Qui si parlava, fino a ieri, di blog, fenomenologia, coscienza. Cade a proposito l’intervento di Gianni Riotta sul Corriere della Sera di oggi. Mettendolo on line rientro in quello che il medesimo Riotta sostiene essere il 99% dell’essenza blogghica. Il punto è, però, che questo gesto non rientra nel 99% di codesto blog. Nè, tanto meno, nel 99% della così chiamata blogosfera.
Ah. E le radio libere, come le gonne a fiori, a volte, ritornano.
Scarso rilievo sulla stampa italiana alla convenzione dei bloggers, i giornalisti ruspanti di Internet, che ha affollato il weekend a Las Vegas: la scommessa è che i new media sconfiggano presto gli old media, grazie ai blog, commenti d’autore online ogni giorno, capaci di spiazzare già i quotidiani, la televisione e la radio. A sintetizzare la morale Markos Moulitsas, 34 anni, che con il blog DailyKos ha meritato dal New York Times il titolo di «blogger più influente d’America»: «I vecchi media ci hanno tradito con le loro informazioni di regime, la vecchia politica con le moine, i conservatori mentono, i progressisti non sanno che pesci prendere». A Las Vegas giochi fatti: presto ognuno sarà in grado di lavorare al proprio blog, lanciare informazioni e giudizi e per i pachidermi della carta stampata e della tv non resterà che il «cimitero degli eleganti» secondo la battuta di Flaiano. Le mie carte di pioniere di Internet sono impeccabili, primo giornalista su un quotidiano a firmare con mail (rimbrottato dalle grandi firme), fondatore con Eco e Singer del Golem , la prima rivista online italiana, blogger su Stampa e Corriere. Internet è la nuova frontiera dell’informazione, ma il trionfalismo di Las Vegas è una scommessa che non pagherà. Maureen Dowd, perfida commentatrice del New York Times , rileva che Moulitsas, la sua collega Wonkette, i blogger di successo, non appena emersi si precipitano a firmare sui media che accusano di tradimento e declino, giornali, riviste, libri, case editrici e tv. Particolare divertente ma non ancora dirimente, l’avanguardia diventa sempre ortodossia in parrucca.
Dove l’analisi di Moulitsas (ne hanno trattato bene Moltedo su Europa e Rocca sul Foglio ) stenta è nell’affermare orgoglioso «ogni blogger deciderà l’agenda dei problemi». La comunicazione di base, i lillipuziani che piegano l’imperialista Gulliver di giornali e tv, non è illusione nuova. Ogni generazione la ripete e ogni generazione ne viene poi frustrata. I giornali credettero di piegare i libri, con futurista foga. La radio, usata alla perfezione da Mussolini e Roosevelt, si illuse di rendere obsoleti i giornali. La tv apparve come media totale, secondo la falsa ipotesi di McLuhan, «il mezzo è il messaggio». Non è così, il messaggio è il messaggio ed è sempre più forte del mezzo. Negli anni ’70 il Quotidiano dei lavoratori , foglio della nuova sinistra, anticipò la ubris di Moulitsas, con lo slogan «gli altri giornali li leggete, questo lo scrivete»: chiuse poco dopo. E le «radio libere, ma libere veramente» della canzonetta, durarono quanto le gonne a fiori, una bella estate.
Credere che i media si susseguano come ere geologiche distinte è errore antico: invece si sovrappongono, moltiplicano, coniugano, fecondano, mutandosi a vicenda. Il cinema non annulla il teatro, lo cambia (leggete I quaderni di Serafino Gubbio operatore di Pirandello) e nascono autori ibridi tra i due generi, come Mamet. La fotografia non cancella la pittura, ma le due arti si trasformano in coppia, Mapplethorpe fotografa come ritraesse, Hopper dipinge come fotografasse. L’utopia di DailyKos a cosa porta, a 6 miliardi di blog ciascuno con un solo lettore, il suo autore? Se guardate cosa i blog mettono online, al 99% trovate articoli di giornali, testi di riviste, conferenze, saggi. Perché nell’informazione la rivoluzione non è mai tecnologica, ma sempre di contenuti. Finché Gutenberg stampa Bibbie in latino poco male, è quando i torchi a stampa le riproducono tradotte in volgare che comincia l’era nuova.
Siate appassionati dai blog o dai giornali, dunque non guardate alla forma: è nel contenuto che dobbiamo perseguire, con coraggio e passione, il nuovo. E siamo in ritardo.
‘E siamo in ritardo’. Tanto per cambiare.
Dispiace se getto una lancia a favore degli old media? E’ solo perché, nel vasto mare dei new media spesso, anzi spessissimo, si perdono di vista le stesse informazioni di base. E’ ovvio che ieri ad esempio il 70% dei blog abbia parlato degli esiti della partita dell’Italia (che io, forse tra i pochissimi, non ho visto perché non mi interessa), così come è ovvio che le grandi notizie vengano commentate ma dopo che sono avvenute. Io ritengo che il fatto debba avere una organicità di base e questo lo può dare solo una struttura costante quale il giornale o il telegiornale (includendo anche i format di società e di scienza). Secondo me ben venga il commento ma la manifestazione del fatto in sé io non la leggerò mai in diretta da un blog, semmai dal sito di Repubblica.it, ad esempio. Che ne pensi?
a parte lo svarione sul 99% – forse di quelli che guarda lui, probabilmente tutti “cacciatori” come diceva qualcuno tempo fa 😉 – l’idea della stratificazione dei media che riotta riporta è antica e molto sensata (mentre le idee di sostituzione partono dal presupposto errato che un media funzioni come un altro).
Il che significa peraltro che si possono stratificare proprio perché sono diversi (anche radicalmente), perché “funzionano” diversamente e strutturano piani diversi
Forse avrei scritto “blogger”, invece di “bloggers” (come, infatti, fai nel proseguo).
Per il resto, non sono mai stato così d’accordo con qualcuno.
E mi chiedo come la gente non si renda conto che il web e i blog sono una un’aggiunta, non un levare.
*O
la radio libera veramente, piace-va ancor di più perché libera-va la mente.
bella e povera. anzi ricchissima, di contenuti e di ideali.
chissà se anche il blog è davvero bello e libero soltanto quando sai a malapena che cos’è?
è una notte d’estate. un piatto, un mixerino ed un sennheiser con la cuffietta gialla. metti su un satin soul per sigla e sulla porta la lucina rossa che si accende.
on line.
bello sì. però ci mette poco a diventare un’altra cosa. e quell’estate che vi fa volar le gonne declina presto assai. e la lucina rossa sulla porta si blocca facilmente sull’arancio senza lampi, come i semafori agli incroci silenziosi, quando di notte te ne torni a casa.
omaggi
Concordo con Riotta sulla stratificazione, e sul fatto che non esiste un nuovo media in grado di affossare gli altri. dice bene, siamo in ritardo. Così in ritardo che nemmeno lui si accorge di dar voce a una guerra, quella tra vecchi e nuovi media, che di fatto non esiste.
Quando si imparerà, da queste parti, che la rete è una tecnologia abilitante, e che come tale ci permette di fare qualcosa in più, senza togliere spazio a nessuno?
E perché dare contro al povero McLuhan senza aver capito il senso di quella frase, “il mezzo è il messaggio”, ad oggi così pertinente?
Nihil novi sub sole, mi pare. Che dici?
Il riferimento a Gutenberg, m’ha fatto pensare al Frollo di Notre Dame, che contrappone la stampa, all’arte sacra intesa come medium per catechizzare le masse, (con tutta la sua intimidatoria solennità). Dicendo”questo ucciderà quello”, Frollo (Hugo) non intende profetizzare la fine dell’arte sacra, ma la sua”destituzione”come media privilegiato: da ora in poi, le sacre scritture, non incomberanno più, scolpite nella solida pietra, sul capo chino dei fedeli, ma svolazzeranno in giro su labili e riproducibili fogli di carta. E, siccome il medium E’il messaggio, per questo saranno considerate sempre meno sacre… Insomma, il rinnovamento tecnico del sistema dei media causa, nel tempo, anche l’inevitabile rinnovamento della mentalità, e, perciò, dei contenuti.
Concetto elaborato d’altronde anche da tutta la letteratura Cyberpunk, a proposito dell’impatto della tecnologia sulla coscienza. L’era del Blog è in fondo appena cominciata: forse, tra 100 anni, il Corriere della Sera sarà considerato”pietrificato”quanto i fregi delle cattedrali..;-)
Qualcosa di simile a quello che dice Riotta lo avevo letto una mesata fa in un discorso di Mathias Döpfner, amministratore delegato di Axel Springer, che controlla oltre 150 giornali in 32 paesi. Döpfner diceva di credere nella cosiddetta “legge di Riepl”, secondo cui «i nuovi media non sostituiscono i media esistenti. Il progresso dei media è cumulativo, non sostitutivo. Nuovi media si aggiungono costantemente, ma i vecchi restano. Questa legge deve essere ancora confutata. I libri non hanno sostituito la narrazione orale, i giornali non hanno sostituito i libri, la radio non ha sostituito i giornali, e la televisione non ha sostituito la radio. Ne segue che internet non sostituirà la televisione né i giornali. Questo è consolante, ma ci sono eccezioni: i cd hanno realmente sostituito i vecchi dischi in vinile, e la tecnologia mp3 sta sostituendo i cd più rapidamente di quanto chiunque potesse pensare. Lo stesso vale per dvd e videocassette. Ed è qui che le cose si fanno interessanti, perché né il cd né il dvd né l’mp3 sono media davvero nuovi, ma soltanto tecnologie migliorate. Il prodotto in sé, il medium creativo della musica o dei film, non è stato modificato da questo nuovo medium di trasferimento. Ed ecco perché anche questi esempi confermano in realtà la legge di Riepl. Il principale interrogativo che pende sulla nostra industria è se il formato del giornale, che ha appena festeggiato i 400 anni in un clima piuttosto depresso e di cattivo umore, vivrà per altri 100 anni. La risposta è: sì e no. Come medium di trasferimento, no; come medium creativo, sì. La carta sarà sostituita come medium di trasferimento – dalla carta elettronica. Come funzione, il giornale è indispensabile. Per il giornalismo. Internet non è il nuovo giornale. È un medium autenticamente nuovo. Non solo un medium di trasferimento ma anche un medium creativo. Stando a Riepl, questo significa che internet si affiancherà ai media già disponibili, ma non li sostituirà». Eccetera eccetera, con molte altre osservazioni (per me) interessanti, tipo: «Il giornale ha ampiezza, internet profondità. Il giornale lavora orizzontalmente, internet verticalmente. Inoltre, su internet l’utente guida il giornalista, mentre nel giornale il lettore è guidato». Il tutto, in inglese, su http://www.signandsight.com/features/756.html