronesi.
Morgan
Allora, un reportage rispettoso della crosta dello Strega, delle buone maniere, dell’eleganza, si chiama “reportage da pagina culturale di quotidiano”.
Un reportage un po’ guascone e un po’ abrasivo della crosta elegante si chiama “gonzo reportage”.
Un reportage che alla maniera di Report renda visibile l’invisibile dei movimenti di potere dell’editoria come si chiama “reportage impubblicabile”?
un peplo candido, un tailleur di raso lilla, quindici scollature biscottate, un paio di sandali di vernice bianchi col fiocchetto dietro, otto vestiti da sirena di otto diverse sfumature turchese, due pantaloni maculati leopardo, svariate spalline di reggiseno trasparenti. Se arrivo alla stessa età delle portatrici di quanto sopra e comincio a vestirmi così, abbattetemi.
Scusa, mi consenta, dissento, in pitonato dovresti stare da Dio, consiglio anche mutandine leopardate in pizzo.
Dovrebbe essere divisa d’ordinanza anche per le candidate e la Rossanda sono sicura approverebbe e vestirebbe.
Perchè abbatterti così? 🙂
besos
Cerco un romanzo di qualità che si legga con piacere, per esempio Caos Calmo che ha appena vinto un premio importante.
Entro in una Feltrinelli.
La commessa ha una faccina dolce e resistente come Simone Veil. Non l’avevo mai vista, devono aver mandato via lo sbruffone che c’era prima.
«Caos Calmo non c’è,» dice Simon, «di premi Strega ne teniamo pochissimi, di tanti anni fa.»
«È impossibile!, perché non lo tenete, ne vendereste centinaia di copie…»
«Da quando è cambiato il Direttore è cambiata la politica aziendale.»
In quel momento vedo un’onda di gente proiettarsi in libreria, in mezzo a loro c’è un tipo colla testa lunga, il cranio rasato, gli occhiali neri rettangolari… «ma! ma è…»
«Sì, è Michel Foucault,» dice lei, «lo ha chiamato il nuovo Direttore.»
«Anche questo è impossibile! Foucault è morto nell’84!»
«È tornato, il Direttore lo conosce bene.»
«Ah, presenta un libro?»
«No, sta tenendo un corso sulla “cura di sé”, ogni mercoledì, qui in libreria. Il direttore tiene molto a questo corso in cui il professor Foucault indaga la relazione tra potere e pratiche di libertà, denuncia gli strumenti di asservimento delle coscienze».
Michel Foucault, L’ermeneutica del soggetto – Corso al Collège de France (1981-1982), Feltrinelli
@Morgan. Veronesi un cercatore di parole? Veronesi è uno scrittore straordinario che scrive libri straordinari.
Sono d’accordo.Secondo me è lo scrittore italiano migiore di questi ultimi anni.
E quindi, se anche i premi fossero solo un gigantesco pastrocchio, per una volta avrebbe comunnque vinto il più meritevole.
ma perché, scusate, si tiene ancora il premio strega?
…
su scherzo. è solo che più guardo la vecchiaccia (respect! per carità) che tiene le fila della cricca-Strega e più accendo il computer e mi metto, da me, da solo, senza che nessun premio architettato debba darmi indicazioni, alla ricerca.
cioè, rispunta al solito la solita solitissima solfa: ma a che servono i premi letterari?
risposta: lancio pubblicitario. un tempo eclatante, oggi misero, domani nullo.
confidiamo nella rete. (tanto, ormai, ce li stampiamo pure, i libri).
@Simone. Nella rete non trovi i migliori scrittori italiani, ma quelli che si dedicano di più alla rete.
Sembra un’ovvietà ma non lo è.
@nicolò: rimane il fatto che i premi, ad ogni modo, stanno al mondo dell’editoria come gli showcase da feltrinelli a quello della musica. utilità zero.
“in rete non si parla mai di” : Franco Stelzer, e secondo me è un peccato 😉
ora tocca al Bancarella.Finalmente nuovi nomi(e party postumi con salsa di salmone appena rientrato in casa madre)
“In rete non si parla mai di” Angelo Ferracuti.
“In rete non si parla mai di” Antonio Pascale.
“In rete non si parla mai di” Beniamino Joppolo.
ma veronesi caos calmo le è piaciuto?
ci dica questo con chiarezza e siamo tutti contenti
pinOcchio: sì, mi è piaciuto.
Devo anche una risposta a Paul Klee: un reportage del genere che tu auspichi, la sottoscritta lo ha fatto insieme ad Aurelio Magistà, per il Venerdì di Repubblica, circa sette anni fa. E con un’inchiesta sui rapporti di potere letterari sempre la sottoscritta esordì su L’Espresso nel 1995: se ci tieni a saperlo, ci sono alcune persone che a distanza di undici anni ancora mi aggrediscono (ultimo episodio, nella hall di un albergo torinese all’ultima Fiera del libro, dove la sottoscritta è stata sottratta alle unghie di una signora dal prode Giuliano Vigini). Tanto per.
🙂
in rete non si parla di molti. Ma non mi sembra un grosso guaio che non si parli di antonio pascale, scrittore di cui si è parlato anche troppo sui giornali in passato e che è stato premiato ingiustamente + volte. Saluti a tutti
perchè nessuno fa mai notare che le biblioteche pubbliche acquistano i libri delle primarie case editrici nello stesso anno in cui vengono dati alle stampe contraffando le classifiche di vendita?(e perchè nessuno ha mai accennato al fatto che moltissime nuove traduzioni vengono effettuate senza conoscere una parola della lingua dell’autore,semplicemente spolverando l’oscura opera del primo traduttore e mettendoci una firma all’ultimo grido davanti?)
Loredana, immagino che ti aggrediscano anche dopo undici anni, se pensi a Report, eh, quante querele si sono beccati e chiedendo risarcimenti miliardari. Salvo poi arretrare perché alla fine sanno che perdono, come le ferrovie.
Oppure pensa al Tradimento dei critici. Ci vogliono le spalle larghe, e capisco che non tutti se la sentano, è umano.
Quindi alla fine è proprio così, oggi quel tipo di reportage si chiama “reportage impubblicabile”, per timore di ripercussioni. Ci resta, se non vogliamo impegolarci, lo spazio di libertà del gonzo reportage.
Klee, così come essere un lettore non basta a conseguire la patente di bella persona, ricevere una querela non è sufficiente per ottenere lo status di puri e duri. 🙂
Lippa, non è che Report ogni volta becca la querela: la querela non è una condizione necessaria. Oltretutto loro fanno indagini su fatti di rilievo penale, che spesso proseguono sulle scrivanie di inquirenti. Quindi niente a che vedere con quello che può succedere nel mondo editoriale (vale anche per la Benedetti ed è esattamente quello che ha detto il giudice di primo grado: non è materia da tribunale).
Il punto non è affibbiare l’etichetta di “duro e puro”. Il punto è capire in quale spazio di libertà massimo possiamo muoverci senza beghe: oggi è quella del gonzo reportage.
Perché voglio capire questo? perché da lettore con pretese di intelligenza (non penso di essere una bella persona per tanti motivi) chiedo a testi con pretese di verità, di rendere visibile questa verità, di non far passare descrizioni assolventi per descrizioni che affondano nel problema.
Chiedo anche di non far passare fiction per cronaca: il dato reale ha un peso quando è si fa un reportage (se si vuole fare letteratura naturalmente tutto cambia, e forse è proprio il sogno a essere il miglior grimaldello).
Tutto ciò, l’hai già capito, è nel segno della concretezza: parola come idea – strumento, parola per cambiare il soggetto, parola per strutturare la percezione.
Poi se vuoi andiamo a rivedere insieme – ci portiamo anche la batterista fumettista – La città incantata che è intrattenimento che a sua volta è poesia (perché anche questo esiste). Ma non facciamo un discorso ingarbugliato in cui mille piani diventano una sola cosa informe.
Non voglio affatto ingarbugliare il discorso: semplicemente, avevo voglia – e credevo si fosse capito – di fare più fiction che cronaca (anche se in quella fiction c’era parecchia realtà, e in quella realtà, forse, c’è stato un piccolissimo virus).
Quanto alla batterista fumettista, condivide con sua madre un amore assoluto per La città incantata, uno dei primi film da cui l’allora futura punk è uscita dicendo “cavoli, ma questa è poesia”.
è un periodo in cui trovo somiglianze e equivalenze e quindi vi tedio un pò. L’ultima in ordine di tempo riguarda ‘il lettore’ che ricorda ‘Paul Klee’ che ricorda Barbieri. Il mio è presumibile colpo di sole e gioco pseudoenigmistico, mi rintano subito sotto l’ombrellone, perdonatemi.
besos
Per ovvviare a questo tedioso intervallo apro a caso (ma non troppo) la sbrindellata edizione Adelphi dell I Ching e trovo un saggio e solido ragionamento cinese:
– Le parole di colui che progetta ribellione sono vergognose.
– Le parole di colui che nell’intimo del cuore nutre dubbi sono ramificate.
– Le parole di uomini salutari sono parche.
– Gli uomini agitatai usano molte parole.
– I calunniatori dei buoni fanno molti giri di parole.
– Le parole di colui che ha perduto il suo punto d’appoggio sono contorte.
Visto che la Cina è vicina direi che possiamo meditarci sopra e che pure sta scassap… della letteratura sarebbe ora facesse qualche bella riflessione e la smettesse di complicarci la vita attraverso critici, criticoni e santi vari che non si appagano delle parche parole di cui necessita, ma debordano (vittime del proprio Ego) con troppi giri di parole. Sopra viene spiegato a cosa i due tipi di ‘lallazione’ corrispondono.
Sorry, sto cominciando a diventare cattiva, ma con affetto 🙂
besos doppi