UN’AVVENTURA DI DANIELE BROLLI

Il naso
della Sfinge, come qualcuno del commentarium ormai sa, è la rubrica che Daniele
Brolli firma su Pulp. L’ultima contiene, fra l’altro,  una storiella di vita vissuta. Ve la porgo.

 

C’è sempre una telefonata, all’inizio. Questa volta è al
cellulare.

– Parlo con il dottor Brollo?

– Brolli. – Ho sempre la sensazione che mi prendano per il
culo quando mi chiamano “dottore”.

Il fatto che dall’altra parte del telefono continui a
sbagliare il mio nome, mi trasmette, attraverso il rispetto esibito
dall’appellativo, il fastidio del mio sconosciuto interlocutore: un uomo che
sta suggerendo di avere cose più importanti da fare che parlare con me. È il
sintomo del comando. – Dottor Brollo… – Mi dice il nome di una casa editrice,
la sua qualifica e che vorrebbe incontrarmi nella loro sede di Milano. Non si
disturba a comunicarmi il motivo. Ma visto che la settimana dopo sarò comunque
a Milano (abito a Bologna), fisso un appuntamento. La curiosità è forte.

Dissolvenza incrociata.

Avendo passato il fine settimana a Milano, arrivo nella
sede della casa editrice carico di zaini e borse di libri su cui sto lavorando:
sembro un profugo. Il direttore generale mi riceve in completo grigio. Mi
guarda sbuffando. So bene di essere poco credibile ai suoi occhi: indosso un
chiodo vissuto da vent’anni di post-punk. D’altra parte anche lui, con il suo
completo grigio da impiegato del catasto, dal mio punto di vista non totalizza
un gran punteggio.

Ci sediamo nel suo ufficio e finalmente arriva al punto.
Mi spiega un po’ la storia della casa editrice specializzata in periodici
popolari, esaltando il proprio ruolo. Ne hanno assorbito un’altra, storica, che
andava male, e sfoggia la sua abilità dicendo di averla risanata in un anno.
Poi mi chiede chi sono.

Mi domando perché mi abbia chiamato, ma non chiedo e
illustro le mie qualità e il mio curriculum. Anch’io, sentendomi impegnato in
una virile gara a chi ce l’ha più lungo, la sparo grossa. Ma neanche tanto:
traduttore, consulente, editor… parlo degli autori che ho scoperto: Joe
Lansdale, Edward Bunker, Charles Willeford… per dirne alcuni. Non dico bugie.

Poi: – Dottor Brollo, il settore libri della nostra casa
editrice produce sessanta titoli l’anno…

Non prende nemmeno in considerazione l’idea che prima
dell’incontro io possa aver preso informazioni: editano quaranta titoli l’anno
di cui una parte sono marchette con personaggi televisivi o simili legati ai
loro rotocalchi. Il resto è confusione… o noia. Con l’esperienza di cui
dispongo, capisco che nella programmazione ci può mettere bocca chiunque abbia
un ruolo di potere in casa editrice. Lui in particolare.

Dopo avermi illustrato le potenzialità del marchio
editoriale (che a me ricorda graficamente quello della mitica scuola Radio
Elettra di Torino: un misto di vecchiume e ingenuo dilettantismo), mi propone
la direzione dell’area libri. Lo dice in un modo che sembra che sia io a
chiederglielo. Il precedente direttore sta per andarsene, ma evita di dirmi
esattamente le ragioni, confonde un po’ le acque, parla di patto di stabilità,
di offerte straniere, budget… “editorialese” e fumo negli occhi. In parole
povere: minchiate. Non solo continua a pensare a me come un debuttante: non mi
attribuisce nemmeno qualità deduttive. Non pensa sia importante starmi ad
ascoltare.

– Sì, ma scusi, come faccio a risponderle se la proposta
mi interessa se non mi dice quali condizioni mi offrite?

– Non la vedo entusiasta. Mi sembra che lei non abbia
entusiasmo.

Io pensavo di essere un professionista. Lo guardo privo di
espressione: che cazzo di entusiasmo devo provare?

Riprende – Se anche le sparassi trentamila euro al mese,
cosa che per inciso non potremmo mai darle, io, dottor Brollo, le sto offrendo
la direzione.

Non parlo, e il mio silenzio parla per me.

– È un lavoro da dirigente. Questa non è una qualunque
consulenza.

– Mi sta chiedendo di rimanere tutta la settimana in
ufficio? È questo che sta dicendo? – Non sono impreparato, prima di andare ho
esaminato un po’ il loro “catalogo”: la casa editrice ha bisogno di contenuti,
di una linea editoriale, di titoli validi e di un aspetto grafico che non
sembri scopiazzato da “Stile Libero Big” o da “Strade Blu”. Non ho intenzione
di stare rinchiuso in un ufficio a fare conti su un foglio Excel. Del resto non
è quello che servirebbe. – Le ho già detto che ho anche altre attività, e che
queste attività fanno parte della mia capacità di trovare autori e libri da
pubblicare. Non conviene a nessuno se mi intristisco su una scrivania e perdo
tempo a fare conti.

– Se nei fine settimana lei vuole tradurre o scrivere sono
affari suoi. Noi non abbiamo niente da ridire. – Definisce l’attività che
dovrei eseguire di “desk”, chissà perché parla in inglese di quello che io gli
ho già spiegato, in italiano, di non voler fare.

Il senso di fastidio affiora prima sul mio volto che sul
suo. Un momento dopo avergli trasmesso la mia sensazione che sto perdendo
tempo, lui fa lo stesso, con una professionalità che gli si legge negli occhi e
negli spigoli piegati delle labbra. È arrabbiato perché l’ho anticipato.

Ci congediamo civilmente, anche se mi rimane addosso
l’impressione di qualcosa di sbagliato: ha fatto di tutto per non venire allo
scoperto con un’offerta economica. Mi saluta chiamandomi per l’ennesima volta
“dottor Brollo”, come a ribadire che si è già dimenticato di me. Prometto di
mandare la mia proposta completa via mail, cosa che faccio puntualmente per
ribadire che sono un professionista, ponendo condizioni senza la minima
elasticità. Mi risponde che non è quello a cui pensavano. Non se ne fa nulla.

È così che funziona l’editoria improvvisata all’italiana,
si cerca una persona di vaghe competenze che dica sempre di sì, disposta a
tutto pur di avere un posto che dia visibilità. La cosa più importante non sono
i titoli da proporre, ma che stia in ufficio a fare dei conti. Basterebbe anche
una casalinga di Voghera.

Perciò tutto finisce inevitabilmente bene. Trovano la
casalinga, non rimangono a lungo senza direttore dell’area libri. Del resto
molti lavori in Italia sono dei malintesi.

31 pensieri su “UN’AVVENTURA DI DANIELE BROLLI

  1. Interessante e ben scritto il pezzo di Brolli, e la dice lunga su un mondo dove regna la mediocrità e anche talvolta la stupidità. Solo, perché insistere arbasinianamente con “la casalinga di Voghera”? Personalmente, detesto gli arbasinismi anche quando provengono da Arbasino medesimo, non se ne può più di signore mie e casalinghe di voghera. Saluti.

  2. Lunatico, concordo. Avrei preferito un ragioniere fantozziano alla casalinga di Voghera. Le casalinghe, a pari capacità di far tornare i conti, hanno sicuramente troppa esperienza e personalità per dire signorsì ed eseguire passivamente!

  3. Io quel posto di direttore editoriale lo accetterei. Ho già condotto e portato felicemente alla chiusura le imitatissime Edizioni Libri Molto Speciali di Venezia. Se il dottor Brollo volesse cortesemente fare il mio nome…

  4. Simpatico e condivisibile il pezzo.
    Quello che mi sconvolge sono i soldi: veramente un direttore editoriale (ma anche solo di collana) prende (molto) meno di tremila? o è un problema di questo in particolare?

  5. @Signora: dice trentamila, non tremila… e ultimamente ho letto da più parti la “casalinga di Novara”, invece che di Voghera, cosa vorrà dire?

  6. Mah, avrei dovuto tenere una rubrica su un mensile. Ci eravano accordati su tutto. Tranne sul compenso. Mi pare che mi avessero proposto cinquanta euro. Io chiedevo un compenso decente. Non li ho più sentiti. Una telefonata. Un SMS. Una mail. Niente.

  7. Ah, poi mi è successa un’altra cosa curiosa: un famoso caporedattore mi arruola per le pagine culturali di un famoso quotidiano. Tutto bene. Propongo il primo pezzo, non l’articolo, il soggetto: un testo sulla scuola distrutta dalla sinistra e dalla destra. Non l’ho più sentito questo famoso e illuminato caporedattore.

  8. Uh, poi scrivo a un famoso quotidiano regionale. Ci sentiamo al telefono col caporedattore che dice di conoscermi (pensavo di essere conosciuto soltanto nel mio condominio) e che certo, sarebbero felice di ospitare i miei testi sulle loro pagine. Va be’, penso, stavolta non ho discusso di compensi e non ho provato a proporre l’articolo sulla scuola distrutta dalla sinistra e dalla destra. Tutto bene, dunque? No, dico: “Comunque, le farò avere il mio CV per mail”. Come tutti i siciliani emigrati sono affetto da un onestà cronica. Il caporedattore del giornale regionale non si fa più sentire. Ma come? Niente discussioni sui compensi! Niente proposta articolo sulla scuola! Allora lo chiamo. “Ah, sì”, mi dice, “ci sarebbe piaciuto averla con noi”. Pausa. “Però…” Dico. “No, sa, abbiamo letto il suo CV”. “E quindi?” “Lei in passato ha collaborato con il quotidiano regionale che ci fa concorrenza, con l’altro quotidiano della nostra regione”. “E allora?” “No no, dunque, non possiamo accettarla”

  9. Per il solo fatto di aver lanciato in Italia Lansdale per me il signor Brolli meriterebbe “una medaglia al valor culturale”. Quanto poi al merito della questione, credo ci sia poco da dire e da fare: l’editoria è anche economia, che a sua volta può portare cultura che va ad alimentare la prima. Quindi per me ci stanno i libri scritti da personaggi televisivi; né io né voi andremo mai a leggere la biografia di Lino Banfi ma quella nel computo generale potrà forse essere servita a farmi leggere il tuo capolavoro. Forse sì, forse no.
    Ps e poi capace che la biografia di Banfi alla fin fine me la posso leggere pure 🙂
    Rocco

  10. Però questo pezzetto di Brolli è così supponente, così pieno di sé che infastidisce. Non si capisce perché sia andato a questo appuntamento se gli faceva già di partenza tanto schifo. Per scrivere il pezzo di vita vissuta? Vien da portare per il direttore che sbarca il lunario.

  11. Lasciate stare Benedetta Centovalli, una delle poche persone dell’editoria davvero “libere” e “coerenti”.

  12. Daniele Brolli, e comunque molti lo chiamano “il brollo”, che gli piaccia o meno, è sempre stato spocchioso e spigoloso e maranza, come diciamo a Milano, per non aggiungere altro di poco gentile. Basta lasciarlo nel suo brodo e non dare risonanza alle sue ubbie. Non gli piaceva Cairo Editore, perché di questo si parla, siamo seri? Sarebbe stato sufficiente un no preventivo. E comunque, riportare una simile faccenda, riconoscibilissima ai più, è uno sputo in faccia a chi poi quel posto l’ha preso. A volte un onesto silenzio sarebbe preferibile.

  13. Gentile Loredana, molto terra terra, se io narro un racconto, senza rivelarne il titolo e senza fare nomi, di cui sono protagonisti una fanciulla spersa nei boschi e sette omettini di bassa statura e una mela avvelenata, solo per non aggiungere altro, ai più che cosa verrà in mente? Per piacere, non siamo tutti imbecilli. Se questo è un blog letterario, si immagina che chi lo frequenta di loetteratura e di editoria ne mastichi un po’, ne conviene? La scusante e la giustificazione del “niente nomi” sono di carta velina, nonché ipocrite. E in ogni caso, l’avventura raccontata dal livido Daniele Brolli resta quel che è: uno sputo in faccia per tutti e a tutti, anche se sotto mimesi, e un esempio di livida spocchia. Poi, a ognuno…

  14. Mah, io personalmente mi interesso di letteratura ma non conosco il mondo editoriale, leggendo il testo di Brolli non immaginavo minimamente chi fossero le persone descritte, adesso lo so grazie a Sella… O forse, siccome non sono nel mondo editoriale, devo sloggiare da questo blog?

  15. frequento il mondo editoriale, quello basso delle piccole case editrici, ma come stefano, che mi ha preceduto, non avevo capito e riconosciuto nessuno. invece ora, dopo i nomi tirati in ballo, pure.
    penso però che ci sia del livore o della rabbia repressa nei post di sella, che forse è in un posto da direttore qualunque.

  16. Anch’io, prima di Sella, non avevo riconosciuto né pensato a nessuno. Si legge di Brolli e si pensa a Brolli e a una tipologia umana.
    Adesso però tutti, che li si conosca o no, si pensa a Cairo editore e alla Centovalli. E magari neppure Brolli ci pensava.

  17. Grazie, Alcor. E agli altri.
    Personalmente penso che la livida spocchia sia quella di chi fa nomi e cognomi, oltretutto con la presunzione di sostenere che “tanto” i personaggi erano riconoscibili.
    Io, che mi occupo di letteratura ma fuggo le camarille letterarie come la peste, non sapevo a chi Brolli si riferisse. E non me ne frega niente, peraltro. Mi interessava, perl’appunto, la tipologia, e non il chi-è-chi.
    Ad ogni modo, Sella è pregato vivamente di astenersi. Anche da questo blog, se il tenore continua ad essere questo.

  18. Se, come detto nel prologo, è “vita vissuta” e il protagonista si chiama db, è automatico che il lettore cerchi le generalità anche del deuteragonista. Stessa cosa per l’articolo di gg linkato qui: mi ricordo… lauraboella, mi ricordo pincopallino, mi ricordo tiziocaio, mi ricordo xy… o no?

  19. E certo, e il lettore allora cosa fa? Contatta la CIA per chiedere tutti gli spostamenti di Brolli nelle ultime settimane, in modo da individuare la casa editrice? Manda una mail a tutti gli editori di Milano per chiedere se hanno contattato il suddetto?
    Ma siamo seri, suvvia…

  20. io contatterei il testo, da cui si deduce che la casa editrice
    1- non è milanese ma ha la “sede di Milano”
    2- è “specializzata in periodici popolari”
    3- “ne ha assorbito un’altra, storica, che andava male”
    4- “edita 40 titoli l’anno di cui una parte sono marchette con personaggi televisivi o simili legati ai loro rotocalchi”
    5- “ha un marchio editoriale che ricorda graficamente quello della mitica scuola Radio Elettra di Torino: un misto di vecchiume e ingenuo dilettantismo”.
    individuata la casa e fidandomi di db, non comprerei per principio alcun suo libro.
    (certo non si può pretendere che tutti facciano i nomi come Saviano)

  21. Io quoto il chiodo. E credo che Brolli abbia rifiutato la proposta memore della lezione Tondelliana Rimini(o del detto zen riportato forse proprio nella Prosivendola che recitava più o meno così:quando la sera tronfio dei successi torni a casa e specchiandoti nudo vedi 2 paia di coglioni,stai attento.Vuol dire che te la stanno mettendo nel culo)

  22. la Cairo ed. ha un marchio editoriale che non solo ricorda graficamente quello della mitica scuola Radio Elettra di Torino, ma è praticamente uguale. Del resto, cos’ha fatto db? ha instradato il lettore con una serie di indizi, dimodoché la sua denuncia, da idealtipica/innocua, diventasse personale/pungente. (e che, se avesse parlato di un marchio che ricorda bip-bip, cosa avrebbe dovuto fare il lettore? lo struzzo?). Sul deuteragonista la scelta è tra Ernesto Mauri e Ferrauto: due che stando a google hanno fatto di tutto, ma non il ’68.
    (se Lipperini voleva rendere la denuncia un raccontino, doveva mettere degli omissis)

  23. chi mette in piazza i propri colloqui professionali e la propria competenza fa la stessa figura che nel suo pezzo brolli fa fare al dirigente con cui ha parlato: a milano si dice bauscia. Il genio in chiodo a colloquio dal dirigente vestito come un impiegato del catasto è una storia vecchia…non se ne può più! Abbiamo visto milioni di film su questo tema.
    cairo editore sta facendo marchette ma anche cose interessanti, ad esempio il saggio “storia nera” di colombo, oppure uno splendido romanzo di cassardo che ho appena letto e che si intitola “va a finire che nevica”.
    a sparare a zero, in genere, si sbaglia

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