VITE DI SCARTO

H_9_ill_708076_kremlinbicetre Mi sembra indispensabile tornare alle periferie parigine: intanto, con un secondo intervento di Fabrizio Tonello che tira in ballo, molto a proposito, Zygmunt Bauman. Su Il Manifesto in edicola oggi segnalo, non ancora on line, un editoriale di Rossana Rossanda sul modello periferia. Ulteriori segnalazioni e interventi sono bene accolti, ed anzi auspicati.

I libri, o i quadri, non hanno mai salvato nessuno quando la parola è ai manganelli, o alle molotov, ma forse possono suggerire idee diverse da quella di mandare i poliziotti a spaccare teste, o partire con i coetanei a bruciare auto.
Se si guarda un quadro di Seurat come “La Grande Jatte”, si ha un’idea di cosa significava “banlieue” un secolo fa: a ovest di Parigi c’erano le rive alberate della Senna, con isolette dove i borghesi arrivavano in barca e argini dove nascevano trattorie popolari per le sartine e i muratori che si incontravano dopo una settimana di sudore e fatica. Oggi, la capitale francese è circondata da una agglomerazione indistinta,  fatta di capannoni e case popolari (famose le “barres”, edifici lunghi fino a un chilometro, a Sarcelles). E’ un territorio grigio e triste, senza servizi, senza luoghi di aggregazione  se non le fermate della metropolitana. Sarcelles,  che nel 1950 aveva 8000 abitanti, oggi ne ha circa 60.000: ha avuto per decenni dei buoni sindaci (comunisti) ma neanche loro hanno potuto fare granché contro il rullo compressore di quella che chiamerei l’economia dell’esclusione.

Cosa sia questa economia, lo spiega Zygmunt Bauman in Vite di scarto (Laterza, 2004). E’ un sistema in cui esistono “un gran numero di persone le quali, invece di contribuire al funzionamento senza intoppi dell’economia, rendono molto più difficile il raggiungimento –per non dire l’aumento- dei parametri [economici]” (p.51).

Nel modello neoliberale a cui sottoscrivono, con varianti puramente stilistiche, tanto il governo quanto i socialisti francesi, “i modi disponibili per guadagnarsi da vivere vengono successivamente smantellati, scomposti in componenti destinate a essere riassemblate (<<riciclate>>) in nuove forme. Strada facendo, alcune di queste componenti vengono danneggiate al punto di non poter più essere riparate”. I giovani che incendiano i cassonetti e le auto in una tragica spirale autodistruttiva  sono componenti
danneggiate e quindi non servono, nemmeno come manodopera a basso costo o esercito industriale di riserva: il governo vorrebbe che SPARISSERO, che per incanto svanissero nel nulla. In una società di consumatori, spiega Bauman, sono “consumatori difettosi: persone che non hanno il denaro che consentirebbe loro di estendere il mercato dei beni di consumo”.

Il problema non è quindi che siano immigrati o francesi, cristiani o mussulmani, piccoli spacciatori invece che bravi ragazzi: semplicemente sono poveri. Poveri e privi di rappresentanza politica: come negli Stati Uniti, anche in Francia si è efficacemente operato per mettere al riparo la democrazia rappresentativa dalle eventuali richieste delle “classi pericolose”, o semplicemente da chi pensava di avere, in quanto cittadino, dei diritti. Se non alla felicità, come prometteva Thomas Jefferson nel 1776, almeno alla vita (dignitosa) e alla libertà (per tutti, non solo per chi abita in centro).
Nell’era delle vite di scarto, anche i diritti non possono che essere MERCE DI SCARTO.

Fabrizio Tonello

47 pensieri su “VITE DI SCARTO

  1. a Lucio
    sto meditando da giorni sui fatti di Parigi. ……………….. proponessero anche qualcosa di CREATIVO
    Lucio, a volte la creatività sembra un lusso che non ci si può permettere.
    Lo sembra (questa è la mia impressione) a gente che ha maturato una esclusione e una rabbia che non possono più essere contenute. Queste cose sono state dette a iosa in giorni in cui siamo tutti indaffarati a ‘capire’, ma soprattutto a dire a noi stessi che a casa nostra (vedi qualche ministro) le cose sono diverse.
    La cosa che vorrei aggiungere immedesimandomi (un tanto al kilo) in uno degli scassa macchine e asili oltre che feccia secondo il Sarkoma, pardon, il ‘Shark’ è che il loro è un (leggittimo?) modo di riportare il mondo a una dimensione dove la loro esistenza sia contemplata.
    ????
    che voglio dire?
    voglio dire che (a mio avviso) uno con parecchie delle sfighe del mondo sul groppone, vieppiù perseguitato e picchiato oltre che appellato feccia, a un certo punto, non avendo niente da perdere, cerca di riportare il mondo che lo condanna e lo umilia per le sue miserie a una dimensione in cui è alla pari con gli altri (e viceversa).
    Un ragionamento tipo: se siamo feccia, facciamo del mondo una feccia, vediamo poi come il ministro e i culi caldi suoi elettori se la cavano.
    Non è detto che la cosa avvenga in maniera razionale, programmata o conscia.
    Farebbero bene certi Sarkomi, pardon, certi ministri delle più varie repubbliche (e non) a ricordarsi che nel deserto e nel freddo polare sopravvivono meglio quelli da sempre abituati a sopravvivere. Di solito le contesse bene, gli iperlaureati, i burocrati e i classici ceti medi nei mondi ridotti a sopravvivenza sono degli inutili orpelli.
    Questo è il mio limitato modo di leggere questo tipo di rivolte. Sono la prima a augurarmi che il mondo vada in altre direzioni, ma ci sono troppi Sarkomi/Shark (sia in alto che a medie e medio piccole/basse altezze) che non lasciano spazio alla speranza.
    Se quello che penso ha anche un solo briciolo di verità: che importanza vuoi che abbiano gli asili?
    besos

  2. Le considerazioni sopra sono relative a un commento del post precedente.
    Per quanto riguarda il vuoto a perdere che ormai siamo in tanti rispetto a queste economie e società non si può far altro che condividere il punto di vista di ‘Vite di scarto’.
    Direi che una bun numero di queste vite ci sono sempre state nelle nostre civilissime società. Spesso la guerra era (è?) il modo di ‘volatilizzarle’ ad uso e consumo dei soliti noti nonchè a loro futuri guadagni.
    Sì, una bella guerra, possibilmente non civile, è quella che serve a tutti gli Shark (e loro adepti su più livelli) della terra.
    Che ne dite se rivalicano le Alpi e così si risolve anche il problema delle nostre periferie? 🙂
    magari potrei vendere l’idea a qualche ministro interessato 🙂
    besos

  3. non capisco che senso abbia dire che “non è un problema di immigrazione”. i jeunes (“racailles!” secondo Sarko) sono figli di immigrati, e questo è un fatto. si vuole ipotizzare che se non ci fosse stata l’immigrazione algerina una e due generazioni fa oggi nella banlieues ci sarebbe lo stesso degrado, la stessa povertà, lo stesso classismo da ghetto, la stessa discriminazione? boh, può darsi, ma è fantacronaca di una fantastoria.

  4. un editoriale di Alessandro Dal Lago
    pubblicato sul Il Manifesto dell’8 novembre
    Prima o poi
    ALESSANDRO DAL LAGO
    Ma che c’entra il multiculturalismo con le sommosse francesi? Metterla sul piano della «cultura» o della religione, come hanno fatto immediatamente tanti commentatori, significa semplicemente ignorare il messaggio che viene dalle banlieues in fiamme: che prima o poi, quando l’esclusione è intollerabile, gli esclusi metteranno a ferro e fuoco lo spazio dell’esclusione e poi, forse, il mondo di luci fin lì irraggiungibile intorno a cui consumano la loro esistenza senza sbocchi. È quello che più di dieci anni fa mostrò il film L’odio di Kassowitz. Ma è anche quello che è successo a South Central Los Angeles nel 1992 e nelle città dormitorio inglesi. Avremmo dovuto ricordarlo, se l’11 settembre 2001 e conseguenti stupide guerre di civiltà non ci avessero ipnotizzato. Che i giovani se la prendano con i poliziotti è ovvio. E con chi dovrebbero prendersela, visto che sono l’unico aspetto della Repubblica con cui hanno a che fare? E altrettanto ovvio è che distruggano le automobili, quel feticcio della mobilità e della libertà di consumo da cui sono tagliati fuori. E non si dica nemmeno che si tratta di delinquenti e spacciatori. Tanto più che l’unico mercato a cui hanno accesso è quello auto-lesionistico della droga. Quando la rabbia erompe dai margini, non può che distruggere e auto-distruggersi. E, poi, che cosa hanno da perdere questi ragazzi? Sarebbe troppo facile, troppo teorico, che dietro gli incendi apparisse un piano, un’idea, quando invece non c’è che la disperazione a cui non una politica, ma un intero sistema sociale li condanna.
    Più che di una rappresentanza politica, i cosiddetti casseurs sono privi di una rappresentanza sociale, nel senso non di qualche eletto, ma di una prospettiva di vita. Chi si è mai accorto, muovendosi in treno dal centro di Parigi verso l’aeroporto Charles de Gaulle, dei quartieri dormitorio che stanno intorno e degli hacheleme, i tremendi alloggi in cui abitano i giovani francesi privi di opportunità con le loro stanche famiglie di origine africana, caraibica o maghrebina? Certamente francesi, come vuole la finzione repubblicana, ma in realtà simili, per povertà e abbandono, alle popolazioni che i loro nonni o padri hanno abbandonato decenni fa. Ecco svelato il mistero della rabbia e delle distruzioni. Vivono ai margini e in vista di una prosperità che non sarà mai per loro.
    Non siamo d’accordo con Prodi quando vede scenari simili da noi, ma non perché le nostre periferie siano migliori di quelle francesi. Il fatto è che per il momento sono diverse. Da noi, la povertà è trasversale, annidata nelle famiglie normali che tirano la carretta, sepolta nelle stamberghe dei migranti, non confinata ed etnicizzata negli anelli che circondano le città. Ma questo non significa che domani forme analoghe di conflitto non siano possibili. Anche perché la risposta repressiva (il coprifuoco) si fonde perfettamente con la lettura in chiave culturalista di queste sommosse. Il giorno in cui in Europa la protesta delle periferie fosse letta come rivolta degli immigrati, gli incendi scoppierebbero dovunque.

  5. “Il giorno in cui in Europa la protesta delle periferie fosse letta come rivolta degli immigrati, gli incendi scoppierebbero dovunque.”
    mah, invidio la sicurezza.

  6. Beneforti,
    non sono una fine psicologa e storica, ma i comportamenti di reazione a situazioni limite hanno visto esplosioni in un’Europa che non era multiculturale e in forme altrettanto violente rispetto a quelle di oggi. L’opressione, l’esclusione l’annichilimento li potrai declinare in antico tedesco, in turco, in arabo o in ugrofinnico sempre di stessa minestrina si tratta. Che senso ha, con l’indimostrabile senno di poi, discutere se le periferie ‘magrebine’ possono esplodere riprovevolmente e quelle ‘autoctone’ no?
    Sono le condizioni allucinanti, i divari stratosferici e la mancanza di vie di fuga e speranza, che rendono posti e vite galere senza colpa (se non quella di essere poveri), a far deflagrare l’intollerabile. A che serve chiedersi se Genevieve sia meglio di Idris?
    Serve, serve..
    serve a tacitare le nostre coscienze dietro il pregiudizio dell’Altro. Loro sono Altro, forse non hanno anima, dubito che siano brutti e sporchi, addirittura potrebbero puzzare. Loro nella teoria evolutiva di Darwin sono un gradino sotto l’Homo legalis, quello con tutti i crismi (conto in banca compreso) autorizzato a vivere.
    Questi ragionamenti (non alla lettera, ho aggiunto qualche sfumatura di colore) li fanno anche persone insospettabili, che regalano il maglioncino ai bambini poveri e che sono sul ciglio di una prossima povertà, basta che il padroncino locale (e leghista e contro i ‘cinisi’) vada a guadagnare in Cina e lasci a casa gli operai col mutuo da pagare.
    Però meglio non pensare che tra qualche mese la condizione del casseur non ti sarà sconosciuta, meglio continuare a illudersi che a te , padano, certe cose non capiteranno. Perchè se uno è disoccupato, povero, in miseria, minimo minimo c’è qualcosa che non va nel suo sangue, nel pedigree e nella voglia di lavorare.
    Non so se anche una seconda generazione di padani banlieuizzati la penserebbe allo stesso modo.
    besos

  7. a proposito di reazioni non multietniche, ma europee. Quindi autoctone, quindi non magrebine, quindi non Altre e di Altri
    “Più che ai moti studenteschi del Sessantotto, la violenza dei ragazzi di banlieue mi fa pensare alla rivolta dei Ciompi che vide opporsi nella Firenze del Trecento i lavoratori tessili alla borghesia cittadina”, dice Jacques Le Goff, grande medievalista, raffinato scrittore ed esperto conoscitore della storia d’Italia. “Mi vengono in mente anche le sommosse dei chartists, durante i primi movimenti operai nell’Inghilterra appena industrializzata”. La conversazione di Le Goff spazia da jacqueries a sanguinosissime repressioni, da insurrezioni a teste mozzate………
    besos
    http://www.repubblica.
    it/2005/k/sezioni/
    esteri/periparigi/
    legoff/legoff.html

  8. segnalo che ho postato sul mio blog alcuni articoli da uno speciale della Feltrinelli dedicato a Parigi e altro.
    Andare qui
    Segnalo anche che il post precedente era dedicato a Passaparola e fornivo i link per scaricare in formato pdf i 5 numeri del periodico, andare qui.
    Altri articoli su Parigi li avevo già postati in precedenza qui e qui e qui e qui

  9. E’ una questione di riconoscimento, come dice Angela, ma è una lotta per il riconoscimento (in senso hegeliano) della qualità di soggetto politico da parte di un sistema che li disconosce (li mette nelle ban-lieues). Nelle doxocrazie contemporanee loro non hanno posto in nessun altro ‘luogo’. Sono lo scarto, il rovescio. L’ombra che per farsi riconoscere deve far fuoco.
    Visto che qui si ragiona spesso sulla specificità del blog, noto che tre blogger sono stati arrestati (lo riporto sotto), che tutta la blogosfera è monitorata secondo parole chiave e per immagini, che ogni giorno vengono chiusi una decina di blog.
    PARIGI – Sono accusati di aver istigato ad attaccare poliziotti e commissariati tramite i loro blog su internet. Tre persone, di cui un minorenne, sono stati arrestati questa mattina in Francia, i due maggiorenni nella regione di Parigi, il minorenne ad Aix-en-Provence. In uno di questi siti, intitolato Nike lo Stato, lanciava l’appello: “Ile-de-France – la regione di Parigi – unitevi, bruciate tutti i poliziotti”. (Agr)

  10. Il problema è che il paradigma di funzionamento della nostra società è del tipo inclusione/esclusione. E la violenza (penso alla sua “funzione” nei termini di Serres), in particolare quella che viene esaltata/raccontata/resa visibile dai media diventa una tattica di inclusione degli esclusi nella sociatà-mondo.

  11. Era prevedibile che accadesse così in Francia. Credo la cosa si estenderà, se non a breve, in ogni caso sì nei prossimi anni, e non in sola area espressamente europea. Cattiva politica, che trova radici in Colombo, con le prime colonizzazioni, con le innumerevoli epurazioni da parte degli europei. Si sta raccogliendo ciò che per secoli si è seminato.
    g.i.

  12. @spettatrice
    ha senso sottolineare che la discriminazione, il classismo e la povertà nascono dalla divisione tra immigrati (e loro figli) e altri perché lì è così di fatto. altrove ci sono state altre rivolte per le stesse ragioni in cui non c’era quel tipo di divisione: certo. ma in francia la situazione è quella che è. non capisco perché ignorarlo e far finta che i ghettizzati delle banlieues siano solo per caso di origine algerina.
    i giovani delle periferie francesi si ribellano per le condizioni in cui si trovano; ma quelle condizioni discendono anche dal razzismo e dal colonialismo.
    e quindi, riguardo al “tacitare la coscienza”, hai capito esattamente il contrario di ciò che volevo dire: sottolineare che nelle banlieues ci sono soprattutto algerini non vuol dire che si ribellano perché sono “diversi”, “altri”: vuol dire che la società francese ha lasciato che le loro condizioni di vita restassero pessime anche perché si tratta di immigrati e figli e nipoti di immigrati.
    poi, anche l’omogeneità culturale degli abitanti delle banlieues ha un peso: quella francese è più una società “bietnica” che multietnica; con in più un passato coloniale che ancora ha ricadute nelle posizioni politiche dei partiti.
    credo sia meglio informarsi nello specifico, quando si vuol fare una valutazione corretta.

  13. @ GEORGIA
    Perché no? Se solo fosse possibile dire che ci fu un Adamo e una Eva! Ma non è possibile, scientificamente parlando. Ed essendo che la fede non m’interessa né la prendo come un dato di fatto, allora dico che con la scoperta dell’America, l’uomo ha scoperto – ha accentuato – il suo carattere xenofobo. Insomma ha dato sfogo al peggio di sé. Comunque la storia si ripete, sempre. I millenni vanno avanti, e l’uomo non cambia d’una virgola, se non per il colore delle cravatte.
    g.i.

  14. A Spettatrice.
    Ho deciso di astenermi da ulteriori commenti nella convinzione profonda che NON TUTTE le reali motivazioni della rivolta siano ancora perfettamente visibili. Certo, la povertà. Certo, il disagio. Certo, l’emarginazione. Certo, la miopia politica. Ma anche molto altro. E qui mi fermo.

  15. Beneforti,
    ok non ho colto le tue sfumature. Forse volutamente e mi scuso. Perchè? perchè rispetto alla componente etnica privilegio quella ‘ambientale’: fai vivere un francese, un olandese, uno sfigato apolide in quelle condizioni e vedrai che non si scampa alle rivolte. Potrebbero essere diverse a secondo delle componenti sociali, ma questo non cambia la sostanza della cosa. Il mio interesse è rivolto al monito che questi avvenimenti ci lanciano e che noi, persi a cogliere le sfumature etniche o di generazione o di partito o, non cogliamo. Di cosa parlo? parlo di periferie e di ingovernabili megalopoli che si estendono da Pekino a Cancun passando per tutte le nazioni del globo. Le megalopoli sono i centri (e manifestano i massimi sintomi) dell’esclusione sociale in forme che vanno dai residui del colonialismo (che sottolinei) alla vera e concreta marginalizzazione per ‘esubero’ e povertà.
    A me interessa questo tema principale e tendo a sfrondarlo di tutte le considerazioni accessorie. Sorry.
    Angela,
    sicura che tra ‘riconoscimento’ e povertà non ci sia un nesso?
    hai mai sentito di una ‘questione velo’ per le ricche accompagnatrici degli sceicchi che soggiornano (velate e spesso in modo irriconoscibile) nei più lussuosi hotel europei?
    Si sono mai sentiti dei casi di ‘esclusione’ di sceicchi o ricchi asiatici vestiti in modo ‘tradizionale’ e alloggiati in lussuose limousines?
    Al massimo sono personaggi suggestivi e valutabili in base ai gioielli che indossano. A nessun periodico che riporta cronache mondane da Marbella viene in mente di parlare dei loro ‘casi umani’.
    Le loro ville svizzere non assomigliano certo a dei lazzareti e credo che la severa polizia inglese (autorizzata a sparare a chiunque sia persona sospetta e cioè esattamente a ‘chicchessia’) abbia mai avuto la tentazione di interessarsi alle palandrane che varcano i cancelli degli hotel a cinque stelle.
    La morale in questo mondo è che se hai dei soldi e delle prospere carte di credito puoi girare in perizoma o burka o costume tradizionale russo e al massimo sei eccentrico, non paria o escluso.
    Se vivi in una banlieu sei in primo luogo Povero. Tra i ‘periferici’ italiani che conosco non se ne trovano di quelli che vivono in casermoni ghetto per ‘scelta’, solo per carenza di pecunia, di lavoro o di prospettive e spesso il loro triste mix.
    No, il ‘disconoscimento’ in questa società avviene quando non sei più utile, quando nessuno ha bisogno di te per produrre e profittare e quando non puoi partecipare della ‘creazione della(altrui?) ricchezza’, quando cioè anche come consumatore sei morto.
    Visto che si tratta di società aperte e non razziste il critero, democraticamente, si applica a tutti gli sfigati magrebini, europei purosangue, asiatici, americani figli della terra ‘abbondante’, borgopanicalesi/bolognesi doc piu’ tutto il corollario folcloristico mondiale.
    Vi risparmio le mie conclusioni leggermente apocalittiche 🙂
    besos

  16. Quello che mi colpisce nelle vicende parigine è il ritorno di alcuni termini: “racailles”, “mob”, etc. Sembra che tutto accada per la prima volta, che ci si trovi di fronte a delle novità assolute e poi si usano termini che rimandano al Cinquecento o, come ha notato Le Goff, ancora a prima.
    Ci sono i bellissimi libri di George Rude che ne parlano, ma ormai saranno fuori catalogo. Allora via col “nuovo”, via con gli aspetti “culturali”, via con “gli immigrati”.
    Degli aspetti di classe, così evidenti a chiunque entri in uno di quei quartieri, vietato parlare: si rischia il ban-do

  17. perchè, giovanni carletti, la lotta di classe è la vera grande rimozione operata dal cosidetto occidente che ha inventato lo scontro di civiltà, per rimuoverla.
    Poi ci si stupisce se tutto esplode lo stesso ;-), e con la violenza proteiforme di un frattale, come accade sempre più spesso.
    Lo sviluppo di liberta e democrazia è permesso, nel c.d occidente, ma solo fino ad un limite di classe.
    Le goff ha parlato, non a caso, dei ciompi, e sembra una cosa antistorica , ma nessuno ricorda che la rivolta dei ciompi fiorentina è il primo tentativo di creare un sindacato per i lavoratori (i proletari quelli che come ricchezza hanno solo il loro lavoro). E non è un caso che la lotta precedente tra corporazioni (arti maggiori e minori che via via aumentavano) si fosse risolta, prima o poi, con la creazione di nuove arti che difendevano interessi cittadini sempre pù larghi. Ma quella dei ciompi no! quella fallì e ai ciompi IMPEDIRONO di creare un proprio contenitore che difendesse i loro interessi.
    Lo stesso è poi successo in tutta europa e non è stato capito fino a carlo marx.
    Oggi che il comunismo (parlo di comunismo come interpretazione del reale e non come URSS) sembra non esistere più, è normale tornare ai ciompi. In francia (in europa dove più dove meno) si difendono gli interessi di tutti, ma non quelli dei ciompi (cioè gli ultimi arrivati) che devono essere pronti a fare lavori che altri non vogliono più fare. Le splosioni dei compi fallirono sempre fino a che i ciompi non si allearono con altre classi già organizzate e allora ci fu la rivoluzione francese. E poi le lotte sindacali e poi, e poi, e poi il colonialismo per andare a cercare altri ciompi, e poi, oggi, la creazioni di periferie così anonime e frustranti da fare in modo che, per mancanza di riscatto culturale, non se ne possa uscire MAI, brutte proprio allo scopo di non rasserenare cuturalmente, di non incuriosire, di fare in che si rimanga proletari e mano d’opera (ciompi appunto) a disposizione, ma, oggi li vorrebbero, sti ciompi, anche senza più classi … perchè le classi in un mondo rosa e Hollywoodiano non devono esistere (sono volgari, ma soprattutto pericolose), meglio buttarla sul razzismo che ormai sembra essere una chiave di lettura che risolve tutti i problemi.
    Ma siete sicuri che fra quei ragazzi che scassano e chiedono rispetto ci siano solo figli di ex migranti, che spesso, tra l’altro, hanno pelle più chiara di francesi, italiani, spagnoli?
    georgia

  18. Sono piuttosto d’accordo con te, Georgia. Che vuol dire migranti se si è in Francia da 3 generazioni? Se si parla francese perfettamente, si è studiato nella scuola francese, etc. etc.?

  19. Carletti, l’hai detto. Ma qualcosa di diverso comunque c’è e non vorrei che pigliasse la via di una soluzione da terzo reich. Si tratta di quello di cui parlava il libro citato da Lolip. Si tratta di un sistema economico che ha escluso anche dal puro sfruttamento una parte di popolazione. A molti attualmente è preclusa anche la possibilità di schiavizzarsi: non c’è piu’ posto.
    Sul perdersi per componenti etniche, culturali o altro concordo con te, ma questo aspetto di vuoti a perdere che si desidera vedere volatilizzati mi ricorda molto i fumi delle ciminiere che disperdevano nell’aria i corpi. Un ‘miracolo’ di questo tipo sembra già avvenire con i rimpatrii forzati in zone desertiche per morti silenziose e volatili. Si tratta, sembra, di ‘miracolo’ italo-libico.
    Per quanto riguarda la richiesta di ‘riconoscimento’ a mio avviso, e lo ribadisco, non può avere spazio in un contesto di questo tipo nè per magrebini nè per europei nè per marziani che siano fuori dai meccanismi economici dei Sarkomi: cioè poveri o sotto tale soglia.
    Le parole usate dal ministro di una repubblica che crede di essere un nobile per diritto divino (il vocabolario che usa lo testimonia) non ci parla? non ci dice altro rispetto alla nostra (loro) posizione nel mondo? non è la prima volta che si sentono, capita sempre più spesso di udirle anche in Italia, ci sembrano così banali?
    Non sentono neanche più il bisogno di praticare una sana ipocrisia o una semplice tattica politica: il mondo è loro e di pochi altri. Oltre alle banlieu siamo fuori in molti, ma ancora stentiamo a crederci e facciamo ancora più fatica a immaginare una qualche reazione organizzata o di ‘visione’.
    besos

  20. Questa è la conclusione dell’articolo di Oliver Roy sul NYT:
    Contrary to the calls of many liberals, increased emphasis on multiculturalism and respect for other cultures in France is not the answer: this angry young population is highly deculturalized and individualized. There is no reference to Palestine or Iraq in these riots. Although these suburbs have been a recruiting field for jihadists, the fundamentalists are conspicuously absent from the violence. Muslim extremists don’t share the youth agenda (from drug dealing to nightclub partying), and the youngsters reject any kind of leadership.
    So what is to be done? The politicians have offered the predictable: curfews, platitudes about respect, vague promises of economic aid. But with France having entered its presidential election cycle, any hope for long-term rethinking is misplaced. In the end, we are dealing here with problems found by any culture in which inequities and cultural differences come in conflict with high ideals. Americans, for their part, should take little pleasure in France’s agony – the struggle to integrate an angry underclass is one shared across the Western world.

  21. ma, spettatrice, cosa c’entrano i mostruosi rimpatri forzati, con quello che succede in francia ora?
    Se chiedete a quei ragazzi (che GIA’ sono nella loro patria) cosa pensino dei rimpatri forzati in molti vi direbbero che sono giusti perchè molti di quei ragazzi sono di destra.
    ANCHE SE TUTTI, PERO’, SONO CONTRO LA GUERRA
    Tu dici che non è più possible neppure sfruttare e qui ti sbagli.
    Quegli abitanti delle periferie che esplodono e che lo stato cataloga come disoccupati, non sono disoccupati, molti lavorano normalmente anche se i più lavorano nei settori ilegali, a nero e anche criminali (come spaccio e prostituzione) son lavori anche quelli e infatti ci sono anche lì sfruttatori e sfruttati. A qualcuno conviene avere un settore di società disponible a fare di tutto.
    Tu però confondi migranti clandestini con cittadini francesi a tutti gli effetti, e nelle strade a scassare non c’eran solo francesi di origine algerina marocchina e tunisina. C’era di tutto.
    Cittadini giovanissimi che (come sempre) non ce la fanno più e … scassano tutto chiedendo rispetto per le loro vite e i quartieri che sono conosciuti non più con un nome, ma con un solo numero.
    Il fenomeno di per sè è vecchio come il mondo, però … se viene esaminato con vecchie categorie si rischia di non capirlo più, oggi ci vogliono strumenti di analisi veloci, elastici, in grado di disfarsi e ricomporsi, proprio come fanno quei ragazzi, che sono uguali in tutto il mondo.
    I politici al momento galleggiano nella totale ignoranza e inseriscono il tutto nelle inutili figure geometriche euclidee, proprio come se uno volesse spiegare un fiocco di neve con il cerchio o la sfera;-)

  22. Cara Georgia, forse non mi sono spiegata bene.
    Non stavo parlando della specifica rivolta delle banlieu, ma delle vite di scarto (francesi, magrebine o marziane poco importa) a cui si faceva riferimento in alto, nel tema assegnatoci dalla maestra Lolip.
    Il tema si prestava a una serie di considerazioni che comprendono le mie paure sull’evoluzione di sistemi di vita che creano anche le banlieu.
    Pensavo di non averla fatta completamente fuori dal vasino.
    Poi ho fatto anche delle osservazioni sui toni da classe nobiliare dei politici e delle ‘classi dominanti’, ma avevo già esaurito la mia paranoia sulla possibile volatilizzazione sahariana degli ‘esuberi’.
    Ora ti invito anche a considerare la minaccia del primo ministro francese quando dice che i riottosi saranno espulsi. Questa è una grande punizione che priva anche del diritto a godere qualche briciola del mondo ‘civile’ (l’assistenza sociale carente a cui in più luoghi si accennava). La mia domanda è: espulsi dove? e come?
    besos
    Mi riservo di leggere il libro di Bauman, intanto un piccolo stralcio della presentazione in rete:
    La modernizzazione è la più prolifica e meno controllata ‘linea di produzione’ di rifiuti e di esseri umani di scarto. La sua diffusione globale ha sprigionato e messo in moto quantità enormi e sempre crescenti di persone private dei loro modi e mezzi di sopravvivenza. I reietti, i rifugiati, gli sfollati, i richiedenti asilo sono i rifiuti della globalizzazione. Ma non sono i soli rifiuti: vi sono anche le scorie che hanno accompagnato fin dall’inizio la produzione.

  23. Spettatrice. Sono contento che tu ti senta così lucida e precisa rispetto a diagnosi e prognosi dei fatti. Altrettanto sicura mi sembra solo lOriana… benché dall’altra parte (quella cattivista) della barricata (letteraria). Aspettiamo almeno che il fenomeno si delinei in tutta la sua complessità.

  24. da la repubblica di oggi:
    ………….
    …Se la violenza urbana è in costante diminuzione sta invece crescendo la polemica attorno alle dichiarazioni del ministro dell’ interno, Nicolas Sarkozy, che ha chiesto ai prefetti di espellere dal paese gli stranieri clandestini e regolari che verranno condannati in tribunale. Al momento sono più di 100 gli stranieri arrestati.
    Il presidente della Lega per i diritti dell’ uomo, Jean- Pierre Dubois, ha protestato: “questa misura – ha affermato – getta benzina sul fuoco. Il governo sta cadendo nella illegalità”.

  25. cara spettatrice,
    Karl Polanyi aveva descritto ne “La grande trasformazione” la modernizzazione ottocentesca con accenti simili. Ancora prima Engels compiva una splendida analisi delle condizioni da rifiuto della classe operaia nella Manchester della rivoluzione industriale.
    Non è che noi tendiamo vedere l’aspetto di novità del conflitto sociale? Non è forse che non riusciamo proprio più a pronunciarla questa parola: conflitto?

  26. Analisi per analisi e previsione per previsione, vediamo anche questa:
    “Il rapporto del Wwf: per sostenere gli attuali ritmi di sviluppo bisognerebbe colonizzare due pianeti
    «Troppo sfruttata, la Terra morirà nel 2050»
    ROMA – Conto alla rovescia per la sopravvivenza della Terra. Stando all’ultimo, apocalittico rapporto del Wwf, ci resta poco meno di mezzo secolo di vita. Nel 2050, saccheggiato dalla voracità dell’uomo, privato delle sue risorse naturali, il nostro pianeta finirà di esistere come unica oasi del Sistema solare capace di alimentare la vita e si ridurrà a uno sterile ammasso di rocce. A quel punto la popolazione umana, che avrà superato il limite dei 9 miliardi di abitanti, dovrà cercarsi non uno, ma due pianeti gemelli della Terra. Buona fortuna. Un po’ disperato e un po’ provocatorio, il rapporto del Wwf intitolato The Living Planet sarà presentato domani a Ginevra, ma buona parte dei suoi contenuti sono stati anticipati ieri dal settimanale londinese The Observer . A parte le conclusioni, volutamente paradossali, la base del rapporto consiste in un’attendibile e minuziosa indagine scientifica sul deterioramento di ecosistemi, risorse e specie viventi rilevato negli ultimi 30 anni. Tre decadi in cui i ritmi di consumo delle società più industrializzate sono cresciuti in modo da diventare insostenibili per le riserve della Terra. Gli esperti del Wwf calcolano che, solo nel periodo considerato, è stato distrutto circa un terzo degli ecosistemi naturali, fra ambienti marini di acque dolci e forestali. «Ma l’aspetto più importante del rapporto, che esce con cadenza biennale, è l’avere ricavato due indici importantissimi, in grado di esprimere in termini scientifici rigorosi e in maniera sintetica lo stato di salute complessiva del pianeta – spiega Gianfranco Bologna, portavoce del Wwf Italia -. Il primo indicatore è l’impronta ecologica, che rappresenta la pressione della specie umana sulle risorse mondiali e che si esprime in ettari pro-capite. L’altro è l’indice di biodiversità che dà una misura del declino delle specie viventi». Ebbene, come calcolano gli esperti del Wwf, oggi per non far morire il pianeta dovremmo avere un’impronta ecologica di circa 2, mentre si va da 10 degli Usa, a 5 dell’Europa occidentale a 2 dell’Asia Centrale, fino a 1 dell’Africa.
    L’indice complessivo di biodiversità, è passato da 100 a 65. «Tutto questo serve a dire ai governi del pianeta che le parole non bastano più: ci voglio azioni e impegni concreti, con precise scadenze per diminuire la pressione delle società umane sul pianeta e riequilibrare la distribuzione della ricchezza».
    Franco Foresta Martin ( http://www.corriere.it)

  27. @ spettatrice “i riottosi saranno espulsi”, riguardo a quello che succede ora, io non l’ho letto, ma se l’avesse detto fa parte del gioco di parole dell’attuale virtuale guerra di civiltà.
    Vuol darci a intendere che chi scassa tutto è un terrorista migrante (gli altri non possono essere espulsi perchè non siamo nell’antica atene ;-).
    Ora chi l’ha detto che i cattivoni sono solo i migranti? Io non ci credo a meno che non trovino capri espiatori che non c’entrano nulla da espellere, non sarà espulso nessuno perchè chi già ha un permesso di soggiorno precario o addirittura è clandestino di solito non si espone fino a quel punto.
    ma tu dove lo hai letto?

  28. bello quet’articolo di foresta martin (che tra l’altro è veramente bravissimo, uno dei pochi giornalisti scientifici ambientalisti veramente in gamba che abbiamo in italia) è sul corriere di oggi? e se no, dov’è?
    Franco foresta martin sono anni che dice e scrive queste cose che purtroppo sono tragicamene vere e sono anni che a sinistra denunciamo che il trattato di kyoto gli americano non lo vogliono firmare. Quando stavano per farlo … guarda caso, ha vinto bush (invece dell’ambientalista Gore) e questo è un altro dei crimini contro l’umanità da ascrivere a bush e alla sua banda di neocon e di petrolieri con cui berlusconi si è subito alleato.
    georgia

  29. Caro Lucio,
    oddio, spero almeno di non essere prolissa come l’ori(a)na. Per quanto riguarda le certezze cerco di discutere e non mi sembra, finora, di avere inveito su chi mi fa obiezione, te compreso.
    Molto interessante e ‘integrativa’ l’analisi che proponi. Visto lo stato della Terra (e l’analisi del WWF è molto ottimistica) ti invito, sempre se ne hai voglia e se la cosa ti interessa, a fare una ricerca per vedere quali sono le nazioni e i sistemi economici che ‘divorano la ‘Terra’. Poi puoi approfondire andando a vedere quali sono i tipi (o classi) di persone che divorano e distruggono maggiormente. Ti invito a farlo avvalendoti di piu’ fonti.
    Mi piacerebbe poi sentire le tue conclusioni.
    A scanso di ulteriori accostamenti ti avviso che non ho televisore, non ho macchina, cammino molto o uso la bici, sono vegetariana e faccio pure la raccolta differenziata 🙂
    per Georgia, è quì
    http://www.repubblica.it/2005
    /k/sezioni/esteri/periparigi
    1/11mat/11mat.html
    per Tutti
    Articolo interessante su S***** e uso di internet, compresi blog, in questi tristi frangenti francesi:
    http://www.repubblica.it/2005
    /b/rubriche/scenedigitali/sark
    /sark.html

  30. per gli indirizzi troppo lunghi mi permetto di consigliare di linkarli
    il tag è questo:
    Ve lo scrivo con spazi perche altrimenti non appare voi naturalmente dvrete eliminare gli apazi, l’unico spazio deve essere fra la prima *a” e *href*
    parola che volete linkare
    Ricordarsi di mettere l’url (che è l’indirizzo internet) tra virgolette e ricordarsi sempre di aprire() i comandi.

  31. @spettatrice vedo che l’ha detto veramente.
    beh qualcuno all’inizio ha insinuato che tutto quello che succedeva faceva parte della campagna elettorale della destra. Ora che leggo questa frase non escluderei che possa essere vero 🙁

  32. @carletti
    ma descrivere i moti delle banlieues in termini nuovi (che poi, non la vedo tutta questa novità, nelle moltissime analisi che ho letto finora, neanche lessicale) non vuol mica dire che si tratta di un fenomeno diverso dal passato. ovvio che ci sono state tante situazioni simili nella storia; e allora? ad un certo punto le similitudini col passato finiscono, e dubito che da simili raffronti si possano trarre ricette o soluzioni.
    salvo clamorosa disinformazione, le centinaia (insomma, facciamo più-di-100) fonti che ho sentito – alcune anche dirette – indicano alcuni fatti: nelle periferie di parigi vivono soprattutto immigrati e figli e nipoti di immigrati; nella società francese si è creato (o è rimasto) un pregiudizio che fa sì che gli abitanti di quelle zone non riescano quasi mai a trovare lavoro – se non i lavori più umili, per lo più confinati nei loro “ghetti”; idem per le abitazioni: dalla banlieue non si esce; lo stesso pregiudizio fa sì che nei rapporti con la cosa pubblica gli abitanti delle banlieues siano discriminati e trattati da inferiori; a ciò si aggiunge un certo timore/disprezzo verso gli islamici cresciuto negli ultimi anni. il risultato di ciò è povertà, discriminazione, classismo. da ciò nasce la rivolta (o meglio, la rabbia: la rivolta nasce dal traboccare del vaso).
    la componente di razzismo verso gli algerini – anche di origine – è all’origine di quanto sopra; perché ignorarlo? chiaro che i giovani dei moti non si sono ribellati per una presunta identità negata; né l’altra parte della società francese *oggi* li ghettizza perché di origine algerina: li ghettizza solo perché sono cresciuti in quei quartieri; ma in origine c’erano i rapporti tra la francia e l’algeria, con tutto ciò che è successo e che ha ancora un peso nell’opinione pubblica francese. non a caso Sarkozy dice “espellere gli immigrati” (ha le sue ragioni elettorali e vabè), e dice “gli abitanti di quelle zone sono gentaglia”.
    dire che è un conflitto è dire l’ovvio. ciò di cui si discute, anche in francia, viene dopo: come mai abbiamo lasciato crescere questa conflittualità fino a questo punto? come mai si è creata questa “classe sociale chiusa” mentre non abbiamo fatto altro che dire che volevamo l’integrazione, che quella è la sola strada?
    queste sono le domande, e le risposte dubito si trovino sui libri di storia.

  33. beh beneforti il capitalismo vecchio e il neoliberismo (che non ha nulla a che vedere con liberale) scatenato di oggi, ha sempre avuto bisogno di un settore della popolazione che fornisca manodopera a basso costo, io incomincio a pensare che il fare le periferie così brutte e alienate non sia stata una cosa casuale e neppure la mancata integrazione.
    Ad ogni modo in francia a scassare tutto non ci sono solo originari dell’algeria e del nord africa in generale, ma anche francesi doc (non so cosa voglia dire ma immagino che per molti stia a significare l’equivalente del vecchio ariani) che hanno gli stessi problemi. e non è vero che originari dell’algeria ecc oggi non abbiano posizioni di comando e di rilevo, la scuola pubblica francese è ottima e ha fornito opportunità a tutti.
    Che poi la destra preferisca farne solo un problema etnico … beh questo fa parte dell’attuale gioco populistico ceh nega problemi di classe e accetta solo problemi religiosi ed etnici.

  34. @beneforti
    Dire che c’è un conflitto sociale in cui l’aspetto classista è preponderante forse è ovvio o forse no, visto che si è pensato negli utlimi venti anni più ad altro tipo di contraddizioni e di fratture. Ancora di più, si è teorizzato un modello che prevedeva la “fine della storia” e quindi di ogni conflitto sociale in quanto tale.
    Dopo l’11 settembre, svanite nel nulla le teorie liberal-irenistiche, tutto pare dominato dalla categoria dello scontro di civiltà e dalla sensazione di essere entrati in una nuova era. Forse i libri di storia ci possono aiutare a capire che le rivolte e la paura delle classi pericolose sono state la norma in Europa prima della nascita del movimento operaio e dello stato sociale, non sono soltanto il prodotto dei tempi nuovi. Come sosteneva Polanyi, la società si difende e reclama la propria sopravvivenza di fronte ad un modello economico che la nega e pretende la sua estinzione.
    Quanto all’integrazione, mi pare che il modello sia piuttosto quello di un ferro disciplinamento sociale: disoccupazione, CPT, precarietà, riduzione dello stato sociale. Chissà da dove verrà fuori questa “classe sociale chiusa”…

  35. Al link che segnali ho trovato solo questo: “La religion n’a rien à voir avec les émeutes”.
    Forse sono gli idraulici polacchi che non hanno preso bene il “no” al referendum…

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