TRICOTEUSES

Ieri pomeriggio, chiacchierando con Cristina Comencini, si discuteva anche di facce: quelle, per esempio, che apparivano e a volte appaiono ancora nei manifesti politici. Bene, la faccia di Mumia Abu-Jamal continua ad essere presente, sulle affissioni che chiedono mobilitazione, dal 1982 ad oggi. Fandango gli ha dedicato un libro e un film che verrà proiettato questa sera: qui le prime pagine in pdf.
Con l’occasione, ritrovo un vecchio articolo in cui Beniamino Placido parla della pena di morte e dell’antica vocazione da tricoteuse che continua ad albergare in parecchie anime pie (anche in quelle che si dicono contrarie all’esecuzione capitale, peraltro: ma non si sottraggono al piacere di assistere all’altrui massacro, fisico o psicologico che sia). Era, per l’esattezza, il 5 marzo 1995, e vale la pena rileggerlo.
Oliver Stone l’ ha previsto e si verificherà, probabilmente. Parlando agli studenti di Oxford il regista di “Assassini nati” ha detto che qualcuno potrebbe inventarsi domani un canale televisivo ispirato alla pena di morte. Sedie elettriche, ghigliottine, forche: tutte dal vero, tutto in diretta. Con grande successo: vuoi di pubblico, vuoi di pubblicità. Profezia paradossale? Tutt’ altro. Lo sappiamo come siamo fatti. C’ è quella lettera di Flaubert, dal cuore della Francia dell’ Ottocento. Lui capita in una cittadina e vede che gli altri alberghi traboccano di gente venuta dalla campagna. Anche le panchine dei parchi pubblici sono piene. Anche i porticati. Anche i sagrati delle Chiese. Cos’ è, una fiera, una festa? No, tutta quella brava gente ha affrontato fatiche e disagi per poter assistere, il giorno dopo, ad una esecuzione capitale. Perchè non dovrebbe poter accadere domani? Potrebbe, anche per colpa nostra. Non siamo mai riusciti a trovare un argomento davvero decisivo contro la pena di morte. Abbiamo tirato fuori Cesare Beccaria, niente. Abbiamo mostrato quella stampa di Hogarth dove si assiste all’ impiccagione di un ladro nella Londra del Settecento; nel frattempo, si vede un giovane mariuolo che sta borseggiando tranquillamente gli spettatori distratti. Segno che la forca non l’ ha spaventato per niente. Ma senza nessun risultato. Abbiamo fatto presente il pericolo sempre incombente dell’ errore giudiziario: irreparabile. C’ è sempre il rischio di mandare a morte un innocente, e di rendersene conto troppo tardi. Niente di niente. C’ è una gran voglia di pena di morte, in giro. “Proviamo anche con Dio, non si sa mai”, si diceva nella canzone di Ornella Vanoni. Proviamo con la divina maestà della Legge. C’ è un vecchio principio giuridico che suona: “Ne bis in idem (crimen judicetur)”. Non si può giudicare – né tanto meno condannare – nessuno due volte per lo stesso crimine. Ora sarà sgradevole ricordarlo, ma si deve: noi siamo stati condannati una volta, tutti. Per via di quel peccato originale, originario; quella mela rubata, su istigazione del diavolo, nel Giardino dell’ Eden. A volte sospettiamo che la pena inflittaci sia un tantino eccessiva (una mela, in fondo…). Ma così è. Non siamo, non siamo più immortali. Non possiamo condannarci a morte. E’ stato già fatto. Si dirà: e voi pensate di convincere gli appassionati della pena capitale – quei bravi padri di famiglia assatanati che tripudiano fuori dei penitenziari d’ America; quelle deliziose “tricoteuses” che sferruzzavano sotto il palco della ghigliottina, ai tempi della Rivoluzione Francese – con un argomento giuridico? Certo che no. Noi vorremmo soltanto procurarci il piacere di spiegare a chi di dovere: tu vorresti far credere che vuoi la pena di morte per giustizia. A chi lo racconti? Tu vuoi illuderti, fulminando la morte in capo ad altri, di stornarla dal tuo capo. Vuoi illuderti di essere uno che la morte la dà, non uno che (come tutti) la riceve. Vuoi illuderti di poter dimenticare il tuo destino. Ma quanto sei cretino (nel caso: cretina). Poscritto. Quando il canale televisivo dedicato alle esecuzioni capitali ci sarà (ho detto: quando) potremo protestare, con questi ed altri argomenti? Potremo dire che non ci piace? O saremo accusati di essere i soliti elitari, snob, nemici del poppolo (almeno due “p”), sprezzanti della ggente (almeno due “g”)?

5 pensieri su “TRICOTEUSES

  1. Tu vuoi illuderti, fulminando la morte in capo ad altri, di stornarla dal tuo capo. Splendido. Beh, se si avvererà la profezia di Oliver Stone – ma chi lo vorrà, coloro che ci vogliono “abituare”? Non ci riusciranno mai! – non credo che si faccia attendere troppo un’esternazione cardinalizia contro tale immonda umana pubblicata punizione. D’altra parte molto praticata (tramite impiccagione) un paio di secoli fa un po’ dappertutto, compreso il Regno Pontificio. Per chi non ha ancora letto: Mastro Titta racconta il suo mestiere.
    http://www.museocriminologico.it/Approfondimenti/Approfondimenti_indice.htm

  2. Arguto il Beniamino, siccome siamo già tutti condannati è assurdo ricondannare qualcuno alla stessa pena.
    Ma non son d’accordo col finale, i favorevoli alla condanna-bis non credo siano interessati in modo particolare alla morte degli altri, gl’interessa la V come vendetta.
    Infatti son gli stessi che sono per l’ergastolo (fino all’ultimo giorno), i lavori forzati o la tortura. Invocarli dopo la notizia di qualche crimine li fa sentire meglio.
    E’ un sentimento umanissimo e banale, (al quale siamo tutti esposti) assai più di quello ipotizzato da Placido, che, da buon intellettuale, cerca di far luce molto più in fondo.
    Da fervente sostenitore del rasoio di Occam, sbaglierò, ma mi atterrei ai fondamentali.

  3. Diverso è la morte altrui come spettacolo, lì allora probabilmente è vero che interviene anche quest’altro sentimento: te muori adesso ma io son ben vivo, t’ho fregato !
    Insomma, come la rigiri, semo delle belle carogne. Ma si sapeva.

  4. La paura del momento supremo e ciò che ci differenzia da un condannato a morte.
    Noi possiamo non pensarci, lui no.
    La vede la sente (come nel settimo sigillo) e pensa che pure non è la sua ora, ma il boia spinge la leva e lui muore e lui, anche se non è la sua ora, muore.
    Si spegne.
    E’ impossibile che accada, eppure accade. Muore.
    Sta morendo. Non tornerà più.
    Tra poco non sarà mai stato.
    Vedi come muore!
    Gli sta bene!
    Porco, guarda come ha paura il bastardo!
    Gli hanno fatto poco, prima dovevano torturarlo…
    Così quest’altra volta ci pensi prima di ammazzare…
    (ma quando?)
    Far morire esalta la vita di chi fa morire.
    La esalta da morire.
    Chi?
    Siamo tutti condannati.

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