SCRIVERE DI SESSO, AL MASCHILE

Era il lontano 2004, la vostra eccetera stava chiacchierando con alcuni amici scrittori in quel di Milano e commentava l’inizio di quella che sarebbe stata fra le più seguite tendenze editoriali. Il libro erotico al femminile. Agli amici scrittori avevo detto che sarebbe stato interessante dar vita ad un progetto speculare, tutto al maschile.
Gianni Biondillo non c’era, quella volta, ma ha sentito la stessa esigenza: e ha realizzato questa antologia coinvolgendo Andrea Bajani,  Valerio Evangelisti, Marcello Fois, Raul Montanari, Gianluca Morozzi, Tiziano Scarpa.
Vale la pena leggere un passo dall’introduzione che Biondillo ha firmato: merita.

Da circa quindici anni a questa parte – se vogliamo un inizio, direi dal 1993, dalla pubblicazione, proprio per questa casa editrice, de Il macellaio di Alina Reyes – la letteratura erotica sembra sia un appannaggio unicamente femminile. Certo anche prima non mancavano le scrittrici erotiche, ma quello che nel tempo sembra sia venuta a mancare è una controparte maschile. Gli uomini pare non scrivano più di eros. Non solo. Conosco autori “laureati” – cioè scrittori vincitori di premi letterari prestigiosi – che preferiscono, nel caso, pubblicare i loro romanzi erotici sotto uno pseudonimo femminile.

Sembra quasi che la letteratura erotica contemporanea debba essere naturalmente declinata al femminile. Perché?

Tutto questo, d’istinto, mi sembra quasi il risultato perverso di quello che in origine, dai tardi anni Settanta, era un effettivo percorso di liberazione, sorto dalla presa di coscienza che “il privato” fosse necessariamente  “politico”. La comprensione del valore del privato, l’interpretazione in chiave positiva del personale come percorso di autocoscienza doveva coinvolgere l’individuo, nella sua totalità, indifferentemente dal genere sessuale. Ed è indiscutibile che queste istanze siano sorte nell’alveo del movimento femminista, come uno dei risultati più avanzati del pensiero critico di quel periodo.

Questa eredità purtroppo, negli anni a seguire, è venuta dissipandosi sino a divenire una parodia, una vera e propria banalizzazione del concetto di emancipazione del corpo femminile. Questa falsa liberazione, oggi, implica, in buona sostanza, la continua e quasi esasperata esposizione del corpo agli sguardi altrui. Cioè maschili.

Per questo motivo quella che al suo sorgere sembrava – anzi era! – una letteratura di emancipazione, oggi appare come un genere fin troppo codificato, prevedibile, ghettizzato, prigioniero di stereotipi: la casalinga inquieta, o l’adolescente ribelle, che, per liberarsi dai lacci di una cultura piccolo borghese, in una successione sempre più perversa di prove sessuali, scopre (in tutti i sensi) il suo corpo, usando il suo potenziale erotico come un’arma di autorealizzazione. Più la prova è estrema, più cala nel girone delle perversioni sessuali, e più si purifica, più sublima. Dopo le peggio porcherie, alla fine del percorso iniziatico, in ogni caso, alla fine, l’amore – statene certi – l’amore spirituale e, in fondo, piccolo borghese, trionfa. Quella che fu una puttana sacra, torna nell’altro consentito ruolo femminile di custode del focolare. Non credo sia un caso che, nelle librerie che frequento d’abitudine a Milano, lo scaffale di letteratura erotica è spesso affiancato a quello di letteratura rosa, senza soluzione di continuità. Sembra quasi che ci sia stato un travaso naturale di temi e di visioni del mondo. La lettrice, scorrendo le pagine, si identifica con l’io narrante, trasgredisce con lei, ma poi torna, pacificata, nel chiuso delle sue certezze domestiche. In pratica buona parte di questa letteratura finge di liberare la donna, ma quello che fa è solo liberarla da vecchi rituali sessuali, per rinnovarla, aggiornarla, ad uso e consumo del godimento maschile. Le ragazze di questi libri sembrano le protagoniste, ma sono solo al servizio dell’uomo, che appare anonimo, senza volto, ma che è davvero l’occultato centro narrativo. La vera eminenza grigia.

L’immaginario pornografico ne è una controprova pop. Basta fare una ricognizione nei vari portali  internet di video porno per riconoscere tipologie ossessivamente ricorrenti. Perché, per quanto sia vero che il narrativo è stato ormai estromesso dall’immaginario porno (fino a dieci, quindici anni fa, nella cinematografia pornografica resisteva un residuo di trama, di impossibile verosimiglianza al reale. Oggi non è più così. Ormai siamo alla continua, ossessiva, descrizione meccanica, avvalorata da tecnologie miniaturizzate alla portata di tutti, dell’atto sessuale) è altrettanto vero che il linguaggio video comporta, per il semplice fatto di mettere in scena dei corpi, una narrazione di carattere iconografico assolutamente decrittabile.

La rappresentazione numericamente più ricorrente è senza ombra di dubbio la fellatio. Ed è, per inciso, uno dei temi più sviscerati della letteratura erotica femminile. La competenza nel trastullare l’organo genitale maschile sembra un passaggio obbligato, doveroso, nel percorso di autorealizzazione femminile. Nei video la posizione inginocchiata, di devota sudditanza al totem fallico, enfatizza il volto della donna, che spessissimo o guarda adorante verso l’alto, verso l’uomo che non ha volto (ché nei porno, il maschio è acefalo, qualunque sia la posizione rappresentata) oppure guarda, complice, direttamente in camera, verso il fruitore anonimo del filmato. Così come è nei romanzi erotici, insomma. Che all’apparenza parlano di donne ad altre donne, ma che hanno nel pubblico maschile in realtà, il target di riferimento.

Nel video porno il centro della narrazione visiva è sempre il corpo della donna. Scoperto, nudo, spesso umiliato (non sono rari i gesti di violenza, anche se parodizzati), appare come protagonista assoluto, esposto fin nei più intimi recessi, si dà fino allo stremo, allo sfinimento. Mima competenza, dedizione ginnica, affetto, soprattutto si rappresenta come devoto strumento di godimento virile. I video terminano, inevitabilmente, sempre e comunque con l’orgasmo maschile. Nulla accade dopo, del godimento femminile non è dato sapere, se non rari casi in cui è macroscopico, mostruoso, freak

Il maschio acefalo erutta quasi sempre in modo spettacolare, enfatizza l’orgasmo, il più sovente possibile sul volto femminile, che accetta lo sperma come stesse attendendo un’ostia, un nettare sublime, un cibo sacro. Ma questo è negli occhi di lei, ché lui mantiene la sua indifferente posizione dominante, anaffettiva, divina.
Gli anni Novanta sono stati, nella cultura di massa, anni di re-genderization, anni dove si è tornanti a definire per generi i desideri, i bisogni, i ruoli nella società. Dove, con una costanza certosina, si è imposto il privato come unica prerogativa del femminile, per lasciare al maschile il pubblico, il politico. Il potere, insomma.

Non lasciamoci suggestionare dai casi eclatanti di donne presenti nella vita pubblica italiana, sono solo specchietti per le allodole. La cronica carenza di asili nido, la bassa percentuale rispetto il resto d’Europa di donne lavoratrici (nettamente più presenti, comunque, in ruoli subordinati che in quelli manageriali), le parlamentari come mosche bianche della cosa pubblica, le rappresentazioni standardizzate e sessiste nelle pubblicità, lo stanno a dimostrare. La realizzazione maschile è pubblica, sociale, politica. La realizzazione femminile passa inevitabilmente – inesorabilmente mi viene da dire – dal corpo. E resta subordinata, conclusa, inesplosa.

Se da una parte, quindi, il terreno di narrazione erotica si è trasformato in un ghetto dorato tutto femminile, dall’altra, appare sempre più come il luogo di un enorme rimosso. Quello del corpo maschile. Gli scrittori disertano la narrazione erotica e non certo solo per pudicizia, ma per strategia. Mettere il cuore e il corpo a nudo significa esporsi agli sguardi pubblici, mostrare le ferite, dimostrare le debolezze. Ma la gestione del sé pubblico è una strategia di potere, e il potere vuole essere saldamente maschile, senza macchia alcuna.

Il maschio acefalo della filmografia porno lo dimostra. L’esposizione del corpo maschile, quando avviene, resta mascherata. Questo perché, sicuramente, ogni utente deve potersi idealmente sostituire al corpo agente – mettere la propria testa, il proprio vissuto in quel corpo – ma anche perché non siamo avvezzi all’idea di un corpo maschile che si esponga nelle sue debolezze, che metta in mostra il suo volto, la sua psicologia. Solo nella pornografia omosessuale il rapporto di coppia è sostanzialmente paritario. Nudi, esposti, espliciti allo stesso modo, anche nelle prove più estreme. E non è un caso che l’unica letteratura maschile degna di questo nome che ha messo al centro la fisicità, il corpo, la sessualità, e con se le fragilità e le ferite crudeli del privato, sia una letteratura sostanzialmente omosessuale. Penso in Italia, fra gli altri, ai casi clamorosi, per qualità e peso letterario, di Aldo Busi e di Walter Siti. 

Questo per dire che, in letteratura, il semplice “intrattenimento” non esiste. Il divertimento che scaturisce da una scrittura di genere non è mai innocente. Nella attuale società che inneggia genericamente al virtuale ancora una volta il corpo nudo, il corpo in sé – e da De Sade a Pasolini, i dispositivi di comprensione che ce lo confermino non mancano – è in realtà il terreno privilegiato di una guerra di natura biopolitica.

Ecco il perché di questa antologia. L’idea era quella di rimettere in gioco una scrittura, quella maschile, che ha disertato da troppi anni l’eros. Per vigliaccheria, forse. Per opportunismo. E  persino per una involontaria autocensura.

(…) Quando ho stilato la prima lista di autori da invitare al progetto e ho fatto un primo giro di consultazione, non c’è stato scrittore che non abbia apprezzato l’idea. Molti di questi non potevano partecipare per impegni contingenti, ma molti altri, non ostante le note di apprezzamento, hanno trovato poco conveniente farne parte, poco opportuno. Quasi fosse un tabù, gli stessi che non perdevano occasione nella denuncia della società, o delle perversioni del potere costituito, gli stessi estensori di narrazioni autobiografiche dolenti, o irridenti, preferivano eclissarsi di fronte all’idea di mettersi in gioco nell’intimo, nell’autenticamente privato. Quasi non ne fossero (più) capaci.

Perché l’idea dell’antologia era proprio questa. Cercare, fuori dai cliché, di restituire dignità all’immaginario erotico maschile, alla decodificazione delle sue perversioni, frustrazioni, desideri, al libero sfogo delle sue fantasie, alla conta delle sue debolezze. Dando voce a chi non ha, colpevolmente, voluto parlare da troppo tempo: il sesso maschio.

 

42 pensieri su “SCRIVERE DI SESSO, AL MASCHILE

  1. Ci risiamo: l’ennesimo scritto di cui proprio non si avvertiva nessun bisogno. Con i tempi che stiamo subendo e l’emergenza sociale che ci opprime, chi scrive, chi gode di un minimo potere di ascolto, dovrebbe occuparsi di ben altri temi. E invece… Niente. Mi si dirà: “Ma bisogna parlare un po’ di tutto.” D’accordo, ma dell’impegno, dello schierarsi e di questa demoniaca dannazione sociale non parla più nessuno. E i risultati sono sotto gli occhi di pochissimi: una “cosa agonizzante” che un tempo si chiamava Letteratura.

  2. Scusa tanto, Barbara X. Numero uno: non hai letto l’antologia in questione. Numero due, quindi: non sai se tratta o meno l’emergenza sociale in questione. Mi pare che tu stia sparando sentenze a vuoto: su questo caso specifico e su altri che sono stati trattati qui.

  3. Direi, Barbara X, che il “benaltrismo” con Biondillo non attacchi. E’ sempre politicamente attivo in rete, ho appena finito di leggere il suo “metropoli per principianti” dove l’autore parla di marginalità, rom, sicurezza, periferie. E oggi su La Stampa Biondillo se la prende con Bondi. Sospetto che pure questa antologia sia, in realtà, una operazione intimamente politica.

  4. Beh… direi che già il breve passo tratto dall’introduzione (intervento molto lucido e chiaro) è mooolto politico!

  5. e invece se ne avverte eccome il bisogno…
    di una letteratura che parli, al maschile, di intimità, bisogni, debolezze, fantasie. Non vedo altra strada per cominciare a reimmaginare il rapporto uomo-donna. Per riscoprire l’individuo dietro la maschera che vuole o deve vestire per trovare un posto nella vita. Perchè, sia chiaro, la re-genderization fa molti danni agli uomini. Anche se a pagare il conto sono soprattutto le donne. Spero che questa antologia (che comprerò) aiuti tutti a compiere quel passo indispensabile per dar vita a un rapporto umano degno di questo nome: accettarsi.

  6. Libri di oggi ne ho letti, purtroppo, mi è toccato di farlo perché qualcuno mi ha chiesto di dare un’occhiata a questo o a quel titolo; ma ne sono sempre rimasta profondamente delusa. Non c’è nerbo, non c’è passione, non c’è sangue, non c’è spessore né profondità. L’ultimo l’ho letto questa primavera: ricordo che la protagonista amava molto il suo cagnolino, ma l’autrice ad ogni pagina parlava di salsicce, braciole, arrosti… Da parte mia non c’è alcun integralismo animalista: questa sineddoche mi serviva per farvi notare la squallidissima superficialità diffusa dei nostri tempi. Si tratta di un romanzo che ho già dimenticato. – Senza scomodare I Demoni di Dostoevskij, io 15-20 anni fa (non sono vecchia, eh? Il fatto è che ho cominciato a crescere come una pianta storta sin da giovanissima) ho letto libri che porto dentro ancora oggi, libri che mi hanno segnata: libri non di quest’epoca, naturalmente. Ora, non per fare come quelli delle telepromozioni delle pentole o dei materassi (mi pare che qualcuno mi veda così, dato che in precedenza ho inserito il link al mio blogghetto), ora -dicevo- se cliccate sopra il mio nome in questo commento vedrete cosa interessa a me: e vi accorgerete di come e quanto quel sentimento che si chiama amore sia tremendamente assente dalla “letteratura” di oggi e da questa società infernale. Tante belle cose a tutti!

  7. off topic: certo che la confusione di Parente tra Ermanno e Domenico Rea è davvero sgradevole.
    Del resto Parente è quello che, su un giornale nazionale, ha scritto che la prima versione (perduta) dei Canti Orfici era migliore di quella pubblicata (sic)

  8. Beh, sempre su un altro giornale nazionale Parente ha scritto dei “vietnamiti rimasti stritolati dai khmer rossi di Pol Pot”, il quale notoriamente era al potere in Cambogia, non in Vietnam, e altrettanto notoriamente del Vietnam era arci-nemico, tanto che il Vietnam invase la Cambogia nel dicembre 1978, evento che provocò la caduta di Pol Pot e la fine della dittatura khmer.

  9. Per Barbara X: si può raccontare la società attraverso l’eros, il rosa, il noir, il western, la fantascienza, l’horror e anche il porno. Gli scrittori lo fanno eccome. Personalmente ho sempre considerato De Sade il più grande autore di satire del suo tempo, piuttosto che un pornografo. Allo stesso modo, il ‘Lamento di Portnoy’ di Philip Roth non può essere liquidato come un romanzo sulle pippe, non credi?

  10. A corredo delle difficoltà palesate da Gianni nel formare la sua lista di autori, sottolineo che è per l’appunto un’antologia. Il grande passo, ovvero rimettere la sessualità maschile al centro non solo della narrazione, ma della forma-romanzo, non si è ancora compiuto. Non per limiti di Gianni o dell’opera in sé, ma a testimonianza dell’allontanamento dell’eros stratificato nel romanzo maschile. L’ultimo che mi ricordo era un Kundera, forse. Ma un D.H Lawrence del nostro tempo deve ancora arrivare, o potrebbe essere arrivato senza bussare, rimanendo sommerso nel silenzio.

  11. Scusate il secondo intervento di seguito. Ieri notte vagheggiavo una trama volutamente trasgressiva su Dio incazzato, pensando a chi poteva pubblicarla, essendo al confine della “decenza”. Oggi aggiungo un altro margine, quella del “puttano per scelta”. Un uomo che esercita le sue debolezze e le sue forze senza ingabbiarsi nelle psicosi o nei giochi di potere, solo col suo corpo, teatro di sensazioni e modi di vivere.

  12. Per Nino G. D’Attis: Mi è stato detto di non esprimere giudizi su un libro che non ho letto, e questa non è una banalità. Ma la questione è un’altra: io non vado a comprarmi un libro con questo genere di contenuti. Ma non perché io sia lesbica o disprezzi il sesso maschile: semplicemente sono abituata ad altri contenuti. Adesso, passatemi il paragone, se uno mi dicesse: “C’è un libro scritto divinamente che parla di ventilatori”: secondo voi io me lo vado a comprare, anche se è scritto divinamente? Questo paragone era più per farvi sorridere, che per altro, era un’iperbole; tuttavia, a prescindere da questo libro, la mia voleva essere (ed è) una critica più generale. Voglio dire, non è possibile che ogni volta che entro in una libreria, mi debba sentire come se fossi a Napoli: sommersa dall’immondizia. Personalmente, il Marchese io lo metto accanto a Shakespeare e Cervantes: d’accordo con te. Infine, in relazione ai vari modi di raccontare questa società malata, be’, avrei qualcosa da ridire, nel senso che è vero in piccola parte: non mi risulta che gli harmony (rosa) contribuiscano alla causa della lotta, e neppure altri generi. Come si fa a combattere questa cieca dannazione sociale con -per esempio- un racconto porno? E’ questo il dramma: gli scrittori di oggi rifuggono la lotta, l’impegno. Hanno troppo a cuore la necessità di assecondare i gusti deteriori di una massa di pseudolettori completamente assoggettati ad un consumo acritico. Oggi tutto è subordinato al guadagno: questo lo si può mettere in pratica con i ventilatori, con le piastrelle, con le pentole, ma non con i libri. In questa povera epoca idiota si stanno facendo dei grossi passi avanti verso la quantità della vita: la qualità è ormai un optional, qualcosa di superfluo, addirittura di fastidioso. Discorsi vecchi come il cucco, vero? “Che noia, che palle…”

  13. Barbara, prima di dire che io rifuggo la lotta, vatti a leggere quello che scrivo e che ho scritto.
    Io nel frattempo ho il mio libro sui ventilatori da finire di leggere. Ti dirò, è scritto divinamente…

  14. Per richiamare un autore che è già stato citato qualche post sopra, Bret Easton Ellis con un libro come American Psyco, certamente pornografico in più di una declinazione, ha svolto una critica violenta e atroce contro la superficialità e l’autocannibalismo dell’occidente contemporaneo. Mi avessero detto che un giorno avrei letto e amato il libro di un tizio che passa il tempo a scopare e squartare indiscriminatamente decine di persone mentre racconta di come si veste e di dove va a mangiare, forse non ci avrei creduto. Come può interessarmi un libro del genere? Eppure…
    E Walter Siti? Centinaia di pagine appresso a un anziano professore che cerca di sodomizzare un culturista. Come diavolo ho fatto a trovarlo interessante? Come ho potuto imparare qualcosa sulla mia condizione esistenziale, io che non sono interessato ai culturisti? Eppure…
    Per non parlare del noir che affronta temi sociali, De Cataldo su tutti. Manchette sosteneva infatti che il noir è forse l’unico genere moderno in grado di mettere la società di fronte alle proprie responsabilità verso i più deboli ed emarginati. I libri sono buoni e utili semplicemente se sono scritti bene e se sono VERI. Non siamo troppo tranchant, per piacere.

  15. a me da donna questa sembra un’operazione mooolto interessante. chissà che non emerga perché gli uomini sono diventati quei tronchi anafettivi che conosciamo troppo bene, mentre aumenta in modo esponenziale il numero delle lesbiche per disperazione.

  16. @claudiab: non si diventa lesbiche per disperazione, per ripiego, ma ci si nasce proprio come io sono nata etero, quindi occhio, la tua frase può risultare offensiva. E poi su… dai… scommetto che non tutti gli uomini che hai accanto sono “tronchi” insensibili… osservali meglio…;-)))

  17. @Barbarax:”gli scrittori di oggi rifuggono la lotta, l’impegno. Hanno troppo a cuore la necessità di assecondare i gusti deteriori di una massa di pseudolettori completamente assoggettati ad un consumo acritico”
    Il tuo commento è inserito tra quelli di Biondillo, WuMing1, D’Attis, Pispisa in pratica, un piccolo manipolo di scrittori che fa parte di un gruppo più ampio di autori contemporanei che – a mio parere – è invece molto impegnato e poco modaiolo. La loro scrittura va in una direzione opposta rispetto quella che tu descrivi.
    Generalizzare non porta a nulla…

  18. Biondillo, le porto i saluti di effeeffe da altro blog. Ambasciator non porta pene, ma lei indossa una divisa o un’uniforme quando parla di fellatio? “Basta fare una ricognizione / nei vari portali internet di / video porno / per riconoscere tipologie / ossessivamente ricorrenti.” va amabilmente oltre ogni ignoto letteraturizzato, ma lascio al filologo presente in colonnino l’analisi del metro: basso-medio-alto-medio-basso. Attendo prescrizione del dott. G.Carotenuto e una mezzora di pratica con la dottoressa Merope Generosa.

  19. @anna luisa: uhaha mi sa che ti sfugge una fetta di quadro generazionale fra i fra i 22 e i 30something. anche moi è nata etero e ci sta benissimo nonostante i succitati tronchi, ma se vuoi ti mando in ambasciata una serie di amiche che corrispondono alla descrizione che ho fatto su, e che tra l’altro tentano continuamente di coinvolgermi, cosa che trovo abbastanza divertente. forse frequentiamo ambienti diversi, o comunque il lesbismo contemporaneo ha perso completamente quel carattere impegnato che aveva qualche decennio fa e si è trasformato in allegra sperimentazione. vorrei però sentire qualche lesbica seria su questo punto, non quelle cazzone delle mie amiche sperimentatrici, in quanto noi etero stiamo qui a disquisire di aria fritta. in quanto ad osservare (psicanalizzare? manipolare? cosa intendi per osservare uomini che hanno *easattamente* la nausea di essere osservati? parlo ovviamente per i miei coetanei 30+, magari altre età hanno approcci diversi), mi dedico ad altro con maggior successo e loro grossa soddisfazione

  20. @Anna Luisa: mi è sfuggita una cosa (oltre ai seimila refusi che non sto qui a correggere). “Anaffettivo” non è l’equivalente di “insensibile”. Anzi. Conosco anaffettivi che lo sono per eccesso di sensibilità e per autodifesa, se vogliamo proprio stare qui ad “osservarli”. Ma come ho detto prima mi dedico ad altro, oltre al fatto che si fa già fatica a stare al mondo da precari affetti da scazzo cosmico per investire tempo ed energia ad aiutare gli anaffettivi, con l’esubero di psicologi disoccupati che c’è. Ben venga quindi questa lettura che ci introduce a “cosa desiderano gli uomini”, senza investire ulteriore tempo prezioso, fra un contratto a termine e l’altro, a tentare di farselo spiegare a voce.

  21. Forse la fellatio più che sudditanza è controllo. Tipo: “tu sei qui, ti prendo da fuori, cioé mi sei dentro. Ci sono i denti, pericolo, li potrei usare. C’è l’intenzione: pericolo potrebbe farsi più violenta. C’è lei che può decidere o no di accogliere il seme. E scusate se come fusione è poco”…

  22. Sei troppo ottimista, Elx, nei porno lei non decide nulla, fidati. Segue la parte del copione, che prevede o l’ingoio o la faccia coperta di sperma. Tertium non datur.
    (controprova: come mai nei porno i cunnlingus sono rarissimi?)

  23. Ehi Gianni ti porto i saluti di GiusCo.
    (intanto saluto anche Lippa)
    domanda:
    l’editing l’ha fatto una donna?
    effeffe
    ps
    Cunnilingus ha a che fare con Cuneo?

  24. @ Claudiab: “uhaha mi sa che ti sfugge una fetta di quadro generazionale fra i fra i 22 e i 30something.”
    Abito con due coinquilini di sesso maschile, uno ha 22 anni, l’altro 24 ;-).Negli ultimi 5 anni ho convissuto con coinquilini diversi: in pratica, mi è entrata in casa una bella fetta di variegata umanità. Le amicizie: frequento abitualmente persone che vanno dai 24 anni ai 50/55 di differenti orientamenti politici e sessuali. Ho appena compiuto 40 anni e ovviamente mi relaziono con i miei coetanei.
    Quando uso il verbo “osservare” intendo dire… osservare (non capisco perché parli di psicanalizzare o manipolare qualcuno) cioè guardare e provare a conoscere: se la *persona* (evito volutamente i termini uomo/donna o etero/omo, etc, etc.) che ho davanti la sento affine a me allora la frequento, altrimenti la evito.
    “gli uomini sono diventati quei tronchi anafettivi che conosciamo troppo bene, mentre aumenta in modo esponenziale il numero delle lesbiche per disperazione.”
    Traduzione: tutti gli uomini sono “tronchi anaffettivi” e per ripiego molte donne diventano lesbiche.
    Scusa, ma frasi del genere per me sono assurde e non condivisibili.
    “il lesbismo contemporaneo ha perso completamente quel carattere impegnato che aveva qualche decennio fa e si è trasformato in allegra sperimentazione. vorrei però sentire qualche lesbica seria su questo punto, non quelle cazzone delle mie amiche sperimentatrici”.
    Resta da vedere se il comportamento di queste tue amiche abbia a che fare davvero con il lesbismo…

  25. @Anna Luisa: in effetti, pure io sono convinta che abbia molto poco a che fare con il lesbismo, eppure mi sento continuamente dire il contrario proprio da loro (quelle per comodità ho chiamato cazzone, ma che forse sarebbe meglio definire confuse, per essere più politically correct). Riguardo i “tronchi anaffettivi” (ed era una definizione abbastanza colloquiale, d’altronde un commento a un post non è un saggio critico), personalmente lo registro come un fenomeno dilagante e preoccupante, e che quindi mi interessa. Le lesbiche che conosco (tutte molto giovani e che si definiscono annoiate dalla sessualità apatica maschile) e con cui parlo concordano con questo punto di vista. Mi piacerebbe molto discuterne con lesbiche “vere” (?) (diciamo, per chiarezza, non bisessuali) ma si sottraggono, o non ci sono più, dove sono finite? A questo punto leggerei volentieri questo libro, e se c’è una sede adatta discuterne più a fondo perché mi sembra sollevi già senza averlo letto sufficienti problematiche sulla sessualità sia maschile che femminile. A me comunque sembra che il rapporto tra uomini e donne si sia notevolmente complicato in tempi recenti, soprattutto a causa di aspettattive anche sessuali molto diverse. Forse è questa diversità che fa percepire alle donne etero come me (e non solo a me, questo te lo garantisco) un certo tipo di uomo come “anaffettivo”. Comunque è una discussione che merita uno sviluppo articolato, non certo in calce a un post

  26. comprato, come promesso. ora si tratta di resistere al desiderio di cominciare a leggerlo prima di smaltire l’arretrato che ho.
    Arretrato di libri da leggere, ovviamente, mica sono un tronco anaffettivo 🙂

  27. @ Claudiab:”Comunque è una discussione che merita uno sviluppo articolato”.
    Ok, è solo che nei commenti precedenti eri partita un po’… a testa bassa 😉
    @ Guglielmo: ma allora dei 4 KZ, chi è il più “tronco”???

  28. Dipende da cosa vuoi intendere per tronco. L’anaffettivo è Jadel, l’insensibile Aldo, quello bello Bruno 10 anni fa (epoca alla quale risale la foto in quarta di copertina). Io sono quello che scrive sui blog.

  29. ‘Zelda mi viene vicino, mi accarezza la nuca e mi cinge il collo con un braccio. Mi tiene stretto. ll suo calore… ho un fremito, e subito dopo sento esaltazione insieme al fremito e al movimento repentino sotto le mutande di fustagno che mia madre aveva voluto a tutti i costi che mettessi. Tento di osservare le luci di Natale. Non me ne frega niente delle luci di Natale! Mi stringo di più a lei (pazzo, pazzo!). Sento lo sguardo di Zelda su di me. La coda del mio occhio sbircia il suo sorriso appena accennato, che irrompe in me sfondando porte e muri.
    E intanto quell’animazione inarrestabile sotto il fustagno…’

  30. Scrive Choukkadarian: “Le scritture porne sono, nel mondo e in Italia, territorio delle ragazze più o meno cattive. Gianni Biondillo, curatore della silloge Pene d’amore (Milano, Guanda, 2008, pagg. 212, 15 euri: troppi) vuole smentire l’asserzione e, tanto per cominciare, piazza il suo eroraccontino all’inizio. Ha di molto buono che è corto (15 pagine); peccato che, nel merito, sia un aneddoto sconcio diffuso in molti paesi di molte province europee. Gli altri contributori (da Morozzi a Fois, da Bajani a Evangelisti) si allineano al caposquadra e svolgono compiti di noja impeccabile. A distinguersi, Tiziano Scarpa e Raul Montanari… ”
    Continua qui: http://www.sinestetica.net/filanda_1

  31. mellevadore, io te l’appoggio: le dieci righe del biondillo sono tra le più banali, luogocomuniste, prive di un minimo di originalità che io abbia mai letto. Piu stuzzicanti quelle del gedeone, con quel fustagno di antica memoria, che fa da confezione al movimento repentino….

  32. …eh già. Il problema è quando è così anche fuori dal set. A me una volta è capitata una “trattenuta”. Se non sai a che mi riferisco, usa la fantasia. Un indizio? Tu che vuoi andare via ed optare per il tertium ma una mano ti pressa a restare. Too bad.

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