Ogni atto artistico e letterario, ogni opera d’arte, ogni romanzo reca i segni di ciò che accade intorno, in un modo o nell’altro. I tempi in cui viviamo sono condizionati dalla morte dei fondatori, dei “capostipiti”, dei genitori che se ne sono andati lasciandoci con problemi enormi. Noi siamo gli eredi delle loro allucinazioni, ormai ci rendiamo conto che la crescita, lo sviluppo, il consumismo, il Prodotto Interno Lordo, tutto questo ci fa correre su un binario morto, e ci chiediamo se lungo la corsa vedremo uno scambio, e chi scenderà ad azionare la leva.
Questo è uno dei nuclei: ma il lungo intervento di Wu Ming 1 alla conferenza londinese “The Italian Perspective on Metahistorical Fiction: The New Italian Epic” va letto tutto. E il racconto iniziale è di una forza emotiva rara, di questi tempi. Su Carmilla.
Anche questo intervento è molto interessante, come quelli che lo hanno preceduto, però a volte ho l’impressione che il dibattito sul NIE non riesca a decollare, che non si diffonda oltre quella cerchia di autori/lettori/critici che hanno apprezzato l’intervento iniziale, e oltre i media che ne hanno parlato sin dall’inizio.
scsate ma con il nick solito non so perché non mi compariva il commento, vai a capire wordpress.. dicevo: “Bhe il fatto che quest’intervento abbia aperto una conferenza a Londra, e interamente dedicata al NIE, dovrebbe essere segno diu na diffusione ben oltre la “cerchia iniziale”, che comunque é bella grossa. google con New Italian Epic da 71mila risultati e rotti.” se poi stai fermo ad aspettare i critici puoi pure anndare af are un giro, anche senza lasciare il cappotto a tenere occupata la poltrona 🙂
scusate gli errori da dislessico
Il testo è innegabilmente bello, il racconto iniziale sul padre di Genna molto toccante, la citazione finale di Wallace fantastica (e le citazioni bisogna saperle riconoscere, pescare e incastonare nel modo giusto). Per me è un ottimo pezzo da scrittore, su come uno scrittore vorrebbe che fosse la letteratura. Non mi piace la digressione eco-apocalittica, che continuo a pensare non c’entri nulla né qui né nel memorandum del NIE, anche perché dilettantesca nell’esposizione e nei toni (anche questo è “assunzione di responsabilità”), e soprattutto non la considero credibile come riflessione a supporto del memorandum sul NIE, che a mio avviso resta una beffarda e per certi versi geniale beffa mediatica
sullo stile di quelle del Luther Blissett Project o delle false teste di Modigliani. Il problema è che quelle teste, nel caso del NIE, sono state prese sul serio non solo da molti addetti ai lavori, ma dagli stessi autori, che hanno finito per credersi l’incarnazione di Modigliani.
dicendo una “beffa” intendi dire che secondo te l’intento di wu ming1 è prendere in giro i suoi lettori e noi tutti, cioè che non è sincero? ma prima hai detto che ti ha toccato, hai scritto “toccante”, una cosa insincera potrebbe toccarti?
per minimitazione
Cara Loredana, non so per quali problemi i commenti sono moderati ma colgo l’occasione per scriverti delle cose che seguendo il classico intreccio dei vari commenti, avrei finito – ancora una volta – per lasciare “in macchina”.
Più che un commento mi sembra utile intervenire partecipando. Affiancando alla storia di Genna quella di un amico. Un amico avvisato, una storia già in rete.
Ci sono tanti legami col pezzo di WM1, dalla forza emotiva iniziale, al ricordo dell’importante esperienza del Luther Blissett Project, personaggio/metologia nati alla fine del ’94 dalla collaborazione di centinaia di artisti, scrittori, giornalisti, attivisti…. mediattivisti.
L’amico è Baroni e il suo pezzo “Polvere di Luther”.
Perchè “Ogni atto artistico e letterario, ogni opera d’arte, ogni romanzo reca i segni di ciò che accade intorno, in un modo o nell’altro” e Baroni introduce uno studio di storia dell’arte partendo dalle disavventure dei suoi nonni. Lui e Genna partono dai ricordi più personali per opporre alla cancellazione della nostra storia una ricerca che si allarga come i cerchi sull’acqua, dalla storia del padre – o del nonno – a quella dei nostri padri-nonni, del passato. Per capire il presente, o comunque per avere più strumenti d’indagine, per non correre più su un binario morto, per azionare una leva ed esplorare nuove strade. Perchè i genitori siamo noi.
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Non ho mai conosciuto i miei nonni. Il nonno paterno portava il mio stesso nome e mi ha sempre fatto un certo effetto trovarlo scritto sul marmo del cimitero. Era un carrettiere, possedeva cioè un asino e un carretto e si occupava di piccoli traslochi, qualcosa in più di lavorare nei campi per un tozzo di pane. E’ morto per un’appendicite trascurata, quando mio padre era un ragazzino. L’altro nonno, Sante, operaio in una fabbrica della bassa emiliana, aveva tentato senza fortuna di mettersi in proprio come coltivatore diretto. Una mattina mia nonna lo ha trovato impiccato nella piccola stalla, vicino all’asino e alla mucca il cui acquisto non era riuscito a saldare (una lugubre natività al contrario, a pensarci bene). All’epoca il senso dell’onore era molto differente da ora. Sante ha lasciato un commovente, sgrammaticato biglietto di addio, unico cimelio dei miei avi che conservo con devozione. A mia nonna (An)cella, con due figlie piccole da mantenere, non restò altro da fare che rimettersi a sgobbare come bracciante. A centouno anni suonati, è ancora con noi, seppur da tempo in balia della demenza senile. Questi aspetti della storia di famiglia ho dovuto ricostruirli da solo, mettendo assieme scampoli di conversazioni udite fare dai “grandi”. Nell’Italia del boom economico, nessuno aveva voglia di parlare di povertà e di suicidi a figlioletti cresciuti all’ombra di Carosello. Altri frammenti li ho raccolti frugando, quando ero solo in casa, sul fondo dell’armadio di nonna Cella: i volantini e le prime tessere del Partito Comunista conservate lontane da occhi indiscreti, le pagelle di mia madre con la grafica littoria e i motti del partito fascista, la Guida del perfetto Balilla, i ritagli di giornale con la foto di mia madre – giovanissima e irriconoscibile – eletta Miss Sartina…
Dalla storia occultata della mia famiglia ho compreso fin da piccolo la differenza che c’è tra la facciata degli eventi e le diverse realtà che possono nascondervisi dietro. Ed è grazie alla consapevolezza di quelle travagliate origini contadine che, mentre imparavo a servire e riverire i ricchi clienti vacanzieri nel bar e poi nell’hotel che hanno fatto la fortuna dei miei genitori sulla Riviera della Versilia (una sorta di nuova frontiera per lasciare alle spalle il passato: go west!), ho cominciato precocemente a covare un risentimento molto simile ad una coscienza di classe. È stato curioso e antropologicamente istruttivo studiare come tante cavie il comportamento di industrialotti zotici e professionisti rampanti, di ex-nobili e parvenu nella Forte dei Marmi della famiglia Agnelli e del jet set nazionale. Avrei tanti aneddoti di prima mano su noti politici e petrolieri in cerca di avventure galanti, su signore ingioiellate con cagnolino che ti mettono in mano dieci lire dopo che hai portato su loro in camera una tonnellata di bauli e valigie, ma non è il tempo e il luogo. Ciascuno di noi ha un suo percorso che lo ha portato a scegliere cosa voler essere, una vocazione, una chiamata alle armi. Ed è tutto logicamente concatenato, dalla scoperta dei Beatles (commento dell’epoca di uno zio a tavola, tradotto dal dialetto reggiano: “sembrano scimmioni, bisognerebbe tagliargli i capelli e poi bastonarli!”) a quella della letteratura Beat, da Edgar Poe ad Aleister Crowley, dalla mail art fino alla nascita di Luther Blissett e oltre.
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Ecco. So che in questo pezzo, come in quello di WM1, c’è molto più di quello che ci trovo fino ad oggi e con questo spirito, speranza, te lo invio perchè possa unirsi ad auspicabili altri. Ciao.
lucio
Questi sono fatti, non c’è altra spiegazione.
Ci sono pezzi molto convincenti, pezzi meno convincenti, un assemblaggio un po’ forzato, qualche piccola caduta di stile (“essendo io romanziere e amando la letteratura” con la parentesi che segue, fa l’effetto di un morso alla carta di alluminio!).
Ma promette bene…
Per Anghelos e per chi pensi che il dibattito non si sta diffondendo: il punto non è che una conferenza a Londra è stata interamente dedicata al NIE e QUINDI il dibattito sta prendendo piede. Il punto è che ovunque si parli di NIE si registra una partecipazione emotiva straordinaria, QUINDI si organizzano conferenze per creare occassioni di discussione. Questa per lo meno è la ragione per cui ho organizzato questa conferenza. Senza fare parte di cerchie, circoletti chiusi etc. Il NIE registra umori che appartengono a tutti, a me perché classico cervello in fuga (o come meglio l’ha definita WM1, membro della diaspora intellettuale italiana), a chi si occupa di letteratura in suolo patrio, perché la evidente fine del passato non lascia ancora intravedere un futuro, ai veri protagonisti, cioè gli scrittori, perché la transizione dalla condizione postmoderna a una più produttiva di fondazione che stiamo vivendo esige modalità narrative altre, pone questioni che bisogna affrontare. Il NIE non è roba da cocci deboli.
“Il NIE non è roba da cocci deboli.”
questa l’ho capita pure io, Claudia…
😉
@wd
ripeto: il testo di WM1 segnalato oggi da loredana è per me molto toccante e bello, mentre il memorandum sul NIE per me è una beffa mediatica.
a me queste due affermazioni sembrano contraddittorie. come fai a separare i due testi e contrapporli uno all’altro se il secondo (quello toccante e bello) nasce dalprimo?
@biondillo: allora mi sa che battiamo le stesse lande uhahah (a me le faccine non escono…)
Ho letto tutto d’un fiato e sono rimasto piuttosto impressionato.
Mi sarebbe piaciuto sentire un discorso così al Centro Sperimentale.
Non vorrei essere vittima del jet lag, però penso che una parte importante della questione proposta da WM1, sia un invito agli autori (scrittori) di ricominciare a credere che le loro opere debbano e possano tentare di cambiare la situazione.
O mi sbaglio?
tanto il testo segnalato, che Garufi intende molto toccante e bello, quanto il memorandum sul NIE è indifferente se siano una beffa mediatica o no. non mette conto saperlo.