EMPATIA

Ovviamente no: la discussione non si chiude qui, come è giusto che sia, e qualunque siano le direzioni che prenderà. Quel che auspico personalmente è che il centro della riflessione sia il tema della “responsabilità etica” del narratore. Lo stesso con cui si è aperta questa settimana. Comunque sia, è stato importante parlarne, a mio modestissimo modo di vedere.
Però vorrei chiudere, per quel che riguarda almeno questa fase, con Stephen King. Con le sue parole, tratte da un’intervista  rilasciata nel  settembre 1998 al giornalista Andrew O’Hehir. Occasione, l’uscita di
Mucchio d’ossa, citato ieri nel discorso sulla narrazione della violenza. Ne traggo una domanda e relativa risposta che non mi sembrano prive d’interesse.


D. Accade in molti dei tuoi libri che il veicolo per diffondere il Male nell’universo sia l’uomo.Molto spesso, un marito o un padre. Mi chiedo se realmente pensi che dentro ogni uomo normale, marito normale, padre normale, ci sia un mostro, un assassino di donne e bambini che aspetta di venire fuori.
R.Non penso che il mostro sia in ogni uomo, ma penso che sia in molti uomini. Penso che abbiamo davvero una propensione verso la violenza. Molti di noi sono…bene, molti di noi sono come molti aereoplani. Ricordi il volo TWA 800, quello che esplose sopra Long Island ?  Ci fu un problema elettrico e il fuoco si appiccò alle ali. E’ quel che avviene al ragazzo che scatta  improvvisamente, al Charles Whitman che sale sulla cima della torre e spara a un mucchio di gente. Al ragazzo che ha il fuoco nelle ali.
Questa è l’eccezione piuttosto che la regola. Naturalmente. Ma mi ricordo una ragazza. Quando andavo al college ci siamo frequentati, poi abbiamo smesso perchè “volevamo vedere altra gente”. Anzi. LEI voleva vedere altra gente, così abbiamo rotto.
L’ho incontrata molto tempo dopo. Aveva un livido sotto l’occhio. “Che è successo?”, le ho detto. “Non voglio parlarne”, ha risposto lei. “Andiamo a prenderci un caffè”, ho proposto.
Era successo che era stata con un ragazzo, e quel ragazzo voleva fare qualcosa che lei non voleva fare. Così, lui l’ha picchiata.
Non l’ho mai dimenticato. Questa storia è diventata anzi la base per molte storie che ho scritto.
Ricordo di averle detto: “Ci vuole coraggio per uscire con un ragazzo, vero? Quel ragazzo ti attrae, forse ti interessa. Ma quel che stai pensando, in fondo è Sto per entrare nella tua macchina. Sto per andare con te da qualche parte. Sto per aver fede nel fatto che mi riporterai indietro intera. Ci vuole coraggio”. Lei mi ha risposto: “Tu non potrai mai saperlo”. Gli uomini sono un pericolo. Siamo grossi animali”.

78 pensieri su “EMPATIA

  1. Che poi una cosa buffa riferita a quello che mi hanno detto in questa discussione, è che io ho conosciuto alcune Southall Black Sisters, e mi volevano pure bene 🙂
    Hai capito Mr Conchiglione?

  2. Di coccio, sì, lo so. Ma a me piace così, non potrei fare diversamente.
    Infatti una ragazza romana mi diceva: Aoh sei de tek!

  3. a onore del vero fu biondillo, mi ricordo bene, a dire che non si riconosceva nell’idea di maschio attratto dalle prostitute. me lo ricordo perché avevo letto da poco la sua antologia erotica (e alcuni passaggi dell’introduzione sembrano un dialogo col libro di loredana) e poi, di conseguenza, il suo romanzo al femminile “per sempre giovane” che è uscito da poco e penso che la sua sensibilità al mondo femminile fa onore a voi maschietti.

  4. Barbieri, e va bene, ho fatto male, ma “voce dal sen fuggita…”,… e poi lo rifarei.
    Come si sarà capito, questa allucinante discussione sulla copertina fin dall’inizio mi ha fatto venire la bava alla bocca.
    In effetti è dall’inizio che mi rigiro in mente e c’ho sulla punta della lingua una frase dal film “Febbre a 90”, la frase sarebbe questa:
    “Vi dispiacerebbe per favore per favore per favore andare all’istante a fare in culo?”
    Poi non mi sembrava adatta al tono civile da tutti dispiegato e me la sono tenuta in gola. Però c’ho sofferto. Meno male il tabù l’ha rotto Claudia.
    Ora, se tu avessi detto:”non m’importa nulla di ciò che dite, io la vedo così e non cambierò certo idea per farvi piacere”, niente da eccepire, è tuo pieno diritto.
    Ma tu riattacchi con la “controversia”, provochi, e di nuovo fai incazzare Claudia e il sottoscritto proprio quando ci stavamo rilassando, e siamo sbottati.
    Tutto lì, da parte mia nessuna intenzione d’offenderti davvero, è stato un rigurgito di bile.

  5. A essere sincera, a me l’interpretazione di Andrea non mi ha infastidita o irritata e le considerazioni relative al cromatismo le trovo pure giuste. Ciò che invece mi ha fatto arrabbiare sono stati i discorsi relativi alla “componente sexy” delle figure femminili e il negarne l’evidenza. Non mi disturba il nudo, mi disturba il tipo di nudo: fianchi sottili, seno e glutei perfetti, capello lungo e mosso etc…
    Ora, se è valida l’interpretazione di Andrea (copertina = punto di vista dei carnefici), le ragazze sono rappresentate come oggetto sessuale perché i carnefici le vedono così.
    Se è valida invece l’interpretazione di Recchioni (copertina = punto di vista delle vittime) per cui ciò che noi vediamo è la soggettiva dello sguardo delle ragazze, allora è un errore averle disegnate in chiave sexy e l’unico modo per difendere tale scelta grafica è dire “i corpi delle 2 ragazze non sono sensuali” (cioè, a parer mio, negare l’evidenza). Riporto qui sotto l’interpretazione di Andrea e quella di Recchioni sottolineando che sono una l’opposto dell’altra. E allora mi viene da dire che il problema è questo, la copertina è ambigua, interpretabile in maniera non univoca (e in un caso di cronaca come questo invece era necessaria chiarezza). Un vero peccato che il disegnatore non sia mai intervenuto nel dibattito. Sono sicura della sua buona fede, ma reputo imperdonabile il fatto che non si sia documentato in modo approfondito (se ho ben capito, lui stesso ha ammesso di essersi ispirato per disegnare solo alla sceneggiatura) su di una vicenda come questa. E forse tutti i problemi scaturiscono da qui.
    A.BARBIERI:
    “Il disegno per come è, disturba. E qui ritorno al mio primo messaggio: disturba perché si vedono le cose dal punto di vista degli assassini. I corpi delle vittime disegnati in quel modo sono evidentemente i corpi percepiti dai carnefici. Noi ci aspetteremmo il punto di vista opposto: una simbologia che restituisca dignità alle vittime. Invece qui, fin dal primo impatto, è come se si togliesse definitivamente la speranza di quella dignità.
    Questo secondo me dice la copertina, che i carnefici erano forti, fortissimi.”
    R. RECCHIONI:
    “Siamo alle spalle delle vittime, con gli stupratori davanti.
    Il nostro punto di vista è quello delle vittime. Questo è l’ABC della decodifca del racconto per immagini, eh?
    Mettendo l’inquadratura alle spalle delle vittime, è ovvio che chi guarda e chi racconta è “dalla loro parte”.Quanto alle pose… immagino che tu ce le abbia presente le controparti reali e la loro storia, no? Rappresentarli come mostri, arroganti, mi sembra il minimo.Sulla mancanza di visi è perché quelle vittime siamo tutti noi. I carnefici un volto ce l’hanno eccome.
    E sulla presunta componente sexy di quelle figure femminili… signori, per me il problema è l’occhio di guarda, in questo caso.
    Vedete il peccato forse perché è dentro di voi.”

  6. Nautilus, quello che dici lo metti in un contesto teatrale, una specie di esercizio dell’invettiva che rende le cose accettabili, anche le più turpi…
    Poi qui non capisco, ho solo chiesto a Claudia di non riferire a me quelle frasi che nel mio caso – è l’unico caso che conosco – sono proiettive e stupide.
    Poi mi si è acceso Wu, che quando gli parte la lancetta spara un pistolotto, è più forte di lui…
    Poi Claudia si è prodotta nell’imitatio di un linguaggio che nemmeno il più crudo dei camionari avrebbe osato (hanno pur sempre una madonnina sul Tir).
    Comunque: non abbiamo detto tutto su questa copertina, ormai più commentata della Divina Commedia? 🙂
    Faccio una proposta, torniamo al nuovo saggio NIE?

  7. Andrea Barbieri, rompo un altro tabù: ma quanto sei idiota.
    Lo so che è incivile offendere la gente sui blog e capisco se la padrona di casa mi cancellerà, ma qualcuno te lo deve pur dire che sei talmente stupido che neanche il Vincenzo della canzone. Spero che questo commento rimanga in rete il tempo necessario perché tu lo legga.
    Te saludi

  8. “Direi Anghelos per esclusione.”
    Evita di riversare addosso ad altri accuse false, per piacere. Se il post a cui si riferisce Zauberei è “Piccolo grande uomo” io non l’ho nemmeno commentato, come chiunque può verificare. E di Piccolo ho parlato solo citando “L’Italia spensierata”.
    Impara a discutere civilmente e a non attribuire agli altri cose non dette.

  9. Compagno Barbieri, ti richiamo al senso del decoro che dovrebbe avere un combattente per il buon nome del fumetto. Non ti posso lasciare solo mezza giornata che mi ti sbrocchi. Ma scusa, che t’incazzi a fare? Io ho detto che *nessuno di noi* può dire “Io no!” di fronte a una constatazione come quella di Claudia. Mi sono incluso nel novero. A noialtri maschi l’empatia si accende, quando va bene, un millisecondo dopo. In quel millisecondo ci sono mille reazioni di difesa, lampi di tentata schermatura del disagio. Quando va male, poi, anziché un millisecondo ci mettiamo un sacco di tempo, e in quel lasso azzardiamo ogni forma di razionalizzazione e mediazione. Ora: dire che il rosso, il bianco e il nero rappresentavano questo e quello, la violenza, l’arbitrio etc. – questa è stata la tua prima reazione che molti qui hanno giudicato assurda – è un palese cavillare, un temporeggiare in attesa del momento in cui ci si renderà conto che, per capire la ripulsa provata dalle donne di fronte a quella copertina, bisogna *cambiare sguardo*. Cambiare sguardo. E secondo me Zaccuri con quella riflessione sulla differenza tra cristiano e neognostico ci fornisce un piccolo modello per capire come guardare. E poi, siamo seri, secondo te Ambu quando ha disegnato quella copertina si è detto: “Qua ci metto il rosso perché simboleggia questo… Qua ci metto il bianco perché simboleggia quest’altro…” Neanche quel pipparolo di Poussin col priorato di Sion o il tuo antenato il Guercino! Neanche il multiple name “Fulcanelli”. Ambu nel suo blog ha ammesso di non aver mai letto nemmeno una riga sul caso del Circeo, ha detto tipo: “Io ho fatto le tavole, la storia se l’è letta lo sceneggiatore”. Ma congratulazioni! D’altro canto, sarebbe ferratissimo nei simbolismi dei bei vecchi tempi, di cui farebbe un uso con-sa-pe-vo-lis-si-mo, al limite dell’alchemico. Et in arcadia tu, sguanato, come prima reazione te ne vieni fuori con una babbiata del genere poi pretendi che nessuno ti piglia bonariamente a ciondoli?? Dannato cazzo! Tutto questo detto con grande affetto, eh!

  10. Beh, mi auguro che ‘sto Ambu almeno sappia che il colore nero e quello rosso ricordano a livello simbolico le dittature del XX secolo.
    Suvvia, almeno questo concediamoglielo!

  11. Wu, innanzitutto non parlare per me, non proiettare le tue credenze su di me: tu non conosci le mie reazioni.
    Secondo. Scusa si vede che te e me non ci si può capire. Lo rispiego: per me il nocciolo della copertina è far vedere con gli occhi degli assassini, chiamarci dentro insomma. Poi è vero c’è una combinazione di colori che ha una certa tonalità emotiva, che ho descritto facendo riferimento ai colori usati dalle dittature, e quella mi sembra, diciamo così, il ‘giudizio’ del disegnatore, di cui veste gli assassini. Ma a me interessa il chiamarci dentro.
    Quando dico che i colori hanno una ‘tonalità emotiva’ pensali un po’ come quella sequenza di ‘u’ nelle grida del Laocoonte dell’Eneide, più che come simboli stabiliti da qualche tradizione.
    Detto questo, se poi a te la mia lettura non va bene, qui ormai abbiamo detto tutto, si sono capiti benissimo i termini della questione copertina. Quindi non c’è un buon motivo per continuare a tallonarmi e a mordermi.
    @ Claudia
    L’Idiot de la famille est un ouvrage inachevé en trois volumes de Jean-Paul Sartre. L’étude de Flaubert y est un prétexte à une auto-analyse.

  12. @ Andrea: cumpagnu, much adu about nuthing. Sarebbe bastato evitare la mozione d’ordine del “quel che scrivi degli uomini non mi riguarda”. Di gran lunga preferibile dire: de me fabula narratur. Detto con affetto, eh! E nun ci metto l’emoticon perché siamo tra adulti.
    @ Anna Luisa: sono anche i colori del Milan. Penso sia l’unico simbolismo – nonché l’unica tonalità emotiva – possa venire in mente a una larghissima fetta di nostri connazionali. Detto questo, dubito fortemente c’entrino le dittature, nella scelta cromatica, ma basta, direi che siamo già oltre.

  13. Riporto solo per chiarezza.
    Faccio un esempio il bianco delle donne qualcuno lo ha simboleggiato con la purezza, ma forse non è a conoscenza o non lo sono gli altri suoi interlocutori che per la tradizione greca simboleggia la morte.
    Vede ogni scelta viene fatta in base ad una certa simbologia o significato e le letture possono essere tante

    La fonte è ovviamente il blog dell’autore, in un commento. Per me, un po’ di consapevolezza a usare quei colori c’è stata. Così, tanto per chiarezza. Poi, me ne ritorno a leggere, che ormai mi sembra che da una parte e un’altra si sia detto e ripetuto molto.

  14. “Durante tutta la sua storia il Milan ha avuto come colori distintivi il
    rosso e il nero. Tali colori furono scelti, come disse Kilpin, per rappresentare il fuoco dei diavoli milanisti (rosso) e la paura degli avversari nell’affrontarli (nero).”

  15. Tutta questa ipercodifica della scelta cromatica bianco-rosso-nero mi pare davvero ridicola. Anche perché:
    1. e il verde dello sfondo della copertina del libro che cosa simboleggerebbe? L’islam? La Lega? La speranza? I Green Day?
    2. imporrebbe una radicale rilettura dell’iconografia degli White Stripes.

  16. Il colore di sfondo viene scelto dalla casa editrice, lo stile della collana è di utilizzare colori che spiccano.
    Per come leggo l’immagine, il fondo non ha alcun rilievo, tutto è concentrato tra le figure umane.
    ‘Decodifica’ non è una parola che mi convince molto, è come se si sfogliasse un ipotetico ‘vocabolario dei colori’. Non esiste una cosa del genere, c’è soltanto un modo di ‘sentire’ il colore. Una lettura emozionale insomma.

  17. beh, dicendo che bianco nero e rosso sono i colori che simboleggiano le dittature, qualcuno si è messo a sfogliarlo, questo vocabolario dei colori.
    cmq il riferimento al verde dello sfondo era una battuta.
    Poi è chiaro che c’è un gioco di colori interno al disegno (il rosso dei carnefici vs il bianco di maschere e vittime, più il nero del tratto) ma non lo caricherei di significati extratestuali eccessivi.
    Tutto qui.

  18. Scusate, ma giusto per essere chiari, il riferimento che ho fatto alle dittature del xx secolo (e relativi colori) era una semplice battuta con cui rispondevo a questa frase di WuMing1:
    “Ma congratulazioni! D’altro canto, sarebbe ferratissimo [Ambu] nei simbolismi dei bei vecchi tempi, di cui farebbe un uso con-sa-pe-vo-lis-si-mo, al limite dell’alchemico.”
    Tutto qui, eh? :-))
    Ora, io posso anche essere gentile con l’autore della copertina e concedere il beneficio del dubbio su ciò che riguarda un uso consapevole del colore (è una persona che ha fatto degli studi artistici, suppongo che almeno conosca l’ABC del simbolismo cromatico) ma su tutto il resto (su cui mi sono già espressa con reazioni “a caldo” e “a freddo” e quindi evito di ripetermi) non transigo.
    Il fatto che non si sia preso la briga di documentarsi – questo invece torno a sottolinearlo – è imperdonabile.
    Detto questo, non aggiungo altro.

  19. Anna Luisa, il riferimento era al primo commento al post originario, in cui Andrea Barbieri diceva appunto che bianco rosso e nero sono i colori delle dittature e quindi esprimono un giudizio sugli assassini. Non avevo neanche notato il tuo commento mentre rispondevo, scusa!
    ri-tutto qui 🙂

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