DISTURBO DELLA QUIETE PUBBLICA

Richard Yates è quello che ha meravigliosamente raccontato il fallimento: meglio, il senso di perdita che segna la fine della giovinezza, appena un istante prima che si diano per conclusi i giochi, disperse le ambizioni, e ci si dica “è andata così”. Per di più, lo ha fatto, scriveva Tommaso Pincio in occasione della ripubblicazione di Revolutionary Road, pochi anni dopo la definizione ufficiale di giovinezza come categoria culturale, e politica, e merceologica (la seconda metà degli anni Cinquanta, l’inizio dei Sessanta). In Revolutionary Road a venir schiantati sono April e Frank, che somigliano ai coniugi Patch di Belli e dannati, o ne sono la degenerazione. Sono pieni di progetti intellettuali. Sono la Camelot Generation che non realizza il sogno che sente come dovuto. Frank perché, nei fatti, il sogno è troppo faticoso. April, perché compie lo stesso gesto indignato e, nelle aspettative, grandioso, di Madame Bovary: e che, come l’agonia di Emma, si rivelerà beffardamente, e disperatamente, privo di eroismo.
La stessa casa editrice cui si deve il rilancio del libro, Minimum Fax, recupera ora un altro romanzo di Yates, Disturbo della quiete pubblica, uscito originariamente nel 1970 e accolto con meno favore della critica. L’incipit è straordinario. C’è un uomo, John Wilder, che telefona alla moglie Janice (una delle due figure femminili del romanzo, sgradevoli e molto meno potenti di April). Le dice che non potrà tornare a casa. Perchè sei ubriaco? gli chiede lei. Lui prima dice che ha dimenticato di comprare un regalo al figlio, poi che si è scopato una ragazza. Infine, messo alle strette:“Lo vuoi veramente sapere, dolcezza? Perché ho paura che potrei uccidervi, ecco perché. Tutti e due”.
Wilder è un pubblicitario: "vende spazi", ovvero il nulla. Andando avanti negli anni, avrebbe imparato a farlo benissimo.  Voleva fare del cinema, in effetti: ma ha lasciato perdere, perchè si sa come vanno queste cose, anche nella dorata era kennedyana. Wilder ha tre problemi: ha rifiutato di continuare l’attività dei genitori (produzione di cioccolatini raffinati), legge molto lentamente (così lentamente che non riesce a portare a termine i test di intelligenza, e neanche a prendere in mano uno dei molti libri della moglie) ed è un alcolista che non sa reggere l’alcool. Un disastro come industriale, come intellettuale, come maledetto.
 A differenza del saggio e buon amico di famiglia, Paul, che difatti è colui che previene esiti drammatici portandolo, e chiudendolo, in uno spaventevole manicomio che sarebbe piaciuto a Milos Forman, dove Wilder rimarrà una settimana. Poi esce, fa i suoi conti con svariate tipologie di psichiatri e con i rituali degli Alcolisti Anonimi (qui, in uno dei rari ritratti non osannanti della letteratura). Quasi si rimette in una triste carreggiata. Poi, incontra Pamela. sciaguratamente: perché lei lo ama, almeno per un po’, e perchè gli prospetta per due volte la possibilità di realizzare il suo sogno cinematografico, e tutte e due le volte la delusione sarà tremenda e, infine, definitiva.
A.M. Homes, che firma la prefazione, ricorda che quelli di Yates sono romanzi sull’apparire. Ovvero, sulla sofferenza di uomini e donne che non sentono riconosciuto il genio che credono di possedere, né ricevono lo status cui credono di aver diritto. O, più semplicemente, e come fu per lo stesso Yates, vedono sfumare le grandi promesse fatte ad una generazione che pensava di poter, ancora una volta, essere tutto. La sintesi, nei due romanzi, e con diverso impatto, potrebbe essere identica: noi saremo niente.

10 pensieri su “DISTURBO DELLA QUIETE PUBBLICA

  1. Mi ha fatto venire in mente uno degli illuminanti aforismi di S.J.Lec. Questo:
    “Un uomo che è un genio e non lo sa, probabilmente non lo è”.

  2. Come rendere odioso un autore? semplice! basta tradurre “honey” (per esempio) con “dolcezza”.
    Dolcezza é una parola che MAI é stata pronunciata in forma di vezzeggiativo nella lingua italiana.
    Nessuno MAI ha chiamato la moglie “dolcezza” in italiano, tantomeno al telefono.
    Magari “cara” o “stella” o “stellina” o “carina”, ma MAI e ripeto MAI, “dolcezza”.
    Ricorda la traduzione di “fucking” con “fottuto”, altra espressione pressoché MAi adoperata nella lingua italiana.
    Il risultato é quello di rendere il linguaggio, e di conseguenza il personaggio stesso e la storia, artificioso, pomposo e privo di spessore.
    Attenzione a questi particolari.
    L’autore probabilmente scrive (non ho letto il libro) “hon” o “honey” o “sugar”, il che é COMUNE, il traduttore traduce “dolcezza”, il che é penoso.
    Non poteva scrivere che so…”tesoro” o qualcosa di effettivamente presente nel linguaggio REALE e quotidiano ? perché rendere insulso ed artificioso un testo solo perché ci si appiccica alla piú letterale delle traduzioni ?

  3. ad esempio: “that fucking thing” dovrebbe diventare. “quella cazzo di cosa” e non “quella cosa fottuta”.
    Cioé come si dice REALMENTE in italiano, altrimenti quell’immediatezza della quale si vuole testimoniare ricorrendo al linguaggio comune va COMPLETAMENTE distrutta.

  4. Come rendere odioso un autore? semplice! basta tradurre “honey” (per esempio) con “dolcezza”.
    Dolcezza é una parola che MAI é stata pronunciata in forma di vezzeggiativo nella lingua italiana.
    Nessuno MAI ha chiamato la moglie “dolcezza” in italiano, tantomeno al telefono.
    Magari “cara” o “stella” o “stellina” o “carina”, ma MAI e ripeto MAI, “dolcezza”.
    Ricorda la traduzione di “fucking” con “fottuto”, altra espressione pressoché MAi adoperata nella lingua italiana.
    Il risultato é quello di rendere il linguaggio, e di conseguenza il personaggio stesso e la storia, artificioso, pomposo e privo di spessore.
    Attenzione a questi particolari.
    L’autore probabilmente scrive (non ho letto il libro) “hon” o “honey” o “sugar”, il che é COMUNE, il traduttore traduce “dolcezza”, il che é penoso.
    Non poteva scrivere che so…”tesoro” o qualcosa di effettivamente presente nel linguaggio REALE e quotidiano ? perché rendere insulso ed artificioso un testo solo perché ci si appiccica alla piú letterale delle traduzioni ?

  5. Werther, ti confesso di non aver letto il libro in versione originale. In genere, però, le traduzioni di Minimum Fax (questa è di Mirella Miotti) sono estremamente accurate. Quanto all’osservazione che fai sulla parola “dolcezza”, non sono così sicura che il termine “tesoro” sia molto più usato nella vita reale…
    Mauro, vedrò di provvedere, grazie del suggerimento.
    Massimo, bella la citazione, ma stavolta forse non calzante, almeno per Yates 😉
    E, pierop, Yil nostro è tutto tranne che allegro: ma personalmente vale assai più di tanti ridanciani, te lo assicuro.

  6. Yates era un gigante. E ci mettiamo a disquisire sulla traduzione? “Dolcezza” non lo dice nessuno, qui da noi, è vero. Però, in bocca a un americano (dopo aver visto migliaia di film degli anni d’oro di Hollywood dove le donne venivano spesso apostrofate così) ci puo’ stare. (Consideriamo anche il periodo). Peccato, e qui passo e chiudo, che “dolcezza” non si dica pure da noi. Io comincerò a usarlo…;-)
    Un saluto

  7. Loredana, mi riferivo infatti, non a Yates in persona, ma a quella frase: “Ovvero, sofferenza di uomini e donne che non sentono riconosciuto il genio che credono di possedere, né ricevono lo status cui credono di aver diritto.”.
    Ecco, usando le parole di Lec, coloro che hanno bisogno di sentire “riconosciuto il genio che credono di possedere”, probabilmente dei geni non lo sono. 😉

  8. Ho terminato proprio ieri questo libro.
    Condivido in pieno la straordinarietà dell’incipit; meritevole di essere segnalata anche la conclusione, parlo proprio delle ultime 4 righe, fulminanti e atrettanto straordinarie.

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