A VOLTE RITORNANO

L’ho già detto, lo so bene. Ma sento nell’aria un certo desiderio di serrare i ranghi che non mi piace: sabato scorso, sul quotidiano, Mario Pirani ne ha parlato apertamente. Anzi, ha proprio scritto le parole “ritorno all’ordine” (auspicandolo). Nel caso, l’argomento era quello, che a torto si riteneva ormai immune da sospetti e polemiche, dei videogiochi come strumenti diseducativi e forieri di violenza (non solo quelli: nell’articolo era sotto accusa anche il genitore libertario). Su un altro fronte, quello che riguarda le donne e il lavoro, manifesta il proprio stupore Doris Lessing. Lo fa in un’intervista a Millepiani in onda su Cult Network stasera alle 21 e in replica domani alle 9. Piccolo estratto:

“Quello che sta accadendo attualmente in Gran Bretagna è che ritorna in modo massiccio il fenomeno delle donne che preferiscono stare a casa. Forse è una scelta che ha vantaggi sul breve periodo, ma mi chiedo se alla lunga regga. Nella mia generazione, per esempio, le nostre madri avevano investito tutto sui figli e poi, una volta raggiunta la mezza età, rimanevano sole, senza occupazione, donne infelici. Noi sapevamo bene che quello di cui avevamo bisogno era un lavoro, e avevamo ragione. Tutte quelle capacità ed energie delle donne avevano poche cose su cui essere indirizzate. Ritornare nelle case non è necessariamente la soluzione per tutte. (…)
Trovo sorprendente che fino a non molto tempo fa in un paese cattolico come l’Italia le donne avevano molti figli, e ora, di colpo, avete la natalità più bassa d’Europa. Questo è interessante soprattutto per chi è affascinato dal modo in cui il cambiamento possa essere così improvviso e rapido. Il fatto che le donne rinviano il momento della maternità è certo un problema insolubile. La natura vuole che le donne restino incinte nell’età in cui sono nel massimo delle loro forze, e rimangono incinte subito. Questo è quanto esige la natura. Ma le donne a quest’età sono all’università, o agli inizi della loro carriera, e poi vent’anni dopo si dicono che forse rinviare è stato uno sbaglio. In realtà non c’è una soluzione, una strada giusta da seguire. Conosco donne che sono preoccupate perché vogliono a ogni costo avere un figlio, che abbiano o no un uomo accanto, ma a questo proposito devo dire che qualsiasi donna decida di avere un figlio senza un sostegno deve essere matta. Lo dico perché l’ho fatto.
È davvero difficile avere un lavoro e allevare dei figli, e molte giovani donne se ne sono accorte. Molte lo fanno, altre preferiscono rinunciare. Quello che trovo interessante però è che esiste una classe di donne benestanti che sono annullate, non fanno nulla, hanno mariti ricchi e personale di servizio, e queste donne non lavorano, non cucinano, non seguono i figli, passano il tempo provando vestiti e pranzando con le amiche. Per una donna come me è scioccante. Pensavamo che situazioni di questo tipo fossero finite, e invece eccole di nuovo”.

22 pensieri su “A VOLTE RITORNANO

  1. Ogni anno ha la sua momentanea moda. Ogni decennio ha la sua moda ripetuta. E’ solo una questione di tempo: aspettare venti di cambiamento. E chi vivrà vedrà.
    Cari saluti.
    Iannox

  2. mario pirani, buono quello lì. sul suo articolo sul bullismo ha detto cose intelligenti.
    tutta colpa dei videogiochi violenti.
    testa di c….

  3. Non mi sembra che il termine restaurazione esaurisca e comprenda il processo in corso, per quanto mi riguarda la chiamo volentieri: punizione. Non si reclama solo il ritorno all’ordine dei padri, si vuole anche punire chi ha pensato e creduto che un’alternativa o un sogno fossero possibili. Noi oggi vediamo l’epilogo di un lungo processo che ha impiegato anni a costruire modelli di veline, paninari, giocatori, edonisti reganiani, vittellazzi allo sbaraglio ecc.. Pirani tira le somme, ma non e’ lui l’artefice e forse non c’è neanche un grande vecchio, ma solo le solite forze retrograde e impunite che si sbranano tra loro, ma si coalizzano meravigliosamente per distruggere qualsiasi utopia pensata o realizzata. Che si tratti del vecchietto del mio paese (per cui tutti i guai della modernita’ erano da attribuire alle donne fuori casa e al loro predare lavoro e territorio maschile) o del piano di rinascita di un certo Lucio, tutto si tiene e ci tiene sempre piu’ strette/i verso il nuovo bisogno di disciplina e di poteri forti (sono poi mai mancati?) a cui e’ necessaro, adesso che i tempi sono maturi, dare staus e regole ben precise. Che questo accada non stupisce, la cosa che preoccupa e’ che non trovano resistenza perchè si fa fatica a metterli a fuoco e, soprattutto per le donne, perchè i modelli di pensiero e comportamento che ci propinano tutti i gioni sono stati interiorizzati e stanno facendo il loro lavoro/gioco. Come è successo per il capitalismo trionfante sulle utopie del secolo scorso, la via non sarà solo quella della restaurazione, ma anche dell’umiliazione. Ci rivolteranno la frittata e ci faranno credere e pensare che abbiamo sbagliato (tutto e sempre) e che dobbiamo passare il resto della vita a espiare.
    Che cosa fare viene da sè e non e’ facile: resistere, resistere, resistere, in tutti i modi e le forme che riusciamo a immaginare….soprattutto evitando di andare a scovare le pulci negli altri restaurandi, i nemici stanno altrove e dobbiamo essere in grado di riconoscerli.
    Scusate la retorica, ma stamane va così.

  4. Ho letto anch’io l’articolo di Pirani e l’attacco al videogioco San Andrea come causa del bullismo infantile.
    Mi pare anche che i giornali stanno insistendo sulla storia del bullismo da parecchi giorni.
    Qui si parla del genio e del talento e fuori si prepara una restaurazione, stavolta vera.

  5. Beh, non è tutta retorica. Il concetto di umiliazione è uno strumento intellettuale che si adatta benissimo alla spiegazione del rapporto tra generi, e soprattutto di ciò che per la donna, di volta in volta, ha costituito un dovere nel corso della storia. I doveri cambiano, che siano fittizi o meno, ma ciò che nei mutamenti si mantiene intatto è la forma di subordinazione ad un ordine sociale progettato da uomini in cui la donna è ancora una volta strumento (utile). Questa è una versione un po’ sintetica, e perciò incline a somigliare a pura paranoia.
    Quanto alla faccenda videogiochi, ricordo che una delle “vette” del pensiero liberale scrisse un opuscolo che passò alla storia sotto il titolo (in versione italiana) di “cattiva maestra televisione”: Popper diede il meglio di sé, ossia il peggio, in termini di senso comune spacciato per forma di pensiero evoluto, per dimostrare involontariamente come il liberale ha spesso, socialmente parlando, il volto inquietante del reazionario un po’ ottuso.

  6. A proposito di donne intraprendenti, sia lode a J.K. Rowling, che, dapprima casalinga disperata, contrastò poi la desolazione domestica ideando Harry Potter e diventando così una delle donne più ricche del mondo. Avesse avuto un impiego, tutto questo non sarebbe successo:-)
    (Confesso, tuttavia, di aver solo sfogliato uno dei frutti della sua noia).

  7. “non fanno nulla, hanno mariti ricchi e personale di servizio, e queste donne non lavorano, non cucinano, non seguono i figli, passano il tempo provando vestiti e pranzando con le amiche”
    Dov’è che si fa domanda?

  8. ops, vera posso dirti come ha fatto l’unica donna che fa quel tipo di vita che conosco. Nata povera, non bellissima, ma molto alta e con un viso leggermente cavalllino, sposa un uomo d’affari bruttacchiotto, ma molto innamorato di Lei.
    Lei abbandona la vita da paramedico che svolgeva e trascorre mesi e anni tra centri di bellezza, viaggi, saune, soldi spesi a gogo’ e amanti occasionali. Questa persona ha adesso tra i 55/60 anni, li porta molto bene e’ di una noia mortale e, nonostante questa vita per te così appetibile, da anni (molti) sempre e costantemente imbottita di psicofarmaci.
    Vedi se la sua parabola puo’ darti qualche indicazione, magari comincia a frequentare i posti dove si riuniscono i molto benestanti bruttacchiotti …ops, non si dice, al minimo si tratta di persone sempre ‘interessanti’..:-)
    abbracci

  9. non è per fare sempre si maestra – che supplisce – però scusate, secondo me è pure un’idea sacrificale della sinistra che chi non lavora – non è che solo non mangi – non sia.
    io dico: bene venga l’ozio, e il poter fare quello che ci piace. beato chi non ha la cacarella quando gira per negozi – io mi limito all’ansia, una mia amica ha il porblema che dico qui sopra, infatti sono nata nei cosidetti anni del boom e nei miei geni di quel boom deve essere rimasta un’eco. beato l’ozio – per tutti – e soprattutto abbasso l’insicurezza che porta con sè il fatto di non avere un lavoro o di averlo precario. no? 🙂 altro che geni a volontà ci sarebbero in giro, a potersi gestire fin da piccoli il porprio tempo come meglio – e più piace.

  10. scherzi a parte, io ho giocato e gioco ancora ai precedenti episodi di Grand Theft Auto (San Andreas non ho i soldi per comprarlo) e non vado in giro a picchiare la gente. il problema non sta nelle situazioni messe in scena nei videogiochi o nei programmi televisivi, quanto l’apparato percettivo di cui si dispone per elaborare le informazioni.
    il bullismo, poi, è il fenomeno del momemento scelto dai media e tutti adesso si affannano a trovarne le cause.

  11. Vero, vera? que viva l’otio! lo dico dall’75! e dopo ogni “restauro” e “restaurazione”, la prima cosa che faccio per arrijame, e: Che viva l’uetio (ozio)!” programmare l’uetio! vivere per l’uetio (rimepito da passioni, lavori fatti per sè, non stare sdraiati sul divano a guardare la tele…che lavora sempre! lavora sempre. che ansia!)

  12. spettatrice, parabola per parabola: 45 anni, una laurea, un lavoro qualificato, un figlio. Una vita passata a sentirsi fuori posto: al lavoro quando si vorrebbe essere a casa dal figlio malato, a casa quando chiamano mille clienti, la spesa che non si sa quando andare a fare e la polvere che pietosamente ricopre il tutto, visto che nessuno ha tempo ed energia di spazzarla via. E gli psicofarmaci non sono appannaggio esclusivo delle signore annoiate: li usano anche la metà delle mie colleghe per tenere a bada l’ansia.
    E si arriverebbe a pagare qualunque cifra per una pranzo in pace con le amiche. Ma quali amiche? le colleghe? Ché le amicizie andrebbero pure coltivate, e i ritagli di tempo non bastano, per questo.
    Ora, è vero che al di là della provocazione non cambierei questa vista con quella della tua amica. Ma al di là della retorica c’è da chiedersi se davvero abbiamo fatto un così grande affare.

  13. sì, sì. spettatrice è brava. direi che come “disturbatrice di famiglie felici” se le va la arruoliamo! 🙂 solo se le va.

  14. A parte che la persona di cui ho parlato non e’ una mia amica (non riesco ad avere rapporti d’amicizia con persone con cui non riesco a fare un discorso sensato) anch’io ho 45 anni e ho fatto a suo tempo le mie scelte. La prima delle quali e’ stata sfuggire a un destino di badante della mia famiglia. Non scherzo, mio padre (anziano) aveva deciso che visto che ero l’unica donna dovevo sacrificare tutto per la famiglia, magari in prospettiva sposarmi, ma stare vicino a loro e ai miei fratelli (in numero di 4) per integrare il ruolo di accudimento di mia madre e mia nonna. Sembrava una situazione senza vie d’uscita e siccome non voglio annoiare diro’ solo che sono riuscita a studiare almeno sino al diploma (strappai la concessione con le unghie e con i denti), poi raggiunta la maggiore età mi sono allontanata e, dividendo con altri spazi e magri introiti, ho cominciato a vivere da sola. In qualche modo mi picco di sapere cosa vuol dire essere considerata una cosa, un bene mobile, solo per il fatto di essere nata nell’altra meta’ del cielo. Questo spiega perchè non sopporto (ma le altre/i non necessariamente sono tenuti a condividere) delle situazioni in cui si è costretti a diventare ‘cosa’ o in cui, volontariamente (?), si sceglie di diventare oggetto anche se di lusso e con le scarpine dorate. Sì, si può apparentemente scegliere di diventare cosa, ma lo si sceglie con maggiore facilita’ se si e’ subita un’educazione che ha sempre svilito la dignita’ e l’autostima. Non è necessario che questo processo avvenga a suon di bastonate, puo’ benissimo passare attraverso modelli comportamentali ‘vincenti’, pubblicita’ mediatica o insegnanti e scuola di m….. Spero che adesso sia chiaro perchè non ambisco a una situazione di comodo come quella della persona descritta e perchè mi frego bellamente della polvere che si accumula e solo periodicamente faccio le grandi pulizie.
    No, non sono ricca se non nel senso che non ho particolari bisogni che non riesco a soddisfare e vivo bene anche passando davanti a vetrine piene di merce bella che non potrò mai avere (ma poi lo desidero? bho).
    A ritroso non rinuncerei ai sacrifici che ho fatto e che faccio neanche quando sono veramente stanca o oppressa da persone e situazioni di m….., in qualche modo mi sento un essere umano e non mi sembra poca cosa.

  15. ….sopra un po’ troppe negazioni che rischiano di diventare affermazioni spero si tratti solo della fretta e non dell’inconscio…:-)
    Mi auguro che il senso fosse chiaro

  16. Ma siamo proprio sicuri che banbini e adolescenti si muovano oggi nella libertà più piena? A me pare che ci sia già un ordine funesto che li priva di tanta libertà, delle loro fantasie più scatenate, di un tempo proprio da riempire di cià che meglio credono. C’è già una prigione attorno a loro, soffocante e violenta, ed è costruita anche con i videogiochi studiati da gente furba e smaliziata, da mille pubblicità invadenti, da centomila immagini che grandinano su quei cortiletti. Non è giusto far passare Pirani come un vecchio reazionario quando la situazione attuale è già fortemente coercitiva. Pirani dice solo: attenti, qui stanno maltrattando i nostri bambini, e fa bene a mio avviso a lanciare questo allarme.

  17. Posso, Marco? C’era una parte dell’articolo di Pirani assolutamente ineccepibile, ed era quella che riguardava le responsabilità degli adulti (genitori, scuola). Mettere di mezzo i videogiochi, e demonizzarli (come avviene in parallelo con il wrestling) vuol dire sviare il discorso: i videogiochi sono un mezzo che veicola finzione, e i bambini sono perfettamente in grado di distinguere. Distinguono molto meno la proposta di pseudo-realtà televisiva, per dire. Ma il loro modello primario restano gli adulti in carne ed ossa che li circondano. Non si può accusare i bambini di essere consumisti (per induzione pubblicitaria) se il genitore cambia telefonino tre volte l’anno e automobile ogni dodici mesi. Non li si può accusare di imbottirsi di televisione se davanti al piccolo schermo siedono padre e madre. Questa generazione di bambini ha potenzialità enormi (tutte le generazioni di bambini, è vero, ma questa è portatrice di competenze e saperi inediti). Questa generazione di genitori, per lo più, ha creato attorno a loro una cultura dell’allarme.

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