BARICCHEIDE RELOADED

Ci sono ancora due interventi da segnalare in coda
alla Bariccheide (tre, veramente: ieri Al top libri ha dedicato una
puntata al caso. La sottoscritta è stata interpellata –telefonicamente, causa
impresentabilità del braccio destro- ma non ho mai saputo cosa ha risposto
Gabriele Pedullà alle mie considerazioni sulla critica perché è caduta la
linea). Su Il primo amore c’è un’analisi durissima di Tiziano Scarpa che
da Baricco arriva a Pierangelo Buttafuoco. Su Repubblica c’è una riflessione di
Antonio Moresco. Eccola:

Non capita tutti i giorni che uno scrittore di largo
successo scriva un articolo come quello di Baricco. Non era tenuto a farlo, se
ne poteva stare blindato dentro le sue certezze commerciali e le sue
soddisfazioni economiche e tirare diritto. Chi se ne frega di non essere amati
da quattro letterati quando lo sei da milioni di lettori in tutto il mondo! Invece
è uscito allo scoperto, ha messo a nudo la sua fragilità, si è preso dei
rischi. Quando succede questo, quando neppure uno scrittore come Baricco riesce
più a stare a un simile gioco, vuol dire che la crepa si sta allargando.
Baricco e io abbiamo storie personali ed editoriali completamente diverse. Lui
è l´emblema dello scrittore baciato dal successo, io di quello che ha avuto la
vita dura. Lui guadagna un sacco di quattrini con i suoi libri, io quasi nulla.
Lui è lo scrittore facile, io quello «difficile», ecc. Proprio per questo,
proprio perché siamo scrittori tanto diversi e addirittura agli antipodi, mi
sento libero di comprendere e di rispettare anche le sue ragioni.
E´ successo che il bersaglio non è rimasto fermo, si è mosso. Non ci sta più a
essere liquidato con quattro battute. Anche se scrive: «Per quello che ne
capisco, i miei libri saranno presto dimenticati, e andrà già bene se rimarrà
qualche memoria di loro per i film che ci avranno girato su. Così va il mondo.
E comunque, lo so, i grandi scrittori, oggi, sono altri». Parole scritte dallo
scrittore che passa per il più narcisistico e supponente che ci sia in
circolazione. Quanti altri scrittori, anche di minore successo commerciale di
lui, avrebbero il coraggio di scrivere una cosa simile?
La storia di Baricco è singolare. Esaltato in un primo momento da influenti
critici e operatori culturali, vincitore di premi prestigiosi come il
Viareggio, era l´enfant prodige delle nostre lettere. Poi, a poco a poco, è
diventato l´esempio negativo. Alcuni dei padrini di un tempo gli hanno voltato
le spalle. Il successo di pubblico continua e Baricco può addirittura lasciare
le major e mettersi editorialmente in proprio (che sia una delle ragioni di
questo ostracismo ormai incontrollato?). Ma negli ambienti colti o presunti
tali è diventato ormai lo scrittore impresentabile, la puttana che tutti
possono permettersi di sbeffeggiare ricavandone status a poco prezzo. Che cosa
è successo? I suoi primi libri erano tanto meravigliosi e i suoi ultimi fanno
tanto schifo?
A me invece interessano proprio gli ultimi. Non che non ne veda bene anche la
ruffianeria, la paccottiglia, il virtuosismo, i personaggi che si scambiano
battute come in uno spot pubblicitario ecc. Però mi arrivano evidentemente
anche altre cose che mi interessano e a volte addirittura mi commuovono. Ma è
il trionfo del kitsch – sento ripetere da tutte le parti – il mid-cult,
scrittura pubblicitaria, di secondo grado! E a dirlo sono, in molti casi, gli
stessi che per anni hanno teorizzato la letteratura «di secondo grado» come
unico orizzonte possibile in questa epoca. Che vanno in estasi per questo tipo
di scrittori, siano essi di «genere» o di «genere letteratura», basta che siano
controllati, disincantati, smaliziati, autoironici. Ma allora perché non
sopportano Baricco?
Perché, a mio parere, assieme al debordante aspetto «pubblicitario», in Baricco
c´è anche un debordante aspetto «infantile». In lui c´è sì molto calcolo, molta
furbizia ecc. ma c´è anche un abnorme abbandono infantile, che mi sembra
crescere sempre più col tempo. E´ questa sproporzione infantile, che per altri
è solo narcisismo e patologia, la cosa che mi arriva e mi tocca. Perché lo so
bene che pubblicità e dimensione infantile operano dentro la stessa fascia
d´ozono, ma è anche vero che al suo interno si possono comunque giocare molte
cose e che una sproporzione tra i due aspetti può aprire e scombinare persino
quello che sembrerebbe un gioco prevedibile e chiuso.
Baricco è lo scrittore di un paese dove nessuno sa niente. Quelli che storcono
la bocca perché credono invece di far parte di un paese dove si sa tutto, a
forza di sapere tutto o di credere di sapere tutto sono diventati anche loro
parte del paese dove nessuno sa niente, sono arrivati per un´altra via allo
stesso punto. Baricco porta alla luce questa dimensione, di cui è parte. Crede
che una «bella storia» possa riscattare la vita e sia il fine ultimo della
letteratura. I suoi personaggi si incontrano in certi snodi, come nei romanzi
di una volta nelle locande o al cambio dei cavalli, e lì si scambiano storie e
proiezioni di vita. C´è in lui un sentimento perenne di meraviglia, come di uno
capitato in un paese dove nessuno sa niente e che, in questa tabula rasa, deve
fare partecipi gli altri delle storie che sa. In questo coglie un aspetto reale
della situazione presente, di un paese e di un mondo dominato dalla dimensione
pubblicitaria e televisiva azzerante. Certo, anche la meraviglia può fare
tutt´uno con questa dimensione, ma ci si possono liberare dentro anche altre possibilità
e altre forze. Scrive Kierkegaard nei suoi diari: «E´ un punto di partenza
positivo per la filosofia, quando Aristotele dice che la filosofia comincia con
la meraviglia, e non come ai nostri tempi con il dubbio». Lo so bene, non c´è
solo questo modo di stare dentro al presente, alle sue rappresentazioni e alle
sue macchine di addomesticamento. C´è anche quello di mettersi di traverso, di
aprirlo, di sfondarlo, di fargli venire fuori le viscere, l´anima, di liberare
al suo interno forze e disperazioni e prefigurazioni che non sapevano nemmeno
di esistere fino a un secondo prima. Baricco invece vi aderisce in modo
diretto, ed è per questo che appare così credibile ai suoi lettori, così vicino
alla loro dimensione e alla loro vita. Per questo Baricco ha trovato tanti
lettori, è proprio questo che è stato colto a livello emozionale dai tanti. E´
su questa fragilità infantile e su questo sogno «pubblicitario» della vita e
anche della letteratura che si è creata identificazione. Perché anche i suoi
libri sono fatti della stessa labile e ingannevole sostanza del mito diventato
pubblicità.
Ma c´è un´altra cosa da dire. In Baricco, e in particolare nei suoi ultimi
libri, è sempre più incombente la morte. I suoi personaggi cercano di
oltrepassarla inscrivendola in un gesto che li renda mitici e unici. Una
dimensione sentimentale, ultraromantica e pop, che è l´altra faccia di quella
pubblicitaria di questa epoca. E´ proprio per questo, è perché ormai questa
crepa è talmente visibile da apparire quasi indecente, che (con l´eccezione di
Novecento) sono riuscito a leggere i suoi ultimi libri e non i primi, che non
nascondo di averli letti con più partecipazione e interesse di tanti altri
libri che invece ricevono il tiepido plauso della critica «seria». Qui, in questa
megalomania infantile, sono trasportato nell´indistinzione tra dimensione
pubblicitaria e mitizzazione, qui c´è qualcosa che mi avvicina di più a quanto
sta succedendo realmente nell´immaginario di questi anni. Questa vita è sempre
più al cospetto della morte. Ma non è questa la dimensione in cui vivono le
maggioranze degli uomini e delle donne in questa epoca?
Il bambino fortunato ha visto che dietro la maschera pubblicitaria della
fortuna c´è la morte e ne è rimasto turbato e sconvolto. Quella che incombe su
tutti e quella che incombe anche su di lui come uomo e come scrittore. Ma è
esattamente quello che c´è dietro la maschera della nostra epoca e del nostro
mondo. Cerca di esorcizzarla e di sublimarla mediante il suo sogno
pubblicitario e infantile.
Come il protagonista del suo ultimo libro che si costruisce una pista che
faccia un tutt´uno con la sua vita, su cui lei possa, alla fine, ormai vecchia,
correre regalandogli qualche istante di immortalità.
E´ questo sgomento dell´uomo-bambino che vede la morte dietro la maschera della
pubblicità della vita e della fortuna che – al di là del buonismo, degli
insopportabili vezzi stilistici e grafici, degli ammiccamenti, delle bellurie –
arriva anche a me.
Non è scontato – come pensa Baricco stesso – che nel tempo che ci aspetta i
suoi libri (ben più dei film che ne sono stati tratti) siano destinati a essere
dimenticati.

65 pensieri su “BARICCHEIDE RELOADED

  1. A mio avviso ciò più che grava sulla critica italiana è l’incapacità di dire la verità: siamo diventati dei pubblicitari, dei promotori, a volte dei premonitori, ma nulla più.
    Cito un caso: un notissimo giornalista ha appena scritto un libro dedicata ai misteri di una città.
    La potenza, evocativa, di quel giornalista è tale che nessuno ha sottolineato che i capitoli del suo libro sono interamente copiati da Internet. Possibile che nessuno se ne sia accorto, critico o lettore? Sono uguali identici: un copia incolla preso qua e là. Basta prendere qualsiasi argomento, andare su google, cercarlo e raffrontare i testi. L’autore, tra l’altro, non si è sforzato neppure di andare a trovare i più nascosto. Ha copiati i primi. E intanto è in cima alle classifiche e a ponteggiare in tv. Altro che Baricco…

  2. Serino. potresti provarci tu. Con nomi, cognomi, dati, riferimenti e link faresti esattamente quello che un buon critico, un buon scrittore o un buon lettore dovrebbero fare.
    besos

  3. Biondillo
    Ma ho ancora lo stomaco ribaltato e ho bisogno di condividere l’orrore con qualcuno.
    Susanna:
    è sbagliata la data, più che un omaggio all’8 marzo lo vedrei come un omaggio al 27 gennaio (e comunque ho letto cose più emozionanti sui campi).
    Raos:
    1. La letteratura non è un omaggio a questa o quella data, un fiore da appendere sulla porta in determinate (da chi?) occasioni. Questo lo si pensa spesso, in particolare, della poesia (ma non solo). È falso.
    2. Fine della letteratura non è sempre e comunque “emozionare” il lettore. C’è qualcosa di profondamente sbagliato nel cercare l’emozione nel testo che ho tradotto (è sbagliato che io ne abbia provata traducendolo, e ho sbagliato a parlarne). La letteratura porta altrove, e smonta tutte le emozioni semplici (la morte non è un’emozione semplice).
    E la mia risposta a Laos: il link segnalato da Biondillo apre una pagina che riporta “Otto marzo Omaggio (triste)”, che avevo scambiato per il titolo del pezzo che si chiama “Bambini” (mia colpa, e.. bell’impaginazione! come aiuto a Sue_tont, ok), per cui essendo i bambini del pezzo rinchiusi nei campi di concentramento ho fatto un riferimento al giorno della memoria. Biondillo parlando di “orrore” riferisce un’emozione, e mi sono basata su questo per il mio commento.
    Però
    Non ho (ancora?) dichiarato quale sia la mia idea di letteratura – anche se ho scritto di usarla per avere un’altra realtà (dell’altro da me, per mantenere la meraviglia e il dubbio, entrambi), ma non è solo questo – né cosa vi cerco (più idee che emozioni, e proprio questa è la base del mio non apprezzare AB, che non mi trasmette nè le une nè le altre). Del mio rapporto con la morte non scrivo su un blog, ma non hai lasciato la mail (vuoi sapere?).
    Confermo il mio fare un mestiere lontano dai libri, e ti ringrazio delle virgolette attorno al comune lettore.
    Confermo anche che si può banalizzare la morte come ha fatto Moresco: invece la morte (altrui, che della propria si teorizza) è prima di tutto un fatto personale, poi molto molto dopo tutta la letteratura che vuoi, che è un tentativo mai esaustivo (appunto non è nata ieri e c’è ancora, e ci sarà). A voler fare un giochino potrei scrivere che questa TV, questi reality senza nulla della realtà, questa vita frenetica, non sono altro che un tentativo di sfuggire la morte, come anche il dover essere tutti sani belli ricchi (Paolo_S: non trovi che sia terribilmente italiota non parlare mai di soldi? Ovunque nel resto del mondo è uno degli elementi di valutazione, anche dei libri), come tante anoressiche che controllando il corpo cercano di controllare il mondo. Che fatica adeguarsi a questi modelli.. Non credi?
    Le mie scuse a tutti per l’OT.
    Bravo Serino: semplice e diretto: incapaci di dire la verità.

  4. @ Serino
    quel “notissimo giornalista” fu a suo tmpo inventore e conduttore dei “gialli in diretta tv”, come ben ricorderai. In quella veste non si fece scrupolo di accusare in diretta, senza possibilità di replica, Bifo di implicazion in un omicidio, leggendo una falsa velina su un suo aresto avvenuto per altre ragioni e in altro contesto (e poi risolto in nulla), e di mandare in onda la telefonata di una “veggente” fiorentina che diede una decrizione molto dettagliata del suo ex-compagno, facendo intendere che fosse il mostro di Firenze.
    E’ ancora lì in RAI, nessuno gli ha detto alcunché. Dev’essere un grande ammiratore dei programmi di Lucarelli, perché le cose che fa sono identiche – solo, fatte peggio.

  5. Provate a scriverlo voi quel libro del notissimo giornalista che non capisco perché non nominate! Io non so se Corrado Augias abbia scopiazzato su internet, so però che lo ha fatto molto bene e che il suo libro è bello e molto istruttivo. Internet è uno strumento di lavoro e va benissimo attingervi.

  6. sì certo, magari però citando le fonti (gratuite, mentre lo libro si paga).
    però è confortante sapere che la rete è in cima alla classifica delle vendite dei libri

  7. Non ho nominato l’autore non per codardia, ma come esempio di una letteratura che da “citazioni delle fonti” è diventata” fonte di (ec)citazione”

  8. Il saggio di Augias ha un’invidiabile unità stilistica, credo che non bisogna aggiungere altro. Tenetevi il fiele per cause più serie.

  9. Provo a riprenderlo io: senza entrare nel merito di casi specifici mi chiedo se la televisione continui ad avere tutta questa importanza nella promozione dei libri o se invece non contino di più le piccole e grandi nicchie tipo il foglio…

  10. Nel caso di Baricco non credo che la tv abbia fatto granché visto che il nostro vende anche all’estero.

  11. Moresco difende Baricco – la parte che si può (e si deve?) difendere – perché così pensa di difendere se stesso.. e non ha tutti i torti: io non dimenticherò mai ‘lettere a nessuno’… l’articolo di Baricco, alla fine, è la sua ‘lettera a qualcuno (Ferroni e Citati)
    _ anche se abbiamo già detto che non avendo mostrato di non conoscere l’attività critica di Ferroni non ha fatto una gran bella figura… ma questo, chissà come, è diventato ‘un altro discorso’… 😉

  12. uff! scusate, troppe negazioni. Volevo dire: “avendo mostrato di non conoscere l’attività critica di (..) non ha fatto una bella figura”

  13. @ Marco v, sono d’accordo con quanto dici su Baricco:
    “avendo mostrato di non conoscere l’attività critica di Ferroni non ha fatto una gran bella figura… ma questo, chissà come, è diventato un altro discorso…” finalmente qualcuno che lo dice…!

  14. vi informo che il romanzo di Baricco, dopo la polemica, è sceso all’85° posto nella classificas dei libri più venduti. Insomma, la polemica non ha avuto gli effetti sperati.

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