LA QUESTIONE DEL LETTORE

Monete4 Nei commenti al post di ieri, Riccardo Ferrazzi ricordava giustamente un proprio intervento che riguardava appunto la dibattutissima questione del lettore: ne ripropongo la parte centrale.

  Che senso ha lamentarsi che questo o quel libro “non è stato capito” dai lettori ? Forse, prima di alzare querimonie e lai, sarebbe il caso di saperne di più a proposito del lettore, questo oggetto misterioso.
Può darsi che la mia analisi sia semplicista fino all’eccesso, ma mi piacerebbe discuterne e per questo la propongo. Prima della rivoluzione francese i letterati scrivevano per guadagnare pane e companatico alla mensa di un nobile. E il motivo era molto semplice: i nobili sapevano leggere, tutti gli altri erano analfabeti. L’illuminismo si sviluppò ed ebbe conseguenze politiche anche perché la nascita della borghesia aveva fornito un pubblico (e quindi l’indipendenza economica) agli scrittori di pamphlets.
Ma questo pubblico nuovo e allargato era fatto di arricchiti, di parvenus senza cultura: gente impreparata a dibattere le problematiche degli intellettuali. La letteratura finì per dividersi in due livelli: quella di qualità dovette rivolgersi agli “aristocratici” superstiti, quella “popolare” dovette tornare sui suoi passi e accontentarsi di infilare “messaggi” fra le pieghe di vicende di grana grossa. I romanzoni francesi dell’Ottocento hanno preso spunto dai vizi della nuova classe dominante e li hanno resi interessanti con un po’ di intrigo, un po’ di corna, un po’ di avventura. Da questo punto di vista, il Conte di Montecristo di Dumas è più illuminante di tutta la Comédie Humaine di Balzac, proprio perché sta continuamente in bilico sull’orlo del grottesco (e verso la fine ci casca dentro senza rimedio).   
Ma nonostante la rivoluzione, il Quarantotto, la comparsa del socialismo e del suffragio universale, più di metà della popolazione europea era ancora analfabeta. In mancanza del cinema, nei paesi ci si riuniva nella stalla dove i vecchi raccontavano storie strampalate, in città si andava a teatro. Le storie non c’era bisogno di leggerle, e le arie d’opera si cantavano, così era più facile tenerle a mente. La narrativa imperniata sui conflitti interni alla famiglia resistette fino a cinquant’anni fa, proprio perché i lettori erano sempre quelli: gli aristocratici affrontavano Proust, Joyce, Musil o Kafka, che rarefacevano la tematica borghese fino a estenuarla, mentre i borghesi tenevano sul comodino Liala e la Sagan, al massimo Hemingway (ma solo quello del Vecchio e il mare).

  Poi arrivò la televisione e con lei il maestro Manzi: un maestro elementare che, in una trasmissione intitolata “Non è mai troppo tardi”, insegnava a leggere e scrivere, a mettere l’accento giusto su “caffè” e “perché”, l’apostrofo su “un po’”, e niente tra “un” e “amico”.
Dal punto di vista editoriale-narrativo, la stratificazione del pubblico aumentò. Emergeva una terza fascia, molto numerosa ma difficile da raggiungere. Questi neofiti dell’alfabetizzazione e della promozione sociale potevano andare a vedere il neorealismo di “Sciuscià” ma preferivano le vicende strappacuore di “Catene” con Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson. A leggere “Ragazzi di vita” o “La romana” non ci pensavano nemmeno. Semmai comperavano l’Intrepido, Grand Hotel, fotoromanzi e rotocalchi pieni di paesi onirici, sesso ed emozioni, così come i borghesi per analoghi motivi adoravano Mickey Spillane o i film noir francesi. Moravia e Pasolini erano letti dagli “aristocratici”, gli unici in grado di capirli. E non avevano grandi tirature: gli aristocratici, per quanto influenti, sono sempre stati pochi. 
  Girosqualo Ebbene: in questa situazione che senso ha lamentare che il tal libro “non è stato capito dai lettori” ? Ammesso che sia proprio così, che vogliamo fare ? Fuori qualche proposta !
Non so. Sgridiamo i lettori. Costringiamoli a leggere solo libri “intelligenti”. Nazionalizziamo le case editrici. Formiamo una Commissione di Critici (presidente la Benedetti o Luperini ?) che epuri i cataloghi e dia l’imprimatur alle novità.
Insomma: non scherziamo. Ogni libro ha un suo pubblico al quale si rivolge. Non esiste “il lettore”. Esistono perlomeno diverse fasce di lettori. Un libro per “aristocratici” non può vendere centomila copie, semplicemente perché gli “aristocratici” sono meno di centomila. Ma se gli editori devono pagare stipendi e affitti hanno bisogno di pubblicare roba che si venda. Guido da Verona non se lo ricorda più nessuno (giustamente), ma è merito (o colpa ?) sua se gli editori hanno potuto sopportare i ripetuti flop di d’Annunzio.   
Forse il problema è tutto qui: chi vuole scrivere un libro “di livello” non può pretendere di viverci sopra. Ohibò ! si dirà, ma questo è ingiusto, vergognoso, inaccettabile. Può darsi, ma è così. A che serve indignarsi e meditare rivoluzioni da ayatollah ? O scrivi per passione o scrivi per soldi. Se scrivi per passione accontentati della stima degli amici. Se scrivi per soldi studia il tuo pubblico e dagli quello che vuole. Poi ti puoi anche divertire a infilare “messaggi” qua e là e pensare che se son rose fioriranno. Ma chi vive sperando muore cantando. 

81 pensieri su “LA QUESTIONE DEL LETTORE

  1. Andrea, calma.
    la tua (nostra)passione per l’animazione, il fumetto, etc. l’ho sempre pubblicamente ammirata, lo sai.
    Se qualcuno ti ha dato del servo (non l’ho letto, non leggo tutto) me ne dispiaccio. E’ in errore.
    Ma questo tono no, ti prego.
    Ci basta già Angelini 😉
    (Lucio, dai, celiavo, non arrabbiarti…)

  2. Gianni, zio fa’, cerco di far capire che con un buon progetto si rende interessante anche la corazzata p. e mi si risponde che sono un patacca in quanto penso che c’è l’élite che guarda eisenstein mentre la plebe guarda madagascar… Ti pare possibile? è critica questa? perché mi fanno dire cose che non ho detto e nemmeno penso? ha senso spremersi il cervello in un colonnino, non è meglio un buon sito porno a questo punto?
    Qualcuno conosce siti con scollature generose? (non scollature mentali)

  3. “ha senso spremersi il cervello in un colonnino, non è meglio un buon sito porno a questo punto?”
    Dipende dai risultati.
    “…e mi si risponde che sono un patacca in quanto penso che c’è l’élite che guarda eisenstein mentre la plebe guarda madagascar”
    La comprensione è traduzione da una lingua alla stessa lingua, esattamente come la mancata comprensione.

  4. Trovo Barbieri davvero uterino quando sciorina frasi che non sono prodotte dal cervello, ma da un organo misterioso, difficilmente localizzabile, sicuramente arretratissimo, che spinge fuori non senso ma umori, scomposizioni interiori:-/

  5. Barbieri, non accolgo del tutto l’invito pacificante del buon Biondillo, pur volendogli molto bene, e ti dico quel che ti ho già detto altrove: sembri il sacerdote di un culto, è impossibile parlare di letteratura (di *tutta* la letteratura) senza che tu te ne esca infilandoci a forza il trio BeMoSca. Non ti rendi conto che trasformi in macchietta te stesso e i soggetti che credi di difendere, che suppongo non ti abbiano mai neppure chiesto una tale difesa a oltranza. La differenza fra la propaganda acritica e l’ammirazione ti sfugge, ahimè. Posso dirti che ci sono 3 scrittori, italiani e contemporanei, per cui io nutro una stima profonda, ma non mi verrebbe *mai* in mente di fare opera di proselitismo come fai tu, per nessuna ragione e in nessun contesto: presterei loro un pessimo servigio. Se non capisci che citare “Corpo” di Scarpa in contrapposizione a Brown è come paragonare la vendita annuale dei cotechini a quella delle lampade Ikea, e che la mia obiezione era semplicissima e persino banale, e lo vivi come un attacco ai tuoi “idoli”, è un problema tutto tuo e del tuo obnubilamento. Più che un lettore sembri una groupie. Che altro dirti? Raramente ho visto persone più monolitiche, inflessibili. Non ci sono spazi di dibattito, ché non appena un malcapitato osa dire che una qualsiasi opera del tuo terzetto non gli è piaciuta o (sacrilegio!) non è “in topic” con l’argomento, tu urli scandalizzato. E con questo ti saluto, ti auguro un buon risveglio, ignorando di proposito la stupidaggine sessista che hai detto, e sperando che gli altri facciano altrettanto.

  6. “la vendita annuale dei cotechini a quella delle lampade Ikea” frasi che solo Babsi capisce e che condisce col giudizietto che io ci ho la triade, che sono la mafia giapponese.
    Parlo di progettare e ci ho la triade.
    parlo di Eisenstein e ci ho la triade.
    Parlo di una cultura non elitaria e ci ho la triade.
    Parlo di animazione e ci ho la triade.
    Parlo di McKean, un genio assoluto, forse una delle persone che ammiro di più al mondo, e lei continua con la triade.
    Parlo di scollature e non ci ho più la triade. Però sono sessista. Lei dice che faccio una “battuta” ma a me le scollature e le tette piacciono veramente.
    Allora io sono un sessista.
    Sarò un maschio che non si cura del tempo della cura? Boh.
    Leggo questi giudizi di Babsi, la pistolera del giudizio travestita da farfallina del web, penso che una serata della mia vita l’ho passato con due Southall Black Sisters, di colore, cazzute veramente, e che avevamo fatto amicizia e che si erano divertite e anch’io mi ero divertito.
    Alla faccia di Babsi e delle sue sparate.

  7. ah no, io non parlavo del giudizio positivo o negativo sulla fiction di evasione (“evasione” mi pare più calzante di “intrattenimento”; “evasione” è intrattenimento che non dà nient’altro).
    io notavo solo che chi ha gusti “bassi” non ce li ha per sua scelta, indi non è “buono” o “cattivo”.

  8. beh, ad andrea piacciono film come la corazzata?
    CONDIVIDO è uno dei pù bei film mondiali (l’ideologia non c’entra nulla), non ci vedo nulla da discutere, poi chiaro che tutti vediamo anche gli altri film e molti ci piacciono assai.
    Andrea difende moresco scarpa e la benedetti? fa benissimo lo faccio anch’io. Ad altri non piacciono e li attaccano un giorno sì e l’altro pure, perchè hanno messo in crisi le loro convinzioni e i loro sogni di “tu vo’ fa’ l’americano”? benissimo, non vedo lo scandalo.
    Ad andrea piacciono le scollature? beh non è neppure molto originale;-).
    TUTTO BENE FINO A QUI.
    Ma se andrea ad una posizione che non gli piace (e che non condivido neppure io) invece di controbattere, accusa una donna di ragionare con l’utero (per di più offendendo l’utero e dimenticandosi che utero e scollature sono fortemente legati) beh allora si merita di testa di c****, di non capire un c****, e di essere s-figato (con s privativa).
    Che poi bionidllo abbia la sindrome del voi, non è certo una cosa nuova, e non è neppure l’unico, anzi ormai è una pandemia:-)
    georgia

  9. Georgia, solo due cose.
    Io non ho mai detto a nessuno che “ragiona con l’utero”, non mi è nemmeno mai passato per la testa. Quindi penso di essere io a dover ricevere delle scuse.
    Tra l’altro questo insistere sulle mie presunte difese idiote di Moresco, della Benedetti e di Scarpa (grottescamente raggruppati da Babsi con le iniziali) dovrebbe tenere conto dei post che ho lasciato su Nazione Indiana, durissimi verso di loro, forse i più duri (e anche tener conto che parlo di tantissime cose, in un tentativo di aprire abbastanza inconsueto). Se si vuole delegittimare la mia persona, ci si informi bene almeno.
    Che poi, verso attacchi che tracimano la critica, mi senta di difendere il lavoro di Moresco, questo è un motivo di vanto. Del resto parlo con tante persone di letteratura e almeno la metà non apprezza il lavoro di scrittori che per me sono importanti, ma mai mi sento dare del “servo di”. Una di queste persone è un bravissimo scrittore che sarebbe giusto venisse più considerato: Michele Governatori. Poi Georgia un’altra cosa, io non ritorco contro nessuno l’accusa di essere il “servo di”, cioè sono, anche con persone che non hanno riguardo verso di me, assolutamente ipergarantista.
    La seconda cosa, ho parlato della Corazzata, perché era interessante il progetto che stava dietro la proiezione. In se la Corazzata è un bellissimo film, forse uno dei più belli della storia del cinema, ma il punto era che Ferrazzi a mio parere non centrava il problema col suo post. Esistono altri bravissimi “progettatori” in Italia, il Teatro delle Albe per esempio, che partirà con un programma di incontri “speciali” con autori (poeti e scrittori). La specialià sta nel luogo dell’incontro e in tante azioni che coinvolgeranno il pubblico. Sarebbe bello che qualcuno ne parlasse. Non voglio essere io, credo che sia giusto che siano i mediatori e gli intellettuali a farlo, a cercare.

  10. barbieri ci ha la triade.
    bello il ferrazzi digest, pieno di domande mal poste, di questioni mal impostate, di problemi inesistenti, di una visione della storia e della letteratura e del lettore e dei VALORI tutta sua, scrausetta.

  11. Tra l’altro il mio autore italiano contemporaneo e preferito è Dario Voltolini, quindi Babsi nemmeno ci beccava con ‘sta benedetta triade.
    Lippa, e se volgessimo in azione costruttiva questo tentato sgambetto, se facessimo un gioco che si chiama proprio “La triade” e ognuno individua soltanto tre libri da trasmettere al prossimo e motiva la sua scelta… Allora giochiamo alla Triade?

  12. E’ vero. Sarebbe interessante analizzare (e matematizzare trespolianamente) tutto l’insieme dei gridolini estatici con cui Andrea ha seguito l’uscita, instalment dopo instalment, delle famose ‘Scimmie’voltoliniane in Nazione Indiana (100 puntate). Altro che groupie! Un vero ragazzo-coccodè.

  13. Andrea, che esistano in Italia progettatori, autori, disegnatori, registi, scrittori bravissimi e non conosciuti è cosa su cui nessuno discute, ci mancherebbe. Le contestazioni, mi sembra, erano di altro genere: ma mi sono certamente spiegata male io e provo a chiarire. Quello su cui tu ed io non siamo d’accordo (ed è lo stesso motivo, cara Georgia, per cui continuo a non essere d’accordo con Moresco: il tu vuò fa’ l’americano, invece, proprio non l’ho capita) è che la loro “mancata emersione” sia dovuta ad un perverso disegno teso a confermare (e anche a conformare) l’esistente in un generale appiattamento verso l’idiozia della plebe. Questo non-è-vero. A costo di ripetermi e di diventare noiosissima: sono convinta che oggi esistano possibilità molto maggiori di essere pubblicati, se parliamo di libri, rispetto a dieci anni fa. Poi: non è necessariamente vero (vedi i due post sul “modello Wu Ming”) che soltanto l’interesse dei quotidiani possa automaticamente trasformare un libro in un successo, posto che sia questo il desiderio di chi lo scrive. Infine, arrivo anche a osare una domanda: i famosi misconosciuti provano a raggiungere le persone che dovrebbero/potrebbero parlarne o aspettano che le medesime arrivino da loro?

  14. ci sono misconosciuti e misconosciuti, i grandi poeti e scrittori ad esempio hanno altro da fare che andare incontro alle persone, e quando ci vanno non sempre lo sanno fare (ricercarli e diffonderli è compito degli altri), i wu ming, sono un fatto a se, molto intelligente e moderno, hanno fatto un’opera d’arte non solo scrivendo ma anche con la loro distribuzione di se stessi ecc. (sono fenomeni accaduti anche nel passato, certo in maniera diversissima) hanno fatto un capolavoro di grande interesse, ma non credo che sia facilmente imitabile con lo stesso successo, tra l’altro la loro è anche una operazione profondamentepolitica, la prima opera italiana di intellgenza collettiva. C’è dietro tutta una storia che si è incarnata nella loro azione scrittoria ed editoriale. Però o si entra nella loro cultura o si fa dell’arkadia anche economica, ecco perchè a me questa discussione interessa veramente poco.
    Ma è chiaro che io sto parlando di persone che con le parole fanno qualcosa di notevole e di innovativo, mentre voi parlate di semplici prodotti editoriali (che a me sinceramente non interessano).
    Ad andrea chiedo: Se ti ho frainteso scusami ma allora dimmi di quale organo misterioso parlavi, non l’ho capito.
    geo

  15. “Ma è chiaro che io sto parlando di persone che con le parole fanno qualcosa di notevole e di innovativo, mentre voi parlate di semplici prodotti editoriali (che a me sinceramente non interessano)”.
    Georgia, spiegami da dove ti arriva tanta chiarezza: da queste parti non si è così acuti.

  16. Quella di sopra ero io. Sinceramente, Georgia, a volte mi cadono le braccia: da cosa hai mai potuto dedurre che mi riferissi al lato, diciamo, mercantile della vicenda? E poi: guarda che anche le più fulgide opere d’arte sono, spiacente, “prodotti editoriali”, maledizione.

  17. Un po’ meno di due mesi fa, su Giap, i Wu Ming al completo scrivevano:
    Come l’anno scorso (e con tutta probabilità come l’anno venturo e via così), pubblichiamo i dati di vendita dei nostri libri aggiornati al 31 dicembre 2004. Il senso dell’operazione lo abbiamo spiegato e lo rispieghiamo nella premessa: è una questione di glasnost e – aggiungiamo qui – di approccio laico alla natura (anche) mercantile del libro, ossia allo scrivere come lavoro.
    Tra gli scrittori “idealisti” (nel senso filosofico, cioè che antepongono l’Idea di Letteratura alla realtà concreta e terrena delle narrazioni) è uso fingere di non auspicarsi il successo, negare che il libro sia anche (orrore!) una merce, simulare disinteresse o addirittura disgusto per la prospettiva di vendere tante copie… Peccato che tale posa di indifferenza sia in contraddizione coi toni lamentosi usati dai medesimi nel descrivere la propria condizione di “poco-vendenti”, “poco-cagati”, “relegati ai margini”, “incompresi” etc. Ecco che ci viene riproposta la sbobba del genio-che-soffre, accompagnata alla tirata sul popolo infingardo e bue. Ma perché soffre, ‘sto genio, e perché mai inveisce, se è riuscito nello sbandierato intento di non vendere? Conseguendo l’insuccesso, ha avuto successo, e allora che altro vuole? Se vendere è per i venduti, se sono i lettori a non meritarsi certi libri, se l’ars è longa e la vita è brevis e sarà la storia della letteratura a capire quanto vale il tale scrittore etc., allora perché pubblicare in vita? Perché rivolgersi a un editore? Perché non lasciarlo nel cassetto, il sudato manoscritto? L’unico valido interlocutore non è forse l’archeologo che un giorno scaverà e troverà i resti della scrivania? Che senso ha lamentarsi del fatto che altri vendano, se vendere è cosa ignobile e il danaro è stercum diaboli?
    In realtà, pare banale dirlo, non tutti i libri che vendono sono per forza banali o compiacenti o derivativi, e non tutti i libri invenduti sono incomprensibili, elitari o – semplicemente – brutti. Eppure, ancora troppa gente schifa chi vende solo perché vende ed esalta chi “floppa” solo perché “floppa”. Occorre un approccio più laico e meno ipocrita. Se uno pubblica un libro è perché si auspica che altri lo leggano, possibilmente molti altri, più ce n’è meglio è. Se lo pubblica presso un editore, accetta che il libro rechi un prezzo in copertina e venga scambiato con denaro. Se firma un contratto in cui gli viene accordata una percentuale (bassa o alta che sia) del prezzo di copertina, vuol dire che si auspica di guadagnarci qualcosa pure lui (e ci mancherebbe altro, è stato lui a scrivere!). Quanti scrittori si sottraggono a questa trafila di loro spontanea volontà? Non ce ne vengono in mente: di norma, gli scrittori che pubblicano un libro vogliono anche venderlo. Quanti scrittori falliscono nel sottoporsi alla trafila poi vanno in giro a dire che l’uva non è dolce, anzi, è pure guasta? Troppi.
    Quando parliamo di copie “vendute”, c’è ancora chi trova la cosa “inelegante”, sconveniente, venale, poco artistica. Dopo una presentazione di New Thing a Udine, un blogger si disse indignato per il fatto che Wu Ming 1 avesse usato la parola “vendite”, ed è solo un esempio tra i tanti. Noi, al contrario, siamo contenti quando ci imbattiamo in colleghi che snocciolano numeri come fossero olive nere, laicamente, senza problemi né bigottismi. Incitiamo tutti i colleghi a rendere noto quanto vendono: per trasparenza, per condividere informazioni utili coi lettori, per dare un’idea di quanto si legga oggi in Italia, di quale sia la soglia oltre la quale un libro è considerato “di successo” etc…
    Ad esempio, lo sanno i lettori che la tiratura media di un libro in Italia, best-seller compresi, è di 4.800 copie (dati AIE relativi al 2003), e che a tenere “alta” la media sono soprattutto i libri scolastici? La tiratura media di un libro di “varia adulti” è sotto le 3800 copie. Questo dato specifico non lo abbiamo a portata di mano, ma è notorio che la stragrande maggioranza dei libri pubblicati in Italia (circa 55.000 titoli all’anno) vende meno di mille copie (ovviamente non teniamo conto dei libri allegati a giornali e riviste). Il lettore si trova esposto solo all’occasionale cifra da capogiro, i due milioni di copie di Io uccido o le ottocentomila di Io non ho paura, e non riesce a farsi un quadro della situazione. Forse, se sapesse quanto vendono davvero certi grossi nomi e “mostri sacri” che se la tirano da mammasantissima e ras del quartiere, comincerebbe a chiedersi come mai li vede sempre in tv o sui giornali a cacare sentenze su qualunque argomento.
    Ecco quanto vendiamo noi, tanto o poco chessìa:
    http://www.wumingfoundation.com/italiano/glasnost.htm

  18. Loredana, in ‘sto colonnino proprio mi vuoi far dire delle cose che non penso!
    Esattamente come te e al contrario di Moresco credo che non esista nessun disegno perverso (la metafora usata da Moresco e Benedetti è la “macchina” editoriale), mi pare di averlo scritto più volte anche su lipperatura.
    Quello che vorrei dire è che la “mediazione” si può migliorare. Attenzione, non sto dicendo che tu sei la perversa funzionaria-ingranaggio n. 37245 che produce la sparitione delle opere di tizio, anzi penso esattamente il contrario, sei per molti aspetti una persona aperta anche nell’ascoltare i suggerimenti (persino i miei). Ti ricordi che una volta ho scritto che lipperatura è un po’ un’occasione sprecata, non da te, ma da tanti frequentatori che non pensano che un loro contributo può essere recepito? Se non lo ricordi fa lo stesso, come dice Gianni: il web non ha memoria. Vabe’ stavo dicendo che la mediazione si può migliorare. Per me migliorarla vuol dire portare qualità al maggior numero di persone. CERCARE ANCHE LE FORME PER PORTARLA. Sarebbe bello dare notizie su queste forme, come “Il trebbo” del Teatro delle Albe che ti dicevo sopra. Qualità non significa “cultura alta” detto in modo subdolo: per me la cultura alta non ha senso punto e basta. Qualità può essere nell’animazione, nei fumetti, nelle illustrazioni, nelle sit-com, nelle riviste come Glamour (una volta ne parlavo proprio con Montanari che a volte ci scrive), in quello che ci si dice a tavola per caso. Qualità può essere anche il modo intelligente di osservare fenomeni che in se sono spazzatura: Ghezzi e Giusti sono maestri di questa qualità . Barthes lo è ancora più¹ di loro.
    Tutto questo anche per dire che le cose non sono così fosche come le dipinge Ferrazzi. Ci sono spazi di movimento, l’entusiasmo può portare a qualcosa.
    per Georgia, allora avevo scritto quella cosa che qualcuno, Gianni compreso, ha interpretato come utero, soltanto per mimare una critica di Babsi che alludeva a qualche verità superiore circa i miei pensieri. Ho detto “critica” per generosità . Alludere senza dire le cose con chiarezza secondo me non è proprio il massimo (credo che nasconda il vuoto) e allora anch’io ho alluso a una ghiandola segreta che appunto qualcuno ha interpretato come utero (io pensavo alla ghiandola pineale o qualcosa del genere).
    Comunque giuro che me ne hanno dette di peggiori, e che per un mero “testa di c+++o” non alzo nemmeno il sopracciglio. Ci vuole altro! 🙂
    Sull’ultimo numero di Fernandel, appena uscito, c’è, nella rubrica Libri da evitare di Giancarlo Tramutoli, una recensione ai Groppi di Scarpa. Dal titolo della rubrica si capisce che è una stroncatura. Però è anche una vera recensione e un atto di attenzione e comprensione. Secondo me è molto bella.

  19. Loredana la mia sicurezza non era rivolta in particolare a te 🙂
    Diciamo che io ho citato una frase molto bella di Landolfi sul fatto che l’arte se fa c’entro una volta, a differenza della scienza, non è per sempre. E qui, un personaggio incredibile, mi ha risposto grosso modo così (ora non ho tempo ne voglia di ricercare il messaggio): Ma noi georgia parliamo di libri non di arte, non mi sembra che nessuno sia insorto scandalizzato alla bestialità … e da lì mi viene la mia sicurezza e dopo tre post di bestialità (a parte wu ming) non ho cambiato idea :-)))

  20. andrea ritiro il testa di c****, però tu hai parlato di organo e non di ghiandola 😉 ma sono incidenti che capitano;-)
    Concordo con teche una recensione intelligente anche seè una stroncatura è sempre un atto di attenzione e anche di comprensione. Tramutoli poi è intelligente. Dove si pò leggere la recensione?
    Georgia

  21. Georgia, per leggere la recensione bisogna che ti infili in una Feltrinelli, che acchiappi l’ultimo numero della rivista Fernandel, che cerchi la rece del Tram (più o meno verso la metà), che te la leggi in piedi o seduta se c’è una poltroncina, che rimetti a posto la rivista nel portariviste, oppure te la compri.
    Altrimenti cerco di metterti in contatto direttamente con Tramutoli.
    Dimmi tu
    Per il resto, io, noto triadico, sono presissimo da una domanda non triadica: in che modo le parole possono danneggiare un’immagine. E’ una domanda bellissima.

  22. mi sono posta la stessa domanda nel mio blog ora, se ci fai un salto forse ne possiamo parlare.
    Se ti procuri la recensione da tramutoli e me la posti in un commento nel mio blog ti sarei grata, altrimenti postala qui o su NI.

  23. mi sono posta la stessa domanda nel mio blog ora, se ci fai un salto forse ne possiamo parlare.
    Se ti procuri la recensione da tramutoli e me la posti in un commento nel mio blog ti sarei grata, altrimenti postala qui o su NI.

  24. Geo, non ho il file della recensione!
    Cazzarola, a rileggere il colonnino ci sono veramente giudizi su di me assurdi. La cosa divertente è che chi li ha espressi, a parte te, non è ritornata per correggersi o in alcuni casi per scusarsi. Questo come dicevo più che farmi incazzare mi diverte, in fondo è come vedere Stanlio e Ollio che fanno qualcosa maldestramente. Ebbene sì sto paragonando alcune persone intervenute qui a Stan Laurel & Oliver Hardy 🙂

  25. Non credo sia impossibile scrivere un “libro di livello” e nello stesso tempo pretendere di “viverci sopra”. Sia per passione che per soldi, dunque. A volte si riesce bene.

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