TOLKIEN, LA DESTRA, LA SINISTRA E L'UNIVERSO

Doppio post, eccezionalmente, su Tolkien.
Roberto Arduini interviene ieri su L’Unità.
Gianfranco De Turris risponde oggi su Il Giornale.
Buona lettura.

159 pensieri su “TOLKIEN, LA DESTRA, LA SINISTRA E L'UNIVERSO

  1. mi devo essere perso qualche passaggio:
    1-Pasolini icona della destra? prima li ammazzano poi ne fanno dei loro martiri? ‘azzo!
    2-gli indiani d’America icone della destra? vabbè che erano sugli ultimi manifesti elettorali della Lega Nord però…

  2. 97 commenti, niente male.
    Temi per le prossime settimane:
    “Lovecraft: schifoso razzista o spregiudicato socialista?”
    Almeno riuscirò a capire se in Red Hook faceva un elogio alla cooperazione fra americani, italiani e neri per il miglioramento dei dock (e l’abbattimento dei demoni malvagi ma non Malvagi) o se invece ne imputava lo stato di degrado al maledetto mix di razze inferiori che ci lavorava.
    Attori principali più o meno gli stessi, ma contro De Turris stavolta potrete nominare Evangelisti che ne sa.
    Poi, sempre per girare oltre la boa dei 100 commenti, la settimana dopo: “Frank Miller, fascista visionario o poeta dell’epos?”, lì ovviamente i Wu Ming spazieranno come non mai.
    Infine, meno commenti ma tanto per attirare anche qualche rocker, “Ted Nugent, dal Michigan al Ku Klux Klan!”
    Poi spazio alla pittura: i Futuristi? Troppo facile, meglio qualcosa di meno ovvio. E così via…

  3. Ho parlato di “contesto di ricezione”, con ciò intendendo il giudizio che su un autore hanno molti suoi lettori, e talmente tanti da determinare, appunto, un ambito di lettura particolare, capace di autoalimentarsi e di “organizzarsi”. È diverso da dire che Tolkien (o altro autore) fosse trappista separatista o un pirla qualsiasi; ed è diverso dal dire che il critico Tizio abbia travisato il senso della sua opera. È innegabile che a partire da Tolkien si siano create comunità particolari; quelle che ho visitato on-line mi hanno lasciato perplesso. Punto. Non volevo dire altro che questo.
    s-

  4. E’ possibile discutere della scrittura di Tolkien, separandola nettamente dalle comunità in cerca di riferimenti ed icone identitarie? Da parte di molti, tra loro opposti, ciò sembra impossibile. In tanti interventi si precipita nella pratica della divisione netta secondo le categorie sinistra e destra, buoni e cattivi. E’ possibile affermare che il poeta, il narratore, l’autore di cinema Pasolini ha espresso più contaddizioni che certezze? Questo non dovrebbe ingenerare semplicistiche convinzioni, ma dare luogo a valutazioni complesse, articolate e riflessioni insofferenti alla spasmodica ricerca delle etichette.

  5. @dinosauro: è senz’altro possibile, tant’è che la stragrande maggioranza degli studiosi di Tolkien nel mondo lo fa.
    @saverio: “E’ innegabile che a partire da Tolkien si siano create comunità particolari”. Sì, comunità che rappresentano una ben piccola e misera realtà (tutta italiana). A partire da Tolkien si sono create esperienze ben più interessanti delle conventicole di fascistelli a cui si allude. Qualche esempio random:
    – La Tolkien Society (www.tolkiensociety.org);
    – La rivista “Nigglings”, fondata da Alex Lewis, che raccoglie esperimenti di fan fiction ambientata nella Terra di Mezzo;
    – La comunità di fan fictioners http://www.tolkienfanfiction.com;
    – La Middle-Earth Role Playing Community (www.merp.com), che non discute soltanto di giochi di ruolo…;
    – La Tolkien Studies review della West Virginia University, che raccoglie un gruppo di studiosi intorno al lavoro seminale di Verlyn Flieger e Michael Drout (http://wvupressonline.com/journals/tolkien_studies);
    – Il gruppo di volontari della Indipendent Online Cinema, che realizza spin off cinematografici amatoriali delle opere di Tolkien, con poche migliaia di dollari e di qualità notevole (www.thehuntforgollum.com e http://www.bornofhope.com);
    – Al di qua delle Alpi: la Società di Studi Tolkieniani Romana (www.studitolkieniani.org) e il gruppo di studi che ha come riferimento la casa editrice Marietti di Milano.
    Questo non è che un piccolissimo campione delle comunità interessanti che nel mondo e perfino in Italia espandono, studiano o giocano creativamente con la narrativa tolkieniana. Forse sarebbe il caso di iniziare ad accorgersene e relegare il resto nell’angolino buio che si merita.

  6. @ Dinosauro
    Sì, è possibile, anzi: doveroso; credo che sia uno dei compiti del critico letterario. Il lettore non professionale ha dei limiti, non foss’altro che quelli di tempo a disposizione; e allora sceglie in base ad affinità o ad avversioni, che possono essere anche solo intuite e non approfondite. Se così non fosse, se cioè dovessimo sempre avere un quadro preciso degli autori, la lettura sarebbe appannaggio di pochi eletti.
    Hai anche ragione sulle “contraddizioni” di Pasolini, che tra l’altro, essendo stato convintamente comunista, non dovrebbe essere considerato “di sinistra”, essendo storicamente il comunismo altra cosa dalla sinistra (basterebbe rileggersi Gramsci su ciò). In ogni caso, ogni autore che sia degno di questo nome è insofferente alle etichette; va anche detto che le etichette sono alla base di questa discussione, a partire dal titolo del post. E sono il “contenuto” dei due articoli dell’Unità e de Il Giornale.
    La discussione sulle etichette, tra l’altro, potrebbe essere solo un modo di sintetizzare differenti letture critiche. Recentemente, su Carmilla, Evangelisti ha polemizzato con Lagioia sulle convinzioni socialiste di Jack London. Socialista o non socialista, era questo il problema (in quella sede). Un’etichetta che apre dei mondi.
    Faccio di nuovo l’esempio di Brecht. Era comunista. Ma cosa si nasconde dietro quell’etichetta? Il comunismo autoritario di Stalin o quello consiliare di Korsch? Sono mondi radicalmente differenti.
    E comunque un’etichetta, per il lettore normale, può attrarre o respingere. Anche questo fa parte dell’ambito letterario. Certo, il lettore deve emanciparsi dalle etichette e riuscire a leggere Tolkien, poniamo, al di là dell’essere stato considerato un autore di destra e al di là delle comunità che lo esaltano. Io credo di avere raggiunto questa maturità, anche se, proprio per la scarsità di tempo a disposizione, può capitare che scelgo un libro perché il mio contesto di riferimento me lo suggerisce. “The dome”, ad esempio, l’ho acquistato a seguito della lettura della precedente discussione sul monnezzone. Se questa comunità di lettori non ha avuto lo stesso effetto, su di me, per Tolkien, ciò è dovuto certamente al mio primo approccio al Signore degli anelli (noia mortale!), ma anche perché l’etichetta si è dimostrata, per certi versi, vera; se leggo, ad esempio, non più il Biffi citato in precedenza, ma il Franco Cardini (“cattolico, tradizionalista, uomo d’ordine” – sic!), che certo ha uno spessore differente, il quale però arriva alle stesse conclusioni del Biffi medesimo, ecco che la mia avversione si rafforza.
    Non ho i numeri per stabilire se un’etichetta sia più vera di un’altra. Leggendo qua-e-là di Tolkien sulla rete m’è sorta spontanea una domanda: quanto incide, sulla sottrazione dall’oblio di questo autore, lo sdoganamento culturale della destra ex-fascista?
    saverio

  7. @ WM 4
    leggo solo ora il tuo commento … Mi dispiace, ma continuo a pensare che se quelle comunità esistono, e se qualcuno può scrivere che «Il Signore degli anelli altro non è che la celebrazione del trionfo del Bene sul Male; della Bellezza e dell’Amore Divino sulle Tenebre e sulla corruzione dell’armonia nel cuore degli uomini e degli dei», qualcosa che li porta in questa direzione deve esistere nei testi di Tolkien … Dopodiché, torno al Trevisan dei grotteschi che sto leggendo: mi soddisfa di più …
    s.

  8. @ Saverio
    un sacco di gente non distingue tra i libri di Marx e i “killing fields” di Pol Pot. Secondo la tua logica, qualcosa deve pur esserci, negli scritti di Marx, che giustifica queste letture… Quindi, siccome mi fanno schifo le stragi polpottiane, mi rifiuto di leggere Marx, perché in un giorno ci sono solo 24 ore e devo pur filtrare etc. etc. etc.

  9. @ WM 1
    Non facciamola così banale. Mi pare che in ciò che ho scritto è chiaro l’ordine: il primo giudizio è sull’opera (la noia che provo leggendo Tolkien); poi aggiungo che anche altre considerazioni entrano in gioco …
    s.

  10. @saverio: sulla noia che suscita in te Tolkien non si discute, è evidente che de gustibus non disputandum est… Sulle altre considerazioni vorrei dire che certamente nella narrativa di Tolkien c’è “qualcosa” a cui certe letture ideologiche possono appigliarsi. Il Signore degli Anelli racconta in effetti il trionfo (momentaneo) delle forze del Bene su quelle del Male. E’ una rappresentazione antica quanto il mondo e non necessariamente “politically oriented”. Che nel romanzo ci sia un sostrato cristiano e perfino cattolico è lo stesso Tolkien ad ammetterlo. Se questo sia sufficiente a giustificare o avallare letture tradizionaliste, dualiste, misticheggianti, premoderniste, etc. è la materia del contendere. Per tutti gli studiosi seri dell’opera di Tolkien è evidente di no, soprattutto considerando i molti altri ingredienti contenuti nelle oltre mille pagine del SdA (nonché nelle oltre 8.000 pagine pubblicate dal professore nell’arco della sua vita professionale).

  11. WM4 concordo e dirò di più: se è solo un appigliarsi, pure se prendiamo il Vangelo lo possiamo affettare in maniera destrorsa, sinistrorsa e pure anarchica, peccato che quel che otteniamo non sia il messaggio originario del testo e non ne coglieremo mai il senso.
    PS occhio col dualismo eh che proprio in quanto cattolico in Tolkien non sarà mai radicaleggiante. Infatti nemmeno Sauron è il Male assoluto come giustamente dicevi.

  12. Concordo sul fatto che la lotta a tutto tondo tra il Bene e il Male è antichissima, seducente, trasversale e pervasiva. Tollerara la contraddizione e l’ambiguità (“equivocità vs univocità” per come l’intendo io) senza diventare cinici, scettici, nichilisti o postmoderni è cosa estremamente difficile, però uno ci può provare.
    Non so cosa si possa trovare in questo senso in Tolkien, ma sicuramente la trilogia di Ursula LeGuin in fatto di ‘equivocità’ ci dice molto. E Ursula LeGuin è una scrittrice di fantasy, se non sbaglio.

  13. “Lovecraft: schifoso razzista o spregiudicato socialista?”
    “E sulle simpatie nazifasciste E comuniste di H.G. Wells ne vogliamo parlare?”
    Scusate, ma dopo 100 e passa commenti, ritengo che questo punto sia stato superato già da un po’ e non ha molto senso ritornarci sopra: si può leggere Celine senza per questo essere degli antisemiti; mi sembra che su tale aspetto siamo d’accordo tutti. Non sono gli orientamenti politici dei vari scrittori a interessare, ma il modo ideologico in cui certe opere – nello specifico * Il Signore degli anelli* – possono essere lette e strumentalizzate.
    Vado leggermente OT: ricordo un’intervista televisiva fatta a Giorgia Meloni, da poco eletta ministro. Alla domanda “ Il suo libro preferito?” la risposta fu, ovviamente, *Il Signore degli anelli*.
    Ora, ogni volta che vedo sugli schermi la Meloni, a me capita di rammentare un episodio che la riguarda e che anni fa passò su Blob: l’Onorevole (all’epoca semplice militante di AN) veniva ripresa mentre arringava una folla di giovani destrorsi. Il suo discorso di tipo apologetico, era tutto teso ad esaltare la morte eroica del mercenario Quattrocchi. La Meloni, rideva e prendeva per il culo, con un cinismo e una crudeltà insopportabili, la povera Giuliana Sgrena, per aver pianto davanti alle telecamere durante la prigionia. Ripeto: rideva. Contrapponeva il gesto coraggioso del contractor (in ginocchio, in attesa del colpo alla nuca. “Ora vi faccio vedere come muore un italiano” etc…) alle lacrime “disonorevoli” della giornalista.
    Ecco, se il lavoro di Wu Ming 4 (e di altri) servirà a sottrarre a fascisti del calibro della Meloni, il monopolio dell’interpretazione (filologicamente distorta) dell’opera di Tolkien, io non potrò che essergli riconoscente.
    Scusate l’OT.

  14. Comunque Ladies and Gentlemen, dopo 115 post, mi pare di poter evincere che bene o male la stragrande maggioranza del commentarium ha evidenziato la fallacità – oltreché l’inutilità – del giochino delle investiture sugli autori. Soprattutto se si tratta di vagliare la loro appartenenza politica, o l’orientamento politico delle loro opere.
    Il che è certo operazione lecita, purché resti nelle teste dei critici o nei salotti e non approdi possibilmente alle recensioni dei film\libri, o tantomeno ne comprometta il giudizio critico.
    Paremi anche, leggendo passim, che questa tradizione – se non tutta italica poco ci manca – sia scemata negli ultimi anni, e questo mi fa ben sperare che i nuovi critici probabilmente ne saranno abbastanza immunizzati.
    A chi ancora avesse dubbi su Tolkien, anche artistici, propongo di leggersi il capitolo numero XIX de “Il Silmarillion”. E’ una storia in qualche modo autonoma, lunga appena 20 pagine, e anche gli annoiati potranno arrivare in fondo.
    E’ una storia d’amore (se riuscite ancora a digerirle), tra l’essere più perfetto e mirabile mai esistito, ed un mi(se)rabile umano. Cosa ci sia di “conservatore”, “tradizionalista”, o addirittura reazionario, in quelle pagine, mi sfugge. Anzi, visto che siamo su Lipperatura, potreste scoprire una delle eroine più belle del ‘900 letterario, altro che la principessa chiusa nella stanza col draghino a difesa…
    *
    p.s. Al commentatore onnisapiente, volevo solo dire che era su Leningrado, il film mancato di Leone…

  15. Non riesco a capire il tuo ragionamento, Saverio… un conto è se dici che Il Signore degli Anelli ti annoia o che non è il tuo genere e quindi preferisci leggere altro, dovendo comunque scegliere e non potendo passare tutta la vita solo a leggere. Questo è ok, lo facciamo tutti. Io per es. non amo il noir (a parte qualche eccezione, tipo Woolrich) perché spesso mi annoia, quindi mi dirigo su altro. Ma non leggere un libro solo per via delle interpretazioni date da qualcuno che non ti piace… non lo capisco! Tra l’altro, negli stessi anni in cui ISDA veniva utilizzato quasi come manifesto dai giovani di destra, negli USA era il manifesto dei giovani libertari, cioè veniva letto in maniera esattamente opposta. E allora come la mettiamo? 😉 Io ho scoperto ISDA grazie a Stephen King che lo ha citato spesso nei suoi libri e l’ho letto senza immaginare minimamente che in Italia fosse stato “accalappiato” dalla destra, non ero neanche nata in quegli anni… così l’ho giudicato liberamente come un romanzo che mi ha dato molto, lo rileggo periodicamente, addirittura. Il fatto che sia piaciuto anche a Biffi… non m’interessa, a me interessa quello che aveva da dire Tolkien, non Biffi, De Turris o altri! 🙂

  16. Ma poi, Saverio: guarda che il SdA non è stato ‘sottratto’ a nessun oblio. Il fenomeno-SdA è esploso un annetto dopo la pubblicazione del libro, e da allora è continuato ininterrotto. Ha fatto tutto da solo, insomma, e non è che qualcuno lo ha aiutato – è che qualcuno si è agganciato al carrozzone.
    E se il ‘se-lo-diconto-tanti-qualcosa-di-vero-ci-sarà’ ha un valore, allora: tutti pronti al 2012? Occhio che Giacobbo ha detto che arrivano i fotoni…

  17. Da una parte appelli accorati a leggere i libri solo per se stessi, senza pregiudiziali ideologiche, senza schemi prefissati, facendo finta di non sapere quel che si sa.
    Dall’altra le stesse persone si sentono in dovere di specificare che i cattivi che interpretano faziosamente e ideologicamente sono tutti sempre e solo da una parte sola, cioè i cattivi, arrivando a pretendere di non sapere nulla delle ricezione di Tolkien in Italia. Non dicono nemmeno che fosse sbagliata: pretendono che non sia mai avvenuta.
    Chiaro: posso dire, a me non interessa nulla delle idee, del contesto, della politica, della società – io leggo solo e soltanto per lo stile, per me il contenuto non conta affatto. Così posso leggermi Bagatelle per un Massacro godendomi la verve polemica e satirica come pure il debito verso Leon Bloy. Eppure ho una mezza idea che quelli più fervidi nel condannare la letteratura ideologica non siano così entusiasti di una lettera così strettamente formalista… Io ci riesco a leggere Ernest Junger solo per lo stile, non so loro…
    Una lettura non ideologica non solo non fa finta di non sapere ma lo sa meglio, cioè contestualizza. Una volta che hai chiaro il perchè ed il percome di uno scrittore nel suo mondo allora puoi apprezzarlo davvero solo come scrittore.
    E magari riesci pure ad evitare la trappola della ‘grandezza’, cioè il dare per scontato che l’importanza derivi dalle copie vendute o dalle pagine sull’antologia scolastica o le menzioni sulle pagine culturali e ti puoi godere scrittori minorissimi e dimenticati ma che parlano proprio a te, personalmente, come se li conoscessi.
    Così, quando uno mi dice meraviglie di Tolkien (ma anche di Wilbur Smith, di Paolo Coehlo, di Philip Dick, di Marcel Proust, di Dante, di Shakespeare) non posso fare a meno di pensare che ci sia un motivo ulteriore (identitario, snobistico, di casta…). Se uno invece mi dice che il suo scrittore preferito è Max Beerbohm o Pierre Loti o Alfred Doblin o Guido Morselli o John Dos Passos, beh, allora il mio cuore (o almeno il mio orecchio) è suo…

  18. @ Anna Luisa
    Quella sulle simpatie naziste e comuniste di Wells era una battuta, poichè chiaramente Wells non è uno scrittore di moda e quindi a nessuno interessa appropriarsene o condannarlo.
    Altrimenti sarebbe curioso sapere come lui e George Bernard Shaw potessero avere un opinione così positiva sia di Mussolini e Hitler che di Lenin e Stalin…

  19. Per quanto mi riguarda io leggo e giudico un libro per il contenuto e per lo stile, per quello che dà a me lettrice. Non mi interessa sapere cosa ne pensano né la destra né la sinistra né altri lettori, mi fido del mio giudizio e siccome leggo solo per mio piacere, dato che non sono una critica letteraria o altro del genere, questo è il mio “metodo” 😉 Ho un amico che, se sente un’affermazione, prima di dichiararsi d’accordo o in disaccordo deve sapere se chi l’ha pronunciata è di sinistra o di destra. Per me è assurdo, io se sento un’affermazione dico se sono d’accordo o no, poi se per caso chi l’ha detta vota al contrario di me, la cosa non mi turba neanche un po’… figuriamoci chi fa così con le opere letterarie!

  20. Scusami, Sascha, te lo dico con simpatia, non ti è mai venuto il dubbio che quello che tu non puoi fare a meno di pensare possa non corrispondere a verità o, comunque, non rappresentare al meglio la realtà dei fatti?
    Così, tanto per fare un’ipotesi. 🙂

  21. Chiaro, esprimo la mia personale opinione e lo faccio come se la ritenessi vera, altrimenti non avrebbe senso esprimerla. Tu no?

  22. Io comincio a dirlo con poca simpatia e ancor meno pazienza, dal momento che la provocazione è graziosa quando dura poco: “Wells non è uno scrittore alla moda”. Il sottinteso è che Tolkien, invece. E cento e rotti commenti non bastano, sembra.

  23. Ultimo capolino su questo thread.
    Certo, Sascha, anch’io esprimo le mie opinioni e, anzi, siccome mi capita di assumere a volte un tono apodittico, tento di mitigarle con una profusione di: secondo me, io penso, sono convinta ecc. ecc. ecc.
    Epperò cerco il più possibile di non interpretare comportamenti altrui. Se qualcuno legge l’autore x, gli faccio credito di leggere l’autore x per motivi che possono anche non essere ignobili, dozzinali, massificati, oppure, all’opposto, per motivi snob o elitari che dir si voglia.
    Perché può verificarsi anche il fatto che si cominci a snobbare un autore quando diventa cult o troppo popolare. Ah, signora mia, come è mal frequentato il mondo letterario di questi tempi.
    A me piace molto D’Arzo, per esempio, ma mi piace molto pure King.
    E non spasimo per appartenere a caste o nicchie di nessun tipo, e meno che mai cerco approvazioni da parte di qualcuno.

  24. @ Francesco
    Quando nel 1936 venne portato sullo schermo il romanzo di Wells ‘The Shape of Things to Come’ in Inghilterra venne usato il titolo ‘H.G.Wells’ Things to Come’ in quanto Wells era uno degli scrittori in assoluto più popolari del tempo ed il suo nome era un ottimo richiamo pubblicitario. Anche negli Usa, pur non usando il suo nome nel titolo, la sua fama venne impiegata pesantemente nella campagna di lancio.
    Il film di Spielberg ha molto poco a vedere con il romanzo ed è da intendersi piuttosto come un remake del film del 1953, a sua volta molto libero nei confronti del romanzo e non ricordo particolari polemiche sulla fedeltà o meno del film al romanzo.
    Ormai i topos dei suoi grandi romanzi (siamo invasi da alieni; viaggiamo nel tempo; esperimenti per creare nuove razze; guerre distruttive da cui risorge una nuova umanità etc) si sono staccati dal creatore e vivono di vita propria. Wells in se’ e poco letto, come del resto Dos Passos (su Ibs noto che dei tre romanzi che compongono la trilogia U.S.A. è in commerci solo 42 parallelo). Wells se la cava meglio ma la maggior parte dei suoi libri in italiano sono vecchie traduzioni Mursia (diverso sarebbe se Adelphi, che ha pubblicato un suo racconto, decidesse di lanciarlo in grande stile…)
    Non è una questione di valore ma di ricezione o moda. Per me Wells è uno dei grandissimi ma faccio fatica a farlo leggere ad altri.
    @ Valeria
    Il discorso era sulla ricezione di Tolkien in Italia, non sul suo valore. L’episodio dell’appropriazione indebita di JRRT da parte dell’estrema destra italiana è avvenuto (lo chieda a Wu Ming 1) e s’è discusso delle ragioni. Quando qualcuno mi dice che non è mai avvenuto mi sento di parafrasare Groucho Marx: credo a te o ai miei occhi?
    Quali sono i motivi per cui uno scrittore è popolarissimo e dimenticato poco dopo la morte o magari ben prima? Quelli per cui è ignorato in vita, scoperto in morte e poi nuovamente ignorato? L’opera è la stessa, il ‘valore’ non cambia: cambia il pubblico e quali sono i suoi motivi? Ah, niente, prima gli piaceva e ora non gli piace più. Dobbiamo stabilire che la responsabilità sia sempre dello scrittore che, magari, a un certo punto ha smesso di ‘scrivere bene’? Insomma, il valore sarebbe relativo e non assoluto, se prendiamo in considerazione il pubblico.
    Sì, in effetti capita anche questo (più nella musica pop rock, a dire il vero): un artista diventa troppo popolare e allora i suoi primi fan lo abbandonano. S’è venduto, dicono; non è più quello di una volta. Dobbiamo credergli? O magari lo accusiamo di motivi ignobili: ‘Ah, signora mia, come è mal frequentato etc’
    E non è forse che uno dei meccanismi fondamentali del successo (in tutto i campi) è il successo stesso? Che a partire da un certo punto si legga un libro solo perchè lo leggono gli altri (a me qualche volta è successo)? E magari ci piace pure o pensiamo che ci debba piacere per motivi non ignobili ma che poi, alla fin fine, non ci verrà mai in mente di rileggere? Tipo: il giorno, ahime’ lontano, in cui la Camorra non ci sarà più si leggerà ancora Gomorra?
    Insomma, posso farlo bene o male, posso aver torto o ragione, ma non vedo nulla di male nel ragionare del perchè un certo libro piaccia o non piaccia aldilà del valore specifico.

  25. Scusate, non ho letto tutti i commenti, ma i due articoli si.
    Da grande sostenitrice di Tolkien quale sono non posso non rispondere.
    A parte il fatto che credo che quei due non abbiano mai letto niente di Tolkien, credo inoltre che un autore di tale grandezza non possa essere chiuso nei limiti di una definizione.
    Tolkien non era progressista (“preferisco i fulmini ai lampioni e i cavalli alle automobili” e altre frasi simili lo confermano), ma non può di certo essere considerato di destra, non da chi ha letto il SdA perlomeno, dove i sentimenti di unione, amicizia, coesione sono lontani anni luce dal fascismo.
    Anzi, a dirla tutta, non dovrebbe proprio essere giudicato in alcun modo, e non è giusto che si usi come pretesto la sua grandezza per accendere un dibattito che alla fine è solo politico e non letterario.
    Invece di sputarsi sentenze gli uni con gli altri che lo leggano Tolkien e ne attingano un po’ di saggezza, questi politici.

  26. “A parte il fatto che credo che quei due non abbiano mai letto niente di Tolkien”
    C’è nessuno che ha l’indirizzo mail di De Turris?

  27. Mi sembra che Tolkien abbia dichiarato la sua preferenza per i fulmini rispetto alle lampadine parlando di letteratura, e in particolare dello scrivere. Non era un dichiarazione di preferenze estetiche ma un criterio di lavoro: il fulmine è una categoria universale e lo conoscono tutti, la lampadina è interessante solo se sai cos’è. Scrivendo di fulmini e cavalli poteva trattare certi temi (ad esempio quelli politici) in chiave più generale e quindi, astraendosi dalla terza crisi di governo del 1967 in Italia, parlare invece del Potere, del Consenso e della Corruzione a livelli più generali, quelli insomma che possono riguardare sia il primo ministro di una grande potenza militare che il venditore ambulante di coltelli e casalinghi – che ci ha pure lui i suoi problemi etici, non necessariamente meno importanti di quelli di un primo ministro.
    In realtà c’è moltissima politica in Tolkien, e il SDA è tra l’altro un grosso trattato di politica – ma non si tratta di politica riconducibile alle categorie particolari dei partiti italiani del dopoguerra (e nemmeno dei partiti inglesi, se per questo; o dei partiti turchi, finlandesi o senegalesi).
    Poi, naturalmente, il bello di un libro è che puoi darne l’interpretazione che vuoi e lui non si ribella.

  28. Ma che bello, sei un’insegnante. La mia professoressa di lettere odia Tolkien.
    Comunque, pensando a Tolkien alla sua vita, all’educazione che impartì ai suoi figli, non credo che la frase sui lampioni (non sulle lampadine) si riferisse solo alla scrittura. Lui era antimoderno, come un novello Cacciaguida. Mi permetto di discordare anche sulla seconda parte: non credo che il SdA sia un grande trattato di politica, non credo che il suo autore prenda una posizione. Se non quella del bene.

  29. @camilla: guarda che Tolkien guidava l’automobile e in casa non aveva le candele o le torce, ma le lampadine, come tutti. E quando stava male prendeva delle “modernissime” medicine. E’ evidente che il riferimento ai lampioni è un’immagine figurata, una metafora per indicare che a lui interessava la sostanza, cioè la luce, non la macchina. Poi, come la maggior parte degli uomini di lettere del suo tempo aveva un’innata avversione verso la tecnologia (figurarsi che preferiva scrivere mano anziché battere a macchina), e quindi la sua frase sui lampioni e le automobili aveva forse anche un’implicita tonalità autoironica.
    La sua avversione per la Modernità era sostanziata da ben altre cose. Tolkien odiava l’idea di Stato Moderno, la trovava oppressiva e liberticida. Aborriva l’industrializzazione dell’economia, l’urbanesimo industriale, la massificazione della società, la perdita del senso del sacro in relazione alle cose del mondo e in favore della subordinazione dell’uomo alla Macchina. Macchina intesa in senso lato, non come tecnologia, appunto, ma come dispositivo di organizzazione sociale basato sulla sottomissione dell’uomo e della natura all’automatismo seriale e allo sfruttamento. Macchina che aveva visto all’opera per la prima volta in tutta la sua devastante funzionalità durante la Prima Guerra mondiale (in cui perse metà dei suoi amici), cioè Macchina mortifera e omicida, letteralmente contraria alla vita.
    Altroché se Tolkien era antimoderno, ma non nel senso che gli attribuiscono certe letture faziose, non rimpiangeva un tempo perduto, tanto meno una fantomatica Tradizione. Infatti non ha ambientato i suoi romanzi nel passato storico, bensì in un passato mitico che non coincide con la tal epoca o la tal altra. La Terra di Mezzo è un mondo arcaico, sì, perché Tolkien voleva narrare della sostanza delle cose e scelse quindi di coglierle nel momento iniziale, coniando la cosmogonia e la storia germinale di un mondo ipotetico. Non per niente nella Terra di Mezzo non c’è traccia di religione, come invece dovrebbe esserci se Tolkien avesse voluto esaltare – ad esempio – un Medioevo ideale. Erano le virtù e le qualità umane che stanno alla radice dell’umanità e che vengono prima della religione (e perfino prima della fede) che Tolkien voleva raccontare. Nel mondo pre-cristiano che dipingeva potevano rispecchiarsi molti dilemmi del mondo post-cristiano in cui si trovava a vivere. Un mondo post-catastrofe, tanto per tornare a McCarthy e a La Strada, cioè il Novecento: due guerre mondiali, la Shoa (più svariati altri genocidi), la bomba atomica, la guerra fredda e la minaccia nucleare, l’affacciarsi per la prima volta nella storia umana di una realistica possibilità di autodistruzione totale (o quasi) della specie. Era questo il tempo vissuto da Tolkien e non gli piaceva. Possiamo – e forse dobbiamo – essere meno pessimisti di lui. Ma riusciamo a dargli davvero torto?

  30. @Wu Ming 4
    Io non discuto il fatto che Tolkien usasse macchine o medicine, ci mancherebbe. Discordo sul definire Tolkien “progressista”.
    p.s. Tolkien scriveva a mano perchè era appassionato di calligrafia e disegno, non perchè rifiutasse le macchine da scrivere.

  31. Camilla, è ovvio che è ingiustificato definire Tolkien “progressista”. Infatti nessuno lo ha fatto. Né Arduini nel suo articolo su l’Unità, né qualcuno in questo dibattito. Ci siamo tutti concentrati nel dire che non era tradizionalista.
    Quanto alla calligrafia, è vero che era un appassionato, ma certo non scrisse a mano la maggior parte dei suoi scritti per questo. Nelle sue lettere si nota come ogni volta che gli toccava scrivere a macchina non si trovava a suo agio. Sinceramente non ne dedurrei granché da questo, se non appunto che era un po impacciato con la tecnologia.

  32. Quoto in tutto WM4, e aggiungo: teniamo anche conto che Tolkien era inglese. Il che è meno ovvio di quello che sembra. La cultura della campagna inglese è…strana. Ma tanto. ‘Conservatore’, qui, non significa necessariamente quello che significa in Italia: durante i miei giri mi è capitato di essere ospitato da ‘conservatori’ convinti, che tanto poco temevano gli stranieri da prenderseli, appunto, in casa per la notte con zaino, fango e tutto.
    Applicare i punti di vista di un tempo e luogo a un autore che viene da un altro tempo e un altro luogo è un’operazione di pura ideologia, da qualunque parte venga. Ed è questo, mi pare, che si sta cercando di evitare…

  33. …Premesso che non intervengo sull’interpretazione Tolkeniana per manifesta ignoranza del tema. Però quando si definisce il novecento come un mondo post-catastrofe e ci si chiede possiamo dare torto al “buon Tolkien”?
    Francamente rispondo di sì, il 900 è anche il secolo della decolonizzazione, dello stato sociale e della rivoluzione d’ottobre. Ma questo è un altro discorso che con gli hobbit ha poco a che spartire.

  34. Certo Saint-Just, hai ragione, infatti ho detto che abbiamo il dovere di essere meno pessimisti di Tolkien. O per lo meno di avere l’ottimismo della volontà, per dirla con Gramsci. Ma noi il Novecento lo guardiamo da qui, mentre la generazione di Tolkien se l’è preso tutto in faccia. Io e te non abbiamo combattuto nella battaglia della Somme, non abbiamo visto un terzo della nostra generazione scolastica falcidiato nell’arco di pochi anni, non abbiamo avuto figli arruolati nella Seconda Guerra mondiale, non abbiamo visto la sconfitta del nazismo sfociare nella Guerra Fredda né vissuto la nostra vita adulta sotto la minaccia della guerra nucleare totale. Ecco perché non mi sento di biasimare Tolkien per il suo pessimismo. Anche se certo non è il mio. Io come te penso che sia meglio vedere il bicchiere del secolo – e di tutta la Storia – mezzo pieno e mi sforzo assolutamente di farlo. Tuttavia sono consapevole che si tratta di un esercizio di lettura e selezione, nonché di un atto incondizionato di fiducia nell’umanità. Tolkien credeva piuttosto in Dio, nella sua grazia e misericordia. Io no. Ma sono un uomo – non credente – del mio tempo, non del suo.

  35. Mha! Sarò paranoico io …
    Però. Quando vedo spostarsi ingenti capitali in direzioni precise, non ci posso fare niente, mi si insinua il tarlo del sospetto. Io continuo a considerare l’industria dell’intrattenimento di massa uno strumento estremamente potente e in mano a pochi, un’elite nella quale si è inclusi per affinità cooptata. Coloro che, anche loro malgrado, hanno la disponibilità dei ‘soldi veri’, non i piccoli editori che per passione e assumendosi immani rischi per la loro misura propongono autori validi di per se ma, eventualmente, di obliqua tendenza.
    Sono convinto che, per restare nel nostro angusto cortile, la proposizione del SdA con tutti gli accorgimenti dell’odierna messa mediatica cantata in dolby surround e 3-D sia stata manna dal cielo per le italiche destre. Era il 2001, anno fatale, ma già da qualche lustro nell’aria che si respirava qualcuno riconosceva antiche essenze medio-orientali mai del tutto dimenticate. Il fantasy, allora, tout-court, comprensivo di verde e di secco, non stiamo tanto a sottilizzare.
    Naturalmente, i media di massa non creano la tendenza, ma hanno l’indiscusso privilegio di assecondarla, di amplificarla. Non mettono in scena fisicamente, ma orientano l’obiettivo della videocamera là dove è ‘meglio’ che questa videocamera indugi. Pare poco?
    Alimentare (imperativo) un immaginario fatto di spade con nome e cognome, di battaglie campali introdotte dall’inno alla morte, di sotterranee forze che, dopo secoli di sonno apparente, risorgono alla luce quale strumento di cupo e cieco sterminio e, naturalmente, maghi, stregoni, coraggio disperato, soldatesse e compagnie alla spicciolata. Il fuoco snatura e il ghiaccio conserva, ma quando ci vuole ci vuole.
    Ne risente la qualità della letteratura di genere ? E chisseneiporta non ce lo metti ?
    Il web comincia a essere colmo di petizioni sul merito. Forse, qualcosa sta cambiando, non lo so, ma spero proprio di sì.
    Il mio convincimento è che da qualche anno a questa parte abbiamo assistito al proliferare, intrinsecamente ingiustificabile, di pubblicazioni italiane a tema grosso modo univoco di misera qualità. Dove si è scelto di orientatare i più sostanziosi investimenti comunicativi sul ‘nuovo’? Sono stati grandemente pompati a dismisura ‘autori’ di nessuna esperienza, di spessore nanometrico, giovani e giovanissimi che hanno prodotto narrazioni vuote e insignificanti per gli editori più importanti. Perché ?
    L’uso distorto che si è fatto e si continua a fare di Tolkien ne è termometro.
    @ WM4: quello che scrivi è senza dubbio degno della massima attenzione, è una lettura alta, circostanziata e approfondita di innumerevoli livelli. E la condivido. Ma è anche molto sofisticata e di sedimentazione davvero problematica. Perché poi vai al cinema e vedi Aragorn (Il Senza Corona) che con un colpo di spada stacca la testa alla Bocca di Sauron. Senza se e senza ma. Cortocircuiti a raffica. I significanti del momento storico riverberano nelle immagini ri-prodotte e si incastonano nell’immaginario simbolico di chi è spettatore di, quella sì, una messa in scena. E lo so che lo sai.
    Poi il Santo Padre si arrabbia con chi si deve arrabbiare.
    E, del pari, c’è chi si esalta perché finalmente può mettere mano alla nobile elsa (o più prosaicamente al portafoglio) e scagliarsi oltre la barricata. Ce ne sono (hai voglia!) di esimi, non parlo dei ragazzotti del quartiere tal dei tali o dei loro colonnelli.
    Io per primo cerco a volte di fare l’avvocato del diavolo perché mi rendo conto che le forze in campo sono agguerrite e forti e sostanzialmente non contrastate. Ma non da adesso. Il nocciolo duro da frantumare sarebbe, a mio avviso, proprio quella concezione propalata di diversità sostanziale di una precisa umanità che, purtroppo, non vive solo nelle pagine della fantasia, ma abita (da sempre) nei quartieri alti e privilegiati dei nostri capoluoghi.
    Ad ognuno il suo campo di battaglia . E quello dell’intrattenimento, è senz’altro influente quant’altri mai.
    Ciò che mi auspico sarà efficace nel prossimo futuro e che potrà avere la facoltà di rivoluzionare alcune logiche è nella diffusione degli e-book. Esthel, Speranza. Quando non avrà più valore colmare il campo visivo di chi entra in libreria con un unico titolo ridondante ad nauseam. Perché? Perché l’ho già letto, e non te lo consiglio proprio, poi se vuoi spendere UN euro …
    Massi

  36. Massi: a voler fare i secchioni, il tuo intero discorso si basa su una concezione del circuito produzione-consumo-influenza indimostrata, indimostrabile e, se mai, messa in discussione da studi ed esperimenti sulla ricezioni da almeno, quanto?, trent’anni a questa parte.
    E poi: si torna sempre a quanto sia di bassa qualità di fantastico italiano. Io non posso, ovviamente, prendere posizione in merito. Ma ti chiedo: di queste ‘pubblicazioni italiane a tema grosso modo univoco’, di preciso, quante ne hai lette? Non sentito parlare o guardato le copertine – ma comprate, aperte, iniziate e finite?

  37. C’è anche da aggiungere che il SDA film (che comunque è oggetto diverso dal SDA libro, bene precisarlo), è un progetto nato e voluto da Peter Jackson da molti anni prima. Se è uscito nelle sale dopo nel terzo millennio, è dovuto alla lentezza della produzione che fece tre film insieme.
    La New Line, di fatto, azzardò contro tutte le altre major che del film volevano proporre una versione di 2-3 ore.
    Quindi, non penso che dietro ci sia stata chissà che elucubrazione politica. La New Line peraltro dovette anche aggiornarsi da un punto di vista di software perché era molto indietro rispetto alla Industrial Light & Magic di Lucas e Co, quindi si parla di vera e propria scommessa.
    *
    L’episodio della bocca di Sauron francamente è un pochetto estremo. Sauron è il male assoluto, e Aragorn ha perso migliaia di uomini per colpa sua, oltre che amici. E al momento in cui compie il gesto, Sauron è tutt’altro che sconfitto. Anzi, Aragorn è convinto che su quel campo probabilmente lui e il resto dell’esercito troverà degna morte.
    Il ragionamento sulla guerra, però, comporta molta attenzione. Forse Francesco – che lessi già informatissimo sulla questione – potrà darmi man forte: mentre si gioca a D&D, non è che agli orchetti si fanno i processi, si sterminano. Per molti pedagogisti e psicologi, questa era sempre incitazione alla violenza, e all’intolleranza, e anche i GdR come il fantasy finirono in una discreta campagna mediatica di assalto (non saprei dire se da destra o da sinistra).
    Ma non mi risulta che né io, né i miei compagni di gioco, né i fanatici di Lucca Games, poi vadano a bruciare i clandestini, per sfogare la violenza repressa. Anzi. Il GdR, e credo anche certe letture, aiutano invece a raggiungere un certo equilibrio.

  38. Scusate, lo so che finirò per risultare il secchione della compagnia, però vorrei ricordare che la scena di Aragorn che mozza la testa alla Bocca di Sauron è un inserto degli sceneggiatori del film. Nel romanzo non c’è. E dirò di più: forse è una delle poche cose che Tolkien avrebbe davvero disprezzato dell’opera di Jackson, perché è una caduta di stile e un comportamento disonorevolissimo da parte di Aragorn. Nella mente del professore, il futuro re di Gondor non avrebbe mai e poi mai aggredito la delegazione di Mordor uscita dal Cancello Nero per parlamentare.
    Lo stesso divario film/romanzo andrebbe applicato anche alla scena della grande carica dei Rohirrim, che nel libro avviene in due tempi. Theoden incita i suoi cavalieri a caricare e durante l’assalto muore. Eowyn nel tentativo di difenderlo viene ferita. A quel punto Eomer, pazzo di dolore e disperato non tanto perché ha visto crepare il suo re, ma perché crede morta sua sorella Eowyn, che lui immaginava al sicuro a casa!, comanda una carica alla cieca contro i nemici chiamando su di sé la morte e gridandolo ai quattro venti. E’ evidente che la scena, nel romanzo di Tolkien ha un significato un po’ diverso. Insomma, a Massi vorrei dire che qui si sta discutendo di Tolkien, non di Jackson.

  39. Credo che Massi intendesse proprio il film, e la lettura che P.J. trasse dal romanzo, come a dire “guarda che interpretazione viene fuori”. O almeno io questo ho capito leggendo il suo intervento.
    Anche così guardando, comunque, il gesto di Aragorn – che come tutti o quasi gli umani visti dal neozelandese sono “peggiorati” rispetto al romanzo – non mi sembra questa incitazione alla violenza, o chissà che esasperazione del machismo bellico.

  40. p.s. Ovviamente sono ben d’accordo che l’idea di Tolkien fosse decisamente migliore di quella di Jackson – a scanso di equivoci. Ma penso pure che nel fantasy il discorso della guerra e della morte in guerra abbiano necessità di una contestualizzazione più “tollerante”. Altrimenti, ogni pagina può diventare un pretesto per un’accusa.

  41. [piccola provocazione, ma neanche poi troppo, per WM4. Stanotte ho avuto questo flash: dovresti scrivere la sceneggiatura di “Beren e Luthien” e proporla a Michel Gondry; secondo me verrebbe un capolavoro. Pensaci! ;)]

  42. Ekerot, con me sfondi una porta aperta (mi capita di scriverne di scene di guerra, e sai com’è, i dubbi vengono sempre…). Però occhio, perché proprio alla luce di quanto scrive Massi, le due scene sopra citate dicono qualcosa di importante rispetto al discorso che si è fatto in questo thread.
    Premesso che le scelte di Jackson non sono state dettate da motivi ideologici, ma puramente spettacolari e drammaturgici, le sue modifiche in questi due frangenti sono sostanziali.
    Il capo dei buoni che taglia la testa al luogotenente dei cattivi durante una trattativa in campo neutro è un messaggio non indifferente. Significa che le zone franche e le tregue possono essere violate, visto che tecnicamente Aragorn sguaina la spada all’improvviso e decapita il nemico a tradimento. Per questo dico che Tolkien non l’avrebbe mai accettato.
    Sulla seconda scena mi rifaccio a un commento precedente in cui si ricordava un’intervista alla Meloni, la quale diceva che il SdA era il suo romanzo preferito e in un comizio a Roma prendeva in giro le lacrime della Sgrena contro le ultime parole famose di Quattrocchi.
    Ecco, visti gli anni di cui si sta parlando – 2004-2005 – io credo che la Meloni avesse negli occhi la scena del film di Jackson piuttosto che le pagine di Tolkien, cioè la carica dei Rohirrim com’è nel film. Theoden che arringa i suoi cavalieri e li lancia alla carica al grido di “Morte! Morte!”. Me li immagino i fascisti nostrani (che Jackson non sospetta nemmeno chi siano) mentre alzano il braccio teso… Ma Tolkien ha scritto un’altra cosa. Ripeto: UN’ALTRA COSA.
    Nel romanzo Theoden incita i cavalieri a cavalcare “verso Gondor”, non verso la morte. Il grido di morte lo lancia Eomer in un frangente completamente diverso, come ho ricordato sopra, ed è dettato dalla disperazione. E’ una scena antica, archetipica, l’eroe che cerca la morte folle di dolore per la perdita di una persona cara. Ma quella persona non è morta! Il paradosso è evidente e voluto: pensa che disdetta se Eomer fosse riuscito a farsi ammazzare davvero! In quelle pagine Tolkien sta dicendo che cercare la morte è una cosa stupida. Si può e si deve accettare la morte quando arriva. Si deve guardarla in faccia e metterla in conto, MA NON CERCARLA. Tolkien era cristiano, non fascista. E’ vero che durante la guerra di Spagna simpatizzò per i franchisti, ma solo perché aveva saputo che i republicanos ficilavano i preti cattolici. Se gli avessero detto che i fascisti spagnoli gridavano “Viva la muerte!” (e per di più in chiesa dopo aver preso la comunione) sarebbe rabbrividito.
    Per farla breve, non tiene la tesi che una scena deriva dall’altra, perché non è proprio così.

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